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2024, Studi Medievali e Moderni: arte, letteratura e storia, XXVIII, II, pp. 105-120
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Il contributo analizza la lingua di due romanzi di Giuseppe Mezzanotte (La Tragedia di Senarica e Checchina Vetromile). In primo luogo, in Checchina Vetromile si osserva l’uso di espedienti stilistici e del lessico specialistico funzionali alla rappresentazione accurata della realtà; in secondo luogo, si delineano tre componenti linguistiche fondamentali: quella letteraria e arcaizzante, quella regionale e l’ultima di tipo colloquiale.
Le etnie assoggettate dai romani erano una ventina e ciascuna potè conservare a lungo la propria lingua: il colonialismo romano infatti non si preoccupò di latinizzare i popoli soggetti, ma si limitò a imporre il proprio apparato giuridico ed amministrativo. La differenza tra dialetto e lingua è convenzionale in quanto il dialetto è una lingua, la differenza sta solo nella più limitata diffusione del dialetto rispetto alla lingua e nella sua minore importanza politica. Nel Medioevo dialetto e volgare sono la stessa lingua. Si parla di dialetto in senso proprio solo con il nascere dell'italiano. Cioè a partire dal cinquecento quando l'affermazione del fiorentino abbassa al rango di dialetti tutte le altre parlate. È in questo secolo che compare la parola dialetto. Solo nel settecento si ha la differenza tra italiano e dialetto.
LId'O - Lingua italiana d'oggi, 2015
Chi intendesse offrire la propria collaborazione come autore di un contributo dovrà inviare il suo testo all'indirizzo di posta elettronica del Direttore. Gli articoli pervenuti alla redazione che non vengano da proposte del direttore o dei singoli membri del comitato scientifico saranno sottoposti alla lettura di due componenti del comitato medesimo e valutati, ai fini della possibilità di pubblicazione, secondo la modalità dei referees anonimi.
Anna Grochowska, Il dialetto nell'Italia postunitaria [The dialect in Italy after the union], Studia Romanica Posnaniensia, Adam Mickiewicz University Press, Poznań, vol.
Bildungsausschuss Laag - Südtiroler Landesverwaltung, 2022
Estratto dalla prossima pubblicazione "Ze Lage - Mein Dorf" (Bildungsausschuss Laag, Südtirol, Ottobre 2022) - In questo breve articolo mi soffermerò in particolare sugli aspetti linguistico-storici della parlata di questo paese, in maniera simile a quanto fatto in precedenza, e tuttavia in un senso maggiormente fruibile per un pubblico più ampio, in altre pubblicazioni, per cui rimando alla bibliografia. Come potremmo catalogare la parlata di Laghetti? Rispondendo a questa domanda, molti sono proni a iniziare subito con le diatribe attorno alle divisioni tra dialetti, idiomi e lingue, diatribe che spesso sono più fondate da motivazioni politiche o ideologiche, invece che storiche e scientifiche. A prima vista, il modo di parlare degli abitanti di questo meraviglioso paese si colloca tra i dialetti romanzi e quelli germanici dell'arco alpino, con un'influenza dei dialetti trentini nel primo caso e di quelli bavaresi nel secondo. Sicuramente, anche vista l'evoluzione storico-politica che ha visto la Bassa Atesina e la Piana Rotaliana sempre più influenzate dagli ambienti culturali (e fonetici) di cui sopra, questa descrizione sembra appropriata. Tuttavia, è necessario un approfondimento è necessario. Come è stato ben descritto da più storici, il substrato linguistico principale dell'area comprendente la Svizzera moderna, il Vorarlberg, l'Euregio Tirol-Südtirol-Trentino, il Friuli, fino alle vicinanze delle aree linguistiche slave (cioè dalla Carinzia in Slovenia, fino all'Istria e alla Dalmazia) era l'area Reto-Romanza, con varietà di questa lingua parlate ancora oggi, come ben descritto dalla "Questione Ladina". L'abitato di Laghetti si trova in un'area dove tutte queste lingue e dialetti s' incontrano. Mentre ogni dialetto è solitamente identificato con il nome della città in cui è parlato (ad esempio Roverëider per Roveré della Luna/Eichholz, Låger/Laghèr per Laag/Laghetti e Salorner per Salorno/Salorno), tutti questi dialetti si possono indicare come "Nortades", "Grenzdialekte", "Mezpersòrt" o semplicemente "L nos lingač / L nos dialèt". I punti in comune tra loro sono la progressiva perdita delle forme plurali in "s" (generalmente sostituita da "i" "j" "e" ae")-comune alla maggior parte delle lingue romanze nazionali ad eccezione dell'italiano, del rumeno e altre quali arumeno, istrorumeno e meglenorumeno-o alcuni elementi di palatalizzazione comune a tutte le lingue ladine (comprese nones e solander), e in generale una maggiore influenza del tedesco/bavarese rispetto ai "Dialetti Trentini".
Quaderns d’Italià
Trieste, città di frontiera, si riflette sulla scrittura di Italo Svevo, attraverso il doppio registro di lingua-dialetto. Ma nello scrittore, quello che potrebbe essere il tipico dualismo di tanti nostri letterati, acquista una connotazione etica, nel senso che investe un'altra giurisdizione, quella della menzogna e della verità. È una delle diverse frontiere che Italo Svevo attraversa nel suo percorso narrativo, e che può aiutare a comprendere, tra le altre cose, il suo rapporto ambivalente con la psicanalisi e la sua concezione della finzione.
2018
Il rilievo del dialetto nella scrittura di Luigi Meneghello è apparso as-solutamente centrale fi n dalle prime recensioni alla sua opera d'esordio, Libera nos a malo del 1963; gli studi successivi – quelli di Giulio Lepschy rimangono un punto di riferimento per molti versi insuperabile – hanno via via approfondi-to l'analisi. È così possibile off rire una panoramica che, pur sintetica, delinei la complessità delle manifestazioni e delle funzioni del dialetto nel complesso impasto linguistico dell'autore e nella specifi cità delle singole opere: qui ci si sof-fermerà in particolare, oltre alla funzione di verità di una scrittura «dall'inter-no» del mondo narrato, sui diversi livelli di emersione e vitalità del dialetto. Per quanto riguarda Libera nos, vi è poi un'occasione specifi ca che invita alla ripresa del tema: si tratta dei materiali inediti che cominciano ad affi orare tra le carte meneghelliane dell'Archivio Scrittori Vicentini del Novecento della Biblioteca Bertoliana di Vicenza; tra queste appaiono interessanti le lettere a Giorgio Bassa-ni e alla casa editrice Feltrinelli, precedenti la pubblicazione di Libera nos.
Atlante della letteratura italiana, vol. 3, 2012
Italian dialect theatre in the RIsorgimento and beyond
**********griéco: s. m. Vino prodotto con uva giunchese o greca. *Basile.... mo contempranno la vocca, parmiento amoruso dove le Grazie pisavano contento e ne cacciavano Grieco doce e Manciaguerra de gusto. *Cortese.e damme puro sso fiaschetiello / co’ chello grieco che non è adacquato.... *Cortese.Sùbeto tutto chesto le portaie / Madamma Vasta, e dèrole pe vocca / Lo metredato e grieco, e po’ l’ontaie / Con chelle ogliara e disse: «Mo te tocca / La torta e lo peccione, pocca l’haie *Cortese.«E lo vero, diss’isso, ma de chello / Non se ne trova niente a sti paise: / Perché non èie grieco o moscatiello, / Che n’haie na meza pe cinco tornise». ***Greco de la Torre. RDS. Nuce, nucelle, castagne ’nfurnate / quante paise aggio curriato / ’a Torre d’ ’o Grieco a Nunziata / e quante guaie aggio truvato / e quante difiette c’aggio cantato *S. Lancerio. Viene da una terra così nominata, non troppo distante da Napoli, vicino alla marina.... i vini seconda l’annata... ma quando è buona sono buoni ma non da Signori, ma da famiglie di fornaciari. Di tali vini S.S. non volse mai bere. G. Fenice. Na Torre prencepale / Che dallo grieco lo cognome piglia / Ch’è lontana da ccà ncirca otto miglia. ***Greco di Somma. *Sgruttendio. Uno sciummo scorrea grieco de Somma, / N’ autro portava lagrema o guarnaccia; / Te cadevano ’mbraccia / Li frutte a buoine cchiùne, e avive ’nzomma / Pagnotte comme a Romma: G.Bergazzano. O scure veveture / Pocche so’ ghiute à mitto / De lo grieco de Somma le sapure: S.Lancerio. S.S. usava di continuo beverne ad ogni pasto, per una o per due volte,... et ancora ne voleva nelli viaggi, sì perchè tale vino non pate il travaglio. ***Greco di Posillipo. S.Lancerio. Tale vino è più piccolo assai del Greco di Somma, et è un delicato bere, ma... patisce assai il mare nel navigarlo, e la state nelli grandissimi caldi molte volte si guasta. ***Greco d’Ischia. S.Lancerio. Viene alla Ripa Romana da un’isola così nominata,... et è il primo vino nuovo che venga... A volere conoscere la sua bontà e perfezione, bisogna che prima abbia colore incerato, sia dolce e mordente e non sia lapposo. ***Greco di Nola. S.Lancerio. Tal vino non è buono perché è matroso, grasso, opilativo. È verdesco, grasso e agrestino e muta di colore.
Colloquium, 2020
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******fica: s. f. 1. Il frutto del fico, Ficus carica, moracee. 2. Ficusecca: Fichi bianchi secchi. *Basile. Chiagnenno a selluzzo, ’nce mesero dintro no varrile de passe e fico secche, azzò se iesse mantenenno pe quarche poco de tiempo. *F. Russo. Seh, seh! Quanno se ngrassa a ficusecca! / Comme scialammo bello, dint’a st’oro! / Sciù pe’ la faccia vosta! A vuie e a lloro! 3. Fiche mbuttunate. Fichi con ripieno di noci o mandorle. *Scarpetta. A me sto servizio sapite chi me l’ha combinato, l’onorevole Sig.r Deputato Cardi che m’ha scritto che era no bravo giovine, io però l’aggio da mannà cierte fico secche mbuttunate, da dinto nce metto tutte ammenole amare. 4. Fiche nchietta: fichi accoppiati a ppacche. *N. Capasso. E portammo co nuie ciento coselle ; / Craune, e Sarcenelle, / E scope, e Zorfarielle, / Aglie, e Sale à panette, / E Passe, e Fico acchiette, / De legumme ogne sciorta, *B. Saddumene. Si Conte mio / Te voglio fa doje fico nchietta. Te! / Che puozze aonnà comm’a lo buono juorno / Facce de Pasca mio. 5. Fica Trujana. Fico troiano. (ficus sapida);Varietà di fico dalla polpa molto succosa e di squisito sapore, originario da Troia, Puglia. *Cortese. Llà tu vide na rosa moscarella / Che ’mmiezo nc’è nasciuto no cetrulo, / Llà bide c’a na fico troianella / Nce sponta a corneciello lo fasulo: *P. Sarnelli. Ed abbistato cierte ffico che stevano co la veste tutta stracciata comm’a pezzente, co lo cuollo de ’mpiso, e co le lacreme de femmena che vò gabbare, nce deze de mano: e ’ngorfùtole, addemannaje: “Che ffico so’ cheste?” “Fico trojane”, diss’io. *Scarpetta. Fattenne n’ata magnata. - Che cosa? - De fiche trujane? *Viviani. Pure ’a fica nun è chiù chella: / ’a truiana, mo chi t’ ’a da’? / Bella, grossa, cu ’a lagremella, / chiù ’e tre muorze pe’ t ’ ’a magna’… 6. Fica vuttata. Fico dottato. Varietà di fico, pregiata per i frutti grossi, succosi e facilmente essiccabili. Fiche Ottatèlle (in napoletano fiche, s. f.) sono i fichi Dottati (lat. ficus carica sativa), una qualità caratteristica dell’Italia meridionale, dal sapore molto dolce *N. Pagano. La vottatella ’mmusso fa la gumma. *B. Saddumene. Benemio comm’è scioscia / Stò Barone. - Che dici / Mia bella fico vottatella, e moscia? 7. Fica nera ’i Brancaccio. Varietà pregiata originaria del podere Brancaccio a Fiorillo. 8. Fica paraviso: Fico nero che matura a fine settembre. *R. Galdieri. ve veco luvà ’a povere ’ncopp ’a dduie scìure ’e cera, / ’ncopp ’a ttre ffrutte ’e marmulo: ’na perzeca, ’na pera, / ’na fica Paraviso cu’ ’na vucchella ’e fuoco, / ca ’na matina, a mmaggio, se scurtecaie ’nu poco, / ca ve cadette ’a mano... V’ ’o ricurdate o no? 9. Fica allardata: Fica lardara. Fico lardaiolo, dalla buccia doppia e biancastra. (ficus pachycàrpa); *E. Nicolardi. Me songo ’ncantato ’nu poco / vicino a ’sta sporta ’e lardare / culor ciucculato, cu n’àceno ’e fuoco / ca, tanto ch’è russo, pittato me pare. 10. Fica iedetella: Fico lungo quanto un dito (iedeta: dito), detto pure ieietella, oppure fica cacatoria. *Basile. E Peruonto co lo medesemo appontamiento respose: «Damme passe e fico, si tu vuoie che lo dico», e Vastolla subeto remmediaie a la stitichezza de le parole de Peruonto con le fico ieietelle, ch’a pena parlato tornaie da scellavattolo cardillo, da n’uerco Narciso, da no mascarone pipatiello. 11. Fica prucessotta: Fico brogiotto, borgesotto, (da Burjazot, città spagnola nei pressi di Valencia), con buccia nera e polpa rossa. *N. Pagano. Ccà, bene mio, che bbelle processotte / haie lo novembre, dinto san Martino! *Voce Popolare. Ue’, è doce comm’ ’a ricotta ’sta fica borgesotta! *Scarpetta. Chille avevene da stà dinta a la camera e io non l’aggio visto, e tutto pecché? pe sta cancaria de cecaria. Me so’ menato da coppa la fenesta de lo ciardino, meno male che era vascia, si no me struppiave buono, e pure m’aggio fatta sta fica processotta. (lndica la fronte.) Lo bello è stato che mmiezo Porta Capuana credenno de parlà co n’ommo aggio parlato co no cavallo d’affitto, diccennole, scusate, dove pozzo trovà na farmacia pe no poco de sparatrappo? Chille 12. Fica puntulella: Fico piccioluta, detto anche mauriello. 13. Fica vulumbrella: Fico acerbo, non adugliato. *COL. Fatte molla e no chiù dura / mò ca si’ furmosa e bella / ca ogni fica vulumbrella / a stu tiempo s’ammatura. 14. Sciore ’i fica: Fico fiorone. Frutto primaticcio del fico, detto anche fico fiore. 15. Fica paccone. Merzone: Fico acerbo, duro e pesante come pacche grosse, glutei. 16. Fica pallara: Fico grosso e tondo. *Basile. e pe retopasto ’na pizza de redita ’nfosa a lo mele, e ’na cesta po’ zeppa zeppa, chiena chiena, varra varra de cicere caliate, mela shioccole, franferlicche, grisommole, scioscielle, sorva pelose, fico pallare, e pruna coglia–piecoro; e tratanto spararà ’na museca de teorbia a taccone co lo tammorriello, *D. Basile. Tutte le cose duce de lo munno, / Li dattole de Tunnese, / Le sorva de Resina, / E le fico pallare de Pezzulo, *F. Oliva. Damme lo veveraggio / Ca te la faccio tennera, / Comm’a fico pallana. 17. Fica lattaròla. *Velardiniello. Boccuccia de ’no pierzeco apreturo / mussillo da na fica lattarola / s’io t’aggio sola ’int’a chess’uorto / ’nce resto muorto / si tutte ’sse cerase non te furo.
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Italian Studies, 2018
Carlo Battisti linguista e bibliotecario. Studi e testimonianze, a cura di M. Guerrini, A. Parenti e T. Stagi, Firenze, University Press , 2019
In ricordo di Giorgio Piccitto, lessicografo, linguista e padre della dialettologia siciliana, 2023
in: PANT’ONOMA. Studi in onore di Mauro Visentin, a c. di R. Berutti, M. Cardenas, P. Ciccarelli, N. Parise, Bibliopolis, Napoli, 2022
LEA : Lingue e Letterature d'Oriente e d'Occidente, 2017
Traduzioni, tradizioni e rivisitazioni dell'opera di Dante. In memoria di Marco Sirtori, a cura di L. Bani, R. Calzoni, T. Persico, Napoli, La Scuola di Pitagora, 2023
«La memoria nella lingua». Il dialetto veneto in Luigi Meneghello, Mario Rigoni Stern e Andrea Zanzotto. Il 996 – Rivista del Centro Studi Giuseppe Gioachino Belli ISSN 1826-8234 anno XX – numero 1 – gennaio-aprile 2022 – pp. 111-145 , 2022