Books by Carmine Conelli
"Il rovescio della nazione" aggiorna gli strumenti oggi a disposizione per leggere la questione m... more "Il rovescio della nazione" aggiorna gli strumenti oggi a disposizione per leggere la questione meridionale, liberandola dal recinto di irrisolvibile "problema" locale. Le voci d’archivio del Risorgimento e della guerra ai briganti mostrano che l’idea di un Meridione barbaro e arretrato ha le sue radici nella storia del colonialismo europeo e nel suo repertorio di rappresentazioni. In questo intreccio pieno di sfumature troviamo un antidoto alle torsioni identitarie che segnano i nostri giorni a ogni latitudine, e impariamo a scorgere la possibilità che sia il sud stesso a narrare la propria storia.

L’idea di modernità è uno dei principali pilastri della struttura discorsiva del pensiero occiden... more L’idea di modernità è uno dei principali pilastri della struttura discorsiva del pensiero occidentale che ha permesso all’Europa, per secoli, di occupare un ruolo egemonico a livello globale. Provando a guardare all’intero processo di formazione della modernità da angolazioni inedite, la domanda che qui ci poniamo è: come si diventa moderni? Cosa significa ‘essere moderni’? Attraverso la rilettura di nove tra le più importanti figure intellettuali che hanno segnato il pensiero critico (Marx, Fanon, Davis, Gramsci, Foucault, Spivak, Sartre, de Beauvoir, Lacan), poste in dialogo con la teoria postcoloniale, questo libro si propone di ripensare la modernità attraverso l’analisi delle molteplici narrazioni del soggetto moderno e del suo rapporto con il colonialismo, con l’obiettivo di mettere in discussione le categorie epistemologiche alla base della produzione dei saperi.
Con i contributi di Sandro Mezzadra, Stefano Visentin, Raffaella Baritono, Fabio Frosini, Sandro Chignola, Fiorenzo Iuliano, Miguel Mellino, Lidia Curti, Barbara Aramini e la postfazione di Iain Chambers.
Book Chapters by Carmine Conelli
Talks by Carmine Conelli

La Questione meridionale, sin dall'unificazione, ha costituito e costituisce ancora oggi un argom... more La Questione meridionale, sin dall'unificazione, ha costituito e costituisce ancora oggi un argomento centrale della vita politica, economica e sociale italiana. Oggetto di studio nel corso dell'ultimo secolo e mezzo di politologi, economisti, sociologi, storici ed antropologi, essa ha contribuito a fornire una visione della multiforme realtà meridionale come un blocco separato dal resto del paese, arretrato in termini politici, economici, sociali e morali. Negli ultimi decenni, un gruppo di intellettuali riuniti intorno alla rivista Meridiana ha contribuito a decostruire tale visione, analizzando i cambiamenti della società meridionale nell'ambito più generale dei processi che caratterizzano il mondo contemporaneo. Nello stesso periodo, nei dipartimenti di Italianistica dei paesi anglosassoni una nuova generazione di studiosi ha analizzato il ruolo sostenuto da rappresentazioni, stereotipi e pregiudizi nel plasmare l'inferiorità dell’immagine dei meridionali durante il processo di costruzione della nazione italiana (Petrusewicz, Schneider 1998, Dickie 1999, Moe 2002).
Negli ultimi anni, la diffusione del campo degli studi culturali e postcoloniali nell'accademia e nella sfera pubblica italiana (Chambers e Curti 1997; Mellino 2005; Mezzadra 2008; Lombardi Diop e Romeo 2014) ha contribuito a sprovincializzare il dibattito odierno sulla società italiana. Tuttavia, nonostante l'invito di Verdicchio (1997) a portare la critica postcoloniale a farsi carico della Questione meridionale, solo il recente volume a cura del collettivo Orizzonti Meridiani (2014) ha contribuito in maniera significativa a un decentramento dello sguardo sulle vicende meridionali rifiutando l'impostazione eurocentrica e storicistica delle scienze sociali tradizionali.
Sin dai moti risorgimentali infatti, i meridionali sono stati rappresentati dalla borghesia che guidava il processo di unificazione nazionale come “altro”, come il rovescio della nazione italiana. Tale discorso razziale-civilizzatore, già radicato nell'universo valoriale nord europeo, interpellava le raffigurazioni tipiche dell'archivio coloniale globale e contemporaneamente celava i rapporti asimmetrici di potere del Meridione con il resto della nazione.
A partire dall'idea qui proposta, ciò che vorrei suggerire con questo intervento è un ripensamento del concetto di “postcoloniale” così come è stato utilizzato dagli studi coloniali e postcoloniali italiani, dagli studi sull'identità e sulla razza, per contribuire a ricollocare, su una più ampia scala globale, il coinvolgimento italiano nell'ascesa del colonialismo e del discorso sulla razza.

"The aim of this topic is to offer a postcolonial perspective in order to give a different gaze a... more "The aim of this topic is to offer a postcolonial perspective in order to give a different gaze at the history of South Italy from 1861, when Italy was unified, until the present.
The “Mezzogiorno” has been considered from that era underdeveloped, backward, unable to self-government and to get into North Italian modernity and civilization standards. This discourse is based on a set of stereotypes, often resulting in racism, that are the product of Italian and western European history. Italian nation was built considering the southerner as the “other”; his representation as inferior was functional to Italian colonialism in the South of the peninsula. As Antonio Gramsci showed in his notebooks, the Mezzogiorno was literally conquered; the consequent riots of peasants against the invaders were considered by the new state just as a public order problem, marked negatively as brigandage.
The conquest of 1861 was also the key event for primitive accumulation of northern capital in the South of Italy. From that moment the Italian State, through a permanent state of exception in the Mezzogiorno, has acted as an organ of drainage of financial and human (in the case of internal migrations after World War II) resources.
A postcolonial interpretation of Italian Mezzogiorno history may be useful to understand actual phenomena as, for example, the spread of mafia, environmental disasters and the political rise of the racist movement of Lega Nord. It may be useful in order to avoid the infinite reproduction of Mezzogiorno subalternity in the Italian social context.
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"Oggigiorno la riduzione di episodi di matrice razzista alla stregua di altri fenomeni sociali e ... more "Oggigiorno la riduzione di episodi di matrice razzista alla stregua di altri fenomeni sociali e culturali dimostrano come la crescente razzializzazione dello spazio sociale italiano corrisponda alla storica forclusione della razza nei discorsi pubblici (Curcio e Mellino, 2012). Una delle cause di questa incessante rimozione potrebbe essere individuata nella rappresentazione del colonialismo degli «italiani brava gente» (Del Boca, 2005) in Africa come un colonialismo più tollerante e buono degli equivalenti europei.
La tesi che vorrei qui invece presentare è che il discorso sulla razza e il colonialismo intersecano e fratturano il processo di formazione dello stato-nazione italiano: gli storici hanno sempre minimizzato il portato di violenza epistemica e materiale subito dai meridionali durante l'unità. Se utilizziamo con disinvoltura l'espressione “colonizzazione” a proposito del rapporto di colonialità del potere (Quijano, 2002) che si è venuto a configurare tra il Mezzogiorno ed il resto del paese, è perché ciò che hanno subito le sue popolazioni ricalca all'incirca lo stesso processo subito dalle società coloniali durante l'imperialismo, con la conseguente incorporazione al mercato capitalistico mondiale. In quanto laboratorio di violenza coloniale e razziale, l'annessione del Sud al neonato stato italiano, giustificata rappresentando le popolazioni meridionali come un pezzo d'Africa in Europa, costituisce la prima “quota” italiana al progetto coloniale globale ed anticipa la futura avventura coloniale in Africa. Il discorso antimeridionale, nei decenni seguenti all'unità, viene continuamente sovrapposto al discorso coloniale. La tensione tra i due comporta continui spostamenti della «linea del colore» tra il Meridione e l'Africa “italiana” nel periodo tra Risorgimento e Fascismo. "
Co-edited Books by Carmine Conelli

L’idea di modernità è uno dei principali pilastri della struttura discorsiva del pensiero occiden... more L’idea di modernità è uno dei principali pilastri della struttura discorsiva del pensiero occidentale che ha permesso all’Europa, per secoli, di occupare un ruolo egemonico a livello globale. Provando a guardare all’intero processo di formazione della modernità da angolazioni inedite, la domanda che qui ci poniamo è: come si diventa moderni? Cosa significa ‘essere moderni’? Attraverso la rilettura di nove tra le più importanti figure intellettuali che hanno segnato il pensiero critico (Marx, Fanon, Davis, Gramsci, Foucault, Spivak, Sartre, de Beauvoir, Lacan), poste in dialogo con la teoria postcoloniale, questo libro si propone di ripensare la modernità attraverso l’analisi delle molteplici narrazioni del soggetto moderno e del suo rapporto con il colonialismo, con l’obiettivo di mettere in discussione le categorie epistemologiche alla base della produzione dei saperi.
Con i contributi di Sandro Mezzadra, Stefano Visentin, Raffaella Baritono, Fabio Frosini, Sandro Chignola, Fiorenzo Iuliano, Miguel Mellino, Lidia Curti, Barbara Aramini e la postfazione di Iain Chambers.
Papers by Carmine Conelli
Tamu Edizioni, 2020
Durante la pandemia, una serie di rappresentazioni del Meridione sono riaffiorate nelle spiegazio... more Durante la pandemia, una serie di rappresentazioni del Meridione sono riaffiorate nelle spiegazioni di politici, giornaliste e opinionisti, parlando delle vite al sud e al contempo pretendendo, con un atteggiamento che potrebbe essere definito "nordsplaining", di spiegarle in base ai loro modelli di conoscenza.
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Books by Carmine Conelli
Con i contributi di Sandro Mezzadra, Stefano Visentin, Raffaella Baritono, Fabio Frosini, Sandro Chignola, Fiorenzo Iuliano, Miguel Mellino, Lidia Curti, Barbara Aramini e la postfazione di Iain Chambers.
Book Chapters by Carmine Conelli
Talks by Carmine Conelli
Negli ultimi anni, la diffusione del campo degli studi culturali e postcoloniali nell'accademia e nella sfera pubblica italiana (Chambers e Curti 1997; Mellino 2005; Mezzadra 2008; Lombardi Diop e Romeo 2014) ha contribuito a sprovincializzare il dibattito odierno sulla società italiana. Tuttavia, nonostante l'invito di Verdicchio (1997) a portare la critica postcoloniale a farsi carico della Questione meridionale, solo il recente volume a cura del collettivo Orizzonti Meridiani (2014) ha contribuito in maniera significativa a un decentramento dello sguardo sulle vicende meridionali rifiutando l'impostazione eurocentrica e storicistica delle scienze sociali tradizionali.
Sin dai moti risorgimentali infatti, i meridionali sono stati rappresentati dalla borghesia che guidava il processo di unificazione nazionale come “altro”, come il rovescio della nazione italiana. Tale discorso razziale-civilizzatore, già radicato nell'universo valoriale nord europeo, interpellava le raffigurazioni tipiche dell'archivio coloniale globale e contemporaneamente celava i rapporti asimmetrici di potere del Meridione con il resto della nazione.
A partire dall'idea qui proposta, ciò che vorrei suggerire con questo intervento è un ripensamento del concetto di “postcoloniale” così come è stato utilizzato dagli studi coloniali e postcoloniali italiani, dagli studi sull'identità e sulla razza, per contribuire a ricollocare, su una più ampia scala globale, il coinvolgimento italiano nell'ascesa del colonialismo e del discorso sulla razza.
The “Mezzogiorno” has been considered from that era underdeveloped, backward, unable to self-government and to get into North Italian modernity and civilization standards. This discourse is based on a set of stereotypes, often resulting in racism, that are the product of Italian and western European history. Italian nation was built considering the southerner as the “other”; his representation as inferior was functional to Italian colonialism in the South of the peninsula. As Antonio Gramsci showed in his notebooks, the Mezzogiorno was literally conquered; the consequent riots of peasants against the invaders were considered by the new state just as a public order problem, marked negatively as brigandage.
The conquest of 1861 was also the key event for primitive accumulation of northern capital in the South of Italy. From that moment the Italian State, through a permanent state of exception in the Mezzogiorno, has acted as an organ of drainage of financial and human (in the case of internal migrations after World War II) resources.
A postcolonial interpretation of Italian Mezzogiorno history may be useful to understand actual phenomena as, for example, the spread of mafia, environmental disasters and the political rise of the racist movement of Lega Nord. It may be useful in order to avoid the infinite reproduction of Mezzogiorno subalternity in the Italian social context.
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La tesi che vorrei qui invece presentare è che il discorso sulla razza e il colonialismo intersecano e fratturano il processo di formazione dello stato-nazione italiano: gli storici hanno sempre minimizzato il portato di violenza epistemica e materiale subito dai meridionali durante l'unità. Se utilizziamo con disinvoltura l'espressione “colonizzazione” a proposito del rapporto di colonialità del potere (Quijano, 2002) che si è venuto a configurare tra il Mezzogiorno ed il resto del paese, è perché ciò che hanno subito le sue popolazioni ricalca all'incirca lo stesso processo subito dalle società coloniali durante l'imperialismo, con la conseguente incorporazione al mercato capitalistico mondiale. In quanto laboratorio di violenza coloniale e razziale, l'annessione del Sud al neonato stato italiano, giustificata rappresentando le popolazioni meridionali come un pezzo d'Africa in Europa, costituisce la prima “quota” italiana al progetto coloniale globale ed anticipa la futura avventura coloniale in Africa. Il discorso antimeridionale, nei decenni seguenti all'unità, viene continuamente sovrapposto al discorso coloniale. La tensione tra i due comporta continui spostamenti della «linea del colore» tra il Meridione e l'Africa “italiana” nel periodo tra Risorgimento e Fascismo. "
Co-edited Books by Carmine Conelli
Con i contributi di Sandro Mezzadra, Stefano Visentin, Raffaella Baritono, Fabio Frosini, Sandro Chignola, Fiorenzo Iuliano, Miguel Mellino, Lidia Curti, Barbara Aramini e la postfazione di Iain Chambers.
Papers by Carmine Conelli
Con i contributi di Sandro Mezzadra, Stefano Visentin, Raffaella Baritono, Fabio Frosini, Sandro Chignola, Fiorenzo Iuliano, Miguel Mellino, Lidia Curti, Barbara Aramini e la postfazione di Iain Chambers.
Negli ultimi anni, la diffusione del campo degli studi culturali e postcoloniali nell'accademia e nella sfera pubblica italiana (Chambers e Curti 1997; Mellino 2005; Mezzadra 2008; Lombardi Diop e Romeo 2014) ha contribuito a sprovincializzare il dibattito odierno sulla società italiana. Tuttavia, nonostante l'invito di Verdicchio (1997) a portare la critica postcoloniale a farsi carico della Questione meridionale, solo il recente volume a cura del collettivo Orizzonti Meridiani (2014) ha contribuito in maniera significativa a un decentramento dello sguardo sulle vicende meridionali rifiutando l'impostazione eurocentrica e storicistica delle scienze sociali tradizionali.
Sin dai moti risorgimentali infatti, i meridionali sono stati rappresentati dalla borghesia che guidava il processo di unificazione nazionale come “altro”, come il rovescio della nazione italiana. Tale discorso razziale-civilizzatore, già radicato nell'universo valoriale nord europeo, interpellava le raffigurazioni tipiche dell'archivio coloniale globale e contemporaneamente celava i rapporti asimmetrici di potere del Meridione con il resto della nazione.
A partire dall'idea qui proposta, ciò che vorrei suggerire con questo intervento è un ripensamento del concetto di “postcoloniale” così come è stato utilizzato dagli studi coloniali e postcoloniali italiani, dagli studi sull'identità e sulla razza, per contribuire a ricollocare, su una più ampia scala globale, il coinvolgimento italiano nell'ascesa del colonialismo e del discorso sulla razza.
The “Mezzogiorno” has been considered from that era underdeveloped, backward, unable to self-government and to get into North Italian modernity and civilization standards. This discourse is based on a set of stereotypes, often resulting in racism, that are the product of Italian and western European history. Italian nation was built considering the southerner as the “other”; his representation as inferior was functional to Italian colonialism in the South of the peninsula. As Antonio Gramsci showed in his notebooks, the Mezzogiorno was literally conquered; the consequent riots of peasants against the invaders were considered by the new state just as a public order problem, marked negatively as brigandage.
The conquest of 1861 was also the key event for primitive accumulation of northern capital in the South of Italy. From that moment the Italian State, through a permanent state of exception in the Mezzogiorno, has acted as an organ of drainage of financial and human (in the case of internal migrations after World War II) resources.
A postcolonial interpretation of Italian Mezzogiorno history may be useful to understand actual phenomena as, for example, the spread of mafia, environmental disasters and the political rise of the racist movement of Lega Nord. It may be useful in order to avoid the infinite reproduction of Mezzogiorno subalternity in the Italian social context.
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La tesi che vorrei qui invece presentare è che il discorso sulla razza e il colonialismo intersecano e fratturano il processo di formazione dello stato-nazione italiano: gli storici hanno sempre minimizzato il portato di violenza epistemica e materiale subito dai meridionali durante l'unità. Se utilizziamo con disinvoltura l'espressione “colonizzazione” a proposito del rapporto di colonialità del potere (Quijano, 2002) che si è venuto a configurare tra il Mezzogiorno ed il resto del paese, è perché ciò che hanno subito le sue popolazioni ricalca all'incirca lo stesso processo subito dalle società coloniali durante l'imperialismo, con la conseguente incorporazione al mercato capitalistico mondiale. In quanto laboratorio di violenza coloniale e razziale, l'annessione del Sud al neonato stato italiano, giustificata rappresentando le popolazioni meridionali come un pezzo d'Africa in Europa, costituisce la prima “quota” italiana al progetto coloniale globale ed anticipa la futura avventura coloniale in Africa. Il discorso antimeridionale, nei decenni seguenti all'unità, viene continuamente sovrapposto al discorso coloniale. La tensione tra i due comporta continui spostamenti della «linea del colore» tra il Meridione e l'Africa “italiana” nel periodo tra Risorgimento e Fascismo. "
Con i contributi di Sandro Mezzadra, Stefano Visentin, Raffaella Baritono, Fabio Frosini, Sandro Chignola, Fiorenzo Iuliano, Miguel Mellino, Lidia Curti, Barbara Aramini e la postfazione di Iain Chambers.