Papers by Federico Francucci
Author(s): Francucci, Federico | Abstract: The essay aims to underline the various strategies by ... more Author(s): Francucci, Federico | Abstract: The essay aims to underline the various strategies by which Sereni, in 1961, translates a poem very far and different from his own tastes and inclinations like The Desert Music.
Lo Stradone, il libro più recente di Francesco Pecoraro, ha avuto già parecchie recensioni. Molto... more Lo Stradone, il libro più recente di Francesco Pecoraro, ha avuto già parecchie recensioni. Molto belle a mio avviso, in particolare, quella di Andrea Cortellessa su «Doppiozero», quella di Filippo Polenchi su «Alfabeta2», quelle di Guido Mazzoni e Gianluigi Simonetti, riproposte su questo sito. Scriverne un'altra, a questo punto, non sarebbe stato utile. Ho scelto allora di rinunciare al taglio panoramico e alle doverose ragioni di servizio della recensione, in favore di un affondo più parziale, frammentario e localizzato. Insomma mi sono semplificato il lavoro. Sull'utilità dei risultati giudicherà chi legge.
The Overstory, il romanzo di Richard Powers pubblicato nel 2018 e vincitore del Premio Pulitzer n... more The Overstory, il romanzo di Richard Powers pubblicato nel 2018 e vincitore del Premio Pulitzer nel 2109, è stato portato in Italia dalla Nave di Teseo, nella traduzione di Licia Vighi, con il titolo Il sussurro del mondo. Lo scrittore sarà al Collegio Borromeo di Pavia la sera del 21 giugno, insieme a Tahar Ben Jelloun e Antoine Volodine, nell'ambito dell'incontro La speranza e la natura, organizzato dalla Milanesiana 2019. Ho scritto un breve intervento per rendere omaggio al magnifico romanzo di Powers e cercare di capirlo un po' meglio.]

Accolto alla sua uscita in Germania (nel 2014) da recensioni furibonde confinanti con l'attacco i... more Accolto alla sua uscita in Germania (nel 2014) da recensioni furibonde confinanti con l'attacco isterico, e ora meritoriamente portato in Italia da Mimesis, I figli impossibili della nuova era è senza dubbio il libro di Peter Sloterdijk più importante tra quelli seguiti a Devi cambiare la tua vita, il massiccio tomo sulle ascesi mondane come esercizi antropotecnici di autocostituzione e automiglioramento uscito nel 2009 (Cortina 2010). Ma anche il suo libro che -oltre a sfidare e stimolare, come sempre -più disorienta e irrita. Queste sono pagine in cui si sta sempre scomodi, che obbligano il lettore a schivare i frequenti e sfacciati colpi bassi, e a un continuo lavorio di confronto, distinzione, riformulazione. Mai come in questo caso, mi pare, Sloterdijk ha pianificato di far saltare i nervi un po' a tutti, vestendo in prima battuta i panni del reazionario intempestivo per pungolare il pensiero «di sinistra» (mi si passi la semplificazione), ma ridicolizzando subito dopo quegli stessi panni, e insieme coloro che pensano ancora di poterli vestire seriamente: riuscendo nel frattempo a buttare giù i cappelli dei moderati democratico-liberali. Riprendere la domanda posta da De Maistre all'indomani della Rivoluzione francese -come ha potuto Dio permetterla? -e farne il vertice di un triangolo di interrogativi fondamentali (gli altri sono il «che fare?» di Černyševskij e il «non è il nostro un continuo precipitare?» di Nietzsche) sull'illegittimità del moderno, sull'incertezza che lo accompagna e sulla sua corsa in avanti è un gesto puramente provocatorio, dato che lo stesso Sloterdijk definisce a stretto giro «comatoso» il «pensiero» legittimista e restaurativo del primo Ottocento (e tutti gli altri, si direbbe). Non è affatto un caso che alcune delle pagine migliori del libro siano dedicate a Dada, e alla sua radicale ricerca di un senso-zero altamente urticante.
INDICE nota 7 Barocco Bartoli 9 Melanconia 15 Un ascensore per l'inferno? 20 Commento 31 Lo splen... more INDICE nota 7 Barocco Bartoli 9 Melanconia 15 Un ascensore per l'inferno? 20 Commento 31 Lo splendore impersonale 35 amore Parole in dialogo 39 La parola e il fantasma 44 La parola senza fantasma 52 L'assassino, L'orco e Le BeLLe arti: iL "caso Praz" "Ho conosciuto Praz" 63 I trucchi del fantasma 66 Botte da orbi 80 L'uLtima incarnazione deL tiranno: L'editore 91 "Guardare un quadro…" Un altro Manganelli? 103 I Pitocchi non esistono 105 Descrizioni di che? 112 Descrizione di una battaglia: uno Scialoja troppo manganellizzato 116 aPPendice Carte, libri, quaderni, matite 121

Un nome esclamato tra due scariche elettrostatiche, così comincia Santa Mira. «Bzzz bzzz. Finizio... more Un nome esclamato tra due scariche elettrostatiche, così comincia Santa Mira. «Bzzz bzzz. Finizio! Bzzz bzzz». Ora non importa cosa stia succedendo, anche perché davvero non succede un granché (sta per andare in onda indiretta uno show di infotainement, figuriamoci; uno dei tanti a cui dovremo assistere su queste pagine); contano solo i ronzii e il nome, Renato Finizio, e il ruolo, tecnico del suono. La fine si ripiega sull'inizio in un anello, e l'inizio metterà presto capo a una fine che a sua volta… e così via. Ri-nato, Finizio. È Chronos, il tempo della Terra, con le sue sequenze ordinate di cicli (giorni, mesi, anni… eoni); ma la Terra è interamente illuminata, cioè elettrificata e stretta in rete, percorsa da segnali, voci, immagini; e ronzii e sfarfallii di rumore bianco che fanno sentire il medium puro, l'elettricità, causa principale della contrazione o grande trasformazione. Quando la Terra è stata per la prima volta fotografata dallo spazio, diceva McLuhan, è diventata una gigantesca prigione senza mura, e un colossale spettacolo. Chronos dunque è in accordo ormai col tempo della tv. Dove sono i tecnici? Aggiustate questo coso, affinché il medium rimanga impercettibile, e ciascuno si accomodi, si fa per dire, indisturbato, senza interferenze, nei suoi giri e rigiri. Così vanno le cose a Santa Mira, nome-simulacro da leggere in trasparenza, replica della città dei replicanti, quel 24 aprile 1999, vigilia della Liberazione (e day after del famigerato bombardamento della sede televisiva nazionale serba, a Belgrado, ad opera delle nazioni buone, l'Italia nel novero), in cui il romanzo si immagina ambientato e contenuto, un giorno speciale identico, o quasi, a tutti gli altri giorni. Come quell'altro giorno, il 16 giugno, e quell'altro romanzo, Ulysses: e se in entrambi l'ultima scena (e parola) spetta a una donna, ben diverso è ciò che le due dicono. La liberazione, tremenda, di Santa Mira sarà frutto di un "no". «Ogni anno -scrive Canetti da qualche parte -dovrebbe essere più lungo del precedente di un giorno: un nuovo giorno in cui non è ancora accaduto nulla, un giorno in cui nessuno è morto». Non è un giorno di questi, a Santa Mira. E come potrebbe, d'altronde? Siamo nella cupissima fine di secolo e millennio, senza stelle e nera come la pece, e ai fievoli lamenti si accompagnano, stavolta, boati a volontà. Prima ancora dell'inizio c'è Dante, in esergo: «ma s'io fosse fuggito inver' la Mira…». Sono parole di Jacopo Del Cassero, nel quinto del Purgatorio, che rimpiange di non aver preso, nel momento decisivo, un'altra strada: quella che l'avrebbe condotto forse alla salvezza, anziché a dover vedere versato il proprio sangue in un «laco», per terra, nel mezzo di una palude, i piedi ben confitti nella guazza cruenta. Mira e Santa Mira, dunque: linea di fuga, strada non presa, e insieme prigione del sempre ripetuto, del quotidiano che macina, offrendo magari ai telespettatori la propria controfigura paradisiaca perché se ne beino, quel Cuori intrecciati in cui tutti guardano, ogni giorno a orario fisso (i cicli! di programmazione), le loro stesse piccolezze trasfigurate, chi scopa con chi e chi no, chi è padre e chi è figlio e chi è amante e chi è fratello e sorella di chi e chi sospira per chi. Noi di Santa Mira ce lo ricordiamo bene, quel programma degli anni Novanta, anche se alcuni pretendono avesse un altro stupendo titolo (gli scrittori inventano, si sa). Alcuni giurano tuttora che fosse una versione di Henry James migliorata e al passo coi tempi.
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