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RIPARTIREI DAL ”PAESAGGIO” E DALLA SUA “CONOSCENZA”

Abstract

Leggere un territorio, “vedere” un paesaggio comporta un allenamento non solo visivo ma soprattutto mentale; guardando con gli occhi e con la mente si oltrepassa quella soglia impercettibile che esiste tra l’apparenza e l’essere delle cose. Questa soglia sottile, invisibile genera una separazione netta, concreta, quasi materica non facilmente superabile. Solo uno sguardo allenato e atten- to è capace di “vedere” le sfumature e i particolari degli elementi naturali che compongono il paesaggio, riuscendo a oltrepassare la soglia dell’invisibilità percettiva. Proprio questa capacità di lettura e di analisi ci permette di en- trare all’interno del paesaggio cogliendone così tutti quelli aspetti, concreti e non, che lo caratterizzano. L’osservazione diretta è certo lo strumento migliore per approfondire la conoscenza, lo affermava Leonardo nel Trattato della Pittura, il quale lo ri- teneva indispensabile per la comprensione della natura e delle sue leggi. Per Leonardo la conoscenza del mondo esterno da parte dell’uomo avveniva at- traverso i sensi: “Ogni nostra cognizione principia dà sentimenti”; “... a me pare che quelle scienze sieno vane e piene d’errori, le quali non sono nate dall’esperienza, madre di ogni certezza, e che non terminano in nota esperienza, cioè che la loro origine o mezzo o fine non passa per nessuno dè cin- que sensi.”2 Proprio questa operazione sensibile del “vedere” affermata da Leonardo e precedentemente anche da Platone ci permette di coinvolgere i nostri sensi nell’operazione di lettura del paesaggio, completando l’esperienza conosci- tiva. Tale esperienza si esplicita ancor meglio quando entrano in contatto i fattori concreti e non con il sapere intrinseco del paesaggio, quel “Paesag- gio” che nella storia ha subito infinite trasformazioni concettuali e altrettante evoluzioni interpretative.