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2015
The paper analyzes a number of German novels about World War I written with the express aim of contesting the pacifism and lack of realism of Remarque's All Quiet on the Western Front as well its supposed denigration of the German soldier
Cahiers d’études italiennes, 2010
Classica et Christiana
When the chin got the papyrus roll dirty: Martial, Winckelmann and the Modern Interpretation. The article examines some passages of Martial (epigr. 1, 66; 10, 93; 14, 84) and a pederastic epigram by Strato of Sardis (AP 12, 208), to which Perotti, Salmasius, Winckelmann and many other philologists frequently referred in order to explain why the chin is mentioned by those authors in relation with the use of the papyrus roll. The most frequently given explanation for the chin that dirties the roll has so far been that, after the volumen had been read, it was placed by the ancient reader under the chin to hold it firm and then it was rolled up, taking the tips of the roll in both hands. This reconstruction, apart from being unconvincing, because unpracticable, as Skeat has well demonstrated, does not find any confirmation, neither in poetic contexts nor in figurative representations. On the contrary, well known Pompeian frescoes seem to confirm that the ancients used to put the edging of the liber (frons), already rolled up, under the chin as a gesture of concentration and meditation. It can be compared to the pose of the thinker (philosopher, poet and actor), who meditates with a hand under the chin, a fairly common posture in the ancient iconographic tradition. The Pompeian portraits suggest that the only useful involvement of the chin relating to the ancient book could be that of levelling the edges of the volumen, once it has been closed and tightened with the help of both hands. Martial's references to the chin can therefore be traced back to a similar gesture, from which we can infer that only the frontes of the roll could got dirty and crumpled more easily by a prickly beard, while both Strato's epigram and Martial's ones carry a sexual allusiveness which suggests due caution in the interpretation of their content strictly in a technical sense.
2016
This contribution discusses the literary hybridization in its relations with the literary genre of the critical essay in the medium-term period 1970-2010. Following the historical outline of appearance of hybridization within Western aesthetics, in the first part of the paper it is claimed that hybridization formerly indicates aesthetic and literary issues which do not fit into poetics’s principles and entails moral disapprobation. Then, from the 20th century until today, hybridization means a sort of liberation of any literary work from the category of genre itself. The critical essay is selected as a literary genre of investigation of the hybridization’s topics. Four authors (Roland Barthes, Giorgio Manganelli, Mario Lavagetto, and William Deresiewicz) and three literatures narrow the choice of hybrid essays from the period of literary theory at its peak until today. The second part of the article points out the relationship between both the commentary and the rewriting and the argumentative discourse and the narrative. A discourse parallel to the critical text reveals the presence of another genre, neither essayistic nor philosophical. This parallel concerns the essay with the narrative and cannot be interpreted as the dispossession of literary genres by means of the hybridization. The final aim is to show that the hybridization acts as a historical phenomenon in compliance with the market system of our culture even in the case of the intellectual and peripheral genre of the critical essay. In short, as far as literary theory is replaced by new paradigms in critical texts, hybridization accounts for critical essays which adapt themselves to the traditional narrative genres.
! ! 2 La scuola prima del giorno Ma la scuola educa, fa riflettere sull'educazione, sulla cultura extrascolastica? Fin dal primo giorno di scuola -e basterebbe la locuzione "primo giorno di scuola" -si sembra autorizzati a rispondere di no. Infatti anche prima di questo giorno la scuola si qualifica per definizione ignara dell'extrascolastico. Come un mondo innocuo e a sé. Prima del primo giorno di scuola i genitorisecolarmente ormai -caricano sulle spalle dei figli i libri di testo che hanno acquistato (magari dopo tante privazioni) per loro. Con l'acquisto dei libri di testo -e prima del primo giorno di scuola -siamo già a metà dell'opera (di scolarizzazione). Per il bambino (e il genitore) scuola significa anzitutto comprare libri di testo. Comprare; prima condizione per andare a scuola: avere i soldi. Libri di testo: la scuola è il rispetto (la sacralità) e del libro e del testo. Libro e testo: le due cose non devono mai essere disgiunte sennò a qualcuno potrebbe venir in mente di approntare testi senza libri e -con questa relativa immaterialitàsarebbe la fine di chi vende carta: gli editori; gli editori che sono capitalisti; capitalismo che è la struttura degli ultimi secoli. Sarebbe la fine però anche del portato ineliminabile del capitalismo: il consumo. I libri -le pagine -si consumano e ce ne vogliono di sempre nuovi -da stampare e da comprare (dove si compra perché si stampa e si stampa perché si compra). Il testo -di per sé -non si consuma e non da modo al capitalismo di prosperare, di consumare. Prima del primo giorno di scuola un altro fattore estranea la scuola da tutto il resto (anche se a causa di tutto il resto: capitale, consumo, Bibbia, Gutenberg). Quest'ulteriore fattore -secolarmente ormai -è la cartella. Prima del primo giorno di scuola -e condizione imprescindibile per accedere alla scuola -il bambino e il genitore identificano la scuola -che poi li promuoverà in base al livello del loro identificarsi in questa identificazione -con il libro di testo contenuto nella cartella. Dopo aver -erroneamente -identificato l'educazione con la scuola, il bambino e il genitore identificano questa con la cartella e il suo contenuto. Cosicché l'uomo diventa un contenitore, la sua misura (o levatura o prezzatura) quanto e casomai come riesce a contenere e l'educazione o cultura un contenuto da riversare in questo vuoto (a perdere?) e costituito dal peso e del libro (peso fisico) e del testo (il peso o fardello delle verità).
Dai "Documenti umani" alle novelle di guerra. La poetica delle contraddizioni in De Roberto novelliere, Euno Edizioni/Biblioteca della Fondazione Verga (Serie Studi): Leonforte, 2019, 2019
Nella vastissima e poliedrica produzione letteraria di Federico De Roberto (Napoli, 1861-Catania, 1927), una considerazione adeguata meritano le novelle - circa un centinaio - composte tra il 1887 e il 1927. Nella sua pluridecennale attività di novelliere, l'autore de "I Vicerè" sviluppa una metodologia di scrittura sistematica e precisa volta all'osservazione e alla riproduzione esatta del reale, spinta oltre i modelli del verismo. La novella diventa il laboratorio di speculazioni teoriche e sperimentalismi letterari applicati, successivamente, nei ben più celebri romanzi dell'autore catanese. Partendo da un'analisi delle prefazioni alle raccolte di novelle, il presente studio analizza i due principali filoni narrativi della novellistica derobertiana. Nel primo, connotato dalla poetica dell'amore, è palese la contraddizione prospettica tra la concezione del sentimento come oggetto di studio e come oggetto di rappresentazione letteraria. Se dal punto di vista teorico l'amore risponde a una casistica precisa elaborata dall'autore, al momento della sua trasposizione narrativa si manifesta la sua assoluta e sfuggente contraddittorietà. Il secondo filone si sviluppa attorno a quelle che la critica ha battezzato le "novelle della guerra", scritte a ridosso del primo conflitto mondiale. Nate come rappresentazioni retrospettive ma fedeli di episodi emblematici del vissuto quotidiano dei combattenti, queste novelle diventano una concatenazione di signifiants polisemici che rinviano a una realtà terrificante. Pur nella riproduzione narrativa, la realtà bellica si presenta drammaticamente stravolta da fatti storici che rimettono in dubbio tutte le certezze acquisite e lasciano spazio a interpretazioni plurime. L'attrito tra le teorie esposte dall'autore nelle sue prefazioni e le risultanze dei suoi testi narrativi si risolve in una "poetica delle contraddizioni", dove le strategie narrative diventano strumenti essenziali per rivelare le discordanze della realtà. La parabola delle novelle derobertiane, qui indagata organicamente, permette di individuare le tappe di una vicenda letteraria intensa e singolare, spinta da una tensione continua tra veritas e fictio, ed estesa tra moduli veristi, modernisti ed espressionisti.
2019
Emanuela Piga Bruni, La lotta e il negativo. Sul romanzo storico contemporaneo (Milano, Mimesis, 2018, 240 pp. ISBN 978-885-754-455-7) di Massimiliano Cappello
Confluenze Rivista Di Studi Iberoamericani, 2012
Il seguente studio si propone di esaminare la rappresentazione dei rapporti tra letteratura e potere in due opere narrative: il romanzo Notturno cileno di Roberto Bolaño e L'orgia di Praga, epilogo della trilogia di Zuckerman, di Philip Roth. La prima parte è dedicata a sintetizzare la vita e soprattutto l'opera di Roberto Bolaño, esaminando non solo le tematiche che fanno da fili conduttori alla sua produzione letteraria, ma anche quali sono nei suoi romanzi gli elementi di continuità e discontinuità all'interno della tradizione latinoamericana e più in generale di quella occidentale. Viene sottolineata la concezione di letteratura per Bolaño, fondatore di un'avanguardia poetica messicana negli anni settanta che considerava indissolubile il connubio tra la sfera esistenziale e quella artistica, non dimenticando gli aspetti comuni e peculiari rispetto alla nuova generazione di narratori latinoamericani rappresentata dal manifesto del Crack e dall'antologia McOndo. Nella seconda e terza parte del lavoro sono stati analizzati i romanzi Notturno cileno e L'orgia di Praga, mettendo in risalto la diversa rappresentazione dei rapporti tra la figura del letterato nel Cile di Pinochet e nella Cecoslovacchia occupata dall'Unione Sovietica, e sottolineando l'impossibilità per la letteratura di costituire idealmente uno spazio privilegiato al riparo dalle situazioni storiche contingenti. L'orgia di Praga grazie a una visione diretta ed esterna dei fatti - tramite i taccuini redatti dallo scrittore americano Nathan Zuckerman - rivela le condizioni di vita degli artisti praghesi oppressi dal regime sovietico e le scelte che questi ultimi operano nei confronti di esso - esilio, dissidenza interna o adesione - , offrendo tramite voci discordanti un quadro della vita intellettuale praghese e demistificando al contempo la semplicistica visione occidentale volta alla banalizzazione dell'altro. Viene sottolineato come in Roth l'effetto reale venga creato per mezzo di uno scrupoloso utilizzo di dettagli, tramite l'attenzione al dato politico e sociale, così come la cornice storica risulta sempre nitida e dai contorni definiti, partendo spesso da esperienze autobiografiche, dal documento e dalla presa che esso esercita sulla realtà. In Notturno cileno, invece, attraverso una visione interna al Cile del secondo Novecento - recuperata interamente grazie al ricordo - viene messa in scena tramite il personaggio di Urrutia la silenziosa adesione del poeta nei confronti della storia, facendo emergere attraverso i rapporti tra gli intellettuali e la dittatura cilena la malafede e l'ipocrisia che avvolgono il mondo delle lettere. Viene sottolineata la novità nella narrativa dello scrittore cileno, che risiede nel modo in cui ottiene un effetto realistico facendo convivere sullo stesso palcoscenico personaggi fittizi assieme ad altri la cui esistenza è storicamente documentata - nella maggior parte dei casi si tratta di scrittori - e contemporaneamente nel modo con il quale comprime i dati spazio temporali spogliandoli da coordinate precise e facendoli confluire in un vortice chiamato storia. Storia che non assume mai nelle opere narrative di Bolaño un'impalcatura solida, non rappresenta una cornice o un palcoscenico in cui i personaggi si muovono e da cui vengono determinati, ma pare avere un andamento circolare senza punti di congiunzione, tanto che persino i singoli istanti sembrano squagliarsi perdendo ogni principio di unicità. Viene infine analizzato l'elemento comune alle due opere narrative, ovvero l'utilizzo di personaggi finzionali che muovendosi in quadri verosimili riescono a esplorare l'esistenza, creando in questo modo un supplemento dell'esperienza reale e storica attraverso la quale le relazioni tra letteratura e potere vengono scandagliate nelle loro molteplici circostanze. Sotto questo aspetto i due romanzi convergono, distaccandosi nettamente dalla fredda adesione al documento e dalla pretesa di verità propria della docu-fiction.
Il volume ripercorre il dibattito giovanile tra Croce e Gentile sul rapporto arte /storia, snidando l’elemento della discordia, più potente rispetto a quello della concordia, e collegando questo dibattito all’altro su storia e romanzo storico, attentamente e sinuosamente ricostruito, con attenzione a ogni epoca, limitatamente al periodo dal 1890 ai nostri giorni. In Italia Croce è stato al centro di esso fino all’avvento del sociologismo, ha poi guadagnato un posto d’onore negli USA (da Hayden White a Carlo Ginzburg), è rientrato dalla finestra in Italia nell’ambito del post-moderno. Tra 1903 e 1910 Croce si incorpora l’eredità della critica storico-filologica, e, pur combattendo la temperie decadentistica, tacciata di irrazionalismo e falsità morale (in antagonismo alla vecchia ideologia marxista), fa conoscere il pensiero di Nietzsche, ritenuto filosofo e teorico dell’arte encomiabile, ed esalta il neo-paganesimo carducciano. Dal 1910, mentre civetta con il frammentismo vociano, Croce polemizza contro il modernismo aggressivo dei futuristi, che usa in modo spregiudicato concetti suoi come intuizione, lirismo, immagine. Tuttavia proprio Croce distoglie Marinetti dalle poetiche contenutistiche e lo conduce alla centralità della forma. Riccobono schiera i giudizi romantico–positivistici circa il rapporto tra “popolo”, poesia popolare e sviluppo storico della letteratura italiana (Rubieri, Capponi, D’Ancona, Carducci e soprattutto Rajna e De Sanctis), che Croce si incorpora quando esamina (1933) le relazioni tra poesia popolare e poesia colta. La sottomissione crociana della prima alla seconda si iscrive anche nel quadro della lotta contro il frammentismo in letteratura, e contro l’interpretazione gentiliana del rapporto tra Rinascimento e Risorgimento. Per Croce, il processo di unificazione culturale italiana dall’alto, svoltosi grazie alla letteratura aulica e alle élites culturali, genera da ultimo i letterati liberali e romantici, promotori del concetto di indipendenza nazionale da cui sorge l’Italia unita, che creano una lingua e una letteratura italiana adeguate a un ceto medio da costruire e a un popolo-plebe da affrancare. La più importante conquista estetico-critica del giovane Croce (1900-1902) è la definizione della poesia come valore espressivo puro e autonomo; la più importante conquista del Croce maturo è la distinzione tra poesia e vita, tra personalità poetica e personalità empirico-biografica ― della quale vi sono importanti precorri menti tra 1904 e 1907 ―, distinzione intimamente legata al carattere di verità (di cosmicità) dell’arte (1917-1929). Di entrambi questi princìpi si appropria Thomas Mann, il quale li ricontestualizza nel tessuto figurativo di alcune tra le sue opere maggiori. Nel capitolo centrale del volume sono ricostruiti i momenti di snodo cruciali della influenza, finora mai sospettata, di Croce su Mann: essa prende avvio dalla lettura della Estetica, che lascia tracce cospicue nel Tonio Kröger; prosegue mediante lo studio di varia filosofia crociana e dei saggi su Dante e Shakespeare; culmina nell’assunzione di Benedetto Croce a modello del deuteragonista della Montagna magica, Lodovico Settembrini, il luminoso antagonista del gesuita diabolico Leone Naphta, notoriamente modellato su György Lukács.
«Gadda. Tra caso unico e modello», Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2025
L'affermazione dagli anni Trenta di un vero e proprio canone del racconto di guerra ha rappresentato, nella storia della nostra letteratura primo-novecentesca, un fenomeno editorialmente macroscopico. Se già nelle prose del «Castello di Udine» (1934) Gadda problematizzava lo statuto delle proprie memorie, ancora inedite, rispetto al suddetto canone, rimettendovi mano solo per constatare l’«Impossibilità di un diario di guerra», le prime travagliate edizioni del «Giornale di guerra e di prigionia» (1955, 1965) costituirono forse altrettante tappe, oltre che di quella tradizione di opere «quasi postume» o «prese a forza» che caratterizza il corpus gaddiano, anche di quella costitutiva «intempestività» che ricorrentemente sembra segnare le traiettorie di Gadda nel campo letterario. Il contributo vuol proporre alcuni spunti per un’indagine dei rapporti tra gli scritti memorialistici di Gadda e il canone delle memorie di guerra nel Novecento italiano.
Biagio Salvemini L'ombra di Otto Brunner. Qualche libro recente sugli spazi intermedi di antico regime in Biagio Salvemini, Il territorio sghembo. Forme e dinamiche degli spazi umani in età moderna. Sondaggi e letture, Bari, Edipglia, 2006, pp. 391-404 1 Un punto di riferimento diventato ovvio è Michel de Certeau: cfr., in particolare, il suo L'invention du quotidien. 1. Arts de faire, Parigi 1990. Ricchi riferimenti alla letteratura ed alla problematica (non solo) sociologica in P. Zanini, Significati del confine. I limiti naturali, storici, mentali, Milano 1997; A. Gasperini, La sociologia degli spazi. Luoghi, città, società, Roma 2000; M. Löw, Raumsoziologie, Francoforte sul Meno 2001. 2 Segnalo, fra quelli in lingua francese e di assai varia centratura ed atteggiamento interpretativo che mi è capitato di leggere, Identité régionale et conscience nazionale en France et en Allemagne du moyen age à l'époque moderne, a cura di R. Babel e J.-M. Moeglin, 1997; L'identité régionale. L'idée de région dans l'Europe di sud-ouest. Actes des deuxièmes journées d'études Nord du Portugal-Aquitaine, Parigi 1991; F. Loirette, L'état et la région. L'Aquitaine au 17 e siècle. Centralisation monarchique, politique régionale et tensions sociales, Bordeaux 1998 ; F. Guillet, Naissance de la Normandie. Genèse et épanouissement d'une image régionale en France, 1750-1850, Caen 2000 ; Les élites régionales (XVII e -XX e siècles). Construction de soi-même et service de l'autre, a cura di J.-M. Boehler, Ch. Lebeau, B. Vogler, Strasburgo 2002. Si veda ora la sintesi da lato delle regioni di E. Le Roy Ladurie, Histoire de la France des régions. La périphérie française des origines à nos jours, Parigi 2001.
"Filosofia e nuovi sentieri/ISSN 2282-5711", 2014
La contesa per l’autonomia dell’arte, vissuta per le pieghe del processo, fruttifica sino al modernismo europeo, che attingerà a piene mani così da Madame Bovary come dalla Correspondance e Bouvard et Pécuchet, fino a Joyce e Croce.
Atti del Convegno di Roma [Associazione ispanisti …, 1996
Villalonga ed Espriu scrittori contro 1. Qualche anno fa, mentre bruciava la febbre della modernità, si riteneva del tutto esaurito il mito della rivoluzione spagnola. Eppure era il tema che durante alcune decadi, le lunghe e appassionate decadi della guerra fredda tra il 1950 e il 1970, sembrava avesse enormemente interessato e affascinato scrittori e lettori di tutta l'Europa. A partire da allora, da quando appunto con gli anni settanta esplodeva la moda della modernità, o della postmodernità, una sensazione di fastidio ci assale ogni qual volta la memoria rinvia a immagini, libri, idee che fanno capo all'anno tragico dell'esplosione del conflitto iberico. La sua rimozione, o la destinazione a luogo interstiziale del ricordo, si è poi splendidamente compiuta in quel meraviglioso romanzo di José Saramago O ano da morte de Ricardo Reis (1984) che, a mio parere, resta l'opera sua a tutt'oggi più riuscita e significativa. È in quel libro infatti che la rivoluzione fascista e la controrivoluzione anarco-socialista della Spagna è riferita dall'osservatorio più immediatamente prossimo, quello lisboeta, e perciò quello più distante, se non distaccato. Forse proprio grazie alla sua lontananza/vicinanza, il Portogallo si costituisce come l'interprete che meglio osserva la valenza storica (ma forse converrebbe dire meta-storica) dell'evento. E la cultura portoghese lo fa con la proiezione di un'invenzione letteraria nel contesto della realtà contemporanea: l'arrivo dell'eteronimo di Pessoa per i primi mesi dell'anno emblematico, quello della speranza senza illusione. Lisbona, nel libro di Saramago, partecipa agli eventi della repubblica vicina-/lontana, mai assente, osservando la vittoria imminente del fascismo e il tentativo di resistervi. La città reagisce con atteggiamenti isterici, oppure eroici, sempre inutilmente temerari. Ma Lisbona partecipa soprattutto con l'arrivo del dottor Ricardo Reis dal Brasile. Con la sua tenera indifferenza, con la sua solitudine incorrompibile, con la sua intelligenza. Il dottor Reis è un uomo colto e sensibile -come d'altronde potrebbe non esserlo quando traduce sen-
Che cosa è la Fratellanza dì Miriam d. Tu ti sei professato Fratello Terapeutico magico di Miriam. Sarei contento se tu potessi darmi delle notizie su questa Fratellanza. R. Son pronto a darne a chiunque le più diffuse spiegazioni. d. Che cosa è dunque questa Fratellanza Terapeutico-Magica di Miriam? è una società massonica? è una confraternita religiosa? è una associazione di sperimentalisti? è una setta civile o scientifica? R. Rispondo chiaramente: La Fratellanza cui io appartengo, non è una società massonica, perché non mira a nessun fine profano sociale, né promette aiuti ai fratelli iscritti a detrimento dei diritti che ogni uomo, in nome dell'eguaglianza dei diritti e dei doveri, ha innanzi a Dio e alla società civile; non è una confraternita religiosa, perché non ha dommi cui obbedire per fede; non è un'associazione di sperimentalisti increduli perché tutti coloro che vi partecipano hanno completa coscienza di ogni loro atto e delle relative conseguenze;-non è una setta perché non ha niente da nascondere che' possa offendere anche la minima parte della società civile. La Fratellanza di Miriam è un'associazione di volontà umane votate al bene dell'umanità, un'associazione scientificamente costituita, affinché l'uomo che ne faccia parte compia la sua missione di venire in aiuto del proprio simile con tutte le sue energie psichiche, messe in movimento dalla propria volontà, purificata da ogni egoismo, e animata da tutta la coscienza di produrre il bene altrui senza ambizione di merito premiabile e senza speranza di alcun compenso. d. Dunque questa vostra Fratellanza è basata sull'utopia fi-losofica di trovare dei fratelli perfetti, cosa che la scienza sociale e politica ha dimostrato impossibile, poiché l'uomo che non sia egoista e che produca il bene altrui senza neanche la speranza di una pubblica onorificenza è un paradosso. R. La nostra Fratellanza non cerca per fratelli dei perfetti, diversamente sarebbe una vera associazione di santi e di eroi, ma cerca ed ascrive a sé tutti gli uomini di buona volontà, che, quantunque non perfetti, possano essere considerati come perfettibili. Tutte le religioni, tutte le fedi politiche, tutte le storie dei popoli di ogni razza annoverano a migliaia i nomi di questi perfettibili, ora considerati come santi, ora come martiri, ora come esempii di virtù e di carità. Ciò dimostra che l'uomo, come si riscontra ordinariamente, può essere migliorato fino ad un ascenso straordinario, in alcuni campioni tipici, veri luminari delle plebi morali e intellettuali, e che sono i re della virtù in mezzo alle turpitudini delle passioni egoistiche, patrimonio esclusivo dei volghi senza luce intellettuale. Colui il quale si ascrive alla Fratellanza deve già aver compreso che il Mondo Universo non è estraneo all'uomo e che l'uomo è un tutto completo con la società umana
Emanuela Piga Bruni, La lotta e il negativo. Sul romanzo storico contemporaneo, Mimesis, Milano., 2018
Il romanzo storico gode di ottima salute: i titoli ascrivibili a questo genere ampio e trasversale figurano spesso in cima alle selezioni dei premi più prestigiosi e riscuotono il consenso della critica quanto quello dei lettori. Queste opere presentano una varietà che va da forme disimpegnate a produzioni più ambiziose. Oggi in Italia, Francia e Inghilterra incontriamo romanzi storici attraversati da temi e questioni politiche attuali, le cui radici risiedono nel lato in ombra della Storia ufficiale. Sono storie di resistenza o di rimozione di eventi traumatici, dalla Shoah al colonialismo, che richiedono una nuova narrazione e interrogano il nostro presente. A raccontarle, autori come Laurent Binet, Jonathan Littell, Laurent Mauvignier, Wu Ming, Helena Janeczek, Antonio Scurati, Gabriella Ghermandi, Andrea Levy, Martin Amis. Il recupero di memorie perdute e vite sommerse, la lettura critica dell’archivio, l’utilizzo della polifonia nella narrazione e il racconto dell’inconscio politico costituiscono temi e pratiche narrative condivisi e cruciali. Tra letteratura, storia e psicoanalisi, questo libro è un percorso critico attraverso piccole epopee e meditazioni della vita offesa, attualità della rivoluzione e disagio della civiltà. Con l’analisi dei modi di vedere e dei modi di pensare, l’autrice riflette sulla rappresentazione nel romanzo storico contemporaneo della lotta e della sua impossibilità, il male agito e subito.
2018
Negazione e argomentazione indicano modalità diverse di concepire la teoria sociale. Theodor W. Adorno e Jürgen Habermas interpretano una divaricazione che si compie su molteplici piani, dalla fondazione della conoscenza alle funzioni della critica, dallo stile espositivo al giudizio sulla condizione moderna. Ma se, per un verso, resta problematica la vulgata esistente di un’unica “Scuola di Francoforte”, ciò che tuttavia collega questi protagonisti della teoria critica, appartenenti a generazioni differenti, è un moral point of view cui tocca ricostruire le condizioni esistenziali degli individui e la logica dei sistemi sociali dal punto di vista di un’idea di libertà e giustizia. Da questa prospettiva normativa, la critica può denunciare lo stato di oppressione storicamente superflua e condannare i rapporti sociali che sradicano le radici solidaristiche della convivenza umana. Per ciascuno dei grandi esponenti della teoria critica, infine, questo compito non è discrezionale, ma richiama il dovere di trasmettere da una generazione all’altra la memoria storica di una società migliore. INDICE Introduzione Capitolo 1. Sentieri interrotti e segnavia nelle teorie critiche della società Capitolo 2. Pensare dalla terra di nessuno. Theodor W. Adorno Capitolo 3. Due modi di essere un intellettuale pubblico. Adorno e Habermas Capitolo 4. Maestro di una scuola? La variante habermasiana della teoria critica Capitolo 5. Il linguaggio nella teoria di Jürgen Habermas Capitolo 6. Motivi politico-filosofici nel pensiero di Jürgen Habermas Capitolo 7. La civilizzazione del capitalismo globale e il futuro dell’Europa Capitolo 8. Il concetto habermasiano di normatività nella società secolarizzata Fonti dei capitoli Bibliografia Indice dei nomi
Sololibri.net, 2022
Le accuse di razzismo al Mago di Oz, il libro per bambini di Lyman Frank Baum, in Sololibri.net, 13/04/2022: Le accuse di razzismo al Mago di Oz, il libro per bambini di Lyman Frank Baum (sololibri.net)
«Allegoria» 61, pp. 58-79, 2010
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