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Non v'è lettore del Boccaccio che possa dubitare del rilievo che il mondo femminile tiene, sin quasi a campeggiarvi, nella sua opera, dagli anni napoletani della Caccia di Diana sino al De mulieribus claris e alle Esposizioni sopra la Comedia di Dante. 1 Tutto l'arco della sua operosità letteraria sembra così inscriversi, con una coerenza che va ben oltre i canoni formali della cortesia, sotto il segno delle donne, prima amate in giovinezza nelle loro allegoriche e mitologiche rappresentazioni, in séguito elogiate e narrate quali dedicatarie e legislatrici e protagoniste del Decameron, poi storicamente considerate in un'ampia casistica di esempi illustri, poi ancora biasimate nel Corbaccio (dove, tuttavia, la figura schernita è la contraffazione della vera natura muliebre), al fine celebrate in pagine delle Esposizioni che ancora non hanno perduto la loro audace carica di novità (Esp. IV, all., 64-67). 2 Queste ultime, in particolare, consentono di fissare nelle donne e nella loro nativa sapienza, dichiarata superiore a quella d'Aristotele e Platone, l'ispirazione permanente del Boccaccio, 3 quale del resto l'aveva egli stesso definita in una famosa pagina del Decameron, dedicata alla natura femminile delle Muse (IV Introd., 35-36). 4 Del resto, 1 Sull'universo delle donne in Boccaccio si possono leggere le osservazioni di F. TATEO, Boccaccio, Roma-Bari, Laterza, 1998, passim.
Ho sempre pensato il mio cammino verso Srebrenica come un pellegrinaggio. Come chi, credente o meno si mette in cammino verso Santiago, io mi sono messo negli ultimi quindici anni in cammino verso Srebrenica, luogo che considero sacro. Sacro non nel senso religioso del termine, magari in parte, ma nel senso di luogo in cui bisogna dinanzi a tanto dolore e devastazione comunque celebrare la vita che nonostante tutto nasce ogni giorno anche in quei luoghi martoriati. Ci sono luoghi all'apparenza insignificanti che divengono sacri perchè si colmano di significato e Srebrenica è uno di questi.
Rivista di Studi Italiani, 2019
Tutti i diritti riservati. © 1983 Rivista di Studi Italiani ISSN 1916-5412 Rivista di Studi Italiani (Toronto, Canada: in versione cartacea fino al 2004, online dal 2005) 51 CONTRIBUTI IL VICINO NEL DECAMERON E NELLA NOVELLISTICA DEL '200-'300 GIANLUCA ALIMENI Macquarie University, Sydney ella novellistica del Due e Trecento troviamo spessissimo riferimenti a "parenti, amici e vicini" 1. Sono riferimenti tutt'altro che casuali e infatti i parenti, amici e vicini sono sovente co-protagonisti, se non addirittura protagonisti delle novelle. Se da un lato il coinvolgimento di parenti e amici nelle varie vicissitudini può essere dato per scontato, ben altro si potrebbe presumere per il vicino. Ciò sarebbe probabilmente plausibile in seno a molte società odierne, ma possiamo giungere alla stessa conclusione per la società fra Medioevo e Rinascimento? Questo studio si propone di verificare il ruolo e la rilevanza del vicino specificatamente nella novellistica di questo periodo. Come si differenzia dalla letteratura precedente? Che riscontri trova in usanze descritte in diari, cronache e manuali? Ci sono altre conclusioni a cui possiamo giungere al di là di quelle strettamente letterarie? A tale scopo questo studio, per quanto riguarda il '300 si incentrerà sul Decameron di Giovanni Boccaccio, che offre anche la migliore forma di volgare italiano, per allargarsi, nella seconda metà del secolo, a Il Trecentonovelle di Franco Sacchetti; per il periodo antecedente al Decameron ci soffermeremo sul Libro dei sette savi di Roma e sul Novellino 2. Con maggiore 1 Questo studio non si soffermerà su tutti e tre gli elementi di questa "triade" quindi per l'importanza del ruolo svolto dai 'parenti, amici e vicini' si rimanda, tra gli altri, ai lavori di C. Klapish, "Parenti, amici e vicini: il territorio urbano d'una famiglia mercantile nel XV secolo", in Quaderni storici, XXXIII, 1976, pp. 953-982; D.
Lo studio sulle presenze decameroniane nella prima edizione del Vocabolario della Crusca ricostruisce la storia della codificazione lessicografica condotta dagli Accademici. In particolare, indagando sulle vaste zone ridimensionate dalla scure della censura accolte nel Vocabolario; ovvero sulle vaste zone che presentano una dubbia tenuta testuale, riconducibili ad uno o a più testimoni – manoscritti o a stampa – sconosciuti.
Il breve saggio di Giorgio Agamben inizia con il richiamo all'esplicita distinzione, presente nella teologia islamica, tra due opere di Dio: creazione e salvezza. Nella teologia cristiana le due opere sono affidate a due diverse persone della Trinità: al Padre la creazione e al Figlio l'opera di salvezza. Ma nella tradizione islamica la Redenzione precede la creazione: la redenzione è ciò che rende comprensibile la creazione, ciò per cui la creazione ha un senso. Per questo nell'Islam la luce del profeta è il primo degli esseri, «così come, nella tradizione giudaica, il nome del messia è stato creato prima della creazione del mondo e, nel cristianesimo, il Figlio, pur generato dal Padre, gli è consustanziale e coevo» (p. 10). Creazione e salvezza sono le due opere di Dio, distinte e addirittura opposte nella gnosi, dove la creazione è presentata come l'opera del demiurgo malvagio. L'opera di salvezza redime essenzialmente dall'ingiustizia di cui sono vittime le creature.
2.5 La novellatrice della quinta giornata Il Decameron vede Fiammetta come regina della quinta giornata, quando il tema proposto per le novelle è quello della felicità raggiunta dagli amanti dopo avventure o sventure straordinarie. La reggenza di Fiammetta nella quinta giornata, come già detto in precedenza, non è probabilmente una casualità, ma permette a Boccaccio di alludere sempre alla stessa donna, che, celata sotto il medesimo senhal, è la sua amata Maria. L'autore le riserva in molte sue opere sempre la quinta posizione, richiamando, con il cinque, il numero delle lettere di cui è composto il vero nome di lei, che è per l'appunto Maria. Il contesto in cui i novellatori si trovano, rimanda immediatamente a quello dell'allegra brigata napoletana del Filocolo, come già avevano sostenuto Battaglia e Quaglio, affermando che l'episodio delle questioni amorose fosse appunto, per la sua struttura, un abbozzo dell'opera delle cento novelle. Il giardino-paradiso , entro cui si 1 trovano i giovani, rimanda all'idea di un locus amoenus, all'antico Eden, di uno spazio immune al potere della Morte, in quanto la brigata, intenta a quelle attività, non solo non muore, ma riesce a far sopravvivere la voglia di vita, le passioni, la bellezza e i rapporti sociali. Qui, la regina Fiammetta però, non sarà più la sola e unica magistra elargitrice di insegnamenti, ma si limiterà a proporre il tema della giornata e a narrare una novella, esattamente come tutti gli altri giovani, che a loro volta, avranno il ruolo di re o regina nelle altre giornate, mentre si trovano riuniti nella casa di campagna, per sfuggire alla peste di Firenze del 1348. La finalità delle cento novelle è quella di docere et delectare, ma non con l'intento di fornire indicazioni comportamentali univoche, bensì di favorire un'analisi critica personale, attenta e attiva. 2 Fiammetta, prima che si inizi a novellare, è descritta seduta vicino alla fontana di marmo nel giardino della casa, «posta pro tribunali», cioè come un giudice in mezzo alla Ricci, Boccaccio, cit., p. 158. 1 Ivi, p.196. 2
L'opera si apre con la descrizione della tragica situazione di Firenze oppressa dalla peste.
SOMMARIO: 1. La riparazione dei "danni da processo penale" in Germania: cenni storici. -2. La Gesetz über die Entschädigung für Strafverfolgungsmaßnahmen del 1971: l'impianto generale. -2.1. I danni derivanti da una sentenza di condanna. -2.2. I danni derivanti da altre misure di carattere penale. -2.3. Esclusione obbligatoria o facoltativa dell'indennizzo. -2.4. La tipologia del danno risarcibile: danno patrimoniale e danno non patrimoniale. -3. La diminuzione della pena come rimedio all'irragionevole durata del processo. -4. La responsabilità civile del magistrato. -5. Considerazioni conclusive.
2006
Il ruolo della cornice ne Lo cunto de li cunti, Decameron e Le mille e una notte. Autore sconosciuto, Le mille e una notte, XII-XVI sec. A.c. Giovanni Boccaccio, Decameron, 1349-1351. Giambattista Basile, Lo cunto de li cunti, 1634-1636. Problematica In questo saggio cercherò di mettere in rilievo, attraverso la descrizione dei dispositivi narrativi, il dialogo intertestuale che si instaura tra Le mille e una notte, il Decameron e Lo cunto de li cunti. Verranno tratteggiati i dispositivi narrativi ed enunciativi di tre testi che sono stati prodotti in contesti sociali e letterari completamente diversi tra loro e si cercherà, per ognuno, di tener conto dello specifico ambito in cui sono stati scritti. Le il dialogo intertestuale con i testi passati e presenti verrà analizzato per approfondire la comprensione degli scritti. Se il testo è il punto di partenza, il contesto rappresenterà la chiave di lettura, insieme alle possibili influenze che le opere e gli autori stessi potrebbero aver subito. Il dialogo che intercorre tra un testo e l'altro non sarà trattato in 1
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Capranica in grigioverde, 2009
Studi sul Boccaccio, ., 2014
AION, Annali dell'Università Orientale di Napoli, 2004
Natura Nascosta n.11, 1995
J.B.L.G. Séroux d’Agincourt e la storia dell’arte intorno al 1800,, 2019
CICERONIANA ON LINE VI.2, pp. 219-232, 2022
G. Greco- D. Monda, Novecento italiano raccontato da scrittori, Napoli, Liguori , 2008
Il diritto d'autore nella società dell'information technology: software, database, multimedia, 2005