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Riconoscimento senza etica

2017, Post-filosofie

Da qualche tempo, oggi, le forze della politica progressista si dividono in due campi. Da un lato ci sono gli esponenti della "redistribuzione". Ricorrendo a lunghe tradizioni di organizzazione egualitaria, laburista e socialista, gli attori politici associati a questo orientamento cercano una più giusta allocazione delle risorse e dei beni. Dall'altro stanno gli esponenti del "riconoscimento". Riferendosi a visioni più nuove di una società "amica della differenza", essi perseguono un mondo in cui l'assimilazione alla maggioranza o alle norme culturali dominanti non è più il prezzo da pagare per ottenere un eguale rispetto. I membri del primo campo sperano di redistribuire la ricchezza dal ricco al povero, dal Nord al Sud, e dai proprietari ai lavoratori. I membri del secondo, invece, ricercano il riconoscimento di prospettive peculiari di minoranze etniche, "razziali" e sessuali, come pure della differenza di genere. L'orientamento della redistribuzione ha un retroterra filosofico illustre, dal momento che le istanze redistributive egualitarie hanno rappresentato il caso paradigmatico per la maggior parte delle teorie sulla giustizia sociale degli ultimi 150 anni. Tuttavia, l'orientamento del riconoscimento ha di recente attratto l'interesse dei filosofi politici, alcuni dei quali stanno tentando di sviluppare un nuovo paradigma normativo che metta al centro il riconoscimento. 1