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Vocaboli dialettali di origine germanica Paleogermanismi gotismi longobardismi nel Tarantino e nel Salento La Longobardia Minor ,dopo il crollo del Regno longobardo nel 774 per opera dei Franchi, sopravvisse per circa trecento anni, fino al 1076,quando subentrarono i Normanni. Per mancanza di una esauriente documentazione scritta non è possibile sapere quale dialetto germanico i Longobardi parlassero. Non ci è pervenuto neppure una frase, ma singole parole presenti nell'Editto di Rotari e nelle altre leggi dei principi longobardi, negli atti notarili, nella toponomastica e nei dialetti. Dall'esame di tutti questi 'relitti' emerge un fattore abbastanza chiaro: La lingua longobarda si evolve in relazione ai movimenti e agli spostamenti di questa gens nel corso della sua storia millenaria. Certamente parlavano un dialetto 'germanico', ma quale? Gli studiosi distinguono il germanico (non documentato, ma ricostruito) in tre gruppi:germanico settentrionale, che raggruppa oggi svedese, norvegese, danese, islandese…e i loro dialetti; germanico orientale , i cui dialetti oggi estinti erano parlati da Goti, Vandali , Burgundi, Gepidi…; germanico occidentale che oggi raggruppa inglese, tedesco, nederlandese…e i loro dialetti. Lo Scardigli 1 , dopo attenti studi sui 'relitti', così sintetizza la storia del longobardo:"Il longobardo è da definire come un pianeta che si è staccato dal magma germanico, ha avuto un periodo di avvicinamento all'orbita gotica e poi è stato attratto definitivamente nell'orbita del tedesco." Infatti i Longobardi appaiono storicamente attorno all'era cristiana a oriente dell'Elba, dove forse dimoravano da epoche remote (come traspare dai loro miti),si spostarono verso est e poi verso sud, ripercorrendo un tragitto gia compito dai Goti, anzi subentrandovi come nel Norico in Pannonia e in Italia, subendo inevitabilmente l'influsso della più evoluta 'cultura' gotica. Quindi, secondo Scardigli 2
1. Introduzione * Nelle lingue germaniche continentali, segnatamente tedesco, olandese e i loro dialetti, è presente una classe numericamente considerevole di verbi con prefisso. Tale classe non ha proprietà morfosintattiche omogenee ma deve essere ulteriormente suddivisa in almeno tre sottoclassi. La prima di queste è data dai verbi separabili (in tedesco, trennbare Verbe) così chiamati perché il prefisso che nell'infinito è anteposto alla base verbale, nei tempi finiti delle frasi principali si trova in ultima posizione assoluta, mentre ricompare adiacente alla base nelle frasi subordinate con tempo finito. Inoltre tale prefisso risulta ulteriormente separato dalla base anche nel participio passato, dove compare prima del morfema perfettivo ge-e nelle costruzioni all'infinito dove compare prima del marcatore zu. (1a) Hans ruft seinen Sohn an H. chiama suo figlio PREF Hans telefona a suo figlio (1b) …, dass Hans seinen Sohn anruft …, che H. telefona a suo figlio (1c) Hans hat seinen Sohn angerufen H. ha telefonato a suo figlio (1d) Hans versucht, seinen Sohn anzurufen H. cerca di telefonare a suo figlio * Ringraziamo Paola Benincà e Christina Tortora per aver discusso in dettaglio con noi i dati e l'ipotesi qui presentata. Altri utili commenti li abbiamo ricevuti da Federica Cognola, Cecilia Poletto e Irene Franco, nonché dal pubblico del XXXV Incontro di Grammatica Generativa (Siena, 26 -28 febbraio 2009). Sentiti ringraziamenti anche ai nostri informatori:
Le strategie che sviluppiamo nel nostro lavoro di traduttori ci portano costantemente a riflettere sul modo in cui le teorie si possono applicare all'atto pratico del tradurre. Un esempio su cui ho riflettuto di recente è quello della traduzione di dialetti, idioletti e socioletti: diversi stili -varietà linguistiche regionali, personali e sociali. Senza entrare nell'eterno dibattito circa la definizione di 'dialetto,' in questa sede userò il termine per riferirmi ad una delle molte variazioni regionali di una lingua più o meno 'standard.'
Prendendo spunto da un incontro fra linguisti e dialettologi europei che progettano atlanti sintattici dei dialetti dei loro paesi, il lavoro presenta alcune riflessioni sullo statuto dei dialetti nei diversi paesi d'Europa. Esaminando le situazioni di alcuni paesi a confronto con quella italiana, si sostiene che per render conto delle differenze nello sviluppo degli studi grammaticali riguardo ai dialetti si debbano valutare sia le ragioni sociolinguistiche, che hanno origini storiche e politiche, sia la tradizione degli studi grammaticali nei diversi paesi. Questi fattori interagiscono nel far sì che un dialetto sia percepito o meno come una lingua, sia studiato e si conservi nella sua area di variazione. Parole chiave: dialetti Italiani, dialetti Europei, sintassi, atlanti dialettali.
Il Vocabolario del dialetto di Valle d’Istria segue, a distanza di quasi trent’anni, il Dizionario del dialetto di Valle d’Istria del prof. Domenico Cernecca, e rappresenta la naturale continuazione di quello che fu, come lo stesso autore ebbe a scrivere nel- la Prefazione, il “primo tentativo di organizzazione lessicografica del dialetto di Val- le”.
Italian dialects are part of the Italian landscape, they vary as the colours and the nature of the land. Differences in phonology, lexicon, and morphology are immediately evident, syntactic variation needs specific observation to be detected. Despite appearance, variation is not chaotic and can be described showing consistent phenomena: not every possible choice is attested. Most of the characteristics of Romance languages are present in Italian dialects, which have the advantage of showing a rich sample of micro-phenomena; moreover, they are documented in written texts from the Middle Ages to present day, and thus can provide data for the study of diachronic change. Like Romance languages, Italian dialects are subdivided in two major areas: one is part of the Romània Continua, the northern area, the other is coherent with southern, or discontinuous, Romance. I will illustrate some grammatical phenomena which present systematic differences. The syntactic characteristics of these are...
Prospettive di ricerca in linguistica italiana. Studi offerti a Michele Loporcaro da studenti e collaboratori zurighesi, 2023
In this paper, I will study in depth a topic of the history of dialectology, a discipline that I started to discover and like, thanks our the guest of honor. Through the correspondence between some prominent Swiss and Italian dialectologists and philologists of the late 19th and early 20th century that is still preserved in some Italian libraries and archives and is mostly unpublished, I will add new information on the network of scientific and personal relationships that are intertwined with the carrying out of Carlo Salvioni’s Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana. In particular, I will focus on the beginning of this project in 1907 and on the delicate moment of Salvioni’s death in 1920.
Salvatore Carmelo Trovato, eds., PER UN NUOVO VOCABOLARIO SICILIANO, 2010
23 PICCITTO op. cit., p. 42 e sgg. parla di tavole di corrispondenze fonetiche. 24 Ivi, p. 41. 25 Ivi, p. 45.
Le etnie assoggettate dai romani erano una ventina e ciascuna potè conservare a lungo la propria lingua: il colonialismo romano infatti non si preoccupò di latinizzare i popoli soggetti, ma si limitò a imporre il proprio apparato giuridico ed amministrativo. La differenza tra dialetto e lingua è convenzionale in quanto il dialetto è una lingua, la differenza sta solo nella più limitata diffusione del dialetto rispetto alla lingua e nella sua minore importanza politica. Nel Medioevo dialetto e volgare sono la stessa lingua. Si parla di dialetto in senso proprio solo con il nascere dell'italiano. Cioè a partire dal cinquecento quando l'affermazione del fiorentino abbassa al rango di dialetti tutte le altre parlate. È in questo secolo che compare la parola dialetto. Solo nel settecento si ha la differenza tra italiano e dialetto.
Scacchiere Storico - Rivista Online di Ricerca e Divulgazione Storica, 2022
I Romani sono ricordati per la loro potenza militare quasi inarrestabile, il che porta spesso a sottolinearne con una certa enfasi le poche sconfitte disastrose subite. Una di esse è certamente quella della foresta di Teutoburgo, in cui i Germani diedero inizio ad una rivolta sotto la guida di Arminio, un personaggio entrato nel mito. Meno famoso è invece il prosieguo di questa storia, che ha come protagonista Giulio Cesare Germanico. Egli attuò alcune campagne militari oltre il Reno che non solo stabilizzarono il limes, ma ristabilirono l’onore del popolo romano e delle legioni sconfitte. La politica realista di Tiberio impedì a Germanico di completare la vendetta su Arminio, ma il generale accrebbe enormemente la sua fama diventando uno dei beniamini del popolo, prima di essere inviato in Siria. I Latini sostenevano che il destino di una persona fosse scritto nel suo nome: evidentemente avevano ragione.
Prospettive nello studio del lessico italiano, IX Congresso della SILFI, 2008
Gasparo Patriarchi (Padova, 1709-ivi, 1780) è autore di un Vocabolario Veneziano e Padovano co' termini e modi corrispondenti toscani pubblicato per la prima volta nel 1775, e poi ancora, nel 1796 e nel 1821. L'opera nasce in seno al tradizionalismo linguistico propugnato dall'Accademia dei Granelleschi ed è esplicitamente rivolta alla sistematica sostituzione dei termini toscani a quelli dialettali che resistono anche nella lingua dei padovani colti. Una ricognizione dei carteggi e delle altre opere pubblicate dall'autore consente di ricondurre i moventi culturali del Patriarchi ad ambienti dell'Illuminismo veneto nei quali si svolse la sua attività di erudito e di letterato: particolare interesse rivestono i rapporti con Gasparo Gozzi, Giuseppe Gennari, Giovanni Brunacci, Melchiorre Cesarotti e Tommaso Temanza, celebre architetto veneziano che assistette il Patriarchi nella redazione delle voci relative a tecnica e artigianato, affiancandosi al fiorentino Domenico Maria Manni (che di Patriarchi era cugino). Accanto ad una rivisitazione storicodocumentaria, per il Vocabolario è utile un'indagine storico-testuale: da un confronto fra le edizioni del dizionario (soprattutto tra le prime due) emergono infatti, oltreché i segni di una costante revisione d'autore, anche quelli del rapporto con l'opera presa a modello da Patriarchi per la redazione delle voci, cioè la Crusca.
2013
Voci Vernacole e buoni scrittori. Vocabolari dialettali e Vocabolari della crusca se il Vocabolario della crusca ha insegnato all'europa che cosa fosse e come si potesse realizzare il grande vocabolario di una lingua letteraria di cultura, non è difficile credere che anche la lessicografia dialettale abbia imparato molto dall'accademia di Firenze. lorenzo renzi ha scritto che i «grandi vocabolari dialettali del sette-ottocento, che sono molti, nascono in italia sulla scia del Vocabolario degli accademici della crusca […], imitandone la raffinata tecnica lessicografica» 1 . certo non si possono tralasciare altre fonti che alla crusca si affiancano, ad esempio le raccolte di proverbi e modi di dire (Monosini, Paoli, Pescetti), i vocabolari bilingui o plurilingui, primo fra tutti il calepino, la Prosodia dello spadafora, l'Ortografia del seminario di Padova. Queste e altre fonti si trovano esplicitamente indicate nei lessici del settecento (si veda il del bono) e di inizio ottocento (cfr. il dizionario bresciano del Melchiori, o quello veneziano e padovano del Patriarchi 2 ). la lista si fa lunga, il quadro dei riferimenti si amplia, tuttavia la crusca resta fondamentale per molte ragioni: prima di tutto per la costituzione di base del lemmario, poi per la scelta dei traducenti, per le 1 lorenzo renzi, Storia linguistica di Vicenza italiana, in corso di stampa in Gli scrittori vicentini e la lingua italiana, a cura di antonio daniele,Vicenza, accademia olimpica. ringrazio cino renzi che mi ha permesso di leggere in anteprima il suo bell'intervento. 2 cfr. [Gaspero patriarChi], Vocabolario veneziano e padovano co' termini, e modi corrispondenti toscani, Padova, stamperia conzatti, 1775, p. Viii, che cita fra l'altro il Vocabolario cateriniano del Gigli, il vocabolario del bergantini, il lessico medico del bergamasco andrea Pasta, sul quale cfr. luCa serianni, Un treno di sintomi. I medici e le parole: percorsi linguistici nel passato e nel presente, Milano, Garzanti, 2005, pp. 22-23, e Claudio Giovanardi, Linguaggi scientifici e lingua comune nel Settecento, roma, bulzoni, 1987. sulle fonti del Patriarchi, cfr. ivano paCCaGnella -lorenzo toMasin, Gasparo Patriarchi e il Vocabolario Veneziano e Padovano. Alle origini della lessicografia dialettale italiana, in Prospettive nello studio del lessico italiano, a cura di eManuela Cresti, atti del iX congresso silFi (Firenze, 14-17 giugno 2006), Firenze, Firenze university Press, 2006
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Cesati, 2013
Voci Vernacole e buoni scrittori. Vocabolari dialettali e Vocabolari della crusca se il Vocabolario della crusca ha insegnato all'europa che cosa fosse e come si potesse realizzare il grande vocabolario di una lingua letteraria di cultura, non è difficile credere che anche la lessicografia dialettale abbia imparato molto dall'accademia di Firenze. lorenzo renzi ha scritto che i «grandi vocabolari dialettali del sette-ottocento, che sono molti, nascono in italia sulla scia del Vocabolario degli accademici della crusca […], imitandone la raffinata tecnica lessicografica» 1. certo non si possono tralasciare altre fonti che alla crusca si affiancano, ad esempio le raccolte di proverbi e modi di dire (Monosini, Paoli, Pescetti), i vocabolari bilingui o plurilingui, primo fra tutti il calepino, la Prosodia dello spadafora, l'Ortografia del seminario di Padova. Queste e altre fonti si trovano esplicitamente indicate nei lessici del settecento (si veda il del bono) e di inizio ottocento (cfr. il dizionario bresciano del Melchiori, o quello veneziano e padovano del Patriarchi 2). la lista si fa lunga, il quadro dei riferimenti si amplia, tuttavia la crusca resta fondamentale per molte ragioni: prima di tutto per la costituzione di base del lemmario, poi per la scelta dei traducenti, per le 1 lorenzo renzi, Storia linguistica di Vicenza italiana, in corso di stampa in Gli scrittori vicentini e la lingua italiana, a cura di antonio daniele,Vicenza, accademia olimpica. ringrazio cino renzi che mi ha permesso di leggere in anteprima il suo bell'intervento. 2 cfr. [Gaspero patriarChi], Vocabolario veneziano e padovano co' termini, e modi corri
Rivista Remmalju, 2020
Sopravvivenze germaniche nel lessico famigliare rimellese "La patria dei walser è dovunque si parli la loro lingua e il loro essere popolo è fondamentalmente un'appartenenza linguistica". Così scriveva Paul Zinsli, il grande linguista svizzero, che con i suoi studi diede una risposta definitiva alla "questione walser". Non sono infatti gli usi e i costumi, l'architettura e tantomeno la nazionalità a fare dei walser un unico popolo, ma la sola eredità realmente condivisa, ovvero quell'idioma che ne rivela la comune origine vallesana. Il loro "tedesco delle montagne", così arcaico e ricco di sonorità, li distingue sia dalle genti romanze in mezzo a cui si sono trovati a vivere, sia dall'ambito linguistico alemannico a cui appartengono. Le peculiarità della loro parlata, che hanno incuriosito e appassionato per secoli gli studiosi, risultano ancora più evidenti e spiccate tra i walser del sud, insediatisi durante il XIII secolo in Valle d'Aosta, Piemonte e Canton Ticino. Il secolare isolamento dalla madrepatria ha fatto sì che ciascuna delle comunità sviluppasse una sua parlata caratteristica, con degli sviluppi locali indipendenti, ma anche una tenace conservazione di termini ed espressioni ormai perduti nel Vallese. D'altra parte, il panorama linguistico vallesano doveva essere particolarmente composito già prima delle migrazioni a sud delle Alpi. All'interno del suo territorio possiamo infatti distinguere tra i dialetti originari dell'alta valle del Goms-dove questi montanari alemanni si insediarono prima dell'anno mille-e quelli delle vallate laterali più meridionali, quelle che da Visp salgono verso il Monte Rosa, per intenderci. Queste valli erano state colonizzate in epoca successiva, con la prima espansione verso l'esterno, per cui i loro abitanti possono essere già definiti a pieno titolo dei 'walser', per distinguerli dai 'walliser' rimasti nell'alto Vallese. Gli studi condotti sulla lingua delle colonie meridionali hanno dimostrato che i tedeschi della Valsesia discendono da quei coloni delle vallate laterali. I rimellesi sono quindi doppiamente walser e hanno molto più in comune con gli alagnesi e i gressonari che con i formazzini, i cui antenati provenivano invece dal Vallese superiore. La recente scoperta dell'atto di fondazione di Rimella, prima colonia tedesca in Valsesia, in cui vengono riportati i luoghi di origine dei coloni, non fece che confermare quanto già si supponeva. Non deve quindi stupire il fatto che il tittschu abbia degli elementi lessicali e fonetici comuni ad alcune comunità ma non ad altre e che, a causa delle successive migrazioni, si ritrovino in luoghi molto lontani dalla nostra valle. Abbiamo già visto come le parlate di Alagna e Rimella siano in realtà più simili di quanto non vogliano ammettere gli stessi parlanti. Solo l'isolamento reciproco in cui le due comunità sono vissute per secoli e la loro storia successiva hanno prodotto le notevoli differenze che osserviamo oggi, ma ciò che li unisce è di gran lunga maggiore di ciò che li separa. Nonostante i molti prestiti linguistici romanzi, c'è però un ambito che è rimasto particolarmente refrattario alle innovazioni e si è mantenuto fedele alla lingua dei padri. Se i walser sono un popolo in quanto parlanti un unico idioma, la famiglia è il nucleo primario in cui tale lingua si è tramandata fino ai nostri giorni. E intorno a questo nucleo i rimellesi hanno costruito uno zün, uno steccato, per proteggerlo dal mondo esterno. Salvo un paio di casi che vedremo, Rimella ha conservato intatto il lessico germanico relativo ai legami di parentela. In un territorio di montagna, tra l'altro circondato da genti estranee per lingua e cultura, era indispensabile alla sopravvivenza conoscere e stabilire il vincolo di sangue che univa tra loro i membri della comunità.
2007
Morfologia: Somme 'siamo'46. Palatizzazione di n +j in tiegne 'ho, tengo' e viegne 'vengo'47. La desinenza-emme « lat.-emus) di prima perso pl. estesa ai verbi della prima coniugazione (Cfr. RohlfsG § 530)48. Il pron. di terza perso pl. lore 'essi, esse'49. Gli aggettivi possessivi me/mu, ta/to, sa/so preposti ai nomi di parentela. Genere femminile difiele, miele, sale.
Quand' se prejava de coro. Frammenti di religiosità nel Sannio. La fede a Circello e nell'Alto Tammaro: testimonianze materiali e immateriali, 2021
Appendice di: "Quand' se prejava de coro. Frammenti di religiosità nel Sannio. La fede a Circello e nell'Alto Tammaro: testimonianze materiali e immateriali" (2° ed. 2021), lo studio presenta una prima analisi delle peculiarità grammaticali del dialetto parlato a Circello (BN) [con confronti comparativi degli analoghi casi dei Comuni confinanti], rilevando, insieme a evidenti rapporti con il napoletano e il beneventano, interessanti parallelismi con i dialetti del basso Lazio.
Atti Del Xii Congresso Internazionale Di Lessicografia Torino 6 9 Settembre 2006 Vol 2 2006 Isbn 88 7694 918 6 Pags 713 719, 2006
The aim of this paper is to summarize some preliminary phases of the realization of a dialectal dictionary and, in particular, the aspects related to the choice of spelling conventions. The dialect here described belongs to a transition area between the piedmontese and the lombard linguistic regions and is the one spoken in some sites of the middle valley (Valgrande) of the river Sesia (comunità montana di Campertogno, Mollia e Rassa, in the province of Vercelli). The phonetic properties of these dialects are already well-known thanks to several contributions from local authors and more extensive dialectological works. They have been carefully considered in the framework of a recent lexicographic research (in Molino & Romano, forthcoming) where we opted for paying a better attention to the aspects concerning pronunciation, relations with traditional transcription systems and the choice of suitable criteria of phonetic notation.
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