Papers by Claudio Marangoni

Il calamo della memoria-VII. Raccolta delle relazioni discusse nell'incontro internazionale d... more Il calamo della memoria-VII. Raccolta delle relazioni discusse nell'incontro internazionale di Trieste, Biblioteca Statale, 29-30 settembre 2016 a cura di Lucio Cristante e Vanni Veronesi [Trieste]: Edizioni Università di Trieste, 2017.-XVI, 258 p. : ill. ; 24 cm. I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale di questa pubblicazione, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm, le fotocopie o altro), sono riservati per tutti i Paesi. Autori e editore hanno operato per identificare tutti i titolari dei diritti delle illustrazioni riprodotte nel presente volume e ottenerne l'autorizzazione alla pubblicazione; restano tuttavia a disposizione per assolvere gli adempimenti nei confronti degli eventuali aventi diritto non rintracciati. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE IL CALAMO DELLA MEMORIA VII a cura di Lucio Cristante e Vanni Veronesi Raccolta delle relazioni discusse nell'incontro internazionale di Trieste, Biblio...

CLAUDIO MARANGONI Huic uni forsan potui succumbere culpae (Verg. Aen. 4,19) Storia e significati ... more CLAUDIO MARANGONI Huic uni forsan potui succumbere culpae (Verg. Aen. 4,19) Storia e significati di un verso In una nota della sua commemorazione di Ermenegildo Pistelli pubblicata sul Leonardo del 20 gennaio 1927, a pochi giorni dalla morte dell'illustre studioso, Girolamo Vitelli ricordava come solo qualche giorno prima, la sera di Natale, il Pistelli proponesse alla sua attenzione una nuova interpretazione di uno dei più famosi versi di Virgilio. Fu la data di nascita di una querelle tutta italiana, almeno all'inizio, che ancora non ha avuto sistemazione definitiva. Converrà, data l'esiguità di questo testo 'fondante', riportarlo per intero: Huic uni forsan potui succumbere culpae, dice Didone (Aen. 4,19), e tutti, a quanto sembra, uniscono huic uni culpae. Ma chi rilegga d'un fiato tutte le parole di Didone (quis novus hic-hospes, quibus ille iactatus fatis, solus hic inflexit sensus, ecc.), avrà per lo meno la tentazione che ha avuto il Pistelli di intendere huic uni (viro): "soltanto per un tale uomo". Non sono sufficientemente latinista, per approvare con conoscenza di causa: ma sarei lieto se approvassero i latinisti. Allora succumbere culpae significherebbe: "mancare al dover mio di non romper fede al cener di Sicheo". Certo così l'interpretazione vulgata si viene in fondo a dir lo stesso: ma quanto non è più naturale e più vivo quell'huic uni separato dal resto! 1 Diciamo subito, prima ancora di vedere gli interventi critici che fecero puntualmente seguito alle parole di Pistelli, che questa interpretazione, benché come nuova fosse sentita nel mondo accademico, nuova non era. Era anzi assai vecchia e ampiamente diffusa. Perché, se è vero che nei commenti scientifici essa non era riscontrabile 2 e se è altrettanto vero che i più importanti traduttori del momento legavano huic uni a culpae 3 , molti erano stati precedentemente in Italia i traduttori, anche i più illustri e famosi, che erano giunti a riferire-11

Tua, Maecenas, haud mollia iussa. Materiali e appunti per la storia di un topos proemiale A inter... more Tua, Maecenas, haud mollia iussa. Materiali e appunti per la storia di un topos proemiale A interpretare gli iussa di Mecenate a georg. 3,41 (così come, a ecl. 8,11, quelli di Pollione 1) viene invocata dai partigiani di una lettura 'leggera', non costrittiva 2 , la semantica di iubeo. Il verbo, come ben si sa, può sfumare dal suo valore consueto di 'ordinare' a quello di 'invitare', 'esortare'. Allora anche iussum (al plurale, di norma) potrà, si opina, essere non sempre 'ordine' ma talora anche 'invito', 'esortazione', e gli iussa di Mecenate, per cui possono entrare in gioco la libertà d'ispirazione, l'autonomia dell'opera poetica, il modo di un'eventuale adesione di Virgilio a un programma politico-culturale, potranno valere 'inviti', 'esortazioni', anch'essi. Ma, a voler guardar bene, si fatica davvero ad allestire una raccolta di passi di datazione alta in cui il termine iussa si presenti con questa sfumatura di significato. Il Thesaurus 3 , peraltro, è categorico nella definizione: 'fere i. q. imperium, praescriptum sim.', ivi compresi i due luoghi virgiliani. Per un valore attenuato del termine vengono ricordati gli amici iussa di Hor. epist. 1,9,12 4 ; ma si tratterà, per questa richiesta di Settimio, di una preghiera così insistente da assumere le caratteristiche di un ordine 5. Potremmo provar noi qui a selezionare testi come Ou. Pont. 3,3,53 s. Dic, precor, ecquando didicisti fallere nuptas, / et facere incertum per mea iussa genus? (ma, metaforicamente, saranno piuttosto 'ordini' del magister amoris 6); o, con maggior probabilità di suc-77

CLAUDIO MARANGONI Di come Ovidio sia andato alla festa di Anna Perenna assieme a Virgilio È il gi... more CLAUDIO MARANGONI Di come Ovidio sia andato alla festa di Anna Perenna assieme a Virgilio È il giorno della festa di Anna Perenna. Presso le rive del Tevere si riversa il popolino, uomini e donne. Ci si sdraia sull'erba e si beve abbondantemente. Alcuni tirano su improvvisati ripari: viene piantata qualche tenda, si costruiscono capanne di frasche, oppure basta conficcare al suolo qualche canna e stendervi sopra gli abiti. Si cantano le canzoni che si sono imparate nei teatri e si balla. Quando infine i partecipanti alla festa sono sulla via del ritorno, mal si reggono ormai sulle gambe; la gente si ferma a guardarli e rivolgendosi a loro li chiama fortunati. Una festa gioiosa e movimentata della quale solo Ovidio ci ha lasciato testimonianza in una decina di distici nel cuore del terzo libro dei Fasti (vv. 523-542). Sono versi assai famosi che aprono il lungo sviluppo narrativo dedicato alle Idi di marzo: su alcuni di essi intendiamo appuntare la nostra attenzione rilevando anche qui, come finora non si è visto, fitta presenza di sostanza virgiliana. Anche qui perché, come è invece ben noto, nel lungo e articolato racconto eziologico-etimologico sulla caleidoscopica e sfuggente figura di Anna, che vien di seguito ai versi dedicati alla celebrazione festiva, nel DNA stesso della sorella di Didone, molti, strutturali, sono i geni virgiliani, mappati essi più volte, analizzati fin nel dettaglio 1. Riportiamo qui di seguito l'intera sezione pertinente alla festa ponendo in evidenza i tratti in cui, come confidiamo possa risultare dall'analisi che di seguito condurremo, la presenza virgiliana si annida.

Reggio come Samo. Una traccia dei Florida di Apuleio nelle Variae di Cassiodoro Le non infrequent... more Reggio come Samo. Una traccia dei Florida di Apuleio nelle Variae di Cassiodoro Le non infrequenti digressioni nel corpo della raccolta epistolare delle Variae di Cassiodoro 1 costituiscono indubbiamente le parti più apprezzate di un'opera che-come ancora recentemente annota Giovanni Polara 2-è lunga e per lo più noiosa. Distesa gradevolezza di lettura offrono in particolare alcune descrizioni di luoghi, che spesso sopravanzano in ampiezza l'argomento stesso per cui le rispettive lettere furono scritte e sono di norma così particolareggiate da costituire delle topothesiai a tutto tondo. Si sente qui con particolare intensità la penna del retore; né mancano le note erudite o il ricordo letterario. Tra le altre, meritatamente famosa quella che esalta le terre dell'Histria (12,22), o quella che dipinge con vera grazia la zona di Como (11,14), o quella che canta le lodi di Squillace, che a Cassiodoro diede i natali (12,15), o quella ancora che tratteggia il territorio, povero peraltro, di Reggio (12,14). È proprio su quest'ultima epistola che in questa breve nota vorremmo appuntare la nostra attenzione; non solo per saggiarne prima l'orditura erudita e letteraria, ma per soffermarci poi su un passo del primo paragrafo, dove a nostro avviso si cela un'insospettata presenza apuleiana. Il particolare impegno posto da Cassiodoro nella stesura di questa lettera è ben palpabile fin dalle sue prime parole. Essa si apre con la proposizione della 'catastrofica' etimologia greca del nome della città, quale si ritrova non infrequentemente nella tradizione storiografica ed erudita sia greca che latina: Regenses ciues ultimi Bruttiorum, quos a Siciliae corpore uiolenti quondam maris impetus segregauit, unde ciuitas eorum nomen accepit-diuisio enim rJ hv gion Graeca lingua uocitatur… 3. Segue la descrizione del territorio reggino e dei suoi prodotti. È proprio questo il passo che ci interessa più direttamente e che analizzeremo nel dettaglio più avanti. Ancora, nel breve periodo con cui inizia il secondo paragrafo, a pro

Sui modelli della Venus uulgaria di Apuleio, apol. 12 (con un appunto su Iside-Luna, met. XI 1) I... more Sui modelli della Venus uulgaria di Apuleio, apol. 12 (con un appunto su Iside-Luna, met. XI 1) Intendiamo dedicare questo nostro intervento all'esame minuto di un passo assai famoso dell'Apologia di Apuleio, a proposito del quale soltanto di recente si è iniziato ad avvertire la complessità di tessitura. Considereremo una delle due Veneri che Apuleio presenta al cap. 12 della sua autodifesa, e precisamente quella Venere che l'autore chiama uulgaria. Si tratta di un microcontesto che conta soltanto poche righe, ma che, come avremo modo di vedere, lascia apprezzare un'altissima concentrazione di elementi della memoria culturale e letteraria del filosofo e retore di Madaura. Elementi provenienti non solo da di più sezioni del Simposio del filosofo Platone, dichiarato e venerato ispiratore del passo in questione, ma anche dal proemio del De rerum natura di Lucrezio, poeta particolarmente amato e di frequente utilizzato da Apuleio nelle sue varie opere 1 , ed inoltre dal De lingua Latina dell'erudito Varrone, la cui presenza si può cogliere altrove negli scritti del nostro autore 2 , e forse ancora da un epigramma di Valerio Edituo. Una pagina servita da Apuleio come un vero e proprio cocktail culturale che già sa di tardoantico, in cui lo scrittore miscela diversi ingredienti, greci e romani, in un nuovo composto testuale contraddistinto in maniera inequivocabile dalla sua originalissima cifra stilistica 3. Faremo poi reagire queste righe dell'Apologia con alcune altre parimenti note dell'undicesimo libro delle Metamorfosi in cui è una diver

ne di almeno una di esse che siamo convinti che Ovidio s'adombrerebbe, per quella, cioè, che spie... more ne di almeno una di esse che siamo convinti che Ovidio s'adombrerebbe, per quella, cioè, che spiega il nome della sua città natale, Sulmo, nell'amaro ricordo di 4,79 ss. 20. E s'adombrerebbe, crediamo, anche per l'assenza del quadro eziologico e del dato etimologico relativi al nome dell'altra città della sua vita, l'odiata Tomis, presenti ai vv. 3,9,5 s. e 33 s. 21 dei Tristia 22. Di quest'ultima opera mancano ancora un paio di etimologie, così come sono trascurate singole occorrenze delle Heroides, dell'Ars, dell'Ibis e delle Epistulae ex Ponto. Per quanto riguarda Properzio ben cinque sono le etimologie 23 tralasciate da Maltby tra quelle che sono presenti nel suo quarto libro 24 , compresa quella famosa e problematica relativa a Sancus (9,73 s.). Altri poeti per i quali il dato etimologico risulta essere elemento di non secondario rilievo sono completamente, o quasi, assenti dal lessico di Maltby. Pesante è la mancanza della maggior parte di quelli presenti nei Punica di Silio Italico 25 , in particolare nel libro VIII. A una lettura il più possibile attenta di quel vasto organismo sostanziato di dodicimila versi, se ne possono contare più di trenta: nomi di duci, di popoli, di terre, di fiumi, di monti, in un-XIII-INTRODUZIONE 20 Manca in Maltby anche l'unica altra attestazione dell'etimologia di Sulmo, quella cioè presente in Silio Italico (9,70 ss.), il quale presumibilmente ad Ovidio si rifà mentre v'aggiunge una sua precisazione di natura fonetica. 21 Manca la voce in Maltby anche per questa città, che contempla ancora una diversa spiegazione in una tarda occorrenza nei Getica di Giordane (62: Thomes). 22 Da non dimenticare per questa storia di Ovidio, come per altre, il vecchio ma non per questo meno utile lavoro di

La Thalia di Marziano Capella (I 28) tra erudizione etimologica e rievocazione apuleiana per Rome... more La Thalia di Marziano Capella (I 28) tra erudizione etimologica e rievocazione apuleiana per Romeo Le poche righe di cui si sostanzia questa rapida indagine sono dedicate allo studio di un breve tratto delle Nozze di Filologia e Mercurio nel quale crediamo che una estrosa pennellata di sapiente color etimologico, da tempo apprezzata dagli studiosi di Marziano Capella e sulla quale vogliamo qui ritornare, si accompagni al ricordo di una figurazione apuleiana tra le più note e fiabescamente memorabili, anch'essa qui da indagare, per la prima volta. Siamo alla scena del primo libro della caleidoscopica fabula nuziale di Marziano in cui le Muse, sui cigni di Apollo, ascendono alle rispettive sfere celesti. Tutte meno una, la nona e ultima, Talia, che resta saldamente immobile nella sua sede sostanziale: la Terra 1. Così Mart. Cap. I 28: Sola vero, quod vector eius cycnus impatiens oneris atque etiam subvolandi alumna stagna petierat, Thalia derelicta in ipso florentis campi ubere residebat.

La glabella medietas di Filologia (Mart. Cap. II 132) ovvero le vicende di un aggettivo che diven... more La glabella medietas di Filologia (Mart. Cap. II 132) ovvero le vicende di un aggettivo che diventò sostantivo In questo nostro intervento, mirato al dettaglio, vogliamo soffermarci su un breve tratto del De nuptiis Philologiae et Mercurii di Marziano Capella puntando in particolare sulla presenza a II 132 di quel rarissimo diminutivo apuleiano di glaber che è glabellus, studiare inoltre il significato di tale appropriazione e seguire infine le vicende del termine tra codici deteriori, commenti medievali e lessici e assistere così alla nascita e al diffondersi di un sostantivo che è figlio d'errore: 'glabella'. L'aggettivo viene dunque a Marziano direttamente da Apuleio, autore, come si sa, particolarmente propenso a nuove formazioni diminutive 1 , che lo impiega tre volte nelle sue opere, due nelle Metamorfosi e una nei Florida. Si tratta di una delle molte consonanze d'uno stile che, per ribadire l'appropriato giudizio di Moreschini, «costituisce un tentativo di assidua imitazione dell'opera del Madaurense» 2. La ripresa è ovviamente già stata diverse volte segnalata, più dagli studiosi di Apuleio che da quelli di Marziano 3. Genericamente tuttavia, senza che si sia sentito il bisogno di entrare nell'officina dell'autore del De nuptiis, senza prendere cioè in considerazione l'eventualità che egli si rifacesse a uno specifico dei tre passi apuleiani e provare a coglierne il senso e l'intenzione artistica. Vediamo. Si è ormai prossimi al momento delle nozze e Filologia riceve l'omaggio di molte figure femminili mitologiche ed allegoriche. Anche le Cariti sono in questo numero. La prima di esse le imprime un bacio su una zona particolare della fronte: quarum (sc. Charitum) una deosculata Philologiae frontem illic, ubi pubem ciliorum discriminat glabella medietas. Le bacia, cioè, la fronte in quello spazio mediano (medietas) liscio, privo di peli (glabella) che partisce
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