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2012
Between 1953 and 1957 Giovanni Ponti (Mlan 1891-1979) designed, from his studio in Milan (Italy), a single family house on the top of a hill in the outskirts of Caracas (Venezuela) for Mr. and Mrs . Planchart. His clients , a Venezuelan upper middle class art lover couple with no children, wished to owe a modern artwork and turn it into their dwelling. The construction ofthe house (a containerfor pieces offurniture, decoration and artworks by ltalian artists) took place during four years through an intense correspondence between the architect and his clients . Fascinated by Ponti's works and artistic versatility, the Plancharts would lead him to transform the house project into a "total artwork" in which the architectwas supposed to design not onlythe whole furniture, but also the textiles , the crockery and the silverware. During his life, Gio Ponti would repeatedly define Villa Planchart as his masterpiece, the project in which he was able to freely apply all of his ...
"Studi di Memofonte", n. 21, 2018
Marcato dalla pesante inchiostratura nera, il primissimo piano di una giovane donna incombe sull'intera superficie del foglio. Una maschera antigas ne cela il volto: eppure lo sguardo punta diritto nel nostro stabilendo subito un'intesa. Chi apre il catalogo di Vitalità del negativo incontra un'immagine che non può lasciarlo insensibile. Si tratta di un'opera fotografica con un titolo di memoria duchampiana, Stampo virile ( 1 . L'invenzione spetta a Vettor Pisani, artista trentacinquenne appena salito alla ribalta. Lo scatto invece a Claudio Abate, professionista dal corso ormai rodato, il cui nome circola anche all'estero. Roma 1970: luogo e anno corrispondono alla grande mostra ordinata da Achille Bonito Oliva al Palazzo delle Esposizioni. Di Stampo virile colpisce la gravità, la dimensione perturbante, la natura carica di enigmi. È un'icona che innesca nell'osservatore uno stato ansiogeno. Ma la sua presenza desta ancora più sorpresa nel contesto di Vitalità del negativo, dunque nel riepilogo di dieci anni di avanguardia italiana 2 . Gesto, spazio, movimento, energia dei materiali: molte prove licenziate tra 1960 e 1970 là raccolte superavano le tradizionali soglie del quadro per affrontare questioni eminentemente linguistiche. Niente di tutto ciò in Stampo virile. Qui si invoca un diverso ordine di valori, introducendo un dato emotivo che, di fatto, in questi termini, ancora mancava nelle esperienze di punta.
Gio Ponti. Amare l'architettura, 2019
Nella seconda metà degli anni cinquanta, Gio Ponti riceve incarico di costruire un nuovo convento di clausura per le monache di Saint-Elie, francesi ma insediate poco fuori Sanremo da inizio Novecento. Il risultato è una delle architetture sacre più sofisticate del Novecento italiano.
OPD RESTAURO NR. 1 (NUOVA SERIE), 1989
La fase di ricerca e di studio preliminare al restauro vazione al microscopio, molti dettagli che in prece sul Ritratto di giovane donna della Galleria Palatina denza non risultavano visibili e la cui acquisizione di Firenze, noto anche come la Bella Simonetta e di ha reso possibile una più esatta ricostruzione delle cui già abbiamo trattato precedentemente,1 ha rive-varie fasi che hanno caratterizzato la genesi di que lato la presenza di elementi tecnici, ma anche icono-sto dipinto e delle vicende che lo hanno interes grafici e stilistici, che appaiono problematici e scon-sato. certanti. L'analisi comparata dei vari risultati otte-Si è potuto innanzitutto stabilire con esattezza in nuti nelle indagini ha portato a conclusioni inaspet-quale momento del lavoro sono state eseguite le tate, certamente difficili da comprendere ed incisioni che, già in fase di studio preliminare, pre accettare da parte di chi non conosce in modo ap-sentavano un carattere anomalo poiché alcune di profondito le tecniche artistiche o non ne tiene nel esse apparivano realizzate, come logico, prima dei debito conto l'importanza. Tali conclusioni, le uni-l'applicazione del colore mentre altre erano state che plausibili da un punto di vista tecnico, sono già sicuramente eseguite quando la pittura era già stata state rese note; tuttavia, a restauro concluso, si è ultimata (figg. 1, 2, 3). Le osservazioni al microsco ritenuto opportuno ritornare sull'argomento per ap-pio hanno confermato che queste linee risalgono a 120 Note di restauro
Collana di archeologia a cura di Giuliano Volpe 44 ISSN 1724-8523 ISBN 978-88-7228-783-5 DOI http://dx.doi.org/10.4475/783
il7 MAGAZINE - Brindisi & PAGINE DI STORIA BRINDISINA Vol.1, 2024
Tancredi, quarto e ultimo vero re normanno del Regno di Sicilia, morì nel febbraio del 1194 all’età di 55 anni e quella morte facilitò le cose a Enrico VI di Hohenstaufen, marito della normanna Costanza di Altavilla, che nel Natale del 1194 poté assumere la corona di Sicilia, rivendicando la legittimità del trono per il loro figlio appena nato, Federico. Gli svevi della casata Hohenstaufen governarono sul trono di Sicilia durante solo alcuni decenni, dal 1194 al 1268, ma quelli furono anni importanti per Brindisi, perché tenuta in considerazione dal re Federico II, stupor mundi, il carismatico sacro romano imperatore, al quale fu attribuito il celebre saluto alla città, pronunciato al suo rientro dalla Terra Santa dopo aver concluso con successo la sesta crociata: “Filia Solis Ave, nostro gratissima Cordi”.
FUOCO AMICO Studi ricerche e progetti di architettura arte e e paesaggio. NUOVO CINEMA MAESTOSO. La proiezione a terra, riprodotta in una forma diagrammatica unificata, consegna una rappresentazione plastica di un solo aspetto di questi progetti che, riportati nella loro complessità volumetrica, avrebbero aggiunto molte altre informazioni e spunti di riflessione. Una opzione radicale che si propone di eliminare la massima parte del lavoro prodotto per limitarsi a misurarne l’ombra, la proiezione a terra, riducendo il progetto di un edificio a un semplice ragionamento sul modo di occupare un lotto urbano liberato. La riduzione all’impronta vuole mettere al centro un unico aspetto, quello della organizzazione degli spazi a terra e la collocazione del volume, indipendentemente dal suo sviluppo architettonico. La descrizione, ed eventualmente la comprensione, dell’intero progetto, è demandata a una didascalia che riassume, per sommi capi, i punti caratteristici, le particolarità, le scelte di fondo.
Quando il sinodo dà mandato nel settembre del 1915 alla Tavola Valdese di studiare la possibilità di stabilire un convitto a Torre Pellice, il tema è estremamente attuale: l'Italia ha emanato nel 1911 una legge fondamentale (n.487) che fa fiorire una rete capillare di opere educative sul territorio nazionale bruscamente interrotte dalla guerra e dalla mancanza di finanziamenti. L'iniziativa viene invece portata avanti autonomamente dalla Comunità Valdese, che cogliendo l'esigenza di ricordare i suoi caduti, promuove attraverso l'impegno personale del moderatore Ernesto Giampiccoli - provato anche dalla scomparsa del figlio - la realizzazione del convitto di Torre Pellice e della sua "succursale" a Pomaretto. Al sacrario-monumento fine a sé stesso viene quindi preferita un'architettura dell'assistenza, un'opera civile, sperimentale, simbolo di tempi nuovi, pubblica e aperta, finanziata con il concorso dei Valdesi, a partire dalle famiglie dei parenti dei caduti, e in larga parte da contributi stranieri tra i quali spiccano per entità le sovvenzioni della American Waldesian Aid Society. L'interesse per la costruzione è riscontrato anche dalla pubblicazione dell'opera sulla rivista specializzata "L'Architettura Italiana", dove lo stesso progettista, l'ingegnere architetto Emilio Decker, appena laureato, illustra le specifiche soffermandosi sugli aspetti compositivi e tecnico-igienici innovativi dell'istituto. Poca attenzione viene invece posta sulla questione stilistica, l'edificio è "moderno", concreto e funzionale, con linee ispirate al "nostro primo Rinascimento", in accordo a quella identità nazionale aspirata che gli eventi bellici portano a consolidare. Realizzati tra il 1920 e il 1922, i convitti valdesi delineano un quadro del cantiere post-bellico, con le difficoltà del reperimento materiali, l'aumento dei costi e le lotte sociali per le condizioni lavorative registrate dalla vertenza del costruttore Chauvie, oggi fonte preziosa di documentazione
2021
The Lagoon of Venice covers a surface area of about 550 km2, roughly 80% of which is covered by water, about 10% by salt marshes and 5% by islands. The mean depth of the water column is about 1.2 m, with only 5% of the lagoon deeper than 5 m. It is connected to the Adriatic Sea through three inlets (Lido, Malamocco, Chioggia), which allow tidal flushing twice a day. The mean tidal range is 61 cm (calculated on 1986-2004), the largest in the Mediterranean. The majority of the lagoon can be classified as mixoeuhaline/mixopolyhaline according to the "Venice System" (Anonymous, 1959), with a mean salinity of about 30, ranging from marine (around 37), to mesohaline (5 – 18) near the bay-head river mouths (Zirino et al., 2014). Because of the shallowness of the lagoon, water temperature follows the seasonal trends of air temperature, with very low values during winter, although seldom freezing, to above 30°C during summer. From the biological point of view, the benthic communiti...
Tra storia e letteratura. L'immagine di San Severo dall'Unità d'Italia ad oggi, Edizioni del Rosone, Foggia, 2013
Nel 1914 il vigile urbano Luigi Polichetti dà alle stampe un libretto di 110 pagine, intitolato "Guida della città di Sansevero", un lavoro meticoloso e attento, senza pretese intellettuali, che però è rimasto tra quelli più utilmente consultabili, dal momento che offre una precisa istantanea della città di un secolo fa.
Paolo Cau Gli ultimi 15 anni della Marina Veneta nei documenti dell'A. S. di Cagliari Michele Marieschi, Il bacino con S. Giorgio Maggiore, part.
2005
brought to you by CORE View metadata, citation and similar papers at core.ac.uk provided by Florence Research A Firenze la politica propose un progetto più elaborato da un punto di vista culturale e sociale, prima col sindaco Mario Fabiani e poi, dal '51, con Giorgio La Pira. Il 18 aprile del '51, nel pieno della campagna elettorale amministrativa, il Consiglio comunale approvò il piano per il villaggio Ina-Casa dell'Isolotto. Questa fu l'ultima seduta del Consiglio comunale presieduto dal comunista Mario Fabiani poiché il 10 giugno le urne conferirono la vittoria alla DC 3 . Il neo sindaco Giorgio La Pira, nella riunione per l'insediamento della nuova Giunta, il 5 luglio 1951, assunse l'impegno di risolvere il problema delle case a Firenze, dove la condizione abitativa nel dopoguerra era particolarmente critica 4 . Circa 9.500 famiglie in città erano in attesa di una alloggio, il 10% dei vani esistenti nel 1940 risultavano inabitabili in seguito al secondo conflitto mondiale, quasi 40.000 persone si trovavano a vivere in coabitazione (e nel '54 erano ancora 35.000). Dal '43 al '45 migliaia di immigrati arrivarono nella città e necessitavano di un'abitazione, a questi si aggiungevano gli sfollati, i profughi, gli sfrattati e i 'cavernicoli' cioè coloro che abitavano in grotte o alloggi di fortuna 5 . Una tale emergenza fu in effetti affrontata con una politica adeguata alle esigenze del momento: si iniziò con la creazione di un apposito Ufficio alloggi, si proseguì con la requisizione di alcune grandi ville gentilizie praticamente inutilizzate, riesumando una legge del 1865 6 , quindi si dette il via alla costruzione di complessi di case minime da realizzare in tempi brevi 7 . L'area su cui venne decisa l'ubicazione del nuovo quartiere era parzialmente da modificare, il Comune l'acquistò a prezzi contenuti, sia perché già possessore di una quota-parte, sia perché la zona non era appetibile per l'edificazione privata (in quanto sede di depositi di spazzatura, e inoltre più bassa rispetto al livello dell'Arno). La sistemazione urbanistica, dopo una generale bonifica del suolo, "prevede(va) un insediamento residenziale di media densità che presenta(va) in posizione mediana chiesa e mercato, collegato con una passerella pedonale al parco delle Cascine e raccordato perpendicolarmente tramite un viale alberato ad un complesso scolastico-sportivo,
vol. III, collana Eda Esempi di Architettura a cura di Maurizio Meossi. Ci sono ancora molti studiosi che si chiedono se Casa Girasole, anzi Villa Girasole, sia stata, ai tempi della sua ideazione e poi realizzazione, solo uno sfizioso meccano, un sofisticato marchingegno, un giochino per l’ingegnere che l’ha “ideata”, Angelo Invernizzi, oppure abbia avuto un significato altro, ben diverso. Questo dubbio ne ha alimentato la fortuna critica e una continua osservazione architettonica.
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