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2023, Amedeo Maiuri: l’archeologia e il paesaggio storico del golfo di Napoli
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Amedeo Maiuri: l’archeologia e il paesaggio storico del golfo di Napoli Atti della Giornata di Studi a 90 anni dallo scavo di Villa Jovis (Capri, 28 ottobre 2022) a cura di Luca Di Franco, Rosaria Perrella
Rivista di Terra di Lavoro, 2020
Il presente lavoro ha come obiettivo chiarire le vicende storiche immediatamente antecedenti al riordino del Museo Provinciale Campano, che fu curato da Amedeo Maiuri. Tale intervento ha rappresentato una svolta per l'istituzione culturale, grazie ai consistenti aggiornamenti museografici ed al riordino delle collezioni. Dall'analisi della documentazione custodita presso gli archivi del Museo Nazionale di Napoli e del Museo Campano, è stato possibile delineare i principali episodi che portarono alla rinascita della suddetta istituzione .
Il Tempio della Masseria del Gigante a Cuma, 2013
Una prima analisi stilistica dei frammenti di maggiori dimensioni rinvenuti nel complesso della Masseria del Gigante, alcuni dei quali attribuiti ai relativi portici, è stata condotta nell'ambito di una precedente ricerca sulle decorazione architettonica a Cuma:
L. Di Franco, R. Perrella, Amedeo Maiuri: l'archeologia e il paesaggio storico del Golfo di Napoli, Atti della Giornata di Studi (Capri, 28 ottobre 2022), Roma 2023
Il Capitale Culturale: Studies on the Value of Cultural Heritage, 2019
Sottoposta, per secoli, all’azione di scavatori abusivi, l’antica Cuma, all’inizio del XX secolo, rischia di essere ulteriormente e definitivamente danneggiata dalle azioni di bonifica dell’area e dalla legge 1792/1919 che fa passare al demanio anche i possedimenti reali di Licola in cui ricadeva l’area archeologica. La battaglia conservativa avviata da Vittorio Spinazzola per la tutela di quei terreni aveva dato esiti molto parziali. Sara Amedeo Maiuri a cambiare definitivamente le sorti della preziosa area di scavo utilizzando, con estrema intelligenza, l’attenzione che il fascismo dara a Virgilio e ad Enea. Inserendo Cuma nel piu ampio progetto fascista di revisione del ruolo di Napoli e del suo Golfo come centro della politica espansionistica nel Mediterraneo, riannettendo con forza l’area di Cuma al racconto virgiliano e alle celebrazioni di Mussolini come “novello Enea”, Maiuri riuscira a salvare l’area archeologica dell’antica Cuma, sperimentando anche nuove modalita di fruiz...
Aristonothos. Rivista di Studi sul Mediterraneo Antico
Si riconsidera, in questa sede, la questione dell’etimologia dell’epiteto iguvino grabouio-, oggetto negli ultimi due secoli di svariate proposte etimologiche: in particolare, si mette in luce l’opportunità di riprendere in considerazione una proposta di Ugo Bianchi, il quale sospettò che l’epiteto umbro fosse da interpretare alla luce del confronto con il latino Capitolinus. La validità della tesi dello Studioso è qui sostenuta dall’accordo fra i dati linguistici e quelli antiquari e storico-religiosi, inquadrando la spiegazione di grabouioall’interno di un più ampio contesto di condivisione di tratti culturali fra le comunità dell’Italia antica. The etymology of the Umbrian epithet grabouio- has been studied according to a number of etymological proposals over the last two centuries. Among these is Ugo Bianchi’s suggestion to interpret grabouio- in the light of Latin Capitolinus. The merits of the arguments put forward by this scholar are supported through a comparison between t...
Il contributo intende approfondire la fase di vita imperiale del tempio capitolino di Cuma, il secondo più grande dopo l’esemplare urbano. Per comprendere i meccanismi attraverso i quali il culto capitolino si sia imposto, diffuso e sviluppato nell’area flegrea, si è preferito, piuttosto che affrontare il problema da un punto di vista esclusivamente storico-religioso, considerare la dimensione materiale ed archeologica del problema, tenendo presente le implicazioni sociali, politiche, religiose ed economiche. La morfologia architettonica e la cronologia del tempio di età imperiale verranno ricostruite e precisate, insieme ai rapporti topografici con l’area circostante. L’esame degli avanzi architettonici, dei frammenti pertinenti ai diversi sistemi decorativi e delle statue di culto permetterà inoltre di formulare ipotesi ricostruttive sull’aspetto architettonico interno ed esterno del tempio.
Così, fra terra per la bonifica e terra per le colmate ho spianato colline e dissepolto intere vie a Pompei. Il terreno si abbassa di giorno e la città si alza, e appare sempre più bella. Proprio quello che avevo sognato. A. Maiuri
From: G. CIFANI, L'architettura romana arcaica. Edilizia e società tra Monarchia e Repubblica, Roma: L'Erma di Bretschneider, 2008, pages 80 -109. 80 182 Sintesi schematica sul monumento, con riferimenti alle fonti letterarie, epigrafiche e numismatiche: TAGLIAMONTE 1996 e DE ANGELI 1996 con bibl.; per una rassegna completa delle fonti letterarie: (L. Da Riva) FONTES VI.2, pp. 274-344. FONTES VI.2, pp. 274-344. FONTES 183 Sull'argomento vedi: PALOMBI 1997 b. 30. TEMPIO DI GIOVE CAPITOLINO Il tempio di Giove Capitolino è l'edificio più importante del periodo arcaico e, insieme alle mura urbane, l'opera di maggior impegno dell'età dei Tarquini; la sua memoria si è trasmessa inalterata dall'antichità all'epoca moderna 182 . Di seguito vengono riportate separatamente le fonti letterarie da quelle archeologiche su cui vengono basati i modelli ricostruttivi. -Le fonti letterarie Il voto della costruzione del tempio viene attribuito in maniera pressoché concorde dalla tradizione letteraria a Tarquinio Prisco all'epoca della guerra contro i Sabini (Cic. rep. II.20.36; Liv. I.38.7; I.55.2; Dion. Hal. III.69.1; IV.59.1; Plut. Publ. XIV.1; Tac. hist. III.72). Nell'area capitolina destinata al cantiere insistevano già: templa (Serv. Aen. 9.446), arae (Varro ling. V.74), fana sacellaque deorum (Liv. I.55.2; Fest. 160 L; Lact. inst. I.20.38) relative a culti più antichi, alcuni dei quali risalenti a Tito Tazio e a Numa (Varr. Ling. V.74; Aug. civ. 4.23). La loro exauguratio sarebbe stata effettuata dall'augure Attus Navius (Dion. Hal. III. 70.1); solo i culti di Terminus, Iuventas e Mars avrebbero rifiutato di cedere loco (Aug. civ. 4.23) e furono quindi inglobati nel tempio della triade capitolina (Dion. Hal. III.69.5; Aug. Civ. 4.23). Tarquinio Prisco avrebbe quindi dato inizio ai lavori che si sarebbero svolti negli ultimi quattro anni del suo regno (583-579) e avrebbero comportato la realizzazione di un terrapieno cinto da un grande muro di sostruzione, su cui si sarebbero impostate le fondamenta (Dion. Hal. III.69.1-2; IV.53.1; Liv. I.38.7; Tac., hist. III.72; Eutr. I, 6); lo stesso monarca avrebbe commissionato la statua di culto al coroplasta veiente Vulca (Varro in Plin. N.H. XXXV.45.157). La costruzione del tempio venne ripresa però solo da Tarquinio il Superbo che, per finanziare il cantiere, utilizzò il bottino frutto del saccheggio delle città latine di Suessa Pometia, e Apiolae, mentre la manodopera sarebbe stata reclutata in parte a Roma (Liv. I.56.1) e verosimilmente nel Lazio, come rivela una fonte tarda sull'impiego di un contingente di fabri coacti dalla città di Cora (Gloss. ps. Plac. f5) f5) f 183 , nonchè dall'Etruria, per gli artisti e gli artigiani specializzati nella decorazione coroplastica (Liv. I.56.1; Plut. Publ. XIII.1; Fest 342 L; Serv. Aen. VII. 188). Il costo dell'operazione, finanziata ex manubiis, viene quantificato dallo storico L. Calpurnio Pisone (fr. 16 P) in 40.000 talenti di argento e, più verosimilmente da Fabio Pittore (fr. 10 J ) in 400 talenti equivalenti a 40.000 libbre, secondo una stima preferita anche da Livio (I.55.88-89) e poi ripresa da Dionisio di Alicarnasso (Dion. Hal. IV.50.4-5) e da Plutarco (Plut. Publ, XV.3). L'inaugurazione del tempio sarebbe avvenuta nel 509 a.C. ad opera del primo console della repubblica: M. Horatius Pulvillus (Polyb. III.22.1; Cic. dom. XLIV. 139; Liv. II.8.6; VII.3.8; Dion. Hal. V.35.3; Plut., Publ. XIV.2 ; Cass.Dio III, fr. 13.3-4; Tac. Hist. III.72) Secondo una preziosa testimonianza di Dionsio di Alicarnasso (Dion. Hal. IV. 61. il tempio aveva un perimetro di 800 piedi, con ogni lato di quasi 200 piedi, una differenza tra lunghezza e larghezza di soli 15 piedi, un triplo ordine di colonne sulla facciata, tre celle di cui quella centrale era dedicata a Giove (Dion. Hal. IV.61.4), quella destra a Minerva (Liv. VII.3.5), quella sinistra a Giunone (C.I.L. VI, 32329.9).
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"Enciclopedia machiavelliana", Roma 2014, vol. I, pp. 263-271
Etruria e Italia preromana. Studi in onore di G.Camporeale, a cura di S.Bruno, 2009
"Quaderni di Archimeetings", n. 3 . - Firenze : Polistampa, 2004
L'architettura e le sue declinazioni, 2008
2022
REUDAR, Europea Journal of Roman Architecture, 2017
Tipografi, librai ed editori minori per la storia del libro, 2020
in Aa. Vv., Guida alle chiese romaniche di Ascoli Piceno, città di travertino, Ascoli Piceno 2006, pp. 40-59, 161-165, 2006
Atti e Memorie dell'Accademia Galileiana di Scienze, Lettere ed Arti in Padova , 2019
«Acciò che ’l nostro dire sian ben chiaro». Scritti per Nicoletta Maraschio, a cura di M. Biffi, F. Cialdini, R. Setti, Firenze, Accademia della Crusca, II, pp.749-761, 2018