2014, Nota di A. Pardi a, M. Proust, "Giorni di lettura", Firenze, Clinamen
La lettura é una questione vitale. Leggere comanda innanzitutto una collocazione nello spazio, un punto circoscritto da una presenza. Si svolge secondo un ritmo, che in termini cronologici è misurato dalla scansione e dal calcolo degli istanti. Rimanda risonanze affettive, ondulazioni percettive e emozionali dove la sensazione avvertita riviene all'esterno reagendo ad una risonanza estrinseca. Le righe trascorrono in presa d'oggetto, accompagnando con l'individuazione del conoscente l'individualità speculare del conosciuto. Anche il testo vive: occupa una spazio, battendo nei suoi andamenti flessioni temporali dove s'irradiano nugoli emotivi. La frase e l'apprensione ristabiliscono funtivo dopo funtivo le affinità di sostanza tra realtà positiva e esposizione conoscente. Passare la pagina è proseguire, un punto più avanti ma in continuità, una condizione affine, la solidarietà preliminare tra rappresentazione pensante e coordinate, fenomeni puntuali, ma non meno necessari, di un diagramma due volte originario: quello che il testo disegna e lo sguardo ricalca; quello che comprensione e scrittura condividono come loro condizione preliminare. Intelletto ed enunciato denotano spazio, marcano tempo e donano vissuti. Sono un'ipostasi di forme essenziali, un'occorrenza del substrato e dei suoi termini, una ridondanza del senso incluso e reiterato da significanti parziali. La traduzione, lettura decuplicata in cui la relazione di significato replica la stessa analogia ontologica del segno, scaturendo dall'identità tra scritto e appreso, porta in evidenza i contenuti fondamentali che ingiungono il legame di significato. La traduzione è un'operazione riflessiva, il ripiegarsi del reale su stesso per cogliere, come una coscienza al quadrato, le possibilità che esso reca nel suo intimo. La verità del vero è custodita dalla traduzione come una visione estatica apprende dall'interno la primarietà dell'essenza. Tradurre si fa processo d'ideazione e creazione effettiva del testo, trovando nella sovrapponibilità dei significanti, data alla mente del traduttore che li raccoglie tutti, il riconoscimento d'un'uniformità di sostanza che la parola tradotta esprime nei termini della locuzione del substrato primo, significazione presupposta da tutte le altre. La traduzione è veicolo di una lingua pura in quanto parola della fonte generatrice, che si offre assurgendo a significato totale. Il passaggio degli idiomi, come vorrebbe Benjamin , indica lo scarto che sussiste tra momenti della significazione universale, esprimendo la distanza esistente tra fenomeno parziale e categoria generale. La traduzione è la lingua ed il principio, l'atto e il canone. La traduzione è la semantica che permette l'esistenza di segni, iper-letteratura che spiega, creandola, la scrittura. Non esiste testo se non per essere tradotto, e qualsiasi scritto, in sé, nasce e prolunga un gesto d'estatica offerta che giunge a compimento con l'aspetto seminale di un significato primigenio. I traduttori italiani di Proust si sono affidati, più o meno consciamente, a tale visione estatica e totalizzante della traduzione.