Vol. IV, n. 2 (2009) by Paolo Bianchini
Conference Presentations by Paolo Bianchini
Un manuale "speciale": il sussidiario Pompeo Vagliani (MUSLI -Torino)
Books by Paolo Bianchini
SEI, 2010
Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione dell'opera o di parti di essa con quals... more Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione dell'opera o di parti di essa con qualsiasi mezzo, compresa stampa, copia fotostatica, microfilm e memorizzazione elettronica, se non espressamente autorizzata per iscritto.
Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione dell'opera o di parti di essa con quals... more Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione dell'opera o di parti di essa con qualsiasi mezzo, compresa stampa, copia fotostatica, microfilm e memorizzazione elettronica, se non espressamente autorizzata per iscritto.

Con questo dossier monografico dedicato alle interazioni teoriche, istituzionali e applicative tr... more Con questo dossier monografico dedicato alle interazioni teoriche, istituzionali e applicative tra cinema ed educazione in Italia dalle origini ai primi anni Sessanta, “Immagine”, la rivista dell'AIRSC, prosegue nello studio delle zone più periferiche e meno indagate della storia del cinema italiano. Ci riferiamo, in particolare, al composito territorio delimitato dai confini, in verità non così netti e soprattutto non sempre tra loro coincidenti, del non fiction film, degli ephemeral movies, del non theatrical, dell’useful cinema : un arcipelago in buona parte ancora sommerso ma già visitato dalla nostra rivista, come i lettori più fedeli forse ricorderanno, nei molteplici itinerari dedicati ai film dal vero della guerra italo-turca (n. 3 e n. 4), al cinema scientifico nella sue diverse declinazioni (n. 6), al travelogue e al film turistico (n. 10).
Anche questo viaggio nel continente mobile ed eterogeneo del cinema educativo (decliniamo --un po’ astrattamente -- questa espressione al singolare solo per comodità espositiva) è ispirato dalle stesse scelte che hanno animato i tragitti appena ricordati: optare per una visione inclusiva e plurivoca dell’oggetto di studio; procedere -- senza dannose pretese di esaustività -- per campionature; proporre aperture di nuovi cantieri di lavoro, suscettibili di ulteriori disseminazioni dei risultati, dentro e fuori “Immagine”.
Sin dal primo Novecento, l’ipotesi plurale di un cinema educativo è posta in Italia al centro di riflessioni teoriche tutt’altro che discontinue ed è protagonista di sperimentazioni legate a differenti ambiti didattici e formativi (scuola elementare, istruzione tecnica, scuole speciali, didattica scientifica e universitaria, formazione professionale, addestramento militare, propaganda rurale, profilassi sanitaria, insegnamento catechistico ecc.). La volontà di insegnare, istruire, formare, educare con il cinema ispira numerose iniziative su diversa scala, dall’ambito internazionale (bene illustrato dall’esperienza dell’IICE - Istituto Internazionale per la Cinematografia Educativa), all’azione locale di singole scuole. I promotori sono associazioni private, forze religiose e politiche, soggetti istituzionali, che danno vita a differenti esperienze di distribuzione e produzione cinematografica, nonché di ricerca tecnologica. Adottare una prospettiva di ricerca inclusiva significa, in questo caso, suggerire uno studio estensivo dei rapporti tra educazione e cinema, capace di far dialogare tra loro -- senza discriminazioni o gerarchizzazioni -- tutti questi aspetti (i discorsi sociali, le pratiche didattiche, le istituzioni, i contesti, le organizzazioni, i saperi tecnico-tecnologici ecc.).
Il presente dossier, proprio nel suo volere accogliere il maggior numero possibile di temi, di punti di vista e di metodi d’indagine, ci pare che riesca a restituire questa visione storica del cinema educativo come entità plurale. I contributi ospitati affrontano, infatti, questioni tra loro molto diverse. Elena Nepoti parte da uno studio di caso localizzato (le politiche del cinema educativo a Bologna dal 1907 al 1920) per ricostruire il confronto/scontro tra socialisti e cattolici sul tema, sempre più cruciale in epoca di suffragio universale maschile, dell’educazione delle masse. Se Nepoti, pur restituendo bene le dinamiche della competizione politica, si concentra maggiormente sulle iniziative cattoliche (legate in particolare all’attività dell’Istituto Gualandi), Deborah Toschi invece, partendo da un contesto locale coevo ma differente, approfondisce le iniziative del socialismo riformista. L’autrice cerca di ricostruire i difficoltosi tentativi di promuovere a Milano, nella seconda metà degli anni Dieci, proiezioni cinematografiche capaci di concorrere alla formazione estetica e morale delle classi popolari: tentativi, questi, condotti da quei settori del riformismo laico locale che si riconoscevano nelle azioni della Società Umanitaria. Il confronto tra culture laiche e cultura cattolica sui temi del cinema educativo prosegue anche nel secondo dopoguerra, come dimostrano i contributi di Maria Francesca Piredda e Dalila Missero. Il primo è dedicato alla riscoperta di una produzione di film missionari di finzione, di particolare interesse anche da un punto di vista antropologico, risalenti alla prima metà degli anni Cinquanta, realizzati dai padri Comboniani e destinati non solo alla catechesi ma anche al pubblico giovanile. Il secondo contributo, invece, si occupa con rigore documentario delle tardive esperienze di cinema itinerante promosse nei primi anni Sessanta, nelle campagne dell’Italia centro-settentrionale, dall’ente statale (e filogovernativo) ENAL. Ben più estesa, dal punto di vista cronologico, è invece la ricostruzione, proposta da Giovanni Grasso, del complesso itinerario biografico di Remo Branca, infaticabile promotore della “cinedidattica”, la cui personalità, controversa e a tratti sfuggente, si colloca in modo problematico nel cuore della storia del cinema scolastico in Italia, coinvolgendo, nella sua parabola più che ventennale, cultura cattolica, fascismo e politiche ministeriali dell’Italia repubblicana. Gli interventi di Marco Antonio D’Arcangeli e Silvio Alovisio presentano, poi, con metodi diversi, una ricognizione analitica delle fonti discorsive d’epoca. D’Arcangeli effettua lo spoglio analitico di una delle principali riviste educative del Novecento, “La rivista pedagogica”, dimostrando, attraverso la fecondità qualitativa e quantitativa dei risultati prodotti dal suo sondaggio, come non si possa più studiare la storia del cinema educativo nel nostro paese senza un preliminare lavoro di catalogazione e censimento degli interventi legati al cinema nella stampa di settore. Alovisio, analizzando un ampio corpus di fonti discorsive sulle proiezioni educative edite negli anni Dieci e Venti, isola una delle questioni più dibattute (il confronto tra immagini fisse e immagine animate) e la approfondisce nella prospettiva di una storia delle “micro-teorie” italiane del cinema nel primo Novecento. Lo studio di Mariani, dedicato alle esperienze di associazionismo cinematografico tra la fine degli anni Venti e i primi anni Trenta, interroga, infine, una questione parzialmente diversa rispetto ai temi affrontati in tutti i contributi appena ricordati, occupandosi non tanto dell’educazione con il cinema quanto dell’educazione al cinema.
Drafts by Paolo Bianchini
Civic education has always been an ancillary subject in the Italian school system. Introduced a... more Civic education has always been an ancillary subject in the Italian school system. Introduced at the end of the 1950s as a sort of appendage to the history programs, it has recently been subject to multiple reforms, though little or nothing has changed in reality. The analysis of a sample of civic education textbooks in use in schools explains some reasons for this breakdown. Even though they apply the new legislation, these textbooks retain the most blatant defect of civic education in the Western world, which is the lack of a clear and convincing model of the citizen.
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Vol. IV, n. 2 (2009) by Paolo Bianchini
Conference Presentations by Paolo Bianchini
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Anche questo viaggio nel continente mobile ed eterogeneo del cinema educativo (decliniamo --un po’ astrattamente -- questa espressione al singolare solo per comodità espositiva) è ispirato dalle stesse scelte che hanno animato i tragitti appena ricordati: optare per una visione inclusiva e plurivoca dell’oggetto di studio; procedere -- senza dannose pretese di esaustività -- per campionature; proporre aperture di nuovi cantieri di lavoro, suscettibili di ulteriori disseminazioni dei risultati, dentro e fuori “Immagine”.
Sin dal primo Novecento, l’ipotesi plurale di un cinema educativo è posta in Italia al centro di riflessioni teoriche tutt’altro che discontinue ed è protagonista di sperimentazioni legate a differenti ambiti didattici e formativi (scuola elementare, istruzione tecnica, scuole speciali, didattica scientifica e universitaria, formazione professionale, addestramento militare, propaganda rurale, profilassi sanitaria, insegnamento catechistico ecc.). La volontà di insegnare, istruire, formare, educare con il cinema ispira numerose iniziative su diversa scala, dall’ambito internazionale (bene illustrato dall’esperienza dell’IICE - Istituto Internazionale per la Cinematografia Educativa), all’azione locale di singole scuole. I promotori sono associazioni private, forze religiose e politiche, soggetti istituzionali, che danno vita a differenti esperienze di distribuzione e produzione cinematografica, nonché di ricerca tecnologica. Adottare una prospettiva di ricerca inclusiva significa, in questo caso, suggerire uno studio estensivo dei rapporti tra educazione e cinema, capace di far dialogare tra loro -- senza discriminazioni o gerarchizzazioni -- tutti questi aspetti (i discorsi sociali, le pratiche didattiche, le istituzioni, i contesti, le organizzazioni, i saperi tecnico-tecnologici ecc.).
Il presente dossier, proprio nel suo volere accogliere il maggior numero possibile di temi, di punti di vista e di metodi d’indagine, ci pare che riesca a restituire questa visione storica del cinema educativo come entità plurale. I contributi ospitati affrontano, infatti, questioni tra loro molto diverse. Elena Nepoti parte da uno studio di caso localizzato (le politiche del cinema educativo a Bologna dal 1907 al 1920) per ricostruire il confronto/scontro tra socialisti e cattolici sul tema, sempre più cruciale in epoca di suffragio universale maschile, dell’educazione delle masse. Se Nepoti, pur restituendo bene le dinamiche della competizione politica, si concentra maggiormente sulle iniziative cattoliche (legate in particolare all’attività dell’Istituto Gualandi), Deborah Toschi invece, partendo da un contesto locale coevo ma differente, approfondisce le iniziative del socialismo riformista. L’autrice cerca di ricostruire i difficoltosi tentativi di promuovere a Milano, nella seconda metà degli anni Dieci, proiezioni cinematografiche capaci di concorrere alla formazione estetica e morale delle classi popolari: tentativi, questi, condotti da quei settori del riformismo laico locale che si riconoscevano nelle azioni della Società Umanitaria. Il confronto tra culture laiche e cultura cattolica sui temi del cinema educativo prosegue anche nel secondo dopoguerra, come dimostrano i contributi di Maria Francesca Piredda e Dalila Missero. Il primo è dedicato alla riscoperta di una produzione di film missionari di finzione, di particolare interesse anche da un punto di vista antropologico, risalenti alla prima metà degli anni Cinquanta, realizzati dai padri Comboniani e destinati non solo alla catechesi ma anche al pubblico giovanile. Il secondo contributo, invece, si occupa con rigore documentario delle tardive esperienze di cinema itinerante promosse nei primi anni Sessanta, nelle campagne dell’Italia centro-settentrionale, dall’ente statale (e filogovernativo) ENAL. Ben più estesa, dal punto di vista cronologico, è invece la ricostruzione, proposta da Giovanni Grasso, del complesso itinerario biografico di Remo Branca, infaticabile promotore della “cinedidattica”, la cui personalità, controversa e a tratti sfuggente, si colloca in modo problematico nel cuore della storia del cinema scolastico in Italia, coinvolgendo, nella sua parabola più che ventennale, cultura cattolica, fascismo e politiche ministeriali dell’Italia repubblicana. Gli interventi di Marco Antonio D’Arcangeli e Silvio Alovisio presentano, poi, con metodi diversi, una ricognizione analitica delle fonti discorsive d’epoca. D’Arcangeli effettua lo spoglio analitico di una delle principali riviste educative del Novecento, “La rivista pedagogica”, dimostrando, attraverso la fecondità qualitativa e quantitativa dei risultati prodotti dal suo sondaggio, come non si possa più studiare la storia del cinema educativo nel nostro paese senza un preliminare lavoro di catalogazione e censimento degli interventi legati al cinema nella stampa di settore. Alovisio, analizzando un ampio corpus di fonti discorsive sulle proiezioni educative edite negli anni Dieci e Venti, isola una delle questioni più dibattute (il confronto tra immagini fisse e immagine animate) e la approfondisce nella prospettiva di una storia delle “micro-teorie” italiane del cinema nel primo Novecento. Lo studio di Mariani, dedicato alle esperienze di associazionismo cinematografico tra la fine degli anni Venti e i primi anni Trenta, interroga, infine, una questione parzialmente diversa rispetto ai temi affrontati in tutti i contributi appena ricordati, occupandosi non tanto dell’educazione con il cinema quanto dell’educazione al cinema.
Drafts by Paolo Bianchini
Anche questo viaggio nel continente mobile ed eterogeneo del cinema educativo (decliniamo --un po’ astrattamente -- questa espressione al singolare solo per comodità espositiva) è ispirato dalle stesse scelte che hanno animato i tragitti appena ricordati: optare per una visione inclusiva e plurivoca dell’oggetto di studio; procedere -- senza dannose pretese di esaustività -- per campionature; proporre aperture di nuovi cantieri di lavoro, suscettibili di ulteriori disseminazioni dei risultati, dentro e fuori “Immagine”.
Sin dal primo Novecento, l’ipotesi plurale di un cinema educativo è posta in Italia al centro di riflessioni teoriche tutt’altro che discontinue ed è protagonista di sperimentazioni legate a differenti ambiti didattici e formativi (scuola elementare, istruzione tecnica, scuole speciali, didattica scientifica e universitaria, formazione professionale, addestramento militare, propaganda rurale, profilassi sanitaria, insegnamento catechistico ecc.). La volontà di insegnare, istruire, formare, educare con il cinema ispira numerose iniziative su diversa scala, dall’ambito internazionale (bene illustrato dall’esperienza dell’IICE - Istituto Internazionale per la Cinematografia Educativa), all’azione locale di singole scuole. I promotori sono associazioni private, forze religiose e politiche, soggetti istituzionali, che danno vita a differenti esperienze di distribuzione e produzione cinematografica, nonché di ricerca tecnologica. Adottare una prospettiva di ricerca inclusiva significa, in questo caso, suggerire uno studio estensivo dei rapporti tra educazione e cinema, capace di far dialogare tra loro -- senza discriminazioni o gerarchizzazioni -- tutti questi aspetti (i discorsi sociali, le pratiche didattiche, le istituzioni, i contesti, le organizzazioni, i saperi tecnico-tecnologici ecc.).
Il presente dossier, proprio nel suo volere accogliere il maggior numero possibile di temi, di punti di vista e di metodi d’indagine, ci pare che riesca a restituire questa visione storica del cinema educativo come entità plurale. I contributi ospitati affrontano, infatti, questioni tra loro molto diverse. Elena Nepoti parte da uno studio di caso localizzato (le politiche del cinema educativo a Bologna dal 1907 al 1920) per ricostruire il confronto/scontro tra socialisti e cattolici sul tema, sempre più cruciale in epoca di suffragio universale maschile, dell’educazione delle masse. Se Nepoti, pur restituendo bene le dinamiche della competizione politica, si concentra maggiormente sulle iniziative cattoliche (legate in particolare all’attività dell’Istituto Gualandi), Deborah Toschi invece, partendo da un contesto locale coevo ma differente, approfondisce le iniziative del socialismo riformista. L’autrice cerca di ricostruire i difficoltosi tentativi di promuovere a Milano, nella seconda metà degli anni Dieci, proiezioni cinematografiche capaci di concorrere alla formazione estetica e morale delle classi popolari: tentativi, questi, condotti da quei settori del riformismo laico locale che si riconoscevano nelle azioni della Società Umanitaria. Il confronto tra culture laiche e cultura cattolica sui temi del cinema educativo prosegue anche nel secondo dopoguerra, come dimostrano i contributi di Maria Francesca Piredda e Dalila Missero. Il primo è dedicato alla riscoperta di una produzione di film missionari di finzione, di particolare interesse anche da un punto di vista antropologico, risalenti alla prima metà degli anni Cinquanta, realizzati dai padri Comboniani e destinati non solo alla catechesi ma anche al pubblico giovanile. Il secondo contributo, invece, si occupa con rigore documentario delle tardive esperienze di cinema itinerante promosse nei primi anni Sessanta, nelle campagne dell’Italia centro-settentrionale, dall’ente statale (e filogovernativo) ENAL. Ben più estesa, dal punto di vista cronologico, è invece la ricostruzione, proposta da Giovanni Grasso, del complesso itinerario biografico di Remo Branca, infaticabile promotore della “cinedidattica”, la cui personalità, controversa e a tratti sfuggente, si colloca in modo problematico nel cuore della storia del cinema scolastico in Italia, coinvolgendo, nella sua parabola più che ventennale, cultura cattolica, fascismo e politiche ministeriali dell’Italia repubblicana. Gli interventi di Marco Antonio D’Arcangeli e Silvio Alovisio presentano, poi, con metodi diversi, una ricognizione analitica delle fonti discorsive d’epoca. D’Arcangeli effettua lo spoglio analitico di una delle principali riviste educative del Novecento, “La rivista pedagogica”, dimostrando, attraverso la fecondità qualitativa e quantitativa dei risultati prodotti dal suo sondaggio, come non si possa più studiare la storia del cinema educativo nel nostro paese senza un preliminare lavoro di catalogazione e censimento degli interventi legati al cinema nella stampa di settore. Alovisio, analizzando un ampio corpus di fonti discorsive sulle proiezioni educative edite negli anni Dieci e Venti, isola una delle questioni più dibattute (il confronto tra immagini fisse e immagine animate) e la approfondisce nella prospettiva di una storia delle “micro-teorie” italiane del cinema nel primo Novecento. Lo studio di Mariani, dedicato alle esperienze di associazionismo cinematografico tra la fine degli anni Venti e i primi anni Trenta, interroga, infine, una questione parzialmente diversa rispetto ai temi affrontati in tutti i contributi appena ricordati, occupandosi non tanto dell’educazione con il cinema quanto dell’educazione al cinema.