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2011
Il volume contiene la prima catalogazione scientifica completa della più cospicua collezione di sculture lignee in Italia: oltre centocinquanta opere (in buona parte inedite e non esposte al pubblico) provenienti da varie parti d'Europa e confluite, attraverso percorsi diversi, nel Museo Nazionale del Palazzo di Venezia a Roma.
in Musei Capitolini. Le sculture di Palazzo Nuovo 2, a cura di E. La Rocca, C. Parisi Presicce, Roma 2017:, 2017
1. Statua di Satiro, cosiddetto Fauno Rosso, pp. 18-24; 15. Statua loricato con ritratto non pertinente di Marco Aurelio, pp. 304-309; 18. Ritratto di Marco Tullio Cicerone, pp. 320-323; 25. Ritratto virile rilavorato, pp. 353-353; 27. Ritratto di Marco Aurelio su busto moderno, pp. 358-361; 38 Ritratto virile su busto non pertinente, pp. 414-415; 43. Statua togata, cosiddetto Mario, pp. 440-443; 56. Statua di donna anziana, pp. 506-513; 60. Ritratto maschile su busto non pertinente, pp. 530-533; 67. Ritratto di Augusto su busto moderno, pp. 562-565.
Uno sguardo agli studi 1 ffrontare lo studio della produzione scultorea napoletana di età aragonese significa confrontarsi congiuntamente con due pilastri della storiografia artistica italiana del secolo scorso: uno è il catalogo della mostra Sculture lignee nella Campania del 1950, a cura di Raffaello Causa e Ferdinando Bologna, divenuto imprescindibile punto di partenza per ogni ricerca sull'argomento, ma anche bagaglio metodologico indispensabile: in quella occasione infatti lo studio della scultura in legno venne ricondotto ad un contesto figurativo più ampio che teneva in debito conto la pittura coeva. L'altro pilastro di riferimento è il libro del 1977 di Bologna Napoli e le rotte mediterranee della pittura, grande romanzo storico e libro di formazione per generazioni di storici dell'arte che hanno continuato a difendere il modello storiografico della congiuntura. E poiché le questioni di metodo sono la sostanza di qualsiasi indagine storica, come scrisse Giovanni Previtali nel 1979 2 , la prima decisione che lo studioso si trova ad affrontare nel momento in cui sceglie il proprio argomento di indagine è quella dei punti di partenza e di arrivo della narrazione per dare senso alla prima risposta critica che l'analisi dell'opera d'arte implica, ossia la sua periodizzazione, intesa tra le altre cose come ricerca di un tempo e un luogo. E se "la storia è storia di oggetti, di insiemi definibili mediante la descrizione delle loro strutture", per usare ancora le parole di Previtali, il punto di avvio di questa trattazione chiama in causa le sculture di Pietro e Giovanni Alamanno (figg. 1, 2) oggi ubicate nel Museo di San Martino a Napoli, ma che in origine furono destinate alla cappella di Iaconello Pipe, aromatario del Duca di Calabria, nella chiesa di San Giovanni a Carbonara. Il documento di commissione datato 30 giugno 1478, pubblicato sotto forma di regesto da Gaetano Filangieri nel 1891 3 , ci informa che si trattava di un presepe di quarantuno figure da ultimarsi entro il Natale successivo. Ma la faccenda per il Presepe degli Alamanno si complica in quanto un ulteriore documento ritrovato da Filangieri di Candida nel 1924, segnala la seguente circostanza: la vedova dell'aromatario, Antonietta De Gennaro, il 22 marzo del 1484 affida al maestro Francesco Felice la policromia delle statue, invitandolo ad attenersi a quanto egli stesso aveva già fatto per i presepi di Santa Maria la Nova, Sant'Eligio, e l'Annunziata 4 ( ). Se le cose si svolsero secondo tale sequenza, ciò significa che la lavorazione delle sculture coprì un arco temporale di certo più lungo dei sei mesi previsti nel contratto oppure occorre pensare che le statue rimanessero senza colorazione per diversi anni. L'intervento del pittore lascia credere che ci fossero specializzazioni di settore, ma risulta difficile capire se tale pittore fosse parte di un'unica impresa con vincoli professionali all'interno della bottega degli Alamanno o se l'impegno assunto da Felice avvenisse in piena autonomia. Ad ogni buon conto, veniamo a sapere kronoS 14
Ogni autore è direttamente responsabile delle immagini pubblicate nel proprio saggio e i crediti fotografici seguono le indicazioni fornite da ciascun ente responsabile. In copertina: Matteo Civitali, Annunciata, 1465 ca., legno policromo, Chiesa di San Michele, Mugnano (Lucca)
A paper on the public monuments of the Giardini di Venice
Tracce di Pietra. La collezione dei marmi di Palazzo Venezia, a cura di Maria Giulia Barberini, Roma , 2008
Prospettive architettoniche - conservazione digitale, divulgazione e studio - VOLUME I, 2014
Paolo Russo è funzionario storico dell'arte presso la Soprintendenza ai BB. CC. e AA. di Enna. Dopo essersi specializzato in Storia dell'arte medioevale e moderna presso l'Università di Roma "La Sapienza", ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia dell'arte medievale, moderna e contemporanea in Sicilia presso l'Università di Palermo. È stato docente a contratto di Storia dell'arte moderna presso l'Università "Kore" di Enna e l'Università di Catania (sede di Siracusa). Autore di numerosi contributi sulla pittura e la scultura lignea in Sicilia in età moderna, nel 2007 ha pubblicato una monografia su Filippo Paladini e la cultura figurativa nella Sicilia centro-meridionale tra Cinque e Seicento. Attualmente, con Teresa Pugliatti e Salvatore Rizzo, sta curando un volume sulla scultura in legno in Sicilia dal Rinascimento al Barocco.
L'editore rimane a disposizione per gli eventuali diritti sulle immagini pubblicate. I diritti d'autore verranno tutelati a norma di legge.
Frammenti di sculture bizantine nel monastero di S. Giorgio Maggiore a Venezia, in Venezia Arti 12, 1998 (ma 1999), pp. 5-16.
Sintetica descrizione degli strumenti in uso per la didattica al Conservatorio B. Marcello di Venezia
2017
L'editore rimane a disposizione per gli eventuali diritti sulle immagini pubblicate. I diritti d'autore verranno tutelati a norma di legge.
1991
A closed scrutiny of several marble sculptures of the Vatican Museums allows to identify different types of recarving - both ancient and modern - with important consequencies on the interpretation of the sculptures but also about some museal practices of the 18th and 19th cent.
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