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2012
L’articolo affronta la questione dell’ermeneutica del Vaticano II soprattutto sotto il profilo dello “stile” dei testi conciliari, nella linea di J. W. O’Malley; e approfondisce il contributo che è venuto al Concilio, sotto questo aspetto, dal ricorso al linguaggio dei Padri della Chiesa, come richiesto già prima del Concilio da alcuni vescovi (in particolare L. Jaeger, arcivescovo di Paderborn). This essay addresses the question of the hermeneutic of Council Vatican II, particularly in the light of the "style" of the conciliar documents, following the suggestions of Prof. J. W. O'Malley; and explores the contributions that came to the council by the recourse to the language of the Fathers of the Church, as suggested by some bishops (especially by L. Jaeger, archbishop of Paderborn) even before the Council.
2012
Parola e Tempo. Percorsi di vita ecclesiale tra memoria e profezia 11 (2012) 50-62
2010
"Between 2007 and 2008, in 46 «catechesis» proposed during the Wednesday general audiences, pope Benedict XVI introduced 36 Fathers of the Church or ecclesiastical writers. After giving a brief overview of these speeches, the article reports the qualifications used by Benedict XVI when speaking of the Fathers, the most distinguishing features of their way of making theology, some of the most highlighted theological and spiritual contents with a special attention given to patristic doctrine of the prayer. This kind of approach reveals a «symphonic» attention to the tradition of the Church, that does not want to confine Fathers to specialized studies, but wants them to be listened to by the Church, in a way wich resembles the «return to the sources» that favored the renewal of the council. Tra il 2007 e il 2008, in 46 «catechesi» proposte durante le udienze generali del mercoledì, il papa Benedetto XVI ha presentato il profilo di 36 Padri della Chiesa o scrittori ecclesiastici. Dopo uno sguardo d’insieme su queste catechesi, l’articolo richiama le qualifiche con le quali Benedetto XVI designa i Padri, i tratti più rilevanti del loro modo di fare teologia, alcuni dei contenuti teologici e spirituali più sottolineati, tra i quali spicca l’attenzione che il papa ha riservato alla dottrina patristica sulla preghiera. L’approccio che emerge è quello di un’attenzione «sinfonica» alla tradizione della Chiesa, che non vuole relegare i Padri nello studio specialistico, ma li offre all’ascolto della Chiesa in una linea simile a quelle del «ritorno alle fonti» che contribuì a preparare il rinnovamento conciliare."
PATROLOGIA OBIETTIVI DEL CORSO: 1) Tenendo presente che "uno studio articolato di recupero del modo di essere e di pensarsi cristiani nel periodo della Chiesa dei Padri" è stato incoraggiato sia da Paolo VI (AAS 67, 1975, 469-473) sia da Giovani Paolo II (Lettera apostolica "Patres Ecclesiae", AAS 72, 1980, 5-6), si dovranno cogliere nei Padri, di volta in volta, alcune "delle costanti che sono la base di ogni autentico rinnovamento nell'ordine spirituale e teologico: attaccamento alla fede, desiderio di ardente di scrutare il mistero di Cristo, senso profondo della Tradizione, amore senza limite alla Chiesa" (Paolo VI, "Lettera al card. M. Pellegrino per il centenario di J. B. Migne, AAS 67, 1975, loc. cit.) 2) Perciò si cercheranno "agganci" con discipline quali Storia della Chiesa e Filosofia Cristiana, ovviamente tenendo presente lo specifico statuto istituzionale di esse. 3) Ricerca di "motivi che rendono così vivo ed attuale nella nostra epoca, pur così diversa da quella dei Padri, il loro messaggio incisivo e fecondo dal punto di vista non solo religioso e spirituale, ma anche letterario e, in senso più ampio, culturale."
Nel cercare di comprendere l’interpretazione patristica, è importante tenere a mente quanto il loro mondo intellettuale fosse differente dal nostro. Dal nostro punto di vista, la loro era una visione molto ridotta del passato. All’inizio della sua grande opera, Le antichità giudaiche, pubblicate originariamente nel 93-94 d.C., l’autore giudaico Flavio Giuseppe nota che le sacre Scritture abbracciano «la storia di cinquemila anni» e che «sono ormai passati già duemila anni da che egli [«il nostro legislatore», ossia Mosè] nacque, e a un’epoca così remota i poeti non si avventurarono mai di assegnare i natali dei loro dèi, tanto meno le gesta o le leggi dei mortali»1. Questa visione cronologica era destinata a durare per ben oltre mille e cinquecento anni. Negli ultimi cinquecento anni sono stati sviluppati strumenti per l’analisi critica, che non erano a disposizione degli autori antichi, e questo ha portato a un processo di storicizazione. C’è stata una crescita irreversibile nella coscienza storica, o un aumento di consapevolezza del processo di sviluppo nella storia, che rende impossibile applicare oggi molti dei presupposti e delle regole antichi. Tuttavia, il mondo dell’antica interpretazione biblica era alquanto coerente in se stesso. Nei primi cento cinquant’anni dopo la resurrezione è difficile parlare di un approccio cristiano sistematico o addirittura coerente alle Scritture. Troviamo una tendenza marcata a trattarle come oracoli e a usarle in modo selettivo, tanto da poter fornire materiale per interpretare la figura di Gesù Cristo o per l’esortazione morale. Incerti erano i confini di quello che successivamente sarebbe stato chiamato il canone delle Scritture. All’inizio, naturalmente, non esistevano Scritture specificamente cristiane, solo la legge, i profeti e gli altri scritti. Il primo autore cristiano, Paolo di Tarso, cita e allude alla legge, a molti dei profeti, ai salmi e agli altri scritti, e la sua interpretazione ha fornito un contribuito decisivo al modo in cui le Scritture sarebbero state lette nel periodo patristico.
2018
Un breve scritto, a metà tra il saggio e la ricostruzione giornalistica, sul problema della traduzione della sesta petizione della più importante preghiera cristiana: "Et ne nos inducas in tentationem". A short text, halfway between the essay and the journalistic reconstruction, on the problem of the translation of the sixth petition of the most important Christian prayer: "Et ne nos inducas in tentationem" ("and lead us not into temptation").
Teologia w Polsce
Sono molto importanti le riflessioni sull’uso della metafisica nell’insegnamento dei Padri della Chiesa, perché questo legame è molto radicato nell’esegesi fatta da loro. Questa è stata contestata soprattutto in ambito della Riforma che sosteneva che il linguaggio biblico fosse una derivazione della filosofia greca pagana. Padri della Chiesa non solo hanno lavorato sulla metafisica stessa, ma hanno anche modificato la sua forma classica, elaborandola in un certo modo come una nuova ontologia. Questo ha aiutato molto nella descrizione teologica di Dio Trino e Uno in modo molto più preciso. Su questa base hanno interpretato molto più in profondità tante questioni teologiche, facendole vedere in una nuova luce, ad es. l’opera della creazione, il mistero dell’uomo e la mariologia.
www.theorein.it
Il saggio è poi confluito nei miei libri I Padri della Chiesa e La Navata della Sapienza
La Refutatio et Eversio definitionis synodalis anni 815 è stata scritta fra l'820 e l'828 da Niceforo, patriarca iconofilo di Costantinopoli, per confutare la definizione del concilio dell'815, che aveva respinto la restaurazione del culto delle immagini decretata nel 787 dal Concilio Niceno II ed era tornato ad affermare tesi iconoclaste. L'opera, tramandata da due manoscritti conservati a Parigi, il Paris. BnF gr. 1250 e il Paris. BnF Coislinianus 93, è stata pubblicata in edizione critica integrale a cura di Jeffrey Featherstone soltanto nel 1997 1 . In precedenza alcuni studiosi, fra cui G. Ostrogorskij e P.J. Alexander, avevano pubblicato i frammenti della definizione sinodale e i passi che componevano il florilegio patristico ad essa allegato 2 . Lo stesso Alexander aveva inoltre offerto una breve sintesi della Refutatio nella monografia da lui dedicata al patriarca 3 .
Stato, Chiese e pluralismo confessionale, 2011
Il Vaticano II: spunti di ermeneutica «altra» * * * * Rivista telematica (www.statoechiese.it
Les réceptions des Pères de l’Église au Moyen Âge. Le devenir de la tradition ecclésiale, Congrès du Centre Sèvres - Facultés jésuites de Paris (11-14 juin 2008), préparé par N. Bériou, A. Oliva et A. Vauchez, Actes publiés par les soins de R. Berndt et M. Fédou, Verlag, Aschendorff, 2013
2012
Il contributo si propone di indicare i tratti principali dell’influsso avuto sul concilio Vaticano II dal «ressourcement» patristico del Novecento. Dopo aver richiamato le discussioni in merito alla vigilia del Vaticano II e nei primi dibattiti conciliari, vengono indicati tre snodi centrali, nei quali il riferimento ai Padri della Chiesa ha giocato un ruolo importante: l’inizio della discussione sul "de Ecclesia", l’adozione dello «schema Philips», il dibattito sulla collegialità episcopale. Nella parte conclusiva, vengono indicati alcuni aspetti più significativi dell’ecclesiologia patristica accolta dal Vaticano II.
in «Annales Historiae Conciliorum. Journal for the History of Councils» 52, pp. 273-306., 2022
The subject of this paper is the participation of Dominican fathers at the First Vatican Council. In December 1869 there were 25 Dominican bishops, and 15 of them could go to Rome. One of the 15 died on January 1870, and another one had to go back to his diocese. Another Dominican was ordained as bishop on July 1870 and took part to the last sessions of the Vatican I; the general master of the Order, too, was one of the participants. So, the Dominicans who were present in the Council during 1869-1870 were 17. Among them, six spoke publicly during the sessions: Guidi, Salzano, Ghilardi, García Gil, Alemany and Jandel. In the most important votation-the one on the dogmatic constitution Pastor aeternus twelve Domincans were present: eight voted placet iuxta modum and four placet.
La memoria dei papi del Concilio Vaticano II. A proposito di una recente pubblicazione su Giovanni XXIII e Paolo VI * FRANCESCO SAVERIO VENUTO / TORINO "Riconosco il merito di Giovanni XXIII nel convocare un concilio che nessuno davvero si aspettava. E sono pure convinto che questo concilio rappresenta la linea di demarcazione fra l''epoca piana' della chiesa e la nuova età, quando la chiesa, malgrado ogni tendenza ritardante, sta diventando una chiesa universale. Ma assieme ad una caro amico ormai scomparso, Burkhart Schneider, che conosceva Roma così bene, sono convinto che parecchio di quel che si racconta di questo papa rientra nel campo della leggenda" 1 . Così, senza alcuna remora, si esprimeva Karl Rahner, in una lettera inviata alla rivista teologica Concilium, della quale era membro fondatore, in occasione del trentennale di fondazione. L'osservazione franca del gesuita tedesco è direttamente rivelatrice della discussa personalità di Giovanni XXIII e, indirettamente, anche della complessa relazione tra il suo pontificato, contrassegnato dalla convocazione e apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, e quello del suo successore, Paolo VI, che lo continuò e lo concluse, avviandone anche la prima recezione e applicazione. Numerose e di differente orientamento storiografico sono le pubblicazioni che si possono reperire sui due Pontefici. La sostanziale continuità sulle linee portanti dei due pontificati, specialmente in relazione al Concilio e, allo stesso tempo, la contrapposizione tra la profezia giovannea e la presunta conduzione autoritaria montiniana dell'assise conciliare rappresentano in qualche modo gli estremi di un appassionato confronto fra storici e teologi.
2013
Negli anni di Benedetto XVI, la chiesa ha continuato ad adattarsi ai cambiamenti internazionali in modo molto graduale. Si è riconosciuta sempre più "globale" ma ha faticato a modernizzare la sua governance. Si è concentrata sul "relativismo etico" dell'Occidente ma è sfidata soprattutto dalla rinascita dei fondamentalismi. L'avvento di un argentino al soglio pontificio può aprire prospettive più universali e inclusive. Pasquale Ferrara è segretario generale dell'Istituto europeo universitario.
“‘Divenire Altrimenti’. Persone, caratteri e variazioni morali”, in Comprendre. Archive International pour l’Anthropologie et la Psychopathologie Phénoménologiques, 25-26, 2016, pp. 206-235.
Questo intelletto d'amore è […] il grande artista plastico che dalla folla dei dati parziali empirici-e talvolta da una sola azione o da un solo gesto espressivo-riesce a trarre a colpi di scalpello le linee dell'essenza di valore della persona: un'"essenza" che la conoscenza empirica, storica e psicologica della sua vita vela più che svelare […] (M. Scheler, Il formalismo nell'etica e l'etica materiale dei valori) INTRODUZIONE. "CHI" POSSIEDE CHI? LA TESI DELL'IRRIDUCIBILITÀ DELLA PERSONA AL CARATTERE
ABSTRACT: l’articolo esamina la figura di Gesù di Nazareth attraverso la lente di una nuova teoria che sfida, da una parte, i punti deboli dei due paradigmi che oggi dominano la ricerca storica in questo campo, mentre, dall’altra, spiega efficacemente tratti riconducibili alla stessa figura storica di Gesù, rivelandone un profilo incredibilmente moderno e umanista. L’antropologia, la psicologia e la sociologia daranno un contributo decisivo alle analisi svolte nell’articolo.
Riforma e tradizione. Un ciclo inedito dei santi Pietro e Paolo nella basilica inferiore di San Crisogono a Roma A quanto pare i medievisti hanno un loro modo di procedere. Quando Marc comincia a riordinare le idee, va dritto al punto … raccatta un po' di tutto e poi di colpo fa centro.
Egeria. Rivista dell'Istituto Superiore di Scienze Religiose "Beato Gregorio X" di Arezzo 5(2014), 67-85.
P apa Francesco, nel proemio della sua esortazione apostolica Evangelii gaudium (EG), si è rivolto ai fedeli per invitarli a una nuova tappa evangelizzatrice marcata dalla «gioia del Vangelo». Il contenuto di questo invito non può essere sottovalutato: non siamo, infatti, davanti a un semplice cambiamento di strategia della comunicazione della Chiesa cattolica, poiché ciò che il papa prospetta -data la dimensione fondante sul piano ecclesiologico dell'azione evangelizzatrice -è una nuova tappa, all'insegna della riforma, della vita della Chiesa nel contesto della contemporaneità postmoderna globalizzata.
"Roemisches Jahrbuch der Bibliotheca Hertziana", 41. 2013/2014 (2017)
Via Giulia is pope Julius II’s most famous urban scale work. Its foundation is traditionally dated to #%"*, in conjunction with the project for the palace of the Tribunals (palazzo dei Tribunali) and the creation of a square connecting the latter with the old chancellery building (Cancelleria vecchia). The anchoring of the foundation of Via Giulia to a date of #%"* and its chronological coincidence with the project for the judicial pole have oriented and influenced the scholarship. The undertaking of the street has in fact been essentially interpreted as the result of the pontiff’s political strategy to impress the Roman people, or as the creation of an artery conceived in function of the Palazzo Pretorio. A newly discovered document permits the author to antedate to #%"$ the inception of Via Giulia in Giulio II's program. This new acquisition necessitates a re-interpretation of the urban project in light of its new context. The author’s analysis accounts for a project of papal action with two aspects: one political, the other symbolic. On the one hand, Via Giulia is part of the economic and financial recovery process initiated by the Della Ro vere pope at the beginning of his governance, with the support in particular of a few of the major banking companies active in the city. On the other hand, the new date creates a strong relationship between the street and the project for the new St. Peter’s: here the author hypothesizes that the pope intended to create a link between the latter and the church of San Pietro in Montorio. On the basis of devotion to the first bishop of Rome, Julius II thus legitimized his actions of governing and re-founding the ecclesiastical state. Via Giulia is the metaphor of a triumphant prince.
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