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"Sotto il profilo del metodo". Studi in onore di Silvia Lusuardi Siena in occasione del suo settantacinquesimo compleanno, 2021
Alla ricerca di un archetipo? Riflettendo ancora sui diversi aspetti degli elementi cavi nell'edilizia e nei manufatti Mariavittoria Antico Gallina Storia, Storia dell'Arte e Architettura Gli xenoi di Alcibiade Cinzia Bearzot Diodoro e i proemi dei libri XIX e XX della Biblioteca storica Franca Landucci Dai Fenici ai Bizantini. Altari obliterati, smontati e reimpiegati nel santuario di Tas-Silġ a Malta Francesca Bonzano La cronologia della basilica di papa Marco sull'Ardeatina a Roma. Nuovi dati Vincenzo Fiocchi Nicolai Un nuovo documento per Baldino da Surso magister a lignamine pavese
Palazzo Astalli: gli affreschi staccati di Ventura Salimbeni e Giovanni Angelo Canini
Falzone S., Galli M. (eds.), Pitture frammentarie di epoca romana da Roma e dal Lazio: nuove ricerche (ScAnt 25.2), 2019
The Roman Villa of Aiano-Torraccia di Chiusi (San Gimignano, Tuscany) is one of the most intriguing large-scale residential complexes of Late Antiquity, with its peculiar architectural structures and its extension. This paper aims to present for the first time what remains of the wall paintings of the villa, which was very richly decorated, as demonstrated by the sectilia and the mosaics found in the excavations of the Université catholique de Louvain, which conducts the excavation project since 2005.
Nella chiesa di Santa Maria di Balsignano si conservano alcuni lacunosi affreschi, distribuiti in modo disomogeneo nei due ambienti che compongono l’edificio sacro. L’analisi che segue costituisce una prima riflessione sulla decorazione pittorica della chiesa, condotta attraverso l’osservazione degli affreschi superstiti, e si pone come obiettivo quello di presentare al pubblico e alla critica un insieme pittorico di assoluto rilievo pressoché inedito.
Quaderni Brembani, 2019
Quaderni Brembani 17 70 L' oratorio di Cusio intitolato a san Giovanni Battista sorge, circondato da prati e boschi, fuori dall'abitato, in una zona chiamata le Pianche 2 o Piacche 3 . L'isolamento del luogo fece attribuire alla chiesetta l'appellativo "al Deserto" 4 mentre il suo carattere alpestre venne talora sottolineato dagli arcivescovi milanesi e dai loro collaboratori nel corso delle loro visite tra Cinque e Seicento 5 . Se dal punto di vista architettonico l'edificio può risultare alquanto anonimo, privo di particolari caratteristiche, lo stesso non si può dire del suo interno, impreziosito da un ciclo di affreschi che adorna il presbiterio e il suo arco trionfale, cui si aggiungono alcune raffigurazioni devozionali sulla parete destra e sulla controfacciata dell'aula.
M. Natale (a cura di), Cosmè Tura e Francesco del Cossa. L’arte a Ferrara nell’età di Borso d’Este, cat. della mostra, Ferrara 2007, pp. 407-425, 2007
Nel 1452 «fue comandato tuti li depinturi di Ferrara» di recarsi presso il Palazzo di Corte per decorare, sicuramente in occasione della venuta a Ferrara dell'imperatore Federico III, la camera personale di Borso. I documenti chiariscono bene che gli artisti "precettati" «lavorarono a dita chamera perché fue fata in presia», cioè in fretta. 1 Si badi bene, non si parla di una stanza riservata all'illustre ospite, ma della stanza di Borso in persona che egli intendeva evidentemente mostrare all'imperatore. L'occasione è politicamente e cerimonialmente rilevante, Federico III raggiunge la città estense per proclamare Borso duca di Modena e Reggio, e il marchese è interessato a terminare in tempo i lavori in corso per poter esibire la bellezza e la qualità della sua dimora. Il documento fa i nomi di Andrea da Vicenza, coordinatore dell'impresa, e di Giacomo Sagramoro e Galeotto degli Assassini, in veste di contabili, ma non si sofferma nella descrizione di incarichi o mansioni. Si comprende però che il lavoro di decorazione «a quadri de carta» con le insegne estensi era stato avviato da Andrea da Vicenza e che ad un certo punto furono coinvolti tutti i pittori di Ferrara per completarlo di gran fretta. Questa impresa è lontana quasi vent'anni dalla decorazione di Schifanoia, eppure sembra rappresentare un'idonea chiave di lettura anche per i fatti figurativi relativi al Salone dei Mesi. Se, infatti, le descrizioni di Belriguardo e di Belfiore tramandateci da Giovanni Sabadino degli Arienti restituiscono al vivo cosa rappresentassero le delizie per il sistema simbolico, anzi meglio di vita della corte estense, 2 il documento del 1452 ci fornisce un modello per interpretare il contesto in cui fu generato il Salone dei Mesi. Qui, infatti, l'approccio alle tematiche della decorazione "di gruppo" sembra il medesimo del 1452, come provano due dati essenziali. Il primo è rappresentato da ciò che emerge in merito al pagamento nella ben nota lettera scritta da Francesco del Cossa il 25 marzo del 1470: retribuire gli artisti al metro quadrato, al piede più precisamente, pare essere la naturale evoluzione, direi quasi la logica conseguenza, della convocazione di «tutti li pittori di Ferrara»; l'atteggiamento spersonalizzante e funzionale è insomma il medesimo. Il secondo dato è costituito dal numero degli artisti impiegati: nei circa 280 metri quadri di pittura sopravvissuti e ancora leggibili la critica ha identificato almeno nove mani diverse, ripartite secondo quantificazioni non regolari. Solo da questi fattori, prima ancora di entrare nel Salone e analizzarne la decorazione, si ricava l'idea di un cantiere affollato, con ponteggi brulicanti di artisti impegnati a dipingere e di garzoni indaffarati a macinare colori o a spolverare cartoni, tutti accomunati dall'obiettivo di tradurre in immagini le aspirazioni personalistiche e celebrative di Borso, e di farlo nel più breve tempo possibile. 3 Questa visione delle cose non vuole sminuire affatto il significato di Schifanoia nel quadro della cultura figurativa dell'età borsiana, anzi, intende legarla ancora di più a quest'ultima evidenziandone la perfetta aderenza all'estetica utilitaristica ed unitaria del periodo. 4 È da qui, da questa cultura, che si deve partire se si vuole comprendere quale sia la situazione artistica ferrarese del 1470 circa. Le multiple rappresentazioni del principe e dei suoi interessi astrologici, il suo carattere di impresa globale e spersonalizzante eppure magnifica e splendente nella sua ricchezza materica, la posizione dell'artista in seno al cantiere, tutti questi elementi fanno di Schifanoia, nonostante le mutilazioni subite, una testimonianza preziosa, ancorché quasi unica, della stagione che questa mostra analizza.
in: Castel Roncolo il maniero illustrato (Studi storico-culturali di Castel Roncolo, 12), pp. 431-460, Bolzano, 2018
Il saggio propone una prima lettura stilistica e iconografica del frammentario programma figurativo del casa medievale bolzanina, detta Schrofenstein.
Gli scavi sistematici condotti dal 1950 al 1961 a Festos dal Prof. Doro Levi, hanno un' importanza fondamentale per la storia della civilta medio-minoica non solo perche hanno messo in luce un intero quartiere del I Palazzo, assai meglio conservato in elevato di quanto non fossero gli ambienti conosciuti attraverso gli scavi Pernier, ma anche perche ci hanno restituito una notevole quantita di vasi medio-minoici, allargando la nostra conoscenza dei differenti aspetti di questo stile, soprattutto per quanto riguaida Γ ambiente di Festos. Proprio in virtu della quantita di esemplari rinvenuti nei recenti scavi noi abbiamo ora la possibility di distinguere con raaggior chiarezza lo stile medio-rainoico di Festos da quello di Cnossos. In genere infatti Cnossos e Festos presentano ceramiche simili per forme e per motivi decorativi, ma non uguali, cosi come una kylix attica a figure nere puo apparire simile a una kylix ionica o ad una kylix laconica, ma e pur chiaramente distinguibile. Quando la conoscenza di questi stili locali cnossio e festio sara approfondita, potremo stabilire se vi fu ono delle esportazioni di ceramica fra un centro e Γ altro dell' isola -come gia si puo supporre da qualche esemplare rinvenuto nei recenti scavi di Cnossos e attribuibile a fabbrica di Festos: un esempio e offerto dall' anfora pubblicata dal Prof. Hood recentemente, con decorazione identica a quella di tre esemplari rinvenuti a Festos1. * *) Ringrazio volentieri il Prof. Mingazzini che segui con simpatia il mio lavoro.
Crisi e Trasformazioni - XI CONVEGNO INTERDISCIPLINARE DEI DOTTORANDI E DOTTORI DI RICERCA - Università degli Studi di Roma Tor Vergata - 18 giugno 2019
Contributo in Borghi nuovi, castelli e chiese nel Piemonte medievale. Studi in onore di Angelo Marzi, a cura di S. Caldano e A.A. Settia, Torino 2017.
Bollettino della Società Storica Pinerolese, 2009
Tentativo, dopo circa un secolo dall'ultimo saggio esistente, di affrontare il problema dell'identità del palazzo e dei suoi affreschi. Studio svolto in coautorato con Viviana Moretti.
Portafurba, 2000
Estratto da "Portafurba. Il settimanale di Paliano", III (2000), nn. 14-28
Crisi e Trasformazioni. IX Convegno interdisciplinare dei dottorandi e dottori di ricerca, 2020
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Sotto il profilo del metodo. Studi in onore di Silvia Lusuardi Siena in occasione del suo settantacinquesimo compleanno, a cura di C. Giostra et al., 2021
In this essay the frescoes (17th century) of Palazzo Marini in Borgofranco di Ivrea are examined (especially from the iconographic point of view). The frescoed halls of the palace offer us an interesting decorative undertaking in a provincial side, which however draws inspiration from the great Baroque season in Turin
«Commentari dell'Ateneo di Brescia per l'anno 2013», (2018), 2018
Il restauro dei primi anni '60 riportò alla luce, nella Sala della Torre di quello che fu il castello degli Avogadro di Zanano, un'estesa decorazione murale quattrocentesca: accanto a quella che è stata definita dalla letteratura "icona tutelare" della famiglia Avogadro, ex voto per la pestilenza, lo studio fornisce un'inedita interpretazione della cosiddetta "battaglia dei lupi e degli orsi", legata alla Κατομυομαχία di Teodoro Prodromo.
Atti Daunia 42°, 2022
Urbis Ganio I, 2016
Individuazione della reale collocazione di un perduto affresco dello Schiavone, tra le facciate sul Canal Grande dei palazzi Querini-Tiepolo, affiancato dal gotico Pisani Moretta, e il rinascimentale palazzo Zane, poi Giustinian Donà, entrambi nella contrada di San Polo. Identification of the real location of a lost fresco by Schiavone, between the facades on the Grand Canal of the Querini-Tiepolo palace, flanked by the Gothic Pisani Moretta, and the Renaissance palazzo Zane, later Giustinian Donà, both in parish of San Polo.
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