Papers by Valentina Rimmaudo

Perduta per timidezza l'occasione di morire, uno scrittore infelice decide di curarsi scrivendo u... more Perduta per timidezza l'occasione di morire, uno scrittore infelice decide di curarsi scrivendo un libro felice. Ne chiede l'argomento, secondo l'uso, ai cento occhi della memoria e ai solluccheri di gioventù." 1 Chiunque abbia sfogliato, letto, amato le pagine di Bufalino si sarà certamente scontrato con la sua "odiosamabile" 2 scrittura, così letterariamente satura, così finemente ricamata, così perfetta da nauseare o da creare dipendenza. È una scrittura che mette alla prova il lettore, il quale non può stare comodamente seduto in poltrona aspettando passivamente che l'autore gli imbocchi il racconto, ma è come indotto ad instaurare un dialogo con lo scrittore comisano che a sua volta dialoga con se stesso e con gli scrittori e gli artisti più amati, in uno sforzo continuo -che interessa entrambi, autore e lettore -di autoconoscenza. Tratterò, pertanto, di cosa sia la scrittura per Bufalino, di quali siano le sue ragioni dello scrivere e i suoi temi più cari, non senza aver fatto riferimento alla sua poetica e al modo in cui scrive.

La prosa poetica di un'esperienza di morte È il 1946 quando Gesualdo Bufalino, ammalatosi di tisi... more La prosa poetica di un'esperienza di morte È il 1946 quando Gesualdo Bufalino, ammalatosi di tisi, ottiene il trasferimento in un sanatorio della Conca d'Oro, fra Palermo e Monreale, la "Rocca", teatro della Diceria. Il ricordo della guerra, della malattia, della degenza presso il sanatorio, il gioco da funambolo in bilico tra la vita e la morte, sono solo alcuni tra i punti cardine dell'opera auto-biografica che segna l'ingresso dell'autore nella società letteraria: "un capogiro soave mi veniva dall'ascoltarmi, dal dar corpo e suono al museo d'ombre che da tempo mi portavo dentro la testa" (Capitolo XV). Inizia l'elaborazione dell'opera intorno al 1950, che rimane però interrotta ad uno stadio larvale, per poi essere ripresa e completata nel 1971: ne segue un attento, scrupoloso, quasi ossessivo lavoro di revisione e perfezionamento, fino alla pubblicazione definitiva del 1981. "Un libro stampato era sì un desiderio, ma era anche qualcosa che gli faceva male", ha affermato in un'intervista Elisabetta Sgarbi, facente parte della giuria per il premio letterario "Campiello", vinto proprio dall'autore comisano con "Diceria dell'Untore".
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