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2023, Medioevo. Un passato da riscoprire. Anno XXVII, n. 315, aprile 2023, pp. 88-99
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Policastro Bussentino, in provincia di Salerno, erede dell'italica Pixous e della romana Buxentum, ha conosciuto nel tempo ripetute distruzioni, dalle quali ha saputo sempre risollevarsi. Dal castello bizantino-normanno alla cattedrale romanica, la città conserva testimonianze archeologiche, architettoniche e storico-artistiche di una vicenda plurisecolare.
Edizioni Cristoforo Beggiami, Savigliano, 2013
in Carlo Fedele Savio, «Come la fenice - Romanzo storico piemontese» (a cura di Luigi Botta). Forse non è il caso di «scomodare» Edoardo Calandra ed il suo romanzo «La bufera», mai sufficientemente esaltato dagli amanti della letteratura nazionale, vero capolavoro di cultura subalpina pubblicato sul finire dell'Ottocento, ma quello che Carlo Fedele Savio indica come «romanzo storico piemontese» e pubblica nel 1929 con il titolo «Come la fenice» non è certamente da meno e sicuramente, all'apparenza ma anche nella sostanza, con il capolavoro di Calandra ha molti tratti in comune. La vicenda storica, che per il Calandra è quella legata all'epoca della Rivoluzione francese e che per il Savio ripercorre i passi di vicende seicentesche all'ombra dei Savoia; quella territoriale, che si interpreta per entrambi gli autori al confine subalpino tra cuneese e torinese, dove la provincia si fa tangibile ma mantiene costante quel clima di periferia del regno che rappresenta un «unicum» in quanto a tradizioni popolari e a spirito di costante stimolo economico, politico e sociale; quella storica, che interpreta in modo romanzato passi estremi, anche incredibili, di una realtà che la storiografia ha codificato in tante altre sedi e che il cittadino comune, lontano dai testi eruditi, non ha mai affrontato e quindi non conosce. Il Savio è un sacerdote, è saviglianese, consuma a Saluzzo il suo mandato sacerdotale, diventa canonico della cattedrale, scrive, scrive, scrive, pubblica tutto il pubblicabile e rende omaggio, coi suoi libri, al territorio che lo ospita, cioè Saluzzo, a quello che gli ha dato origine, appunto Savigliano, a quello cui appartenne la famiglia, Piasco e la valle Varaita: diventa un instancabile scrittore che, vivendo a lungo (nasce nel 1857 e muore nel 1948, ultranovantenne) ha l'opportunità di raccogliere il suo pensiero, anche con temi sovente non proprio pastorali, in una gran quantità di libri, opuscoli, estratti, discorsi ed altro, che forse nessuna biblioteca al mondo possiede in modo esaustivo. La scrittura, come per molti altri sacerdoti dei suoi anni, è uno sfogo che legittima l'ozio del tempo libero e che gli offre l'opportunità di mostrarsi come interprete colto, destinato ad un interesse popolare, di storie e circostanze diversamente relegate alla memoria, e basta. «Come la fenice» è un grande atto d'amore alla sua terra. Prende lo spunto da una vicenda che Luigi Cibrario affronta in una decina di pagine nella «Storia di Torino» del 1846 e la racconta indagando nel dettaglio usi, costumi, famiglie, storie, della nobiltà e del popolo che abita il nord del territorio cuneese e che si rapporta quotidianamente con il centro del potere torinese. I luoghi sono quelli che conosciamo. Ruffia, dove i Cambiani hanno la loro residenza; Savigliano, dove la storica nobiltà dei Beggiami, dei Crotti, dei Galateri, dei Cravetta, dei Taffini, dei Ruffino e di molti altri, incrocia lo spirito un po' perverso ed altezzoso del commendator Pasero e dell'abate Castiglione; Lagnasco, rifugio dei Tapparelli e terra di cultura multipla; Torino, dove la corte di Carlo Emanuele, prima, e di Vittorio Amedeo e Madama Cristina, poi, rappresentano il tentativo subalpino di sdoganarsi e proiettarsi in spazi europei più ampi. La storia che il Savio racconta è una storia di invidia, dove la sete di potere, il desiderio di arricchimento, le ambizioni personali prendono il sopravvento mostrandosi come soluzioni a lotte intestine che caratterizzano gli alti livelli della politica piemontese. Il commendator Pasero, con casa sulla piazza Vecchia a Savigliano, insieme all'abate Castiglione, benedettino presso San Pietro (anche il Manzoni dedica a costui qualche passo nella storia di Renzo e di Lucia), si mettono in testa di sopraffare, d'accordo col conte Masserati, il cardinal Maurizio ed il benestare di Madama Cristina, il presidente Cauda, l'uomo fidato di Vittorio Amedeo. E colpiscono ovunque, soprattutto a Savigliano ed a Torino, senza guardare in faccia alcuno e portando alla galera il mite ed attento governatore di Savigliano, conte Ruffino di Diano. Una tresca incredibile che si consuma, in modo drammatico e con un finale a sorpresa che lascia tutti esterrefatti, tra storie d'amore, passioni coinvolgenti, desideri repressi ed anche piacevoli ed illuminanti episodi. Ci sono tutti gli elementi per una storia romanzata (che lascia poco spazio all'invenzione ed alla fantasia) che racconta, anche nel linguaggio, come si viveva nel Seicento in terra piemontese (in appendice sono riprodotte tre lettere dal carcere dell'abate Castiglione, che appartengono alla Fondazione Crs di Savigliano). Del libro originale non rimangono che tre copie in tutta Italia. L'associazione saviglianese Cristoforo Beggiami, continuando nel suo lavoro di sensibilizzazione culturale, ha provveduto a ristamparlo. Affidandone la cura a Luigi Botta, che ha disseminato il testo di annotazioni in calce, che segnalano, puntualizzano, criticano e correggono ogni passo principale, conferendo autorevolezza al testo storico del Savio. Un volume la cui lettura è piacevole, curiosa e molto appassionante.
Sezione di Lettere, 2007
La fenice nella letteratura latina * 1. Il titolo proposto per questo contributo promette più di quanto si possa mantenere nei limiti di spazio consentiti ad un articolo: circoscriveremo di fatto il nostro discorso alla letteratura latina pagana fino al II secolo d.C., allungando lo sguardo sui rapporti che con essa intrattiene il Phoenix di Claudiano (Carm. min. 27). Daremo per scontate le coordinate essenziali del mito, «ein Thema ohne Ende», per usare la affranta definizione di Bömer 1 : le origini orientali del mito, penetrato nella cultura greca e latina e di lì assunto dalla cultura cristiana; l'associazione dell'uccello fenice con il sole e l'accostamento e contaminazione con miti paralleli di uccelli solari, in particolare con l'egizio benu; gli elementi caratterizzanti il mito-pur nella varietà dei dettagli-(l'unicità, la longevità, l'autorigenerazione del volatile favoloso) e le sue implicazioni cosmologiche, per l'associazione del ciclo vitale della fenice con i grandi cicli cosmici; e, infine, la disponibilità del mito a farsi simbolo, intorno al suo cuore profondo, ovvero il motivo della ciclicità e rigenerazione: e dunque a farsi simbolo di rinnovamento ed eternità, declinato in molteplici figure, sul versante pagano e più ancora sul versante cristiano 2. 1.1. Le prime attestazioni nella letteratura latina si sfumano in una nebbia di incertezza, che vela da un lato un testo perduto e dall'altro un enigmatico frammento. Sappiamo da Plinio il Vecchio (Nat. X 4) che il senatore Manilio 3 , nel 97 a.C., primus atque diligentissime togatorum de eo (scil. phoenice) prodidit, con informazioni dettagliate anche sul processo della rigenerazione (avremo occasione di riparlarne più avanti); e il grammatico Carisio (p. 376 Barw.) ci ha conservato, discutendo di questioni metriche, versi che-dice-sunt in pterygio Phoenicis Laevii novissimae odes Erotopaignion: dunque un frammento di Levio 4 , di un carme (forse) figuratum, in forma di aluccia, con il titolo (forse) di Phoenix, che aveva per tema (forse) l'uccello fenice. Insisto
"FERVET OPVS. Per i primi sessant'anni di "Vichiana". Biblioteca di "Vichiana", 2024
Phoenix and an attempted parricide (Il. 9.458-461) • This article examines Il. 9.458-461, a passage which focuses on Phoenix's plan to kill his father Amyntor. These four verses were handed down only by Plutarch and allow us to evaluate three important aspects of the Iliad in relation to the archaic epic: the existence of diπerent (i.e. un-aristarchean) editions of the poem during Hellenistic and Imperial Age; the selection of mythical narratives, which merged into the Iliad we read today; the dichotomy between orality and literacy in the valuation of Homeric poetry.
La Qualità è la grande incognita del mercato. Tutti ne parlano, ma nessuno sa veramente cosa sia. In termini concettuali è ciò che il mercato richiede e riconosce. Un prodotto quindi è di "qualità" quando soddisfa le esigenze del mercato. Questo vale sia per le produzioni di largo consumo che per quelle di nicchia, che vengono ottenute in piccole quantità. E' un concetto in costante evoluzione e da verificare e vitalizzare ogni giorno con il marketing. in questo lavoro viene analizzato il concetto di Qualità e le azioni della politica agricola comunitaria verso la qualità delle produzioni agricole. viene poi analizzato il caso del mais, una commodity ma che può essere interessata dal fattore qualità.
E' la sera dell'11 Novembre 1948, nel palazzo di via Durini 2, a Milano, quel palazzo che si protende, a base di trapezio, sull'incrocio con via Cavallotti e largo Augusto.
La natura 3D dei mondi virtuali rende immediate trasposizioni, simulazioni e immersioni esperienziali con il coinvolgimento attivo del visitatore. Le piattaforme tridimensionali hanno inoltre, un carattere ludico/educativo che ben si coniuga con quell'"imparare facendo" che tanto si proclama ma quasi mai si realizza. Questa esperienza mostra come con software free accessibili e sicuri, sia possibile migliorare la didattica e allo stesso tempo recuperare valori scientifici e culturali di grande importanza sociale.
L'universo dell'impossibile possibile nella narrativa di Guido Morselli
Estetica ed ecologia nel progetto di paesaggio, 2019
Il rapporto tra pensiero estetico ed ecologia trova oggi nuove opportunità di indagine che ci portano a domandarci se esista una riflessione di matrice femminile e quale contributo essa abbia dato alla disciplina del paesaggio. La domanda è: esiste un pensiero femminile che analizzi in una luce nuova il concetto di ambiente e più precisamente quello di spazio aperto e di esterno da sé? Il gesto vivo, l'improvviso muoversi verso il fuori, è quello che caratterizza le donne, scrittrici, fotografe, poetesse, architette, paesaggiste, scienziate e artiste in senso più ampio, che sono state scelte in questo breve elenco, in una genealogia dell'estetica delle donne per la costruzione di una ecologia del paesaggio. Un elenco aperto che conta molte più protagoniste e che, speriamo, diventi sempre più ampio.
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Silvae di Latina Didaxis, 2021
museocivico.rovereto.tn.it
Eruditio antiqua, 2018
Studi Novecenteschi, 2012