Academia.edu no longer supports Internet Explorer.
To browse Academia.edu and the wider internet faster and more securely, please take a few seconds to upgrade your browser.
…
4 pages
1 file
This essay discusses the reasons that led Ronald Dworkin to present his view of the primacy of a Kantian-shaped kind of morality as a variety of “Religion without God” in his posthumous book with the same title. On the one hand, the analogy between Dworkin’s emphasis on enchantment and the definition of religion advanced by É. Benveniste in his Indo-European Language and Society (“religio is a hesitation, a misgiving which holds back”) is underlined. In this sense, Dworkin’s aim seems to show with his own example, contra Weber and Habermas, that there is a form of musicality tailored to secular thinkers. On the other hand, this view of religious musicality is criticized as monodic, enthralled by the metaphor of “shielded integrity”.
da Reportata, anno 9, numero 1 (15 febbraio 2011): http://mondodomani.org/reportata/balestra01.htm Gli studi sul Cristianesimo dei primi secoli, incentrati sul rapporto tra la nuova religione e l'Impero romano, hanno da sempre focalizzato l'attenzione sul modo in cui i Cristiani percepivano la loro relazione con l'autorità imperiale. 1 Lo specchio di colui che era perseguitato riverberava le proprie immagini su quel vessatorio mondo antico, reo d'essergli carnefice. Ma ci si è mai chiesti in che modo concepissero invece i "persecutori" il loro rapporto con le "vittime"? In quale maniera i Romani percepissero i Cristiani? Scrive Wilken, docente di Storia del Cristianesimo alla University of Virginia, nella Premessa alla seconda edizione dell'opera Idea portante del libro era di raccontare la vicenda del sorgere del cristianesimo nel mondo romano dalla prospettiva degli osservatori romani e greci. […] Quando scrissi I cristiani visti dai romani non era mia intenzione proporre teorie sulle ragioni del successo del cristianesimo e del declino della religione tradizionale […] Fondamentalmente ero interessato a illustrare il mondo religioso in cui prese piede il movimento cristiano e a mostrare i modi in cui questo mondo plasmava la percezione che la società aveva del nuovo movimento. 2 1 In riferimento ai primi studi di settore relativi alla reazione pagana nei confronti del Cristianesimo nascente vd. P. de Labriolle, La réaction païenne. Étude sur la polémique antichrétienne du Ier au Vie siècle,
Stato, Chiese e pluralismo confessionale, 2019
This essay critically discusses some of the central ideas of Ronald Dworkin’s last book, Religion Without God. In particular, it will be argued that the idea of “religion without God” is not a form of atheism, as Dworkin claims, but a pure religious attitude in which the idea of “theistic entity” of traditional religion is replaced by a new and not less problematic entity, the idea of “value”.
ReF - RecensioniFilosofiche, 2012
Studi e Materiali di Storia delle Religioni, 2022
Andrea Poma - Recensione a Francesco Ferrari - Religione e religiosità
Asprenas 1 (2019) 106-111
Commentare il quarto vangelo è cosa tutt’altro che semplice, sia per la sua complessità compositiva e teologica, sia per l’enorme quantità di studi e commenti già disponibili sul mercato. I migliori commentari raccolgono generalmente una vita intera di studio e di frequentazione di un libro biblico: è questo il caso dei due volumi di J. Zumstein, frutto di numerosi anni di ricerca e insegnamento sul quarto vangelo. Professore emerito di Nuovo Testamento presso l’Università di Neuchâtel (1975-1990) e di Zurigo (1990-2010), membro della Studiorum Novi Testamenti Societas (1977), dell'Association catholique française pour l'étude de la Bible (1988), della Society of Biblical Literature (1997) e dell'Académie internationale des sciences religieuses (1999), Jean Zumstein rappresenta con poca ombra di dubbio uno dei maggiori esperti del quarto vangelo e dell’opera giovannea.
Gnilka Joachim, I nazareni e il Corano (Studi biblici, 168), Paideia, Brescia 2012, p. 153, ISBN 978-88-394-0824-2, € 16,50. La mole del libretto del noto neotestamentarista J. Gnilka è inversamente proporzionale all'interesse della tesi dell'autore. In questo studio egli intende dimostrare come le origini dell'Islam abbiano più legami con un certo cristianesimo delle origini di quanto comunemente si pensi. In particolare, studiando soprattutto le sure 2, 3 e 5 del Corano, che parlano di Gesù, della madre, la vergine Maria, e della "gente del Libro", con cui s'intendono i nasārā, cioè i nazareni o cristiani, Gnilka giunge ad una tesi di estremo interesse. Il Corano originario avrebbe tra le sue fonti l' Antico Testamento, la sua trasmissione in tradizioni giudaiche e in misura minore il Nuovo Testamento che si può far coincidere quasi esclusivamente con il vangelo di Matteo, cioè uno scritto giudeo-cristiano, con esclusione della letteratura paolina. Il Corano, quindi, e la fede islamica originaria si rifarebbero ad una corrente del cristianesimo primitivo che Gnilka pensa di poter identificare con un partito presente al raduno degli apostoli di cui parla Atti 15, che sarebbe stato ancor più rigido del "partito" di Giacomo e che in pratica avrebbe perso la battaglia in difesa della necessità di attenersi alla Torà giudaica e alla circoncisione pur professando la fede cristiana. I membri di tale gruppo minoritario sarebbero inoltre da identificare con quei falsi fratelli di cui Paolo parla nella lettera ai Galati (cf. 1,6-8) e nella seconda ai Corinzi al c. 11 (cf. v. 13). Ad ogni modo, essi nella loro dispersione avrebbero continuato la loro tradizione in certo qual modo settaria rispetto allo stesso giudeo-cristianesimo e si sarebbero stanziati in un territorio nel quale secoli dopo Maometto potrebbe aver avuto del cristianesimo una concezione proveniente dal gruppo in questione. In definitiva, la grossa domanda che Gnilka arrischia fin dall'inizio con molto pudore è la seguente: «L'islam è nato da ANTONIANUM 1-2015.indd 217 25/02/15 17.05 Recensiones 218 una scissione all'interno del cristianesimo?» (p. 15). Egli non risponde affermativamente, ma tutto il suo studio mira a mostrare e dimostrare che un filo rosso lega il movimento eterodosso giudeocristiano all'origine dell'Islam. A tal fine articola il suo lavoro in tre parti, anche se i capitoli di cui esse si compongono s'intersecano in qualche modo tra di loro. Nella prima egli analizza quel che il Corano dice circa Gesù e i "nazareni". Da sottolineare l'interessante secondo capitolo: nazareni, nazorei, cristiani, dove viene analizzato con chiarezza il rapporto tra questi tre termini. Nella seconda parte, invece, Gnilka pone l'attenzione su quelle parti della Bibbia che possono aver influenzato il Corano. Come si è detto, quel che si ricava è l'aggancio prioritario all' Antico Testamento e alle tradizioni giudaiche; per il Nuovo Testamento, il giudeocristiano vangelo di Matteo fa la parte del leone (cf. Mt 5,17-19). La terza parte dello studio, infine, che è in realtà la conclusione del libro, getta uno sguardo attento alle iscrizioni della Cupola della Roccia a Gerusalemme per ricavarne delle conseguenze nuove e sotto certi aspetti sorprendenti. Gnilka si rifà in particolare allo studio di C. Luxenberg, «Neudeutung der arabischen Inschrift im Felsendom zu Jerusalem», in K.-H. Ohlig-G.-R. Puin, Die dunklen Anfänge: Neue Forschungen zur Entstehung und frühen Geschichte des Islam, Berlin 2005, 124-147 e ne cita l'oggetto centrale del saggio. Là dove l'iscrizione sulla parete interna delle arcate viene letta come: «Muhammad è il servo di Dio e il suo inviato», si dovrebbe invece leggere come «Da lodare (sia lodato) il servo di Dio e il suo inviato».
Modelli dell'ateismo contemporaneo, 2018
«La religione è più profonda di Dio». Questa teoria della religione non è, certo, che un abbozzo di ciò che potrebbe essere un lavoro compiuto. Un pensiero in movimento, a cui solo la scomparsa dell'autore ha impedito di cristallizzarsi in un assetto (quasi) definitivo. È necessario accettare la sfida di Dworkin, perché «in filosofia – suggerisce Marion – se si ha la scelta delle questioni, non si ha tuttavia quella degli avversari, né delle aporie» 1. «Religione senza dio» significa che credere a un dio è solo una delle possibili manifestazioni o conseguenze di quella profondissima visione del mondo che è la religione; e il tentativo di far coincidere, in modo rettilineo e perciò senza la necessaria dose di consapevolezza critica, il teismo con la religione tout court è un'illusione manifestamente intellettualistica, che dà luogo a innumerevoli ricadute sul piano pratico. Ma come fare a strappare alla «religione senza dio» quell'aculeo carico di paradossalità che insidia al fondo la stessa religione, senza al contempo smarrire quel positivo potenziale etico ed epistemologico che, comunque, reca con sé? La prospettiva filosofico-religiosa di Dworkin è paradigmatica in un senso ben preciso. Obiettivo delle riflessioni che seguiranno sarà quello di farla brillare in tutta la sua problematicità, accettando e accentuando le sue criticità in maniera da condurle al loro punto-limite. Attraverso la costruzione di un'unitaria e articolata griglia ermeneutica – che i paragrafi, con la loro suddivisione, riflettono ma prima ancora consentono – si proverà a individuarne lo skopós, quell'insieme di questioni e concetti preliminari e centrali, veri e propri " punti capitali " intorno ai quali tutti gli aspetti specifici e le diverse questioni affrontate nel corso dell'andamento discorsivo ruotano.
Loading Preview
Sorry, preview is currently unavailable. You can download the paper by clicking the button above.
Roczniki Teologiczne Warszawsko-Praskie, 2023
in «Studia et Documenta. Rivista dell'Istituto Storico San Josemaría Escrivá», vol. 15, pp. 495-496, 2021
La Civiltà Cattolica, 2021
La Civiltà Cattolica, 2022
Studi e materiali di storia delle religioni, pp. 395-397, 2019
La società, 2021
Nuova Antologia Militare, fascicolo 9, pp. 621-625, 2022
Asprenas 1-2 (2018) 137-140
Archivum Franciscanum Historicum, 2019
in Rivista rosminiana, 2013
"Defensor Civitatis. Modernità di padre Bernardino Realino Magistrato, Gesuita e Santo", a cura di Luisa Cosi e Mario Spedicato, 2017
Archivio Teologico Torinese , 2021
Paradoxa, n. 1, 2012