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2022, Le exterae gentes in Valerio Massimo
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The paper aims to examine the role of the Carthaginians in the work of Valerius Maximus: the analysis of the exempla externa related to them shows how they represent an anti-model, a vicious people from whose comparison Rome is valued in its moral, political, military and cultural aspects. The negativity of the Carthaginian example, which finds its highest expression in Hannibal, not only has the function of enhancing, by contrast, the positivity of the Romans’attitudes, but also that of reducing the vicious and negative behaviors found within roman society, showing a greater presence of these vices in the Punic world. For this reason, within the work of Valerius Maximus, the negativity of the Carthaginian behavior, and of Hannibal in particular, is often exaggerated compared to previous sources, so that the contrast with the positive model of Rome is greater.
Nell'affrontare la lettura dell'Eneide, ricordo il lontano stupore giovanile a constatare che come prima immagine storica si presenta Cartagine. Che ci fa Cartagine, la grande rivale di Roma, in questo poema che vuole essere la celebrazione di Roma repubblicana e imperiale? Obbedisce solo alla tendenza romana di esaltare i propri nemici per ingigantire l'importanza della sua vittoria? Oppure è espressione dell'humanitas romana che coglie le sofferenze anche dei nemici vinti? Oppure entra, infine, in qualche sottile progetto politico dell'epoca di ricollegare la storia di Roma attraverso Cartagine alla lontana origine troiana per nobilitare le proprie radici di fronte all'orgogliosa albagia della cultura greca, che guardava con disprezzo ai Romani, come a barbari d'occidente?
Un'iscrizione cartaginese, pubblicata per la prima volta nel 1951 1 , utilmente ripresa ed emendata in un contesto più ampio nel 2001 2 e toccata anche da me nel 2006 3 , merita forse un ulteriore esame ravvicinato e qualche altra considerazione meno cursoria, che mi è gradito offrire alla cara amica onorata.
Recension du livre " Les ivoires à Carthage à l'époque punique "
La classe degli athyrmata fenici e punici ha destato l'interesse del mondo degli studi e di quello limitrofo dei collezionisti sia per la complessità degl'influssi che convergono in questo particolare ambito, sia per le modeste dimensioni degli oggetti stessi, che ne hanno sempli-ficato sia il trasporto che la conservazione. A questo proposito è ben noto quanto scritto del Canonico Giovanni Spano (1803-1878), uno dei padri nobili dell'archeologia in Sardegna, che descriveva la forte concentrazione di questi piccoli oggetti spesso rinvenuti fortuitamente lungo i sentieri alla periferia dell'abitato di Sant'Antioco, antica Sulky, dopo la pioggia 1. Inol-tre, l'interesse per questi amuleti, dovuto ai loro molteplici aspetti storico-religiosi, è tale che negli Atenei ove erano gli insegnamenti specifici sulla civiltà fenicia e punica non rare sono state le tesi di laurea assegnate, tra le quali si ricordano quella relativa a una collezione privata sulcitana, assegnata nel 1999 a Debora Martini nell'Università di Urbino, in seguito edita 2 , e quelle che Francesco Bellu, studente dell'Università di Sassari, e Antonio Sechi, all'epoca studente dell'Ateneo pisano, rispettivamente nel 2004 e nel 2006 dedicarono all'argomento degli amuleti fenici e punici dell'antica Sulky 3. In ogni caso, tale interesse anche antiquario non sembra sopito, poiché anche recentemente la stessa categoria di oggetti rinvenuti anche in altri siti è stata sia pure indirettamente oggetto di studio 4. Il nuovo corso degli studi fenici e punici inaugurato, nei primi anni '60 da Sabatino Moscati e concluso nella sua prima parte da un volume, intitolato Problematica della civiltà fenicia, che costituiva un vero e proprio manifesto di questi studi e che riesaminava quanto 1
disciplina delle Chiese, poiché corrispondevano a visioni ecclesiologiche contrastanti. Per un verso la Chiesa veniva raffigurata sul modello di un piccolo ed esclusivo gregge di eletti. Per altro verso si considerava la Chiesa come un popolo di santi e di peccatori, aperta all'accoglienza. Si evidenziarono due polarizzazioni dei vescovi, una rigorista e l'altra lassista, nella persuasione di poter offrire ai peccatori una nuova riconciliazione, un secondo battesimo per il perdono dei peccati e per la reintegrazione nella comunità. Questa possibilità, però, restava un'eccezione e non ripetibile. Testimoni della reiterabilità del perdono battesimale sono: a Roma "Il Pastore" di Erma (apparso intorno al 150) 5 ; a Cartagine il trattato di Tertulliano "De paenitentia" (203) 6 ; in Siria la "Didascalia Apostolorum" (220-230) 7. Seppure con sfumature differenti nella sua applicazione in Oriente e in Occidente, questa fu la prassi penitenziale finché iniziarono le violente persecuzioni contro i cristiani ordinate dagli imperatori Decio (250), Valeriano (257-259), Diocleziano (284-305) e Galerio (305-311). Decio intraprese una politica di restaurazione dell'Impero, per la quale andavano eliminati i pericoli che incombevano sulla sua sicurezza e stabilità, e fra questi erano annoverati i cristiani. Perciò l'imperatore ordinò che fosse compiuto formalmente un atto di culto da tutti i sudditi, una sorta di supplicatio straordinaria per il bene dell'impero. Non obbedire significava incorrere nel crimen di lesa maiestatis punito con la morte; in tal modo, secondo Decio, i cristiani avrebbero abbandonato la propria fede; scopo d'editto non era ottenere dei martiri ma l'apostasia dei cristiani. Diversi episcopi si salvarono fuggendo, fra questi lo stesso Cipriano, mentre a Roma moriva martire papa Fabiano 8. Durante la breve e violenta persecuzione di Decio, fu alto il numero degli apostati. Dopo la sua morte (251), innumerevoli apostati pentiti chiedesero di essere accolti nuovamente nelle comunione. Alcuni di essi avevano bruciato incenso agli idoli (thurificati), altri avevano offerto sacrifici (sacrificati) per ottenere il "libellus", cioè il certificato che attestava d'aver adempiuto all'ordine imperiale. Altri (libellatici), invece, erano entrati in possesso del libello corrompendo i funzionari, ma senza aver compiuto alcun sacrificio né rinnegato la fede. Nelle comunità cristiane si trovavano anche i confessores, coloro che avevano perseverato nella fede, subendo le vessazioni dei persecutori, ma erano sopravvissuti ed ora, forti della testimonianza resa, sostituendosi ai vescovi, rivendicavano il diritto di giudicare e interdire ai lapsi la reintegrazione. A Roma e a Cartagine si fronteggiavano posizioni opposte, che alimentarono un dibattito talora aspro. Nella Chiesa africana si diffondeva il movimento lassista rappresentato da Novato 9 , propenso a favorire il perdono degli apostati, mentre a Roma sia Novaziano 10 che i Montanisti 11 erano contrari ad usare indulgenza nei riguardi dei lapsi. Papa Callisto (217-222) si mostrò moderato e permise la riconciliazione degli
2014
Simona Feci I Cartari, una famiglia di giuristi nella Roma barocca. Le pagine che seguono costituiscono la prima elaborazione di un'indagine in corso sui giusdicenti della magistrature criminali dello Stato della Chiesa in età barocca. Il tema si collega a una tradizione di ricerca sugli ufficiali degli antichi stati italiani che negli anni Novanta ha conosciuto una stagione molto feconda 1 , ma che poi si è quasi del tutto arrestata malgrado nel frattempo si siano moltiplicati gli studi sull'amministrazione della «giustizia» in età moderna 2. Ritornare sul problema significa arricchire il questionario con ulteriori domande, le quali pongono in relazione due ambiti disciplinari: la storia sociale e la storiografia giuridica 3. Identificare i componenti delle magistrature, infatti, è solo il primo passo per riflettere in modo circostanziato sul profilo del giurista secentesco, lo stylus iudicandi delle magistrature criminali e le innovazioni concettuali che intervengono nella dottrina giuridica durante il XVII secolo 4. Mi pare, questo, un preludio necessario se vogliamo accogliere la suggestione proposta dal progetto ENBaCH e interrogarci sulla pertinenza (e sull'eventuale utilità di una applicazione) del concetto di «barocco» alla cultura giuridica secentesca. Anche una sommaria ricognizione bibliografica rivela che, nella storiografia giuridica, l'aggettivazione 'barocco' è impiegata perlopiù come indicatore cronologico, cioè 1 Sono emblematici i saggi raccolti in Grandi tribunali e rote nell'Italia di Antico regime, a cura di M. SBRICCOLI e A.
L'opera di Valerio Massimo contiene un'interessante sezione sui sogni, di solito considerati come premonitori di qualcosa di grave. Nel contributo si analizzano i sogni della sezione dedicata ai Romani.
Cartagine. Studi e Ricerche, 2017
The investigations carried out in the Carthaginian tofet since the early years of last century were troubled by water infiltrations. Currently the levels related to IV century b.C. are impractical due to water. The photos have been taken in the 1960s and 1970s.
in Vincenzo Cartari e le direzioni del mito nel Cinquecento, a cura di Sonia Maffei, 2013
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F.J. Núñez Calvo, A. Mederos Martín, J. Suárez Padilla, B. Mora Serrano, E. Martín Córdoba (eds.), Entre Málaga y Tiro. Una travesía mediterránea en memoria de la Profesora María Eugenia Aubet Semmler, 2024
Edizioni di storia e studi sociali, 2018
Teologia in regime di simboli. Scritti in onore di Cipriano Vagaggini, p. 39-55, 2011
A. Gonzales e M. T. Schettino (éd. par), Le point de vue de l'autre. Relations culturelles et diplomatie (Première Rencontre Internationale, SoPHiA), DHA Suppl. 9, 2013, 131-150, 2013
Carte Italiane, 1985
Fiume 1919-2019. Un centenario europeo tra identità, memorie e prospettive di ricerca, Il Vittoriale degli Italiani, 5-7 settembre 2019
Istituto Storico Scalabriniano, 2021