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Messer Bernabò signore di Melano comanda a uno abate che lo chiarisca di quattro cose impossibili; di che uno mugnaio, vestitosi de' panni dello abate, per lui le chiarisce in forma che rimane abate e l'abate rimane mugnaio.
I Malavoglia, 1881
I Malavoglia è il romanzo più conosciuto dello scrittore siciliano Giovanni Verga, pubblicato a Milano dall'editore Treves nel 1881. È una delle letture più diffuse e indicate nei programmi di letteratura italiana all'interno del sistema scolastico italiano. Fa parte del ciclo dei Vinti.
ed. by P. Carta, Ch. Del Vento and X. Tabet, 2004
Voi che vivete sicuri 1 Nelle vostre tiepide case, Voi che trovate tornando a sera Il cibo caldo e visi amici: Considerate 2 se questo è un uomo Che lavora nel fango 3 Che non conosce pace Che lotta per mezzo pane Che muore per un sì o per un no. Considerate se questa è una donna, Senza capelli e senza nome Senza più forza di ricordare Vuoti gli occhi 4 e freddo il grembo Come una rana d'inverno. Meditate che questo è stato: Vi comando 5 queste parole. Scolpitele nel vostro cuore Stando in casa andando per via, Coricandovi alzandovi; Ripetetele ai vostri figli 6 . O vi si sfaccia la casa, La malattia vi impedisca 7 , I vostri nati torcano 8 il viso da voi. 96). Questi ultimi versi, tuttavia, costituiscono un'altra anticipazione: una sorta di laica maledizione, che fa venire in mente il dialogo di Giobbe con Dio (ma non si riscontrano in SQU esplicite citazioni dai passi di Giobbe poi antologizzati in RR, II, 1369-1380). Più che l'invettiva dantesca, il modello classico della «maledizione» veterotestamentaria pare qui evidente e suffragato da altri luoghi del libro; vedi per esempio, sotto, nel finale del cap. «L'esame di chimica», quel fulmineo «Che sia maledetto» indirizzato alla volta di Alex. Di nuovo l'io giudicante quando si esprime tende a sfumare nella voce di Dio, vedi per es. «Storia di dieci giorni», nota 22. 8 torcano. «torcere» è un verbo-chiave del lessico di SQU; ritorna più volte, vedi per es. sotto, cap. «Sul fondo», nota 14 e «Ka-Be», nota 26 oppure «I fatti dell'estate», nota 10; sull'occorrenza del vocabolo in Dante non c'è che l'imbarazzo della scelta («Li diritti occhi torse allora in biechi» Inf. VI, 91; «e da lor torce il muso» Purg. XIV, 130; «li occhi torsi» Par. III, 21).
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