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La redenzione inattuabile foggia

2023, Convegno annuale della MOD

Il primo romanzo di Anna Maria Ortese, L’iguana (Vallecchi, 1965), si presta (e si è prestato nel tempo) a letture disparate. Assieme fiaba fantastica, satira sociale, racconto di viaggio e d’amore, il romanzo può essere letto in chiave di nostos del protagonista, il conte di Milano Adelardo (detto Daddo). A partire da questa considerazione, l’intervento mira a dipanare due questioni complementari: la prima si propone di rileggere la vicenda narrata - dell’approdo all’isola sconosciuta di Ocaña e dell’incontro con l’alterità incarnata dalla “bestiola verdissima” - nei termini di un ritorno all’umano. Obiettivo di questa prima parte del lavoro sarà dunque quello di decodificare i meccanismi di inversione, gli indizi velati ai quali Ortese affida la satira sui due massimi sistemi (quello economico e quello religioso), responsabili della disumanizzazione, proponendo un modello umano alternativo nell’iguana come fattore di discontinuità, abnorme che redime. La seconda questione prende invece le mosse dalla riflessione di Monica Venturini (Venturini, 2008), circa l’iguana come metafora della donna-intellettuale della fine degli anni ’50 e inizio ’60, per allargare il campo di indagine alla critica mossa dalla scrittrice al decadimento del mandato intellettuale. Per fare ciò guarderà con particolare attenzione all’aspirante scrittore Ilario, rappresentante di un modello di letterato abbarbicato alla tradizione e isolato nella sua turris eburnea (qui isola).