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2005, “Yhwh è un uomo di guerra” nell’esegesi ebraica, Ravenna, AISG “Testi e Studi” n. 14, 2005, pp. 141-150.
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In this contribution I intend to examine the interpretation given by rabbinical literature and by the main Jewish exegetes of the Middle Ages of the expression "Yhwh is a man of war" which occurs in the Hebrew Bible only once in Exodus 15.3.
Dadaohui, 2020
basato su "la società delle grandi lame-organizzazioni armate popolari della fine dell'epoca Qing", in (大刀会-清末民间武装社团) https://baike.baidu.com/item/%E5%A4%A7%E5%88%80%E4%BC %9A/1241747?fr=aladdin ed arricchito con una ricca bibliografia La "società delle grandi lame" (大刀会) è un tipo di organizzazione segreta che si è diffusa durante la dinastia Qing. Per qualcuno era anche chiamata "copertura della campana d'oro"(金钟罩) 1 , perché al suo interno si praticava questo tipo di abilità semi-magica che avrebbe dovuto proteggere dai colpi degli avversari, anche da proiettili; un altro nome conosciuto era "società della benevolenza e della rettitudine"(仁义会). Si ipotizza che essa fosse una ramificazione della "dottrina del loto bianco" (白莲教) 2. Secondo l'articolo "la società delle grandi lame spazza via le chiese cristiane" 3 questa società, fondata nel 1894 a Shanxian, si sarebbe anche chiamata "fruste senza ombre"(无影 鞭), "camice di ferro"(铁布衫), oltre alla già citata "armatura della campana d'oro", ecc. Lo stesso articolo specifica che "le origini [di questa società] sono in una branca della dottrina degli otto trigrammi emanazione a sua volta della dottrina del loto bianco" I suoi adepti erano principalmente contadini, artigiani delle piccole aree amministrative e delle città, venditori ambulanti e letterati di estrazione povera. Questa associazione si diffuse in cinque province: Shandong, Jiangsu, Shanxi, Henan ed Anhui. 1 Per esempio "ricerche sulla società delle grandi lame del sud ovest dello Shandong" afferma: "Secondo le ricerche sul nome Dadaohui, questa società in origine si sarebbe chiamata armatura della campana d'oro ed era una ramificazione della dottrina del loto bianco di cui era il nome secolare" (大刀会名称考大刀会本名金钟罩,是白莲 教的支流,"大刀会"是它的俗称) 2 Esherick mette in dubbio questa ipotesi riportando che gli storici Cinesi si dividono tra coloro che ritengono che le Grandi Lame derivino chiaramente dal Loto Bianco e tra coloro che invece ritengono che esse fossero solamente un gruppo di artisti marziali. 3 大刀会横扫洋教堂
I] FATTI ANTERIORI ALL'AZIONE COMPRESA NELLA TRAGEDIA Nell'anno 568, la nazione longobarda, guidata dal suo re Alboino, uscì dalla Pannonia, che abbandonò agli Avari; e ingrossata di ventimila Sassoni e d'uomini d'altre nazioni nordiche, scese in Italia, la quale allora era soggetta agl'imperatori greci; ne occupò una parte, e le diede il suo nome, fondandovi il regno, di cui Pavia fu poi la residenza reale. Con l'andar del tempo, i Longobardi dilatarono in più riprese i loro possessi in Italia, o estendendo i confini del regno, o fondando ducati, più o meno dipendenti dal re. Alla metà dell'ottavo secolo, il continente italico era occupato da loro, meno alcuni stabilimenti veneziani in terra ferma, l'esarcato di Ravenna tenuto ancora dall'Impero, come pure alcune città marittime della Magna Grecia. Roma col suo ducato apparteneva pure in titolo agli imperatori; ma la loro autorità vi si andava restringendo e indebolendo di giorno in giorno, e vi cresceva quella de' pontefici. I Longobardi fecero, in diversi tempi, delle scorrerie su queste terre; e tentarono anche d'impossessarsene stabilmente.
Sigfrido, bello e coraggioso, dopo molte gloriose avventure, sposa Crimilde, la bellissima principessa burgunda; ma viene ucciso a tradimento dal perfido Hagen, d'accordo con i fratelli della sposa. Crimilde allora lascia il suo paese per sposare Attila, re degli Unni, l'uomo che l'aiuterà a compiere la sua vendetta. Dopo molti anni, riesce ad attirare in un tranello i fratelli e Hagen, che pagano con la vita la colpa del loro delitto.
Doppiozero, 2018
Doppiozero, 17 ottobre 2018 Tohuwabohu (Caos)-I ed. 1920, ed. consultate: Reclam, Stuttgart 2000, pp. 378-è il primo romanzo di Sammy (Samuel) Gronemann, drammaturgo, avvocato e giurista ebreo, nato a Strasburg, allora est della Germania, in una famiglia ortodossa in cui fu educato nell'amore per il popolo ebraico e nell'interesse per la difesa della condizione giuridica degli ebrei. Germania, anni Venti A Borytschev, appena fuori dalla sinagoga, un giovane studente di una scuola talmudica, Jossel, incontra giusto al di là dell'Eruv la giovane Chana Weinstein seduta su una panchina. La ragazza sta leggendo il Faust di Goethe, e Jossel si avvicina per farle notare che sta "contravvenendo al comandamento" tenendo fra le mani quel libro oltre il confine che "terminava qualche passo più in là, e dunque alla panchina su cui sedeva doveva essere arrivata trasportando qualcosa di proibito, anche se solo un libro". Avvicinatosi per farle presente la trasgressione e il precetto, Jossel resta affascinato dall'aura di verità e dalla prontezza della ragazza, che lo ringrazia "per il gentile avviso": "[…] chiese cosa poteva fare allora, una volta che la regola era stata trasgredita […] avrebbe dovuto tornare oltre il confine con il libro, o avrebbe dovuto posare il libro sulla panchina e lasciarlo lì? O cosa?" È questo incontro, sebbene narrato in un flashback a poche pagine dall'incipit, a rappresentare il vero inizio della storia. "Jossel era inamovibile e, quando cominciò a leggere, era in tutto e per tutto il talmudista critico e scettico. Eppure ecco in lui velata la brama di piluccare i versi del poeta-per poi avvicinare Chana tramite un oggetto a lei più connaturale del trattato sulle limitazioni dello shabat, per mostrarle quant'era arguto, e molto più bravo di quello scribacchino di libri che l'aveva condotta a trapassare i limiti." Come è ovvio, il "libro galeotto" unisce i due giovani contro ogni precetto familiare e il rifiuto di Jossel di sposare chiunque altra mette in discussione ogni convenzione, spostando l'aderenza o meno alle norme nell'ambito della "fatica", dell'"ingegno", dell'essere più o meno disposti a scendere a compromessi. Jossel in seguito lascerà Borytschew e si sposterà più a ovest per esplorare la "cultura tedesca" e cercare un modo per "non sentirsi costretto ad abbandonare l'ebraismo", per dirla con parole che l'autore riferiva, altrove, alla sua vicenda biografica personale. In effetti il romanzo presenta dei nuclei autobiografici: anche se Gronemann non studiò in una yeshiva, si formò per un anno in una scuola ebraico-tedesca, e si iscrisse poi al seminario rabbinico di Esriel Hildesheimer, che nei suoi Ricordicolloca "nella Gipsstrasse" e non "a Berlino", evidenziandone la condizione di ambiente "separato" rispetto alla realtà berlinese. In seguito però, insofferente e in disaccordo con l'impostazione conservatrice degli ebrei della Gipsstrasse che si opponevano
Introduzione alla consapevolezza del suono primordiale Introduction à la prise de conscience du son primordial Introduction to the awareness of the primordial sound
Saydnaya Al Napoli Teatro Festival il 23 settembre 2020 è andato in scena uno spettacolo insolito, con protagonista la martoriata Siria, cui talvolta concediamo apparentemente tanta attenzione, da questa parte del mondo, talaltra dimentichiamo anche che esista. L'indifferenza è una causa, ma non l'unica. A essere onesti è difficile farsi un'idea precisa della situazione politica che ha provocato danni sempre maggiori a quella terra straordinaria e al suo popolo, e tanto più difficile è sapere che cosa stiano vivendo oggi. Ammesso poi di farsene un'idea, chi può essere certo che corrisponda alla realtà? Perciò è tanto più interessante ascoltare la voce/testimonianza dell'attore siriano in collegamento, da cui la rappresentazione prende le mosse. Abita ancora in Siria, un paese dal quale l'Europa respinge l'accesso, quindi la sua presenza in scena è da remoto, come tanti eventi in tempi di pandemia. Ramzi, l'attore siriano, la cui voce dà inizio allo spettacolo, e la voce dell'amico Jamal, incaricato di raccontare dal vivo la sua storia, sono soltanto il punto, su cui insiste l'immaginario compasso, che finisce col disegnare un cerchio molto più ampio, dedicato all'incrocio fra culture, al senso di sradicamento, a chi nasce in un paese diverso da quello dei suoi genitori, a chi vive sentendosi lontano da casa. Non è soltanto storia siriana, è storia di tanti, storia di sempre. Saydnaya è la prigione, trenta chilometri a nord di Damasco, in cui scoppiò una terribile rivolta il 27 marzo del 2008. La maggior parte dei prigionieri di questo carcere sono detenuti politici, appartenenti a correnti laiche di opposizione. Fra le sue mura sono rinchiuse oltre 1300 persone, è praticamente un paese stipato in se stesso, che cova rabbia e che si è trovato in guerra aperta al momento della rivolta, partita da un detenuto, che staccò il filo della corrente in corridoio, lasciando al buio l'intera struttura. Per sedare la rivolta, all'inizio del mese di luglio del 2008 fu chiesto l'intervento dei militari, che giunsero in numero superiore ai carcerati e che furono fatti entrare nelle celle. I detenuti riuscirono comunque a prendere in ostaggio 200 soldati e 4 ufficiali. Le ali della prigione erano sotto il loro controllo. Il prigioniero politico Quanti sono incarcerati in Siria per motivi politici perdono i diritti civili, diventano simili a ombre. Aver sfilato a una manifestazione pacifista può essere ritenuto un motivo politico sufficiente a condannare al carcere, alle torture, a chissà a cos'altro. I prigionieri non possono parlare di se stessi, delle proprie passioni nemmeno tra loro, devono farsi trovare dalle guardie con le mani sugli occhi, perché non è loro permesso neppure di guardare. Anche se ne escono vivi, è difficile che qualcuno vada loro incontro, s'interessi a loro, abbia relazioni di qualunque genere con loro, perché rischierebbe in prima persona di essere interrogato e di subire delle conseguenze nocive. Dalla segregazione carceraria questi prigionieri possono passare a quella domestica, molti non riescono a conservare l'equilibrio mentale, qualcuno preferisce il suicidio. Può bastare una battuta di spirito sull'accento del Presidente a far finire in una delle prigioni più dure della Siria. L'ironia è messa al bando, perché è considerato vilipendio ridere di un comportamento qualunque di chi detiene l'autorità. Questo è quanto è successo a Rami, fratello di un attore di Damasco, che si racconta attraverso il palco. E poi c'è la musicista, che riesce a uscire dalla prigione, mentre suo marito resta dentro. Per nove anni non può nemmeno fargli visita. Poi finalmente ottiene il permesso per dodici minuti da lontano. Ogni diversità rispetto alla maggioranza si sente in pericolo, oltre a convincersi di essere espressione di una malattia. L'unica medicina è dentro di te, Gesù ti ama come sei: queste parole sono l'unico annuncio sensato che un prete riesce ancora a pronunciare rivolto all'angoscia di un giovane omosessuale. Qualcuno si decide a
45 ROBERTO GIGLIUCCI Tronsarelli e la Catena d'Adone fra morte di Marino e messa all'indice del poema La fonte più accessibile di dati sulla vita del Tronsarelli è fornita dal me-daglione che l'Eritreo gli dedica nella Pinacotheca tertia 1. Vi si dice che la fa-miglia del nostro era oriunda francese; il nonno di Ottavio si trasferì a Roma nel 1528 portando con sé infante il figlio Antonio. Questi sarà padre di Giovan Francesco, Orazio e quindi Ottavio. Egli studiò presso i gesuiti a Roma, ed ebbe come maestri figure del calibro di Famiano Strada e Bernardino Stefonio. Eritreo tramanda poi che Tronsarelli, desideroso di darsi interamente alle let-tere, passò dal Collegio all'Accademia, precisamente quella degli Umoristi. Ne uscì quindi per un diverbio con Agostino Mascardi, che in quel tempo era principe; si trasferì all'Accademia degli Ordinati, fondata da Giulio Strozzi, che si riuniva presso il cardinal Deti (comunque già prima del '26 Tronsarelli aveva scritto un sonetto in lode di Filippo Masio allora principe degli Ordinati: Rime, Roma, Corbelletti, 1626, p. 85). Qui ebbe un diverbio con la Margherita Sarroc-chi in merito all'impresa e al motto accademico. Tronsarelli fu anche magna pars dell'Accademia degli Sterili 2. Sempre dedito alla caccia, ci racconta Eri-treo, era anche attivissimo nei lavori georgici, sicché per l'affaticamento e il vitto troppo austero arrivò a morire «tertiana febri correptus» e quindi «atra atque lethali bile oppressus», nell'ultimo giorno di agosto del 1641. Un elenco delle opere di Tronsarelli è offerto da Mandosio 3 , Amati 4 e recentemente da Giambonini 5 a commento dell'affettuosa lettera che Marino 1 Coloniae Ubiorum [ma Amsterdam], apud I. Kalcovium [ma Johann Blaeu], MDCXLVII, pp. 147-152.
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