Poiché esistono diverse chiavi di lettura di un testo che derivano dai diversi approcci di un critico o di un lettore, si è assistito ad un dibattito, sul rapporto del Gruppo ristretto di lavoro coordinato dal prof. Giuseppe Bertagna, molto articolato e frastagliato. Vorrei dire non sempre originale, più mirato a enucleare l'ingegneria istituzionale del sistema scuola proposto, che attento a cogliere l'orizzonte di senso pedagogico-se esiste-presente in questa ipotesi. È certo che la scuola non vive di opzioni valoriali astratte e una riforma, che sia strutturale e organica, rimette in gioco l'intero impianto organizzativo del sistema, e dunque bisogna discuterne. Ma se il dibattito è troppo incentrato sulla contrapposizione di schemi e di formule, difficilmente sfugge al rischio di un approccio al problema della formazione 'tecnicistico' e 'omologante'. Una ideologia (pedagogica) trasversale è infatti penetrata nella scuola post-moderna, attratta dalle sirene dell'efficientismo aziendale e dalla razionalizzazione organizzativa. Risultato di un lavoro di gruppo, quindi frutto di mediazioni che derivano da diverse formazioni e sensibilità culturali, il Documento deve essere indagato anche da un altro punto di vista: l'asse pedagogico di riferimento, l'orizzonte di senso educativo e culturale. Perché non esiste una riforma della scuola organica e complessiva che possa rinunciare a una 'visione del mondo' che la presieda anche nelle sue implicazioni organizzative, e quindi non la renda esplicita. Allora mi piace affrontare ancora alcune riflessioni 'trasgressive' sulla scuola, così come credo debba essere, per una pedagogia della 'resistenza' ad una società permeata dal mito della ragione strumentale e dalla massificazione quantitativa.