Papers by Giuseppe Porzio

Ricerche sull'arte moderna a Napoli. Saggi e documenti 2020-2021, Napoli, Artem, 2021
Ricerche sull'arte a Napoli in età moderna è l'annale che la Fondazione Giuseppe e Margaret De Vi... more Ricerche sull'arte a Napoli in età moderna è l'annale che la Fondazione Giuseppe e Margaret De Vito pubblica dal 2012. È la prosecuzione, e l'ampliamento, di un progetto che cominciò a prendere corpo fin dal 1982, quando l'ingegnere Giuseppe De Vito fondò, e poi diresse per trent'anni, una miscellanea di studi con periodicità annuale, dal titolo Ricerche sul '600 napoletano, destinata a ospitare i lavori scientifici dei più affermati specialisti internazionali, così come di tanti giovani e di ricercatori indipendenti. In questi decenni, con la sua cadenza fissa, la pubblicazione di Ricerche ha concorso significativamente ad accrescere la conoscenza dell'arte del Seicento a Napoli e nel Meridione. I numerosi saggi editi hanno apportato contributi rilevanti sia alla storia della cultura, sia agli aspetti tecnici e conservativi delle opere d'arte, sia-e soprattutto-alle indagini filologiche e documentarie. I volumi di Ricerche annoverano, nei propri sommari, molti studi pionieristici, che hanno consentito di ricostruire personalità artistiche dimenticate o fraintese, di esplorare complessi monumentali non di rado in stato di abbandono, di sottrarre autentici capolavori dall'oblio, offrendo così un rilevante apporto anche alla conservazione e alla valorizzazione del patrimonio culturale dell'Italia meridionale.
Ricerche sull’arte a Napoli in età moderna. Saggi e documenti 2019, 2019
Documenti per la storia del presepe napoletano tra il XVI e il XVIII secolo
Ricerche sull’arte a Napoli in età moderna. Saggi e documenti 2019, 2019
Documenti per la storia del presepe napoletano tra il XVI e il XVIII secolo
Cornelis de Wael, Alessandro Magnasco, Maestro di Resina. Due acquisizioni e un restauro per la Galleria Nazionale della Liguria, a cura di G. Zanelli, Milano, Scalpendi, 2019
Angelo Caroselli ritrovato. Due tavole dalle collezioni Intesa Sanpaolo, in A nuova luce. Angelo Caroselli, Santa Maria Maddalena penitente, catalogo della mostra (Napoli, Gallerie d'Italia, Palazzo Zevallos Stigliano, 30 settembre 2011-26 febbraio 2012), Napoli, Intesa Sanpaolo, 2011, pp. 2-11.

Compianto sul corpo di Abele particolare Napoli, collezione privata 80 GIUSEPPE PORZIO 81 C'è d'a... more Compianto sul corpo di Abele particolare Napoli, collezione privata 80 GIUSEPPE PORZIO 81 C'è d'attendersi che un'opera così imponente come questo Compianto sul corpo di Abele di collezione privata 1 (cm 153 x 207) (figg. 1-2, 5), esempio sceltissimo della pur ampia produzione di Cesare Fracanzano, abbia lasciato una qualche traccia nelle fonti; tuttavia, tra quelle finora disponibili, non ve n'è alcuna che le sia collegabile: lo scarto di misure esclude infatti che si tratti del medesimo "quadro grande al naturale d'Adamo et Eva con Abelli morto di palmi dodici in ca." registrato a Napoli nel 1658, sotto il nome del maestro pugliese, nell'inventario post mortem della quadreria del gioielliere Michelangelo Persico 2 , così come l'accezione letterale del soggetto impedisce di riconoscervi l'"Abele ammazzato da Caino" venduto nel 1656 al principe di Cursi assieme a un'ancora irrintracciata "Carità romana" 3 . Del dipinto, dunque, che qui si presenta per la prima volta dopo il restauro condotto tra il 2012 e il 2013 da Bruno Tatafiore, non è possibile al momento raccontare altra storia che quella delle sue vicende materiali. Alla sua apparizione, la tela, dall'ordito e dalla trama molto sottili, frutto della giunzione orizzontale di due pezzi alti circa 80 cm ciascuno, presentava le tipiche complicazioni di una vecchia operazione di foderatura, probabilmente tardo ottocentesca, che aveva assottigliato lo spessore dell'originaria cucitura tra le due tele, con il conseguente indebolimento della loro tenuta. La rigidità di questo rintelo, inoltre, procurava una diffusa sofferenza alla pellicola pittorica, offuscata da estese ripassature e da una spessa verniciatura, ormai ossidata; pellicola che pure era stata risparmiata da una pulitura troppo aggressiva, tanto da potersi dire sostanzialmente integra (eccezion fatta per alcune irrilevanti cadute di colore, dalle quali si intravedeva la sottostante preparazione a terra rossa). Vi erano infine i segni di un paio di danni da urto, evidentemente posteriori a tale intervento, dal momento che avevano interessato anche la seconda tela, in due zone non figurate della composizione, nel cielo, in alto a sinistra, e al centro, nello spazio tra le figure. Recuperata la piena leggibilità della pittura, anche nei suoi spessori materici, grazie alla nuova foderatura (necessaria anche per ripristinare la stabilità elastico-meccanica del supporto) e alla pulitura, sono in tal modo emersi significativi ripensamenti nella costruzione dell'immagine, occultati dal vecchio restauro e ora percepibili anche a occhio nudo (per quanto necessitino -per una comprensione maggiore -di un esame approfondito, radiografico o riflettografico che sia): il primo relativo al profilo della testa di Eva; il secondo, più rimarchevole, riguardante la posizione di Abele, in origine del tutto diversa, con la testa del morto in corrispondenza del suo attuale braccio sinistro. È stato possibile poi documentare sul retro della tela originale la presenza di una sigla solubile in "CP" e del numero "32", verosimilmente due rimandi inventariali al momento senza riscontro. L'attribuzione del Compianto, tanto più ora che è ritornato al suo pristino aspetto, non richiede particolari dimostrazioni, così come del tutto piana risulta la lettura del dato stilistico. Il gigantismo e l'enfasi gestuale delle figure, di per sé connaturati alla dimensione mitica cui appartengono i progenitori, discendono infatti da quella linea, ben riconoscibile, di interpretazioni del tema biblico della morte di Abele elaborate a Napoli in ambito naturalistico,che conta tra gli esempi più cospicui l'altrettanto poderoso Compianto di Giuseppe Di Guido nel Museo di Belle Arti di Budapest ( 4 . In Cesare, tuttavia, questo realismo 'muscolare' appare filtrato alla luce di quanto Ribera andava sperimentando nel corso degli anni Trenta del secolo, in particolare con le Furie per il Palacio del Buen Retiro 5 o con le diverse variazioni sul tema di Venere che piange la morte di Adone 6 ; invenzioni da cui il Compianto sembra mutuare, rispettivamente, il movimento circolare della composizione e il motivo del cadavere riverso e scorciato. Sono ben noti Cesare Fracanzano: un Compianto sul corpo di Abele e altre restituzioni al suo catalogo

resso la certosa di San Lorenzo a Padula, dove è collocata nel percorso espositivo denominato "La... more resso la certosa di San Lorenzo a Padula, dove è collocata nel percorso espositivo denominato "La certosa ritrovata", allestito nel lato nord della cosiddetta "passeggiata coperta" (attualmente precluso al pubblico) si conserva, con il numero d'inventario 169 e sotto un generico ed impreciso riferimento ad ambito napoletano di metà Seicento, una tela raffigurante I santi Paolo eremita e Antonio abate nutriti da un corvo 1 , che si presume appartenesse ab antiquo -come indica la stessa sistemazione museale -al patrimonio del monastero 2 . In questo senso per l'unica voce bibliografica che la riguardi -ovvero la relativa scheda nel catalogo della suddetta raccolta, peraltro non corredata da illustrazione 3 -si tratterebbe di una testimonianza delle connessioni artistiche intessute "sull'asse Napoli-Padula", favorite da circostanze quali il priorato di Lorenzo Candela (a Padula nel 1644, a Napoli nel 1645-1646), che ne avrebbe offerto le condizioni storiche; l'accostamento ai modi di Hendrick van Somer e di Matthias Stom[er] che vi si suggeriva, comprensibile vista la tematica 'senile' del dipinto, è giusto una conseguenza di tale ipotesi cronologica.

Pittori spagnoli nella Roma caravaggesca. Un bilancio artisti locali, il cui mestiere era stato i... more Pittori spagnoli nella Roma caravaggesca. Un bilancio artisti locali, il cui mestiere era stato irreggimentato nelle forme bloccate imposte loro dalla cultura della Controriforma cattolica 12 . Nondimeno, per precocità cronologica e qualità degli attori, le attestazioni nella città papale di comprimari spagnoli della cerchia caravaggesca (e si tratta in qualche caso di acquisizioni recenti, ancora da sviluppare appieno) appaiono tutt'altro che trascurabili. È infatti a Roma già nel 1605 (e vi rimarrà almeno fino al 1610) 13 Juan Bautista Maíno, la cui collusione con le esperienze di naturalismo in chiaro, maturate nell'ambito di Gentileschi, era stata già indicata da Longhi sulla base della sola lettura stilistica 14 ; più precisamente, alla luce di tali date diviene più credibile la sua familiarità con Annibale e Guido, richiamata da Jusepe Martínez 15 , e si comprende meglio l'imprinting, ben leggibile lungo tutto il corso della produzione del maestro alcarreno, di opere pressoché coeve quali la Circoncisione di Gesù di Orazio per la chiesa del Gesù di Ancona (figg. 1; 2); si sostanzia inoltre l'ipotesi di un diretto coinvolgimento dello spagnolo nell'elaborazione -sotto l'impulso determinante di Elsheimer e di Saraceni -della moderna visione del paesaggio, i cui punti di rifrazione si coglieranno apertamente più tardi nella predella del Retablo "de las Cuatro Pascuas", portato a compimento da Maíno entro il 1614 circa 16 . Tuttavia sono ancora poche e invero minori le prove del pittore ancorabili al suo soggiorno italiano, tanto più che dalla ricostruzione del suo catalogo, offerta dalla recente esposizione monografica di Madrid, vanno decisamente espunti i due gemmei rametti con la Resurrezione di Cristo (Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister, inv. Gal. Nr. 2666) ( ) e la Crocifissione (Saragozza, collezione privata), opere in realtà caratteristiche (la seconda addirittura siglata) del meno noto Onofrio Palomba, documentato collaboratore di Artemisia nella sua attività napoletana 17 , nonché -verosimilmente -il San Giovanni Battista del Kunstmuseum di Basilea (inv. 164), una delle tante cruces desperationis dell'attribuzionismo caravaggesco 18 . A testimonianza, dunque, di un incrocio figurativo che dovette interessare innanzitutto Cecco (che con Maíno condivideva il retroterra lombardo) e preparare la strada a Cavarozzi, non restano forse che i riflessi argentei e la morbidezza serica di una notevole Madonna del Rosario di collezione privata (in passato significativamente ascritta anche al viterbese), dal momento che non sembra aver ricevuto consenso la più metallica Salomè con la testa di san Giovanni Battista di collezione Koelliker 19 che, nonostante la progressiva insistenza con cui si è voluto riferirla allo spagnolo, andrebbe forse riavvicinata alla cerchia fiamminga di Finson, giusta la prima intuizione di Longhi 20 . In qualche altro caso, al contrario, il recente riesame dei dati documentari, destituendo di fondamento alcune false convinzioni della critica, ha reso più problematico il 394 Pittori spagnoli nella Roma caravaggesca. Un bilancio
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