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Articolo sull'overtourism a Firenze
2022
L'isola che c'è. São Tomé tra antropologia storica, turismo e immaginari. » Dal colonialismo all'eculture ibridate: lo sguardo antropologico sull'isola di São Tomé .
Dialoghi Mediterranei » Dal carcere al teatro. Dialogo con la regista Elisa Taddei » Print istitutoeuroarabo.it/DM/dal-carcere-al-teatro-dialogo-con-la-regista-elisa-taddei/print/ Dal carcere al teatro. Dialogo con la regista Elisa Taddei Posted By Comitato di Redazione On 1 novembre 2023 @ 01:07 In Interviste,Società | No Comments di Sabina Leoncini Introduzione R. T., detenuto di 47 anni, si è ucciso nella sua cella a Sollicciano lo scorso 13 luglio. Il sesto suicidio in questa struttura in neanche un anno [1]. Diverse testate giornalistiche locali hanno commentato questi fatti di cronaca come conseguenza delle pessime condizioni in cui si trova la Casa circondariale di Sollicciano ormai da tempo. Nei prossimi anni è stata progettata una grande opera di ristrutturazione, ma al momento molti sono i detenuti che vivono in una condizione di forte disagio psicologico. R. T. aveva più volte minacciato il suicidio, spesso veniva visto con qualche filo o qualche piccola cordicella attorno alla gola, si era procurato vari tagli nel corpo per autolesionismo, a volte ingeriva pile stilo. Al figlio aveva raccontato di aver visto topi in cella, e della sporcizia, che si sentiva solo, inascoltato, senza rispetto. Racconta il figlio: «Lo Stato non garantisce la tutela del detenuto e non ha garantito quella di mio babbo. […] Era il mio compleanno e ci tenevo tantissimo a festeggiarlo insieme a lui, così andai a trovarlo in carcere. Stava già crollando, giorno dopo giorno. Aveva i capelli lunghi, la barba lunga, abbassava gli occhi perché si vergognava di fronte a me di farsi vedere in quelle condizioni» [2] .
un paese in crisi dove due giovani abitano la casa antica del nonno e imparano a fare tessitura e cercano di rilanciare uno sviluppo locale e con questo lavoro ottengono un premio bianchi bandinelli per la tutela come impegno civile
1999
Tra sillabe e alfabeti: i "meccanismi" della scrittura pag. MARIA GIULIA AMADASI Sulla formazione e diffusione dell'alfabeto pag. MARIA LETIZIA LAZZARINI Questioni relative all'origine dell'alfabeto greco pag. ALBIO CESARE CASSIO Epica greca e scrittura tra VIII e VII secolo a.C.: madrepatria e colonie d'occidente pag. GIOVANNA BAGNASCO GIANNI L'acquisizione della scrittura in Etruria: materiali a confronto per la ricostruzione del quadro storico e culturale pag. INTERVENTI FRANCESCO ASPESI pag. 107 ALESSANDRA INGLESE pag. 111 TERESA ALFIERI TONINI pag. 117 DIBATTITO pag. 119 MARIO NEGRI Conclusioni pag. 155
DIALOGHI MEDITERRANEI, 2024
La ricerca delle proprie radici appartiene da sempre alla storia dell’uomo ma specie dopo la pandemia è stata ulteriormente sollecitata per le nuove precarietà esistenziali e le più frequenti crisi identitarie improvvisamente esplose nelle quotidiane convivenze, costrette a forzate permanenze domestiche. In Italia i lavori per un tavolo tecnico, avviati nel 2018 dalla Direzione Generale per gli Italiani all’Estero (DGIT) del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale (MAECI), sono ripresi dopo l’emergenza pandemica e hanno condotto ad esiti importanti che, con tappe in progressione e trasversale applicazione, hanno permesso di coinvolgere tutte le regioni italiane nel potenziamento del turismo delle radici. Il 2024 in questa cornice è stato definito "L' anno delle radici Italiane". Il saggio propone una riflessione sul segmento turistico coinvolto e sulle sue ricadute trasversali.
Interviste: Rai / Internazionale / Dialoghi Mediterranei
Dialoghi Meditrerranei, 2025
What "ideology" means, with a brief history of the term and its use in political thought and in sociology. References to Bacon, Destutt de Tracy, Marx, Mannheim, Daniel Bell etc.
2017
Nel 1984 Fabrizio De André sorprese critici e appassionati con la pubblicazione di Crêuza de Mä, un disco cantato interamente in dialetto genovese. Un'esigenza più che un'ispirazione, combinata a meraviglia dall'incontro tra il cantautore genovese e Mauro Pagani (arrangiatore e polistrumentista) che, dopo aver interrotto la sua collaborazione con la PFM verso la metà degli anni '70, era impegnato da diverso tempo in una lunga ricerca sugli strumenti e le sonorità mediterranee. L'idioma scelto e gli arrangiamenti delle canzoni rappresentarono forti novità nel repertorio deandreiano, ma l'impostazione dell'album, ovvero un concept, e i contenuti delle canzoni rimasero comunque fedeli alla sua linea poetica. Crêuza de Mä viaggia nel Mar Mediterraneo e nei sogni di chi lo naviga o aspetta dalla propria riva il momento di partire, racconta storie dimenticate e muove il suo obiettivo tra gli emarginati delle città portuali, cerca una radice comune che attraversa secoli e generazioni passando dalle scie disegnate dalle barche sull'acqua. Il disco abbraccia il Mediterraneo nella forma attraverso lingua e musica e rispetta questo spirito anche nell'essenza, cercando di essere cosmopolita, mistico e sfuggente come ogni realtà marittima. È impossibile inquadrare l'opera in un genere ben preciso e, anche da un punto di vista temporale, sembra essere sospesa in un'epoca indefinita. Il messaggio è scritto in genovese, ma non quello degli ultimi decenni, bensì un genovese antico impreziosito da termini di origine araba e turca che restituiscono alla “Superba” repubblica marinara non solo la sua impronta mediterranea ma anche il ruolo di storico punto di contatto tra Europa e Islam . Il dialetto veicola un ritorno alle origini per cercare uno spirito d'unione, una riscoperta e la consapevolezza del destino comune a cui sono sempre stati legati i popoli del
Dialoghi Mediterranei. Periodico bimestrale dell'Istituto Euroarabo di Mazara del Vallo, 2019
Filippo De Pisis, Cest n'est pas tout, 1949 Gli sguardi paralleli di Aldo Gerbino Pubblicato il 1 luglio 2019 da Comitato di Redazione di Nicola De Domenico È la prima volta che Aldo Gerbino colloca 18 intense prose poetiche a fronte di 18 immagini di opere non destinate ad una esposizione temporanea né finemente riprodotte come tributo di collaborazione di un artefice amico ad una nuova plaquette (Non è tutto. Diciotto testi per un catalogo. Con una Premessa di Paolo Ruffilli ed una Chiosa di Aldo Gerbino, Milano, Il Club di Milano-Spirali, 2018). La collezione dell'autorevole poeta-scienziato e critico d'arte-in parte riprodotta in scala ben leggibile nel piccolo formato, in parte miniaturizzata come marca di citazione-è una galleria privata ideale, una soggettiva epitome di figure, che compongono una retrospezione autobiografica del professore che a Palermo ha creato e ordinato la Quadreria Mediterranea dello Steri, sede del Rettorato dell'Università statale, la cui realtà museale, di recente purtroppo inquinata da acquisizioni non sufficientemente meditate, manterrà comunque, almeno nel prossimo futuro, l'impronta originaria della sua appassionata iniziativa di inventariazione e ricollocazione, in un ambiente di gran decoro, delle tele già esistenti in più uffici dell'Ateneo, e della contemporanea promozione di donazioni di gran pregio. E appunto dai dipinti della quadreria provengono alcuni importanti pezzi del repertorio di Non è tutto, che, nell'ordine in cui appaiono al lettore, sono il retro della tela di C'est n'est pas tout (sic) di Filippo del Pisis (1949), cui segue a distanza la foto di Brai del dipinto stesso, particolari isolati del quale figurano sulla copertina, scomposti ed evidenziati quali programmatici grafismi; Renato Guttuso, La Vucciria (1974); Enzo Nucci, Finestra sul Mediterraneo (2010). Un secondo gruppo cospicuo è rappresentato da disegni di Bruno Caruso, venuto a mancare il 4 novembre dello scorso anno: Il falco sul teschio (1980), El caballero de triste figura (Don Quijote) (1999), Cervantes a Napoli (1999). Caruso fu e resta artista carissimo a Gerbino, che non ha riserve a riconoscere quanto gli deve di ispirazione la totalità dei testi affidati a questo suo inusuale catalogo. Ai disegni di Caruso s'aggiungono altri dipinti d'ispirazione fra metafisica e surreale, tra cui un Ceccotti e un Attardi. Se però non fosse per alcune grandi opere classiche, che fungono da allegoresi unificante, le altre immagini della personale galleria di Gerbino, quelle non caratterizzate da un disegno dal tratto vigoroso ed esatto di un Guttuso o Caruso o dalla traccia più spessa di un Garbari, parrebbero estranee alla raccolta, nella quale si isolerebbero come paesaggi colti in vaghe luminosità o incerte atmosfere crepuscolari, talora alternanti azzurro ed oro, ora trascorrenti dal blu al nero (Levasti, Nucci, Modica, Guccione).
2006
Teofilo di Alessandria è vittima di un'interpretazione, già antica, che lo vuole autocrate dispotico e intollerante, del tutto insensibile ai bisogni dei suoi subordinati. Benché formulata in modo da risultare convincente, tale interpretazione, confezionata dai nemici del patriarca, coglie soltanto una parte della verità, di fatto distorcendola. Essa non tiene nel debito conto la complessità della macchina dell'episcopato alessandrino, il cui corretto funzionamento la semplice volontà di un uomo solo ai comandi, per quanto di ferro, era assolutamente insufficiente a garantire. Indubbiamente, la cattedra di Alessandria godeva di una posizione eccezionale rispetto alle sue omologhe sparse nel Mediterraneo 1 . La metropoli esercitava infatti la sua autorità sull'intero Egitto, sulla Libia e sulla Pentapoli, su un'area geografica, cioè, vastissima, che non aveva eguali altrove. Al tempo del vescovo Alessandro (312-328), il numero delle sedi episcopali sottoposte alla giurisdizione metropolitana ammontava a quasi cento unità, sul cui destino era il solo patriarca a decidere, ciò che, sommato al fatto di occupare il seggio di una delle più grandi e importanti città dell'Impero, gli conferiva un potere senza confronti 2 . Proprio perché tanto grande, nessuno poteva però sperare di esercitare davvero siffatto potere senza l'aiuto di dipendenti disposti a collaborare, sia all'interno che all'esterno della città. Entro Alessandria, ai fini di una adeguata conduzione degli affari della Chiesa, il metropolita aveva bisogno di un apparato amministrativo estremamente complesso, la cui efficienza era assicurata dal lavoro di uno staff di funzionari altrettanto articolato e, a motivo dell'esperienza nelle attività della curia e della vicinanza al patriarca di cui beneficiava, tendenzialmente influente 3 . Egli non poteva ignorare, inoltre, gli umori del clero della città e della chora alessandrina, il quale, benché dipendente dal vescovo, deteneva le diverse chiese civiche «privatamente» e la cui autonomia era perciò consigliabile tenere sotto controllo 4 ; né, 10 Giovanni di Nikiu, chron. 78, 42; 79 (ed. H. ZOTENBERG, Chronique de Jean, évêque de Nikiou, Paris 1883). La trad. di R.H. CHARLES, The Chronicle of John, Bishop of Nikiu, London -Oxford 1916, basata sul testo di Zotenberg, è consultabile on line sul sito www.tertullian.org/fathers/nikiu2_chronicle.htm). 11 A. FAVALE, Teofilo d'Alessandria, Sal. 18 (1956) 215-246; 498-535 [= I], partic. 507-516, se ne è servito abilmente per ricostruire gli anni precedenti l'episcopato teofileo, largamente avvolti nell'oscurità.
Venezia, gli Ebrei e l'Europa 1516-2016, 2016
Spiaggia del Chiatamone da borgo marinaro a luogo di loisir » Stampa istitutoeuroarabo.it /DM/santa-lucia-un-quartiere-napoletano-in-trasformazione-da-borgo-marinaro-a-luogo-diloisir/print/
in Atti del Workshop 'Archeologia a Firenze: città e territorio' (Firenze, Camnes, 12-13 Aprile 2013), a cura di V. d'Aquino, G. Guarducci, S. Nencetti, S. Valentini, Oxford Archaeopress Archaeology 2015, pp. 71-81
Sono venuto a dire una parola e la dirò. [...] / E ciò che esprimo oggi in una lingua sola / sarà ripetuto domani in molte altre lingue». Così proclamava -profeticamente, è proprio il caso di dire -il poeta-pittore libano-americano Kahlil Gibran (Ǧubrān Ḫalīl Ǧubrān, 1883-1931) in alcuni suoi versi giovanili in arabo: le sue opere, sia quelle composte agli esordi nella lingua d'origine sia quelle più tarde in inglese, sono di fatto tra i testi più tradotti nel panorama della letteratura mondiale. Invero, fin da quando era ancora in vita, sono stati in moltissimi a cimentarsi nella traduzione di poesie, prose, aforismi, parabole, pièces teatrali e poèmes en prose (al-ši'r al-manṯūr in arabo, ovvero i versi liberi) del celeberrimo autore del Paese dei Cedri. Pubblicato in inglese nel 1923 a New York per i tipi dell'editore Knopf, il long seller The Prophet si conferma senza dubbio il libro più famoso e acclamato della produzione letteraria di Gibran, il cui successo internazionale non sembra a tutt'oggi conoscere battute d'arresto. Un recente studio, da me condotto insieme al
Silvia Pierantoni Giua discute l'attuale contesto migratorio a partire dai saggi di Luca Pisoni e Cristina Cattaneo
2024
Flouwered in the first decades of the fifteenth century, the cartographic-literary genre of islands books constitutes a suggestive and important chapter in the history of geographical representations, despite having aroused limited interest among cartography scholars. Consisting of an organic set of representations of the various islands of the world, the "isolari" associate nautical and cartographic elements with descriptions in prose or verse on the physical, historical, political, economic but also mythological conditions of certain islands realities initially of the Mediterranean only and, a second time, of the other seas and oceans of the planet. The fifteenth and sixteenth centuries are the period of greatest diffusion of the isolaristics genre, with the publication of specialized works that can be considered as real thematic atlases. The treatise on the art of war known as "Diporti Notturni" fits into this vein, written by the military engineer from Ancona Francesco Ferretti in the last decades of the sixteenth century, part of which has the specific connotations of an "isolario". The investigation aims to shed light on the figure of the engineer Ferretti, on his literary production, on the peculiarities of islands of the Mediterranean world, and especially the Aegean, which has always emanated a singular charm, assuming symbolic roles at all times, also combining the myth and reality.
Le lingue occidentali nei 150 anni di storia di Ca’ Foscari
For 150 years, from the foundation of the High School of Commerce to the present day, the French language has played a central role at Ca’ Foscari University of Venice, due to the considerable number of students who have chosen to study it and to its importance in the life of the university. The professors, even with their personal stories, their ideas and activities, the educational planning of their courses, and the shifting balance between language and literature, are a sign of the cultural and didactic progress some meaningful aspects of which this article aims to highlight. Following the historical reconstruction from a diachronic perspective, many important factors of discontinuity and continuity will naturally emerge. Our proposal is to focus on those language factors that remain constant over the years, in particular on that early liaison between teaching and the professors’ didactic/scientific production.
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