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Siamo ai primi passi di un lungo cammino che forse riuscirà a svelare il mistero del tempo Carla Badiali, Composizione in verde, 1938, Museo del Novecento, Milano
Tempi, modi e mutamenti della contemporaneità.
a short survey on Confucian evolution until now and debates on the role of Confucianism in contemporary China
Sulla natura del tempo che stiamo vivendo, più ancora che sulla sua qualità, parrebbe di potere dire che siamo oramai calati in una sorta di eterno presente. Un tempo che è senza storia, se non altro perché essa presuppone non solo lo sguardo rivolto all'indietro, ovvero a ciò che è stato, ma anche e soprattutto la fiducia verso quello che potrà essere. La storia, come racconto di un'origine comune, condivisa, accetta, e come tale anche però demitologizzata, si sfarina dinanzi all'atto d'imperio di un presente che, nel dichiarare impraticabile l'idea di un tempo a venire (se non come foriero di dubbi e angosce) lo sostituisce con un «qui ed ora» che sembra essere l'unica dimensione plausibile non solo delle relazioni umane ma anche dell'identità individuale. Il «principio-speranza», da sempre connesso al bisogno di un mutamento che non sia la sola somma di ciò che si subisce ma di quanto invece si riesce a gestire, si azzera, venendo così sostituito dall'orizzonte della sopravvivenza, basata sullo schiacciamento del quotidiano ai bisogni del momento, al loro immediato soddisfacimento, ovvero ad una logica di pura reattività. Che non è il ritorno del belluino ma, più banalmente, il trionfo della reificazione: alle trasformazioni e alle smagliature che la coesione sociale subisce si alternano e si contrappongono i falsi rimedi di un rifugio proprio in ciò che ci viene a mancare, ossia la capacità di un agire per il consumo come unico e ultimativo modo di essere delle individualità. Si tratta di un elemento, quest'ultimo, che ha forti riversamenti sul piano antropologico, giocando sulla perdurante dissonanza tra attesa e delusione come esclusivo orizzonte del divenire. Un tempo della frustrazione ma anche dell'espropriazione, in altre parole. Non data ad oggi, va da sé, ma assume adesso connotazioni esasperate, soprattutto dal momento in cui si incontra con le fantasie dell'incapacità,
2007
Non molte citta al mondo presentano una stratificazione storica tanto densa quanto Roma. Il fatto e che essa dalle sue origini - 741 a.c. - ad oggi non ha conosciuto le catastrofi che hanno segnato la vita di molte altre citta. Una continuita pressoche ininterrotta ne ha caratterizzato la costruzione a partire dal XVI secolo, dall’ultimo saccheggio nel 1527; ma anche le devastazioni barbariche in eta medievale di cio che restava della citta romana e dei nuovi insediamenti costruiti sulle sue rovine, costituitisi intorno ai presidi della Cristianita, non sono valse a cancellare l’immensa forza dei tracciati, la configurazione dei grandi recinti dei complessi imperiali, la miriade di ville e casali rurali che popolavano il territorio entro e fuori delle mura Aureliane.
La provedenza, che cotanto assetta, del suo lume fa 'l ciel sempre quieto nel qual si volge quel c'ha maggior fretta; 121 e ora lì, come a sito decreto, cen porta la virtù di quella corda che ciò che scocca drizza in segno lieto.
2020
In questo libro si ripropongono, a partire da studi di caso puntualmente documentati ed argomentati, alcuni temi centrali del dibattito scientifico sui lasciti del passato che popolano i territori del presente di elementi contraddittori e disorganici, e pongono problemi acuti di governo degli spazi umanizzati. Forme del paesaggio, insediamenti, reti viarie, monumenti, simboli, memorie e frammenti di culture, generatisi in tempi anche assai lontani fra loro, si trasmettono inerzialmente e si ripresentano spaesati in società e territori dotati di logiche del tutto diverse. A questi lasciti plurali ed ingombranti studiosi, osservatori e decisori, in particolare quelli del nostro presente investito da processi di mutamento sconvolgenti, hanno cercato ansiosamente di assegnare un ruolo. In termini generali, lo hanno fatto situandosi in un continuum di posizioni intermedie fra i due totalitarismi dello spazio ordinato emersi a partire dai decenni a cavallo fra Sette e Ottocento: da un lato il totalitarismo degli incubi ingegneristici, che, adottando i dettami di una ragione assoluta, vanno alla ricerca dello spazio buono in quanto funzionale, e perciò emancipato dalle pesantezze e dalle irrazionalità di un passato da aggredire o risignificare radicalmente, da ridurre a collezione di luoghi puntuali privi di ogni rapporto col contesto; dall'altro quello degli incubi identitari, che immaginano il buon territorio come risultato di progetti impliciti da estrarre da un passato mitizzato, costituito di comunità che accumulano ordinatamente oggetti, saperi, simboli e memorie, e strutturano sapientemente l'ambiente circostante trasmettendolo ai loro discendenti senza depauperarne le risorse. Su questi temi si è accumulata una letteratura ed un dibattito amplissimi, che hanno generato proposte dilemmatiche, spesso drammaticamente inadeguate rispetto alle trasformazioni travolgenti che investono il mondo contemporaneo. I saggi raccolti nel libro, costruito a partire dai materiali del convegno omonimo di Foggia dell'11 e 12 ottobre 2017 organizzato dal Centro di Ricerca Interuniversitario per l'Analisi del Territorio (CRIAT), contribuiscono a questa letteratura con una modalità pointilliste, studiando cioè, come si è detto, luoghi, tempi e questioni diverse e ben delimitate. Vi si cerca di adottare, al tempo stesso, una postura di metodo e tematica comune e, in una qualche misura, ambiziosa. Per quel che riguarda l'atteggiamento metodologico, gli autori, in coerenza con le linee programmatiche del CRIAT, praticano una sorta di pluridisciplinarità sorvegliata: essi aderiscono pienamente ai metodi ed ai risultati conoscitivi prodotti dai diversi campi in cui si situano, ma cercano di ripensarli a partire da un oggetto analitico-il territorio, appunto-ribelle ad ogni riduzione a logiche disciplinari univoche. Di qui la presenza in questo libro di archeologi, storici, architetti, agronomi, botanici, economisti, pianificatori, geografi, che non si limitano a coabitare ordinatamente, ma si sforzano di rispondere, a partire dalle proprie competenze, ad un questionario comune elaborato dai promotori del convegno di Foggia, ossia dal comitato direttivo del CRIAT. La convergenza è cercata, oltre sul metodo, sul tema. Esso è richiamato dal titolo di questo libro, nel quale gli spazi sotto osservazione vengono designati tramite una doppia connotazione: morfologica e funzionale-«paesaggi aperti
Le seguenti pagine propongono una lettura critica degli scenari del mondo contemporaneo, integrando i contributi degli studi internazionali con quelli delle discipline sociologiche ed economiche.
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Birdmen Magazine, 2021
Istituto Lombardo - Accademia di Scienze e Lettere - Incontri di Studio, 2017
Locus Amoenus, 2014
Critica Marxista 6/2006, 2006