Danilo Breschi è professore associato (abilitato al ruolo di prima fascia - professore ordinario) di Storia del pensiero politico presso l’Università degli Studi Internazionali di Roma (UNINT), dove insegna Teoria politica, Teorie dei conflitti ed Elementi di politica internazionale. Dal 2007 al 2012 è stato ricercatore di Storia delle istituzioni politiche. È direttore scientifico del semestrale «Il Pensiero Storico. Rivista internazionale di storia delle idee» (www.ilpensierostorico.com).
Componente del CdA della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice di Roma, è altresì nel comitato direttivo della «Rivista di politica» e nei comitati scientifici di alcune collane editoriali.
Fra le sue pubblicazioni più recenti: "Meglio di niente. Le fondamenta della civiltà europea" (2017); "Mussolini e la città. Il fascismo tra antiurbanesimo e modernità" (2018); "Quale democrazia per la Repubblica? Culture politiche nell’Italia della transizione 1943-1946" (2020); "Yukio Mishima. Enigma in cinque atti" (2020); "La globalizzazione imprevidente. Mappe nel nuovo (dis)ordine internazionale" (con Z. Ciuffoletti e E. Tabasso; 2020); "Ciò che è vivo e ciò che è morto del Dio cristiano" (con F. Felice; 2021); "Sfide a sinistra. Storie di vincenti e perdenti nell'Italia del Novecento" (con Z. Ciuffoletti; 2023); "Il mondo come unità e programmazione. La filosofia sociale di Ugo Spirito" (2024). Ha curato il volume collettaneo "Il tramonto degli imperi (1918-2018)", con A. Ercolani e A. Macchia (2020). Ha introdotto e curato un'antologia di scritti giornalistici di "Ugo Spirito: L'avvenire della globalizzazione. Scritti giornalistici (1969-79)" [2022]. Ha altresì curato e introdotto nuove edizioni dell’"Utopia" di T. Moro (2018), della "Leggenda del Grande Inquisitore" di F. Dostoevskij (2020), di "Socialismo liberale" di C. Rosselli (2024). Altri suoi scritti si trovano nel blog: danilobreschi.com.
Componente del CdA della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice di Roma, è altresì nel comitato direttivo della «Rivista di politica» e nei comitati scientifici di alcune collane editoriali.
Fra le sue pubblicazioni più recenti: "Meglio di niente. Le fondamenta della civiltà europea" (2017); "Mussolini e la città. Il fascismo tra antiurbanesimo e modernità" (2018); "Quale democrazia per la Repubblica? Culture politiche nell’Italia della transizione 1943-1946" (2020); "Yukio Mishima. Enigma in cinque atti" (2020); "La globalizzazione imprevidente. Mappe nel nuovo (dis)ordine internazionale" (con Z. Ciuffoletti e E. Tabasso; 2020); "Ciò che è vivo e ciò che è morto del Dio cristiano" (con F. Felice; 2021); "Sfide a sinistra. Storie di vincenti e perdenti nell'Italia del Novecento" (con Z. Ciuffoletti; 2023); "Il mondo come unità e programmazione. La filosofia sociale di Ugo Spirito" (2024). Ha curato il volume collettaneo "Il tramonto degli imperi (1918-2018)", con A. Ercolani e A. Macchia (2020). Ha introdotto e curato un'antologia di scritti giornalistici di "Ugo Spirito: L'avvenire della globalizzazione. Scritti giornalistici (1969-79)" [2022]. Ha altresì curato e introdotto nuove edizioni dell’"Utopia" di T. Moro (2018), della "Leggenda del Grande Inquisitore" di F. Dostoevskij (2020), di "Socialismo liberale" di C. Rosselli (2024). Altri suoi scritti si trovano nel blog: danilobreschi.com.
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Papers by Danilo Breschi
Il tempo è galantuomo. Anzi, gentleman. Sì, proprio così, perché i cent’anni dalla nascita giungono a restituire gran parte del dovuto alla figura umana, politica e intellettuale di Antonio Cariglia, come, dopo il corposo studio di Simone Visciola , ci conferma l’altrettanto ampio e documentato lavoro che qui presentiamo. Sì, proprio così, perché di Cariglia, sempre grazie alla fatica di Simone Fagioli, emerge il profilo di un laburista, di un socialista alla maniera britannica, un po’ fabiano, per quel senso di gradualismo che aveva appreso dai suoi maestri ideali, tutti appartenenti al pantheon del riformismo italiano, e un po’ liberale progressista, per la particolare attenzione al tema dell’emancipazione come conquista di cittadinanza piena tramite il motore della modernizzazione, secondo quei modelli anglosassoni cui si ispirò sin da giovane, a cominciare dal piano elaborato da William Beveridge.
Lo Spirito che qui emerge discute di aborto e di inquinamento, di conformismo e di futurologia, di divorzio e di minoranze, di parità dei sessi e di rivolta delle carceri, di limiti della scienza e di debolezza della Costituzione: insomma, parla di temi che declina in termini filosofici, sorprendendo per la freschezza e la modernità delle analisi.
In particolare egli avverte la presenza di un fenomeno, che oggi chiamiamo globalizzazione, che non solo individua trent’anni prima che il concetto diventi cultura diffusa, ma ne prevede limiti e sviluppi con una lucidità impressionante.
La raccolta antologica, preceduta da una esaustiva introduzione di Danilo Breschi, si conclude con le interviste a quattro intellettuali, amici, colleghi e allievi, Giuseppe Bedeschi, Hervé A. Cavallera, Francesco Perfetti e Antonio Russo, che contribuiscono a completare il quadro intellettuale e umano del filosofo.
Il tempo è galantuomo. Anzi, gentleman. Sì, proprio così, perché i cent’anni dalla nascita giungono a restituire gran parte del dovuto alla figura umana, politica e intellettuale di Antonio Cariglia, come, dopo il corposo studio di Simone Visciola , ci conferma l’altrettanto ampio e documentato lavoro che qui presentiamo. Sì, proprio così, perché di Cariglia, sempre grazie alla fatica di Simone Fagioli, emerge il profilo di un laburista, di un socialista alla maniera britannica, un po’ fabiano, per quel senso di gradualismo che aveva appreso dai suoi maestri ideali, tutti appartenenti al pantheon del riformismo italiano, e un po’ liberale progressista, per la particolare attenzione al tema dell’emancipazione come conquista di cittadinanza piena tramite il motore della modernizzazione, secondo quei modelli anglosassoni cui si ispirò sin da giovane, a cominciare dal piano elaborato da William Beveridge.
Lo Spirito che qui emerge discute di aborto e di inquinamento, di conformismo e di futurologia, di divorzio e di minoranze, di parità dei sessi e di rivolta delle carceri, di limiti della scienza e di debolezza della Costituzione: insomma, parla di temi che declina in termini filosofici, sorprendendo per la freschezza e la modernità delle analisi.
In particolare egli avverte la presenza di un fenomeno, che oggi chiamiamo globalizzazione, che non solo individua trent’anni prima che il concetto diventi cultura diffusa, ma ne prevede limiti e sviluppi con una lucidità impressionante.
La raccolta antologica, preceduta da una esaustiva introduzione di Danilo Breschi, si conclude con le interviste a quattro intellettuali, amici, colleghi e allievi, Giuseppe Bedeschi, Hervé A. Cavallera, Francesco Perfetti e Antonio Russo, che contribuiscono a completare il quadro intellettuale e umano del filosofo.
Mentre la cultura europea pare imprigionata tra purificazione ed autoepurazione della propria storia passata, il resto del mondo si muove a velocità supersonica e lo sguardo degli analisti è annebbiato, la loro mente confusa da una folla di do-mande suscitate da sfide epocali. Sono passati poco più di trent'anni dal crollo del Muro di Berli-no e oggi possiamo affermare che il mondo è così profondamente mu-tato che di questo trentennio, a suo modo rivoluzionario, è giunto il momento di trarre un primo bilancio.
Inedite potenze ideologiche e militari emergono, gli spazi del conflitto internazionale aumentano, il disorientamento culturale avanza mentre tutto diventa digitale, la co-municazione soffoca tra social media e fake news, la geografia politica è stravolta: nuove mappe sono dunque necessarie.
Il libro offre tre punti di vista sulla crisi, differenti per sensibilità e formazione (filosofico-politologica, storica, geopolitica), che convergo-no su un punto: le classi dirigenti occidentali devono possedere almeno una virtù, la lungimiranza, ovvero una certa capacità di previsione per non condannare le società da esse guidate a far la fine dei sonnambuli.
Ponte culturale tra Oriente ed Occidente, Mishima è stato l’artefice e il carnefice della propria gloria letteraria. Poche altre scritture scuotono e percuotono, affascinano e respingono, inquietano ed esaltano in misura così intensa, offrendo il proprio contenuto composto da una carica esplosiva, urticante, dentro la forma cristallina di una prosa elegante e sempre controllata. Il pensiero poetante e letterario di Yukio Mishima è un corto circuito tra il medioevo più feudale, gerarchico e guerriero, ed una modernità talmente avanzata da anticipare il postmoderno.
Fuori da ogni stereotipo, la ricerca di Danilo Breschi propone una completa analisi della vita e dell’opera dello scrittore giapponese. Il suo enigma è circumnavigato ed interrogato attraverso autori affini per gusto e destino, da Kierkegaard a Dostoevskij, da Burke a Rilke, da Pirandello a Camus, da Baudelaire a D’Annunzio, da Nietzsche a Kundera, da Proust a Cioran, da Wilde a Miller. Questo libro intende restituire Mishima alla sua grandezza, originalità e insanabile contraddizione di artista.
"Il Pensiero Storico. Rivista internazionale di storia delle idee" (Aracne), n. 6, 2019.
Ci sono date che fanno da spartiacque. Una di queste è il 1918. “Tramonto” è la parola che più connota quell’anno fatidico, soprattutto se associata all’antichissima forma di organizzazione politica chiamata “impero”. Nel 1918 si consumò davvero il tramonto degli imperi. Di questo evento epocale il volume offre un’analisi comparata e multidisciplinare sia della natura e dimensioni dei singoli processi di dissoluzione istituzionale sia del più generale impatto politico, sociale, economico e culturale tanto nell’immediato quanto nel medio–lungo periodo. Da quel momento l’Europa non fu più la stessa e la nozione di Occidente subì una torsione semantica e ideologica decisiva, forse irreversibile.
Fëdor dostoevskij (Mosca, 1821-San Pietroburgo, 1881), è autore, fra gli altri, dei romanzi Il sosia (1846), Memorie dal sotto-suolo (1864), Delitto e castigo (1866), L'idiota (1869) e I demoni (1871). Considerato in Italia il più grande scrittore russo assieme a Tolstoj, in Russia è ritenuto anche un grande filosofo. È in qualità di profondo pensatore, religioso e politico, che viene qui presentato il racconto contenuto nel suo ultimo capolavoro, I fratelli Karamazov (1880), vero e proprio romanzo nel romanzo.
«Altri si interessano di altre cose e noi, giovanotti di primo pelo, dobbiamo prima di tutto risolvere le questioni eterne; ecco quel che ci preoccupa».
Se c'è un luogo della letteratura mondiale in cui filosofia, religione e arte del romanzo convivono nella loro forma più alta, questo è il capitolo V del libro V dell'ultimo capolavoro di Dostoevskij, I Fratelli Karamazov. Un tesoro inesauribile di conoscenza letteraria, filosofica, teologica e antropologica. Uno di quei testi che non smetterà mai di interrogare l'uomo e domandargli del suo destino, in terra e in cielo.
Il libro ricostruisce la topografia di quella sinistra che dopo il 1956 cominciò a criticare in modo sempre più duro e sistematico la sinistra dei partiti e dei sindacati istituzionali. Nell’esame della genesi della sinistra extra-parlamentare, dalle riviste neo-marxiste ai gruppi di intervento nelle fabbriche, sono così rintracciate alcune delle ragioni fondamentali per le quali il Sessantotto italiano è stato forse il primo moto di contestazione studentesca a esplodere in Europa e senz’altro l’ultimo ad esaurire la propria carica antagonista. Il Sessantotto in Italia durò oltre dieci anni, ma dieci anni erano stati quelli necessari alla sua incubazione.
Con un’attenzione particolare all’universo politico e ideologico della sinistra, dentro e fuori Pci e Psi, è di questo “decennio di preparazione” alla “contestazione globale” che il libro narra la storia. Molti i protagonisti: Togliatti e Longo, Panzieri e Tronti, Negri e Sofri, Piperno e Scalzone, e tanti altri ancora.
L’autore propone idee in grado di contrastare il nichilismo odierno, che dilaga tra tv e social media. Oggi più che mai c’è bisogno di verificare lo stato di salute dei nostri pilastri. Il male della civiltà europea è “preferire il nulla all’imperfezione”. Ogni civiltà è imperfetta, come qualsiasi costruzione umana, ma se dimentichiamo il peso della storia, della politica, della religione e dell’educazione tutto evapora, diventa niente. Contro l’insostenibile leggerezza di una modernità senza basi occorre disseppellire le antiche fondamenta. La civiltà europea non è esente da colpe, ma sono proprio le sue radici a farci capire dove sbagliamo. Un retaggio da ammodernare, mai dimenticare, tanto meno sostituire. Sempre meglio di niente.
Ma Pellizzi è un personaggio interessante non soltanto per gli studi sul fascismo. Nel dopoguerra egli è stato il primo - e unico per oltre un decennio - professore titolare di una cattedra di sociologia nell'università italiana ed uno dei maggiori referenti per una intera generazione di sociologi e politologi, da Franco Ferrarotti a Giovanni Sartori. Nel 1960 ha fondato e diretto una delle più autorevoli riviste del settore, la "Rassegna italiana di sociologia", anticipando anche tematiche poi sviluppate dall'antropologia culturale, a cui fu sempre molto sensibile.
Questo volume rappresenta una occasione preziosa per raccontare, tra le pieghe delle vicende di un uomo nato negli ultimi anni dell'Ottocento e vissuto per oltre ottant'anni, aspetti e momenti significativi della storia politica e culturale dell'Italia del Novecento.
democrazia? Molte cose, più o meno tra loro connesse. Senz’altro è, al netto di principi, procedure e istituzioni, tutte componenti necessarie e qualificanti, anche un sistema politico incardinato su un processo decisionale nel quale, almeno formalmente, a tutti gli individui è assicurata la possibilità di partecipare alla discussione pubblica, sostenendo le loro tesi e avanzando i loro argomenti. Ed ecco spiegato il nesso intellettuali-democrazia così come inteso da Sabino Cassese.
(https://ilpensierostorico.com/aristotele-maestro-di-storia-e-politica/)
bandito la sofferenza dalle nostre vite?", Einaudi, Torino 2021.
https://ilpensierostorico.com/con-lei-ma-non-troppo-la-politica-per-hayek-e-strauss/
a cura di G. Giorgini, IBL Libri, Torino 2020, pp. 284, €20.00.
Davi Nieri," Imagine, Utopia o nichilismo?"
pref. di L. Fumagalli, postfazione di A. Cresti
La Vela, Lucca 20212, pp. 158, € 14.00.
Carlo Altini, "Una filosofia in esilio. Vita e pensiero di Leo Strauss",
Carocci, Roma 2021, pp. 366, €32.00.
Nel paese del Sol Levante, dove i giardini splendono, la luna piange polvere d'argento, le case effondono una grazia malinconica, un uomo ne è affascinato, incantato. Di fronte a questa bellezza pura si sente piccolo e solo, come se una forza segreta lo divorasse, come se lo inghiottisse. Quest'uomo è Yukio Mishima, il più grande autore giapponese del Novecento ossessionato dalla bellezza fin da bambino. All'ombra dei ciliegi in fiore, scrive: «quando ci si concentra sulla bellezza, ci sovvengono, senza saperlo, i pensieri più oscuri». A soli sette anni si appassiona al teatro Nō che lo porterà a una convinzione intima: bellezza e crudeltà sono legate, eleganza e brutalità sono due facce della stessa medaglia. Da quel momento in poi, nulla sarà più come prima. Scriverà la sua prima poesia e sognerà di diventare scrittore, ma il Giappone in quegli anni entra in guerra. L'imperatore Hirohito capitola, gli americani controllano il paese. Mishima, animo puro e devoto alla figura sacra dell'imperatore, non si riconosce più in questa città occidentalizzata, violenta e capricciosa, affollata da prostitute e da pubblicità.
Il fascismo non riuscì a trovare una collocazione tra città e campagna: la partita tra terra e denaro si risolse a favore di entrambi. Il saggio di Danilo Breschi.
"Uno spettro si aggira per l'Europa: è lo spettro del nichilismo, lo spettro di una società vuota ed apatica che ha smarrito le radici della propria civiltà e, quindi, della propria identità. È questa la diagnosi, lucida e perspicace, che emerge dalla lettura del recente libro dello studioso di formazione liberale Danilo Breschi, e che spinge il lettore non soltanto a riflettere sulle patologie di questo organismo malmesso che chiamiamo " Europa " , ma soprattutto sulle possibili cure che si possono somministrare. […]"
Il nuovo libro di Danilo Breschi tratta un argomento originalissimo, che riguarda le vicissitudini dell'urbanistica e dell'architettura italiane, quali si sono configurate per effetto dell'ideologia vigente in quell'epoca particolare che fu l'entre-deux-guerres. Si prende al riguardo in considerazione il pensiero di Mussolini, che le ha integralmente condizionate. È di grande interesse l'esame delle classi sociali dell'epoca, le quali erano sicuramente diverse, come mentalità e come modo di vita, da quelle attuali. Massimo Severo Giannini ha parlato, per il vecchio Stato liberale, di Stato monoclasse, adottando una definizione di tipo marxista, che si basa su una frontale contrapposizione tra la borghesia e le altre classi sociali. Tale definizione ha avuto grandissimo successo, ed è quasi universalmente accettata dai giuristi. Ma in realtà lo Stato liberale riconosceva i diritti della personalità a chiunque. E le restrizioni censuarie al diritto di voto, e la negazione del voto alle donne, erano limitazioni comuni a tutti gli Stati dell'epoca, ed erano destinate a scomparire con il passare del tempo. La diversità tra le classi esisteva invece indubbiamente da un punto di vista sociologico; ed al riguardo il quadro era indubbiamente più articolato e complesso. È nei confronti di queste classi sociali che si orientò la politica del regime. Mussolini cercò, come qualunque altro dittatore che intenda andare al potere, di procurarsi il consenso di tutti i vari strati della popolazione. Da ciò la presenza di soluzioni non univoche per i problemi urbanistici, che hanno cercato di conciliare un'idealizzata vita dei campi con l'inarrestabile sviluppo delle città. Come viene sottolineato nel libro, vi è una dicotomia nella sua ideologia: da un lato una sensibilità verso i problemi più vivi e recenti della società, quali quelli del mondo operaio e dello sviluppo industriale, che portavano necessariamente ad uno sviluppo delle città, dall'altro una simpatia ormai anacronistica per l'ambiente rurale e contadino, che non avrebbe dovuto essere contaminato dal mondo, considerato corrotto, delle città. La percezione del significato della civiltà moderna è in lui sempre andata di pari passo con il mito di Roma, e con una politica di sviluppo economico che voleva ricordare quello dell'antichità. Così la battaglia del grano e la lotta all'urbanizzazione, considerata con sfavore. Si cercò di conciliare queste due opposte tendenze, avendo anche sempre presente l'esaltazione del regime attraverso opere monumentali.
Comitato scientifico organizzatore: Prof.ssa Antonella Ercolani, Prof. Danilo Breschi, Prof. Marino Freschi, Prof. Angelo Iacovella, Prof. Antonio Magliulo.
A cura di Davide Brullo, apparsa su «Pangea. Rivista avventuriera di cultura & idee», 25 giugno 2020.
"Apriamo in questa sezione una serie di interviste relative alla recente risoluzione del Parlamento Europeo, datata 19 ottobre 2019, in cui vengono avvicinati nazi/fascismo e comunismo nel loro essere distanti dai valori propri dell'Unione Europea. Questa risoluzione ha determinato un ampio, aspro e ricco dibattito anche in Italia, che ricorda almeno in parte quello che seguì alla non inclusione delle "radici cristiane" nella Costituzione Europea. Cosa significa essere europei? Vi sono valori positivi da promulgare o soltanto distanze da prendere? Il primo intervistato è Danilo Breschi, docente di storia delle dottrine politiche presso l'Università degli Studi Internazionali di Roma e direttore della rivista "il Pensiero Storico". Lo ringraziamo per la disponibilità e rimandiamo volentieri al suo blog per chi volesse approfondirne il pensiero. Breschi è sostanzialmente favorevole alla risoluzione. Di parere complessivamente diverso sarà invece il prossimo intervistato, Andrea Zhok, docente di filosofia morale presso l'Università degli Studi di Milano. A tutti gli intervistati verranno poste le medesime tre domande" (Damiano Bondi).