Books by caterina cristina fiorentino

"Il titolo proviene dal primo film della Olivetti, 1949, sceneggiatura di Leonardo Sinisgalli. Il... more "Il titolo proviene dal primo film della Olivetti, 1949, sceneggiatura di Leonardo Sinisgalli. Il volume, frutto di ricerche condotte presso l’Associazione Archivio Storico Olivetti di Ivrea che ha curato anche l’edizione, esamina gli elaborati della grafica olivettiana come episodi di una narrazione unitaria in cui è protagonista la vita di fabbrica. Al repertorio visivo – realizzato da grafici, designer, pittori e scultori – si aggiungono forme e contenuti che provengono dai letterati e dagli intellettuali di fabbrica. Quindi, parole e immagini per raccontare come i temi del lavoro manuale, della tecnica e della produzione, si traducono in un codice visivo, in cui la presenza di segni ricorrenti – figure femminili, mani, parti meccaniche, elementi naturali e alfabeti – rende la comunicazione pubblicitaria indipendente, anche se non autonoma, dal prodotto per ribadire il pensiero etico e ragionato dell’integralità tra uomo, tecnologia e territorio; in sintesi, per confermare la responsabilità dell’industria quale valore costitutivo e costruttivo della società, come chiaramente espresso dai testi e dalle azioni di Adriano Olivetti.
Il volume parte dal racconto di come l’esperienza di fabbrica sia diventata patrimonio culturale comune, attraverso l’opera degli intellettuali olivettiani, per procedere con quattro storie di disegno industriale che sono la premessa alla decodifica dei segni delle espressioni visive della Olivetti. Quindi, a una lettura e a una interpretazione dei manifesti e delle pubblicità condotta attraverso la disanima delle invarianti che interpretano l’esigenza di un sistema di pensiero che tende sempre all’integrazione, vista come antitesi attiva all’egemonia, alla sopraffazione. Difatti, le presentazioni e la comunicazione dei prodotti olivettiani sono, intenzionalmente, predisposte, nelle forme come nei contenuti, per essere interpretate collegandole a significati che superino l’identità aziendale e collochino la Olivetti tra i movimenti culturali.
L’ultimo capitolo è dedicato al senso della storia che deriva dall’interpretazione delle relazioni tra gli artefatti comunicativi e la poetica delle espressioni olivettiane: alla Olivetti, il rapporto con la storia è dato dall’interazione tra la selezione degli avvenimenti passati e le possibilità trasformative da ricondurre e attuare nel presente, in questa linea interpretativa La Rosa nel Calamaio è il manifesto che, meglio di tutti gli altri, racconta del ruolo culturale della Olivetti, perché quest’immagine amplifica e sostiene le intenzioni e i ragionamenti degli intellettuali quotidianamente impegnati nelle azioni di progresso comunitario.
A ciò contrbuiscono la prefazione di Giuseppe Lupo, la postfazione di Eugenio Pacchioli e il prezioso corredo iconografico dell’Associazione Archivio Storico Olivetti di Ivrea.
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This article – which represents the very first step in a research process – aims to provide a gen... more This article – which represents the very first step in a research process – aims to provide a general overview of the main features of the Urban Interaction design project. A series of case studies will be discussed which constitute the crucial reference point for investigating the complex relationships between urban spaces and activities, generally of a spontaneous nature, undertaken by citizens. These activities are aimed at altering the physical structure and relational components of public spaces.
The research concerns the theme of Urban interaction design, an appropriate research field for defining the tools and processes of intervention. This type of design project is considered to be the result of negotiation practices and of an analysis aimed at transforming the components of the intervention sites into design proposals and decisions. These design proposals are based on the capacity to ‘identify’ and ‘describe’ the identity of urban contexts as the value that defines the places and their systems of reference. In this sense, the term ‘Urban Interaction Design’ does not refer to the use of a specific technology, but to an approach to design which can accompany, and occasionally surpass, the actions and strategies of urban and local marketing in favour of a broader and fruitful dialogue with other disciplines. In particular, it is designed to be used in conjunction with the specific discipline of representation in order to rethink the traditional models of narrating places. Communication strategies and forms of data-gathering need to be introduced which are careful to interpret reality not as overlapping levels of information but as a collective way of thinking about living space and capable of communicating identity effectively.
The article also seeks to focus on the research of design objects, including spontaneous and/or anonymous ones, and possible ways of cataloguing them in relational terms. The article analyses the concept of a design process of urban spaces in which the communities that inhabit them and enliven them play the leading role.
The research will proceed with an application of a specific example - the urban area of Lavinaio in Naples - which will be examined by the Research Unit (the two authors). The research objective will be to provide guidelines and suggestions about a social interaction project which is both a repeatable methodological model and, at the same time, is capable of producing artifacts and actions related specifically to Urban Interaction Design.

Abstract
The paper describes the state of progress of the work presented at X Forum. It aims to ... more Abstract
The paper describes the state of progress of the work presented at X Forum. It aims to identify the general indications for the militant design project which will be carried out in the market area of Porta
Nolana in Naples. The theoretical basis of the project owes much to the ideas of Denis de Rougemont and the work of other personalists. It is also influenced by a series of case studies that refer to the practices of so-called spontaneous urban planning and, above all, to self-design as defined and practised by Enzo Mari in the 1970s. The design proposal is known as AuthentiCity, in which the notion of authenticity refers to its original etymological roots, namely being in control of oneself and thus responsible for one’s own actions. In this context, the Greek etymology is interesting because the word ‘authenticity’ derives from αὐϑέντης, i.e. author, the person who acts by him or herself and has authority over him/herself. Further references in the text underline the importance of multiple stories linked to the search for the spirit of places, such as the importance of objects - defined as relational
devices - and as a contrast to official history which requires the carelessness of the interlocutor at least as much as the global market requires ignorance. The proposal related to the market area of Porta Nolana therefore involves a series of actions regarding both socio-economic management and the production of endogenous objects, through participatory workshops where knowledge-sharing is free.
Abstract
Il contributo, che costituisce lo stato di avanzamento di quanto presentato in Occasione del X Forum, mira a individuare le indicazioni generali per un progetto di design militante da svolgere nell’area del mercato di Porta Nolana a Napoli. Le premesse teoriche del progetto sono nel pensiero di Denis de Rougemont e negli scritti degli altri personalisti. A queste si aggiungono una serie di casi studio che fanno capo alle pratiche della cosiddetta urbanistica spontanea e, soprattutto, l’auto-progettazione così come definita e sperimentata da Enzo Mari negli anni Settanta. La proposta progettuale è nominata AuthentiCity, dove per autenticità s’intende l’essere padroni di se stessi e, di conseguenza, responsabili delle proprie azioni. In quest’intenzione, l’etimologia greca viene in aiuto, perché autenticità deriva da αὐϑέντης, ovvero autore, colui che opera da sé e che su di sé ha autorità. Ulteriori riferimenti presenti nel testo mirano a sottolineare l’importanza delle molteplici storie legate alla ricerca dello spirito dei luoghi come l’importanza degli oggetti,
se intesi come dispositivi relazionali, in opposizione all’unicità della storia ufficiale che ha bisogno della inavvedutezza dell’interlocutore, almeno quanto il mercato globale ha bisogno dell’ignoranza. La proposta riferita all’area del mercato di Porta Nolana si configura, dunque, come una serie di azioni che riguardano sia la gestione socio-economica sia la produzione di oggetti endogeni, mediante laboratori partecipati in cui la
condivisione della conoscenza sia operata a titolo gratuito.

Le forme della narrazione/rappresentazione hanno costituito il pretesto intorno al quale si è art... more Le forme della narrazione/rappresentazione hanno costituito il pretesto intorno al quale si è articolata la ricerca che ha condotto alla stesura di questo libro e che ha provato a indagare lo spazio del progetto, inteso, in senso ampio, come spazio dell’ideazione, della narrazione e della rappresentazione.
Un lavoro svolto su un tema comune, affrontato con approcci differenti, per affermare che lo spazio del progetto - in tutte le sue manifestazioni - non può prescindere dalla necessità di mostrarsi, e cioè di aspirare a esporre le proprie ragioni, costruendo per sé una narrazione, ovvero una messa in scena. Ognuno, in questo lavoro, ha interpretato la sua parte: gli attori, la regista, la fotografa, la costumista, gli studenti, e poi, gli autori, che nell’articolazione dei diversi contenuti, hanno sperimentato la contaminazione dei linguaggi propri del progetto di architettura con quelli del progetto di comunicazione, quelli del progetto dei costumi con quelli del progetto di marca e con quelli più propri del progetto teatrale. Messa in scena considerata dunque, come possibile metafora delle molteplici manifestazioni attraverso cui il progetto, inteso come spazio di una azione/narrazione, si rende manifesto.
Papers by caterina cristina fiorentino
Lineagrafica, Jan 1, 2002
Información del artículo I libri Rssi dell'Olivetti.

in ATOPIE atti del seminario di studi, May 2013
La Terra incognita, è il dove dei leoni, dei draghi, di quanto spaventa; è la casa dell'ignoto ed... more La Terra incognita, è il dove dei leoni, dei draghi, di quanto spaventa; è la casa dell'ignoto ed è composta, non si sa come, da parti che ancora non hanno visto l'approdo degli esploratori; parti senza forma, indelineabili dai disegnatori di mappe. Invece, l'atopia una forma ce l'ha, ma è forma difforme dal contesto in cui fisicamente si trova; oppure è forma dell'immaginario o, ancora, del pensiero teorico. In ogni caso, nel loro insieme, le atopie costituiscono sistemi in continua modificazione, dalle imponenti discontinuità. Ci sono atopie dell'immaginario e atopie dalla dirompente fisicità: a quelle che appartengono alle descrizioni fantastiche dei luoghi, difatti, si affiancano quelle reali che al fantastico partecipano con lo stupore che provocano, con la loro apparente imprevedibilità; e ancora esistono atopie nei mondi virtuali, e, anche, rappresentazioni cheinterpretando e riproponendo l'assenza, la sospensione e la trasposizione -descrivono gli spazi fisici e mentali collocandoli in contesti dai confini variabili e riconducendoli a sistemi di riferimento, che dai luoghi fisici ben si discostano. Ed è proprio su queste possibilità interpretative e rappresentative che intendo soffermarmi, anche se molto brevemente, attraverso un percorso, che dai disegni di Saul Steinberg (1914Steinberg ( -1999, arriva alla possibilità di riconnetteresecondo tracciati sovrapponibili e intrecciati -le percorrenze, per leggere architetture atopiche, e di ipotizzare le categorie interpretative insieme al dispositivo retorico, per indagarle e per descriverle.
Lineagrafica, Jan 1, 2002
I+ Diseño: revista internacional de investigación …, Jan 1, 2009
Lineagrafica, Jan 1, 2003
in «Linea Grafica», n. 345, (maggio-giugno) 2003, (pp. 56- 63).
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Il volume parte dal racconto di come l’esperienza di fabbrica sia diventata patrimonio culturale comune, attraverso l’opera degli intellettuali olivettiani, per procedere con quattro storie di disegno industriale che sono la premessa alla decodifica dei segni delle espressioni visive della Olivetti. Quindi, a una lettura e a una interpretazione dei manifesti e delle pubblicità condotta attraverso la disanima delle invarianti che interpretano l’esigenza di un sistema di pensiero che tende sempre all’integrazione, vista come antitesi attiva all’egemonia, alla sopraffazione. Difatti, le presentazioni e la comunicazione dei prodotti olivettiani sono, intenzionalmente, predisposte, nelle forme come nei contenuti, per essere interpretate collegandole a significati che superino l’identità aziendale e collochino la Olivetti tra i movimenti culturali.
L’ultimo capitolo è dedicato al senso della storia che deriva dall’interpretazione delle relazioni tra gli artefatti comunicativi e la poetica delle espressioni olivettiane: alla Olivetti, il rapporto con la storia è dato dall’interazione tra la selezione degli avvenimenti passati e le possibilità trasformative da ricondurre e attuare nel presente, in questa linea interpretativa La Rosa nel Calamaio è il manifesto che, meglio di tutti gli altri, racconta del ruolo culturale della Olivetti, perché quest’immagine amplifica e sostiene le intenzioni e i ragionamenti degli intellettuali quotidianamente impegnati nelle azioni di progresso comunitario.
A ciò contrbuiscono la prefazione di Giuseppe Lupo, la postfazione di Eugenio Pacchioli e il prezioso corredo iconografico dell’Associazione Archivio Storico Olivetti di Ivrea.
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The research concerns the theme of Urban interaction design, an appropriate research field for defining the tools and processes of intervention. This type of design project is considered to be the result of negotiation practices and of an analysis aimed at transforming the components of the intervention sites into design proposals and decisions. These design proposals are based on the capacity to ‘identify’ and ‘describe’ the identity of urban contexts as the value that defines the places and their systems of reference. In this sense, the term ‘Urban Interaction Design’ does not refer to the use of a specific technology, but to an approach to design which can accompany, and occasionally surpass, the actions and strategies of urban and local marketing in favour of a broader and fruitful dialogue with other disciplines. In particular, it is designed to be used in conjunction with the specific discipline of representation in order to rethink the traditional models of narrating places. Communication strategies and forms of data-gathering need to be introduced which are careful to interpret reality not as overlapping levels of information but as a collective way of thinking about living space and capable of communicating identity effectively.
The article also seeks to focus on the research of design objects, including spontaneous and/or anonymous ones, and possible ways of cataloguing them in relational terms. The article analyses the concept of a design process of urban spaces in which the communities that inhabit them and enliven them play the leading role.
The research will proceed with an application of a specific example - the urban area of Lavinaio in Naples - which will be examined by the Research Unit (the two authors). The research objective will be to provide guidelines and suggestions about a social interaction project which is both a repeatable methodological model and, at the same time, is capable of producing artifacts and actions related specifically to Urban Interaction Design.
The paper describes the state of progress of the work presented at X Forum. It aims to identify the general indications for the militant design project which will be carried out in the market area of Porta
Nolana in Naples. The theoretical basis of the project owes much to the ideas of Denis de Rougemont and the work of other personalists. It is also influenced by a series of case studies that refer to the practices of so-called spontaneous urban planning and, above all, to self-design as defined and practised by Enzo Mari in the 1970s. The design proposal is known as AuthentiCity, in which the notion of authenticity refers to its original etymological roots, namely being in control of oneself and thus responsible for one’s own actions. In this context, the Greek etymology is interesting because the word ‘authenticity’ derives from αὐϑέντης, i.e. author, the person who acts by him or herself and has authority over him/herself. Further references in the text underline the importance of multiple stories linked to the search for the spirit of places, such as the importance of objects - defined as relational
devices - and as a contrast to official history which requires the carelessness of the interlocutor at least as much as the global market requires ignorance. The proposal related to the market area of Porta Nolana therefore involves a series of actions regarding both socio-economic management and the production of endogenous objects, through participatory workshops where knowledge-sharing is free.
Abstract
Il contributo, che costituisce lo stato di avanzamento di quanto presentato in Occasione del X Forum, mira a individuare le indicazioni generali per un progetto di design militante da svolgere nell’area del mercato di Porta Nolana a Napoli. Le premesse teoriche del progetto sono nel pensiero di Denis de Rougemont e negli scritti degli altri personalisti. A queste si aggiungono una serie di casi studio che fanno capo alle pratiche della cosiddetta urbanistica spontanea e, soprattutto, l’auto-progettazione così come definita e sperimentata da Enzo Mari negli anni Settanta. La proposta progettuale è nominata AuthentiCity, dove per autenticità s’intende l’essere padroni di se stessi e, di conseguenza, responsabili delle proprie azioni. In quest’intenzione, l’etimologia greca viene in aiuto, perché autenticità deriva da αὐϑέντης, ovvero autore, colui che opera da sé e che su di sé ha autorità. Ulteriori riferimenti presenti nel testo mirano a sottolineare l’importanza delle molteplici storie legate alla ricerca dello spirito dei luoghi come l’importanza degli oggetti,
se intesi come dispositivi relazionali, in opposizione all’unicità della storia ufficiale che ha bisogno della inavvedutezza dell’interlocutore, almeno quanto il mercato globale ha bisogno dell’ignoranza. La proposta riferita all’area del mercato di Porta Nolana si configura, dunque, come una serie di azioni che riguardano sia la gestione socio-economica sia la produzione di oggetti endogeni, mediante laboratori partecipati in cui la
condivisione della conoscenza sia operata a titolo gratuito.
Un lavoro svolto su un tema comune, affrontato con approcci differenti, per affermare che lo spazio del progetto - in tutte le sue manifestazioni - non può prescindere dalla necessità di mostrarsi, e cioè di aspirare a esporre le proprie ragioni, costruendo per sé una narrazione, ovvero una messa in scena. Ognuno, in questo lavoro, ha interpretato la sua parte: gli attori, la regista, la fotografa, la costumista, gli studenti, e poi, gli autori, che nell’articolazione dei diversi contenuti, hanno sperimentato la contaminazione dei linguaggi propri del progetto di architettura con quelli del progetto di comunicazione, quelli del progetto dei costumi con quelli del progetto di marca e con quelli più propri del progetto teatrale. Messa in scena considerata dunque, come possibile metafora delle molteplici manifestazioni attraverso cui il progetto, inteso come spazio di una azione/narrazione, si rende manifesto.
Papers by caterina cristina fiorentino
Il volume parte dal racconto di come l’esperienza di fabbrica sia diventata patrimonio culturale comune, attraverso l’opera degli intellettuali olivettiani, per procedere con quattro storie di disegno industriale che sono la premessa alla decodifica dei segni delle espressioni visive della Olivetti. Quindi, a una lettura e a una interpretazione dei manifesti e delle pubblicità condotta attraverso la disanima delle invarianti che interpretano l’esigenza di un sistema di pensiero che tende sempre all’integrazione, vista come antitesi attiva all’egemonia, alla sopraffazione. Difatti, le presentazioni e la comunicazione dei prodotti olivettiani sono, intenzionalmente, predisposte, nelle forme come nei contenuti, per essere interpretate collegandole a significati che superino l’identità aziendale e collochino la Olivetti tra i movimenti culturali.
L’ultimo capitolo è dedicato al senso della storia che deriva dall’interpretazione delle relazioni tra gli artefatti comunicativi e la poetica delle espressioni olivettiane: alla Olivetti, il rapporto con la storia è dato dall’interazione tra la selezione degli avvenimenti passati e le possibilità trasformative da ricondurre e attuare nel presente, in questa linea interpretativa La Rosa nel Calamaio è il manifesto che, meglio di tutti gli altri, racconta del ruolo culturale della Olivetti, perché quest’immagine amplifica e sostiene le intenzioni e i ragionamenti degli intellettuali quotidianamente impegnati nelle azioni di progresso comunitario.
A ciò contrbuiscono la prefazione di Giuseppe Lupo, la postfazione di Eugenio Pacchioli e il prezioso corredo iconografico dell’Associazione Archivio Storico Olivetti di Ivrea.
""
The research concerns the theme of Urban interaction design, an appropriate research field for defining the tools and processes of intervention. This type of design project is considered to be the result of negotiation practices and of an analysis aimed at transforming the components of the intervention sites into design proposals and decisions. These design proposals are based on the capacity to ‘identify’ and ‘describe’ the identity of urban contexts as the value that defines the places and their systems of reference. In this sense, the term ‘Urban Interaction Design’ does not refer to the use of a specific technology, but to an approach to design which can accompany, and occasionally surpass, the actions and strategies of urban and local marketing in favour of a broader and fruitful dialogue with other disciplines. In particular, it is designed to be used in conjunction with the specific discipline of representation in order to rethink the traditional models of narrating places. Communication strategies and forms of data-gathering need to be introduced which are careful to interpret reality not as overlapping levels of information but as a collective way of thinking about living space and capable of communicating identity effectively.
The article also seeks to focus on the research of design objects, including spontaneous and/or anonymous ones, and possible ways of cataloguing them in relational terms. The article analyses the concept of a design process of urban spaces in which the communities that inhabit them and enliven them play the leading role.
The research will proceed with an application of a specific example - the urban area of Lavinaio in Naples - which will be examined by the Research Unit (the two authors). The research objective will be to provide guidelines and suggestions about a social interaction project which is both a repeatable methodological model and, at the same time, is capable of producing artifacts and actions related specifically to Urban Interaction Design.
The paper describes the state of progress of the work presented at X Forum. It aims to identify the general indications for the militant design project which will be carried out in the market area of Porta
Nolana in Naples. The theoretical basis of the project owes much to the ideas of Denis de Rougemont and the work of other personalists. It is also influenced by a series of case studies that refer to the practices of so-called spontaneous urban planning and, above all, to self-design as defined and practised by Enzo Mari in the 1970s. The design proposal is known as AuthentiCity, in which the notion of authenticity refers to its original etymological roots, namely being in control of oneself and thus responsible for one’s own actions. In this context, the Greek etymology is interesting because the word ‘authenticity’ derives from αὐϑέντης, i.e. author, the person who acts by him or herself and has authority over him/herself. Further references in the text underline the importance of multiple stories linked to the search for the spirit of places, such as the importance of objects - defined as relational
devices - and as a contrast to official history which requires the carelessness of the interlocutor at least as much as the global market requires ignorance. The proposal related to the market area of Porta Nolana therefore involves a series of actions regarding both socio-economic management and the production of endogenous objects, through participatory workshops where knowledge-sharing is free.
Abstract
Il contributo, che costituisce lo stato di avanzamento di quanto presentato in Occasione del X Forum, mira a individuare le indicazioni generali per un progetto di design militante da svolgere nell’area del mercato di Porta Nolana a Napoli. Le premesse teoriche del progetto sono nel pensiero di Denis de Rougemont e negli scritti degli altri personalisti. A queste si aggiungono una serie di casi studio che fanno capo alle pratiche della cosiddetta urbanistica spontanea e, soprattutto, l’auto-progettazione così come definita e sperimentata da Enzo Mari negli anni Settanta. La proposta progettuale è nominata AuthentiCity, dove per autenticità s’intende l’essere padroni di se stessi e, di conseguenza, responsabili delle proprie azioni. In quest’intenzione, l’etimologia greca viene in aiuto, perché autenticità deriva da αὐϑέντης, ovvero autore, colui che opera da sé e che su di sé ha autorità. Ulteriori riferimenti presenti nel testo mirano a sottolineare l’importanza delle molteplici storie legate alla ricerca dello spirito dei luoghi come l’importanza degli oggetti,
se intesi come dispositivi relazionali, in opposizione all’unicità della storia ufficiale che ha bisogno della inavvedutezza dell’interlocutore, almeno quanto il mercato globale ha bisogno dell’ignoranza. La proposta riferita all’area del mercato di Porta Nolana si configura, dunque, come una serie di azioni che riguardano sia la gestione socio-economica sia la produzione di oggetti endogeni, mediante laboratori partecipati in cui la
condivisione della conoscenza sia operata a titolo gratuito.
Un lavoro svolto su un tema comune, affrontato con approcci differenti, per affermare che lo spazio del progetto - in tutte le sue manifestazioni - non può prescindere dalla necessità di mostrarsi, e cioè di aspirare a esporre le proprie ragioni, costruendo per sé una narrazione, ovvero una messa in scena. Ognuno, in questo lavoro, ha interpretato la sua parte: gli attori, la regista, la fotografa, la costumista, gli studenti, e poi, gli autori, che nell’articolazione dei diversi contenuti, hanno sperimentato la contaminazione dei linguaggi propri del progetto di architettura con quelli del progetto di comunicazione, quelli del progetto dei costumi con quelli del progetto di marca e con quelli più propri del progetto teatrale. Messa in scena considerata dunque, come possibile metafora delle molteplici manifestazioni attraverso cui il progetto, inteso come spazio di una azione/narrazione, si rende manifesto.
Contenuti in breve: dal testo di Leonardo Sinisgalli (Linee Guida, pubblicato in "Civiltà delle Macchine", n° 6, 1953), in cui egli percorre le forme della spirale e dell'elica descrivendo le "linee di crescita di un fiore, di una foglia (e) la disposizione dei semi del girasole"; si passa, poi, alla diagonalizzazione di Simone Weil e al rapporto fra la matematica e il lavoro operaio, per giungere, infine, alla Spirale Quadrata di Marcello Nizzoli e al disegno della Rosa nel Calamaio.