2020
Senza mio merito, ho avuto da Antonio numerose attestazioni di stima e di amicizia, e per parte mia ho avidamente letto moltissimi suoi libri e articoli, avvertendo da un lato una quasi perfetta sintonia di valutazioni sui fatti della vita politica e del costume italiani, e dall'altro una crescente ammirazione per la qualità della sua scrittura e del suo pensiero. Ma non posso nascondere, in questa circostanza, che la nostra amicizia avrebbe potuto, e forse dovuto, essere più profonda e più intensa, ed è forse mia colpa se non lo è stata abbastanza. Il luogo dove ci siamo visti più spesso, Pisa, è una piccola città che favorisce gli incontri casuali, invita alla conversazione, suggerisce un tempo lento e ricco di pause di riflessione. Per Antonio era la sua città; per me, che vengo dalla Calabria, una città d'adozione. Ma per entrambi il suo perimetro si concretava nella spola fra la Piazza dei Miracoli, uno dei luoghi più frequentati dal turismo internazionale, e la più raccolta Piazza dei Cavalieri. Un percorso a cui si ispirano alcune parole di un racconto di Antonio, Voci portate da qualcosa, impossibile dire cosa: « Ti incammini giù per via Santa Maria, ci sono i primi stormi di turisti in giro con la macchina fotografica al collo, alcuni scattano fotografie, da qui la torre offre una prospettiva strana, se ne vede un pezzo storto che pare stia per ruzzolare sui tetti, fa una certa impressione ». La Piazza dei Cavalieri non è lontana, ed è qui che Antonio ed io ci siamo incontrati la prima volta, nel Palazzo della Carovana, dove ha sede la Scuola Normale Superiore, un'istituzione universitaria fondata da Napoleone nel 1810: è qui che ho conosciuto, nei primi anni Sessanta, Antonio Tabucchi, che era di due anni più giovane di me.