2021
L’obiettivo di questa tesi è quello di ripercorrere le fasi evolutive più importanti della storia della raffigurazione del sacro nel mondo cristiano. Si partirà dalla fase iniziale della storia del cristianesimo, nella quale non vi sono testimonianze di raffigurazioni della divinità, poiché, anche se con motivazioni diverse, il cristianesimo riprendeva i dettami della religione ebraica, che prescriveva tali procedure . Verrà quindi esaminata la nascita, nel III secolo, dell’immagine cristiana. Queste prime rappresentazioni sono legate soprattutto all’ambito funerario, come nel caso delle decorazioni parietali delle catacombe e dei sarcofagi. Lo stile di queste immagini è ancora fortemente simbolico e legato ad una cultura classica e pagana: rielaborata però con significati cristiani. Per tutto il resto della tarda antichità, spingendosi fino al VIII secolo, si verifica un’esplosione nel ricorso all’immagine sacra, vista anche come potente mezzo pedagogico di insegnamento delle sacre scritture. Essa è sempre più diffusa in ambito privato come nella decorazione delle chiese e nell’ambito del culto delle reliquie dei Santi e delle loro rappresentazioni . In Oriente si diffondono quindi tra il VI e il VIII secolo le icone. Sono immagini sacre realizzate con varie tecniche (a tempera, ad affresco o a mosaico). I soggetti principali raffigurati sono Cristo, la Vergine, i santi, le feste e i misteri cristiani: queste icone vengono collocate nelle principali chiese e monasteri. La tradizione ritiene che molte di queste icone siano immagini di origine divina e che abbiano poteri miracolosi: in questi casi sono definite con l’espressione greca acheiropòiete, ossia «non fatte da mano umana» . Ma la diffusione di queste icone ha condotto nel VIII secolo alla prima importante crisi dell’immagine nel mondo cristiano, ricordata come la crisi iconoclasta. Nel 726 Leone III Isaurico (717-741), imperatore d’Oriente, diede il via alla sua politica contro l’uso dell’icona, distruggendo l’immagine del Cristo affissa sulla grande porta bronzea del palazzo imperiale di Costantinopoli. Il rigetto da parte dell’imperatore delle immagini sacre era legato alla volontà di diminuire i poteri dei monaci, che in quel momento avevano acquisito grande importanza e autorità, e alla concezione delle icone come veicolo che favoriva l’idolatria. La prima abolizione dei divieti iconoclastici venne quindi sancita con il concilio di Nicea II (787), in cui si affermava che le icone sono custodi della tradizione ecclesiastica sia scritta che orale, e in cui si ribadiva che la raffigurazione della divinità o del sacro più in generale aveva la funzione di facilitare la memoria e stimolare l’emulazione dei personaggi rappresentati. La decisone del concilio di Nicea II non è stata recepita in pieno in tutto l’Occidente. Nella parte settentrionale dell’Europa, infatti, è stata mantenuta una posizione mediana: per cui le icone sono viste come memoria dei fatti storici e ornamento della chiesa e per questo non andavano distrutte, ma allo stesso tempo non dovevano essere venerate . Nel IX secolo, con Leone V l’Armeno (813-820), si verificò una fase di ripresa delle idee iconoclastiche, che verranno totalmente debellate nell’843 con la deposizione del patriarca Giovanni VII Grammatico, iconoclasta, da parte di Teodora, reggente dell’impero d’Oriente, aiutata dal vescovo Metodio, del partito iconodulo. In Oriente la questione della raffigurazione delle immagini sacre aveva condotto a scontri violenti, mentre in Occidente l’icona godeva di grande fortuna, che sarebbe durata per tutto il resto del medioevo. Esportata dall’Oriente nelle principali città, soprattutto a Roma, era divenuta presto oggetto di culto e di venerazione. Le immagini, infatti, dato l’elevato tasso di analfabetismo medioevale, erano uno strumento più forte della parola per portare il messaggio di Cristo a tutti i fedeli senza alcuna distinzione. Nell’età moderna una tappa fondamentale per la comprensione del trattamento delle immagini nell’arte cristiana è costituita dal Concilio di Trento (1545-63), uno fra i più importanti mai celebrati per la Chiesa cattolica. Il concilio venne convocato anzitutto per reagire alla diffusione della Riforma protestante in Europa, ma nella sua ultima fase furono stabiliti alcuni criteri fondamentali per la disciplina dell’arte cristiana. In particolare, in questa tesi si prenderà in esame la figura del cardinale Gabriele Paleotti (1522-1597), che partecipò attivamente al Concilio di Trento e che scrisse un celebre trattato intitolato Il discorso intorno alle imagini sacre et profane, diviso in cinque libri, che ha posto con forza il problema dell’arte della nuova spiritualità tridentina. Un trattato particolarmente importante anche perché si scontrava con la posizione della Roma papale rinascimentale, avvezza agli splendori della propria autocelebrazione