
Anna Siekiera
Anna Siekiera, nata a Varsavia, ha studiato nella Facoltà di Lettere e Lingue dell'Universytet Jagielloński di Cracovia e nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Firenze, laureandosi in Storia della Lingua Italiana presso l’Ateneo fiorentino. Ha ottenuto la borsa di studio dell’Accademia della Crusca per la pubblicazione della tesi di laurea. Dopo il conseguimento del titolo di Dottore di ricerca in «Linguistica Italiana. l’Italia linguistica: diacronia e sincronia» (Università di Firenze, 1998), ha usufruito di una borsa post-doc e ha ricevuto premi per la ricerca: 1) all’interno del progetto europeo "Ricerche sulla famiglia Bardi e sulla cultura musicale, letteraria, filosofica nel XVI e nel XVII secolo" ; 2) “Giovanni Boccaccio 2001”. Per quattro anni è stata titolare dell’assegno di ricerca sull’opera letteraria di Leon Battista Alberti. Dal novembre 2005 insegna all’Università del Molise, come professoressa associata, Storia della lingua italiana, Linguistica italiana, Filologia dantesca. Ha diretto l'unità locale (UNIMOL) dei Progetti di ricerca di interesse nazionale (PRIN) nel 2006 e nel 2008. Nel 2014 ha ottenuto l’abilitazione a professore di I fascia (settore L-FIL-LET/12) nell’Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN 2012). Inoltre, è stata consulente scientifica del "Grande dizionario italiano-polacco" (Varsavia, Wiedza Powszechna). Dal 2015 è responsabile del Polo Molise per la lingua italiana, all’interno del progetto nazionale “Lincei per la nuova didattica”. Dal 2017 è Presidente del Corso di laurea triennale in Lettere e Beni culturali.
Ha approfondito alcune questioni di Storia della Lingua Italiana del Quattro e del Cinquecento. A questi secoli, infatti, ha dedicato la sua attività di ricerca, fondata sullo studio di manoscritti, incunaboli e cinquecentine (dalle lettere private ai volgarizzamenti ai trattati di ambiti diversi), volta a descrivere sia i fenomeni linguistici (il fiorentino cinquecentesco) sia i processi culturali che si rispecchiano nella formazione del lessico colto (dalla musica alla filosofia, dalla poetica alla critica d’arte), nell’organizzazione testuale dei testi scientifici e di quelli divulgativi. Ha pubblicato, inoltre, i lavori sui letterati e sulle accademie nel Cinquecento, sul lessico della musica nel Rinascimento e su Leon Battista Alberti. All’interno del gruppo di ricerca sulla «Letteratura architettonica dei secoli XV-XVII» (da coordinatore dell'unità locale del PRIN 2006) ha studiato il linguaggio settoriale dell'architettura. Nell'ambito del PRIN 2008 (da coordinatore dell'unità locale per il progetto «Architettura e identità locali») ha condotto gli studi sull’ambiente letterario e artistico della Firenze medicea e, in particolare, sulla scrittura di Giorgio Vasari. Dal 2003 conduce le ricerche sulla figura e sull'attività di Benedetto Varchi, accademico «Infiammato» e «Fiorentino», promotore della scrittura scientifica in italiano e autore del più significativo trattato di linguistica del Cinquecento; ora studia anche la tradizione manoscritta ed editoriale delle "Osservazioni intorno al parlare, e scriver toscano" di Giovan Battista Strozzi il Giovane (1551-1634).
Sul versante delle ricerche intorno all'italiano contemporaneo, si è dedicata al linguaggio settoriale della scrittura "del" e "sul" design.
Address: Università degli Studi del Molise, Dipartimento SUSEF, via De Sanctis, 86100 Campobasso
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Ha approfondito alcune questioni di Storia della Lingua Italiana del Quattro e del Cinquecento. A questi secoli, infatti, ha dedicato la sua attività di ricerca, fondata sullo studio di manoscritti, incunaboli e cinquecentine (dalle lettere private ai volgarizzamenti ai trattati di ambiti diversi), volta a descrivere sia i fenomeni linguistici (il fiorentino cinquecentesco) sia i processi culturali che si rispecchiano nella formazione del lessico colto (dalla musica alla filosofia, dalla poetica alla critica d’arte), nell’organizzazione testuale dei testi scientifici e di quelli divulgativi. Ha pubblicato, inoltre, i lavori sui letterati e sulle accademie nel Cinquecento, sul lessico della musica nel Rinascimento e su Leon Battista Alberti. All’interno del gruppo di ricerca sulla «Letteratura architettonica dei secoli XV-XVII» (da coordinatore dell'unità locale del PRIN 2006) ha studiato il linguaggio settoriale dell'architettura. Nell'ambito del PRIN 2008 (da coordinatore dell'unità locale per il progetto «Architettura e identità locali») ha condotto gli studi sull’ambiente letterario e artistico della Firenze medicea e, in particolare, sulla scrittura di Giorgio Vasari. Dal 2003 conduce le ricerche sulla figura e sull'attività di Benedetto Varchi, accademico «Infiammato» e «Fiorentino», promotore della scrittura scientifica in italiano e autore del più significativo trattato di linguistica del Cinquecento; ora studia anche la tradizione manoscritta ed editoriale delle "Osservazioni intorno al parlare, e scriver toscano" di Giovan Battista Strozzi il Giovane (1551-1634).
Sul versante delle ricerche intorno all'italiano contemporaneo, si è dedicata al linguaggio settoriale della scrittura "del" e "sul" design.
Address: Università degli Studi del Molise, Dipartimento SUSEF, via De Sanctis, 86100 Campobasso
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Books by Anna Siekiera
Nel 1612 uscì a Venezia, dopo un ventennale lavoro d’équipe, la prima e monumentale edizione del Vocabolario degli Accademici della Crusca: un migliaio di pagine in folio che divennero il modello per i vocabolari storici delle altre lingue moderne.
Nel registrare le diverse accezioni dei vocaboli del fiorentino trecentesco, indicato già dal Bembo come la base dell’italiano letterario, i compilatori del Vocabolario non si limitarono a servirsi dei grandi classici (Dante, Petrarca, Boccaccio) e del Villani, ma sulla scia di Borghini e Salviati spogliarono le opere di decine e decine di autori fiorentini minori e minimi, in larga misura anonimi, usando edizioni a stampa, in qualche caso dichiaratamente preparate in funzione del Vocabolario, ma anche raccolte di manoscritti antichi di recente costituzione, allestite (come qui si dimostra) a scopo di studio. Con una scelta che prefigura il criterio primonovecentesco – per la precisione: barbiano – della cosiddetta equivalenza grafia-pronuncia (ancora utilizzabile senza controindicazioni con testi toscofiorentini), i compilatori uniformarono inoltre secondo le regole di Salviati la grafia e la fonomorfologia delle più di 60.000 citazioni d’autore del Vocabolario, rendendolo così, fino a Manzoni, e non solo, un potente strumento di omologazione linguistica in un paese linguisticamente, oltre che politicamente, disunito.
I diciotto saggi contenuti in questa raccolta mirano a fare il punto su questo controverso ma fondamentale monumento della nostra storia letteraria e linguistica.
Indice
Tanto per cominciare, sulla Crusca e i suoi testi. (Gino Belloni)
Bibliografia
Parte prima – Prima del Vocabolario
I. Collezioni fiorentine di manoscritti fra Borghini e la Crusca. (Riccardo Drusi)
II. Il lavoro paziente dell’Accademia degli Alterati. (Anna Siekiera)
III. Sugli Avvertimenti del Salviati. (Francesca Cialdini)
IV. Verso il Vocabolario. Il Quaderno riccardiano e altri spogli lessicografici tra Vincenzio Borghini e Lionardo Salviati. (Giulia Stanchina, Giulio Vaccaro)
V. Gli accademici compilatori del primo Vocabolario. Novità e questioni ancora aperte. (Elisabetta Benucci)
VI. Bastiano De Rossi, revisore e correttore del Vocabolario. (Nicoletta Maraschio)
Parte seconda – Dentro la Crusca
VII. I numeri della prima Crusca. Qualche rilievo quantitativo sui citati. (Fabio Romanini)
VIII. «Ci è bisognato servirci di molti volgarizzamenti e traslatamenti d’opere altrui». I testi di traduzione. (Elena Artale, Elisa Guadagnini)
IX. Dante: la Commedia. (Domenico De Martino)
X. Dante: le altre opere. (Elisabetta Tonello)
XI. Petrarca. (Aurelio Malandrino)
XII. Dalla filologia al Vocabolario. Appunti sul volgarizzamento dei Ruralia commoda di Pietro Crescenzi. (Giuseppe Chiecchi)
XIII. Astri, pianeti e paralleli: il lessico dell’astronomia e della fisica. (Rita Librandi)
XIV. Sul lessico dell’arte. (Eliana Carrara)
XV. Ariosto. (Tina Matarrese)
XVI. Tra fiorentino aureo e fiorentino cinquecentesco. Per uno studio della lingua dei lessicografi. (Marco Biffi)
A mo’ di riepilogo (con qualche addentellato su Bastiano De Rossi). (Paolo Trovato)
Indice dei manoscritti, documenti d’archivio e postillati
Indice dei nomi e delle opere
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La «Descrittione del Palazzo ducale d’Urbino» di Bernardino Baldi (1553-1617) rappresenta una vivida illustrazione di un’opera architettonica condotta da studioso delle «artes mechanicae» e poeta. Il volume consta di: «Introduzione» (pp. 8-54), «Nota» di dichiarazione dei criteri seguiti nella trascrizione, testo criticamente annotato con rinvio esatto alla paginazione della «princeps», cui rimanda il glossario, cioè «Indice dei termini tecnici», «non solo d’ambito architettonico e artistico, ma anche quelli della critica d’arte, dell’edilizia e dell’arredamento» (pp. 123-133) e riproduzione delle Tavole della riedizione settecentesca. Si valorizza soprattutto il ricercato lessico architettonico che rappresenta il tratto linguistico più significativo dell'operetta baldiana. Infatti, nella «Descrittione» viene impiegata per la prima volta, con accezione tecnica, la definizione di «gotico» per lo stile che Vasari aveva indicato come «dei Gotti», e vengono applicate alla critica architettonica le caratterizzazioni (negative) di «capriccioso» e «licentioso». Inoltre, sono usate voci specialistiche come «adiezione» ‘entasi’, «anima» ‘supporto centrale della scala a chiocciola’, «caulicoli» ‘viticci ornamentali dei capitelli corinzi’: lessico derivato dalla trattatistica classica, in specie da Vitruvio, cui Baldi affianca di solito una voce tratta dall’uso vivo, spesso di connotazione regionale («adiezione o pancia», «l’anima, o il fuso, o la colonna», «giardino pensile o in aria come diciamo noi»). E fra i termini regionali spicca la prima attestazione di «ventaglia» per 'grondaia, gronda', voce ben viva nel marchigiano di oggi.
Papers by Anna Siekiera
triumphans di Biondo Flavio, eseguita da Lucio
Fauno. In questo volgarizzamento si rilevano
molti adattamenti dei nomi latini delle vesti.
Oltre a segnare l’inizio della diffusione di testi
delle antichità in volgare, i volgarizzamenti
delle opere erudite come Roma Triumphans
arricchiscono di latinismi il lessico della lingua
volgare.
******************************************************************************************* "De partibus aedium" est un ouvrage d’érudition de Francesco Maria Grapaldo (1460-1515), humaniste et professeur de lettres classiques de Parme. En puisant dans les textes grecs et latins, surtout les traités de Vitruve et de Celse, il décrit dans les moindres détails la structure et toutes les pièces de la villa nobiliaire ainsi que les espaces à son extérieur, avec les environnements et les bâtiments préparés pour les animaux («stabulum», «piscina», «leporarium» etc.) et pour les produits de la terre («vinaria cella» etc.). Le cinquième chapitre intitulé "Hortus" est dédié à la description du jardin, en particulier à la culture des légumes, des herbes potagères, mais aussi aux arbrissaux et aux arbres plantés non seulement pour les fruits ou pour l’attrait de l’art topiaire, mais surtout pour le plaisir («ad voluptatem») que leur ombre peut assurer.
In the Italian Renaissance there was a great variety of the architectural texts and besides the treatises of the architects (for exemple, Leon Battista Alberti e Francesco di Giorgio) there were the translations of latin treatises and “books on antiquities” full of information about Roman monuments either ancient or medieval. Moreover, thanks to the contracts made with artists, and the bills of payment prepared by the commissioners of works (from the Middle Ages to the Renaissance), specific details can be gleaned about arts and techniques, and about materials and tools used in building works — these papers present a wide use of a terminology, which charaterize the regional speakings, sign of the informal register of language the architectures and their handworkers used. All these texts are precious materials to carry out historical and linguistic research, which allow on the one hand to evaluate the architectural terminology formed during the course of the XVth and XVIth century, thanks to translations and examination of “De architectura” by Vitruvio and the “De re aedificatoria” by Leon Battista Alberti, on the other, to prepare a technique-scientific text amenable to popularisation. The article focuses on the analysis of the texts written or translated (“volgarizzati”) by italian artists and writers of XVth and XVIth century (Leon Battista Alberti, Sebastiano Serlio, Cesare Cesariano, Cosimo Bartoli, Daniele Barbaro, Giorgio Vasari, Bernardino Baldi) with the aim of describing the textual and lexical aspects of the papers in latin and vernacular, where both languages are in strong interaction.
******************************************************************************************
I «segreti» dell’«ars aedificatoria», come tutti i modi di operare dei rappresentanti di varie arti, costituivano un patrimonio gelosamente custodito dalle corporazioni e dalle botteghe artigiane fin dall’epoca dei Comuni, e le istruzioni delle pratiche artistiche si tramandavano a voce fra gli addetti ai lavori, maestri e apprendisti. Per questo hanno un notevole interesse i contratti stipulati con gli artisti e le note di spesa redatte per conto dei committenti, dai quali si ricavano non soltanto le notizie su tecniche, materiali e strumenti impiegati nei lavori edilizi, ma anche una precisa terminologia settoriale. Nel saggio si presentano i risultati dell’indagine condotta sui testi sia latini sia volgari, redatti nei secoli XIV-XV in Toscana e nell’Italia settentrionale, ponendo in evidenza i linguaggi tecnici circoscritti agli usi locali di architetti e delle loro maestranze, come muratori, tagliapietre, carpentieri, scalpellini e altri. I documenti presi in esame, tratti dagli archivi e pubblicati negli ultimi due secoli, sono gli atti notarili, per lo più i capitolati di lavori, e i registri delle «fabriche» pubbliche e private corredati da resoconti finanziari ("Annali della fabbrica del Duomo di Milano", i documenti dell’Opera del Duomo di Firenze, le testimonianze archivistiche sugli artisti a Ferrara), che illustrano dettagliatamente i progetti di opere edilizie, dalle costruzioni di chiese, ospedali, palazzi alle ristrutturazioni di case e alle rifiniture scultoree, testimoniando una significativa varietà geolinguistica del lessico architettonico. La nomenclatura tecnica delle scritture approntate nei singoli volgari si mantiene ben salda e nelle loro redazioni latine e nei documenti latini differenti, ricchi di termini settoriali che, non di rado, costituiscono le prime testimonianze d’uso dei vocaboli, le cui attestazioni note in volgare sono posteriori. Questa polisemia del vocabolario degli architetti provenienti da varie regioni si riflette nella letteratura artistica rinascimentale, che, dopo il "De re aedificatoria", composto da Leon Battista Alberti nel latino umanistico intessuto di neologismi tecnici trasposti in latino, non di rado, dai volgari settentrionali, esplode nella prima metà del secolo XVI sia con le edizioni e i volgarizzamenti commentati del "De architectura" di Vitruvio sia con i primi trattati (a partire dalle "Regole generali di architettura" di Sebastiano Serlio del 1537) e con i libri delle antichità. La loro veste linguistica documenta la tensione fra l’esigenza avvertita di una nuova terminologia tecnica comune e il sostrato della lingua d’uso degli scriventi. Per esempio, oltre al ricorso ai lombardismi o venetismi nei testi di Cesariano, Daniele Barbaro e altri, si rileva che, nelle parti sull’architettura aggiunte nella seconda edizione delle "Vite" (1568), l’aretino Vasari accoglie i tecnicismi attestati nei documenti medievali milanesi e ferraresi qui esaminati.
Come nel Rinascimento, grazie alle nuove teorie architettoniche che si richiamavano al modello classico (vitruviano), si era formata e aveva conquistato la propria individualità la lingua speciale dell’architettura, così nel pieno Novecento la lingua del design si è specializzata e si è emancipata, facendo proprio il lessico dei settori che la compongono: la progettazione, la produzione, la promozione pubblicitaria.
Negli anni Cinquanta in Italia si è diffusa e si è consolidata la scrittura "del" e "sul" design. Con la definizione di “stile industriale” è comparsa anche una ricca letteratura assieme tecnica e critica, che si caratterizzava per una lingua speciale disposta su più livelli stilistici, corrispondenti alla natura unitamente teorica e pratica della disciplina del design.
La lingua italiana d’uso ha assorbito il linguaggio dell’industrializzazione, i suoi tecnicismi. Numerosi termini tecnici sono entrati nella lingua comune grazie a questa nuova disciplina che congiungeva la produzione in serie e l’arte (e le sue lingue settoriali), rendendo l’espressione artistica parte della quotidianità. E al significato che il fenomeno del design ha assunto nella società italiana degli ultimi decenni, condizionando i bisogni e i gusti, si possono attribuire alcuni nuovi fatti linguistici dell’italiano contemporaneo, visibili nel lessico e in alcune soluzioni sintattiche e testuali, che in parte distinguono la lingua del design da altri linguaggi settoriali.
Nel 1612 uscì a Venezia, dopo un ventennale lavoro d’équipe, la prima e monumentale edizione del Vocabolario degli Accademici della Crusca: un migliaio di pagine in folio che divennero il modello per i vocabolari storici delle altre lingue moderne.
Nel registrare le diverse accezioni dei vocaboli del fiorentino trecentesco, indicato già dal Bembo come la base dell’italiano letterario, i compilatori del Vocabolario non si limitarono a servirsi dei grandi classici (Dante, Petrarca, Boccaccio) e del Villani, ma sulla scia di Borghini e Salviati spogliarono le opere di decine e decine di autori fiorentini minori e minimi, in larga misura anonimi, usando edizioni a stampa, in qualche caso dichiaratamente preparate in funzione del Vocabolario, ma anche raccolte di manoscritti antichi di recente costituzione, allestite (come qui si dimostra) a scopo di studio. Con una scelta che prefigura il criterio primonovecentesco – per la precisione: barbiano – della cosiddetta equivalenza grafia-pronuncia (ancora utilizzabile senza controindicazioni con testi toscofiorentini), i compilatori uniformarono inoltre secondo le regole di Salviati la grafia e la fonomorfologia delle più di 60.000 citazioni d’autore del Vocabolario, rendendolo così, fino a Manzoni, e non solo, un potente strumento di omologazione linguistica in un paese linguisticamente, oltre che politicamente, disunito.
I diciotto saggi contenuti in questa raccolta mirano a fare il punto su questo controverso ma fondamentale monumento della nostra storia letteraria e linguistica.
Indice
Tanto per cominciare, sulla Crusca e i suoi testi. (Gino Belloni)
Bibliografia
Parte prima – Prima del Vocabolario
I. Collezioni fiorentine di manoscritti fra Borghini e la Crusca. (Riccardo Drusi)
II. Il lavoro paziente dell’Accademia degli Alterati. (Anna Siekiera)
III. Sugli Avvertimenti del Salviati. (Francesca Cialdini)
IV. Verso il Vocabolario. Il Quaderno riccardiano e altri spogli lessicografici tra Vincenzio Borghini e Lionardo Salviati. (Giulia Stanchina, Giulio Vaccaro)
V. Gli accademici compilatori del primo Vocabolario. Novità e questioni ancora aperte. (Elisabetta Benucci)
VI. Bastiano De Rossi, revisore e correttore del Vocabolario. (Nicoletta Maraschio)
Parte seconda – Dentro la Crusca
VII. I numeri della prima Crusca. Qualche rilievo quantitativo sui citati. (Fabio Romanini)
VIII. «Ci è bisognato servirci di molti volgarizzamenti e traslatamenti d’opere altrui». I testi di traduzione. (Elena Artale, Elisa Guadagnini)
IX. Dante: la Commedia. (Domenico De Martino)
X. Dante: le altre opere. (Elisabetta Tonello)
XI. Petrarca. (Aurelio Malandrino)
XII. Dalla filologia al Vocabolario. Appunti sul volgarizzamento dei Ruralia commoda di Pietro Crescenzi. (Giuseppe Chiecchi)
XIII. Astri, pianeti e paralleli: il lessico dell’astronomia e della fisica. (Rita Librandi)
XIV. Sul lessico dell’arte. (Eliana Carrara)
XV. Ariosto. (Tina Matarrese)
XVI. Tra fiorentino aureo e fiorentino cinquecentesco. Per uno studio della lingua dei lessicografi. (Marco Biffi)
A mo’ di riepilogo (con qualche addentellato su Bastiano De Rossi). (Paolo Trovato)
Indice dei manoscritti, documenti d’archivio e postillati
Indice dei nomi e delle opere
http://amicibup.wordpress.com/
La «Descrittione del Palazzo ducale d’Urbino» di Bernardino Baldi (1553-1617) rappresenta una vivida illustrazione di un’opera architettonica condotta da studioso delle «artes mechanicae» e poeta. Il volume consta di: «Introduzione» (pp. 8-54), «Nota» di dichiarazione dei criteri seguiti nella trascrizione, testo criticamente annotato con rinvio esatto alla paginazione della «princeps», cui rimanda il glossario, cioè «Indice dei termini tecnici», «non solo d’ambito architettonico e artistico, ma anche quelli della critica d’arte, dell’edilizia e dell’arredamento» (pp. 123-133) e riproduzione delle Tavole della riedizione settecentesca. Si valorizza soprattutto il ricercato lessico architettonico che rappresenta il tratto linguistico più significativo dell'operetta baldiana. Infatti, nella «Descrittione» viene impiegata per la prima volta, con accezione tecnica, la definizione di «gotico» per lo stile che Vasari aveva indicato come «dei Gotti», e vengono applicate alla critica architettonica le caratterizzazioni (negative) di «capriccioso» e «licentioso». Inoltre, sono usate voci specialistiche come «adiezione» ‘entasi’, «anima» ‘supporto centrale della scala a chiocciola’, «caulicoli» ‘viticci ornamentali dei capitelli corinzi’: lessico derivato dalla trattatistica classica, in specie da Vitruvio, cui Baldi affianca di solito una voce tratta dall’uso vivo, spesso di connotazione regionale («adiezione o pancia», «l’anima, o il fuso, o la colonna», «giardino pensile o in aria come diciamo noi»). E fra i termini regionali spicca la prima attestazione di «ventaglia» per 'grondaia, gronda', voce ben viva nel marchigiano di oggi.
triumphans di Biondo Flavio, eseguita da Lucio
Fauno. In questo volgarizzamento si rilevano
molti adattamenti dei nomi latini delle vesti.
Oltre a segnare l’inizio della diffusione di testi
delle antichità in volgare, i volgarizzamenti
delle opere erudite come Roma Triumphans
arricchiscono di latinismi il lessico della lingua
volgare.
******************************************************************************************* "De partibus aedium" est un ouvrage d’érudition de Francesco Maria Grapaldo (1460-1515), humaniste et professeur de lettres classiques de Parme. En puisant dans les textes grecs et latins, surtout les traités de Vitruve et de Celse, il décrit dans les moindres détails la structure et toutes les pièces de la villa nobiliaire ainsi que les espaces à son extérieur, avec les environnements et les bâtiments préparés pour les animaux («stabulum», «piscina», «leporarium» etc.) et pour les produits de la terre («vinaria cella» etc.). Le cinquième chapitre intitulé "Hortus" est dédié à la description du jardin, en particulier à la culture des légumes, des herbes potagères, mais aussi aux arbrissaux et aux arbres plantés non seulement pour les fruits ou pour l’attrait de l’art topiaire, mais surtout pour le plaisir («ad voluptatem») que leur ombre peut assurer.
In the Italian Renaissance there was a great variety of the architectural texts and besides the treatises of the architects (for exemple, Leon Battista Alberti e Francesco di Giorgio) there were the translations of latin treatises and “books on antiquities” full of information about Roman monuments either ancient or medieval. Moreover, thanks to the contracts made with artists, and the bills of payment prepared by the commissioners of works (from the Middle Ages to the Renaissance), specific details can be gleaned about arts and techniques, and about materials and tools used in building works — these papers present a wide use of a terminology, which charaterize the regional speakings, sign of the informal register of language the architectures and their handworkers used. All these texts are precious materials to carry out historical and linguistic research, which allow on the one hand to evaluate the architectural terminology formed during the course of the XVth and XVIth century, thanks to translations and examination of “De architectura” by Vitruvio and the “De re aedificatoria” by Leon Battista Alberti, on the other, to prepare a technique-scientific text amenable to popularisation. The article focuses on the analysis of the texts written or translated (“volgarizzati”) by italian artists and writers of XVth and XVIth century (Leon Battista Alberti, Sebastiano Serlio, Cesare Cesariano, Cosimo Bartoli, Daniele Barbaro, Giorgio Vasari, Bernardino Baldi) with the aim of describing the textual and lexical aspects of the papers in latin and vernacular, where both languages are in strong interaction.
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I «segreti» dell’«ars aedificatoria», come tutti i modi di operare dei rappresentanti di varie arti, costituivano un patrimonio gelosamente custodito dalle corporazioni e dalle botteghe artigiane fin dall’epoca dei Comuni, e le istruzioni delle pratiche artistiche si tramandavano a voce fra gli addetti ai lavori, maestri e apprendisti. Per questo hanno un notevole interesse i contratti stipulati con gli artisti e le note di spesa redatte per conto dei committenti, dai quali si ricavano non soltanto le notizie su tecniche, materiali e strumenti impiegati nei lavori edilizi, ma anche una precisa terminologia settoriale. Nel saggio si presentano i risultati dell’indagine condotta sui testi sia latini sia volgari, redatti nei secoli XIV-XV in Toscana e nell’Italia settentrionale, ponendo in evidenza i linguaggi tecnici circoscritti agli usi locali di architetti e delle loro maestranze, come muratori, tagliapietre, carpentieri, scalpellini e altri. I documenti presi in esame, tratti dagli archivi e pubblicati negli ultimi due secoli, sono gli atti notarili, per lo più i capitolati di lavori, e i registri delle «fabriche» pubbliche e private corredati da resoconti finanziari ("Annali della fabbrica del Duomo di Milano", i documenti dell’Opera del Duomo di Firenze, le testimonianze archivistiche sugli artisti a Ferrara), che illustrano dettagliatamente i progetti di opere edilizie, dalle costruzioni di chiese, ospedali, palazzi alle ristrutturazioni di case e alle rifiniture scultoree, testimoniando una significativa varietà geolinguistica del lessico architettonico. La nomenclatura tecnica delle scritture approntate nei singoli volgari si mantiene ben salda e nelle loro redazioni latine e nei documenti latini differenti, ricchi di termini settoriali che, non di rado, costituiscono le prime testimonianze d’uso dei vocaboli, le cui attestazioni note in volgare sono posteriori. Questa polisemia del vocabolario degli architetti provenienti da varie regioni si riflette nella letteratura artistica rinascimentale, che, dopo il "De re aedificatoria", composto da Leon Battista Alberti nel latino umanistico intessuto di neologismi tecnici trasposti in latino, non di rado, dai volgari settentrionali, esplode nella prima metà del secolo XVI sia con le edizioni e i volgarizzamenti commentati del "De architectura" di Vitruvio sia con i primi trattati (a partire dalle "Regole generali di architettura" di Sebastiano Serlio del 1537) e con i libri delle antichità. La loro veste linguistica documenta la tensione fra l’esigenza avvertita di una nuova terminologia tecnica comune e il sostrato della lingua d’uso degli scriventi. Per esempio, oltre al ricorso ai lombardismi o venetismi nei testi di Cesariano, Daniele Barbaro e altri, si rileva che, nelle parti sull’architettura aggiunte nella seconda edizione delle "Vite" (1568), l’aretino Vasari accoglie i tecnicismi attestati nei documenti medievali milanesi e ferraresi qui esaminati.
Come nel Rinascimento, grazie alle nuove teorie architettoniche che si richiamavano al modello classico (vitruviano), si era formata e aveva conquistato la propria individualità la lingua speciale dell’architettura, così nel pieno Novecento la lingua del design si è specializzata e si è emancipata, facendo proprio il lessico dei settori che la compongono: la progettazione, la produzione, la promozione pubblicitaria.
Negli anni Cinquanta in Italia si è diffusa e si è consolidata la scrittura "del" e "sul" design. Con la definizione di “stile industriale” è comparsa anche una ricca letteratura assieme tecnica e critica, che si caratterizzava per una lingua speciale disposta su più livelli stilistici, corrispondenti alla natura unitamente teorica e pratica della disciplina del design.
La lingua italiana d’uso ha assorbito il linguaggio dell’industrializzazione, i suoi tecnicismi. Numerosi termini tecnici sono entrati nella lingua comune grazie a questa nuova disciplina che congiungeva la produzione in serie e l’arte (e le sue lingue settoriali), rendendo l’espressione artistica parte della quotidianità. E al significato che il fenomeno del design ha assunto nella società italiana degli ultimi decenni, condizionando i bisogni e i gusti, si possono attribuire alcuni nuovi fatti linguistici dell’italiano contemporaneo, visibili nel lessico e in alcune soluzioni sintattiche e testuali, che in parte distinguono la lingua del design da altri linguaggi settoriali.
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Nel saggio vengono pubblicati i capitoli superstiti di una grammatica fiorentina, ritrovata fra le carte del ms. conservato nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, contenente il più antico testimone delle «Osservationi intorno al parlare, e scrivere toscano» approntate da Giovanbattista Strozzi nel 1583. L’attribuzione del testo, che presenta il titolo «La lingua volgare si può ridurre in regola come la latina, et la greca, et altre», all’autore delle «Osservationi» ed esponente di primo piano dell’Accademia degli Alterati è motivata non soltanto dalle similarità fra le due grammatiche tramandate dal codice Magl. IV.30 (per esempio, l’articolo «el»), ma anche dalle notizie ricavabili dai manoscritti di questo cenacolo dei dotti, che svolse un ruolo significativo nella vita culturale fiorentina e italiana del tardo Cinquecento. In base ai documenti esaminati si può affermare che la grammatica, pervenutaci soltanto nelle parti sulle «lettere» e sul «nome», doveva essere scritta nel periodo iniziale dell’attività degli Alterati (1572 ca.), quando i suoi giovani accademici furono invitati da don Vincenzio Borghini a stendere «le regole, le prime, pure e semplici» per l’insegnamento primario della lingua volgare.
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A Giorgio Vasari si deve non soltanto la fondazione della letteratura critica d’arte, ma anche la creazione e il consolidamento di una terminologia settoriale («maniera» in primis), che nella sua opera caratterizza le individualità di artisti, nonché i tratti salienti di scuole ed epoche della stora dell’arte. Nel saggio si intende mettere in evidenza come, nel passaggio dalla Torrentiniana alla Giuntina, il più accentuato interesse dell’autore delle «Vite» verso la critica d’arte contemporanea si accompagni all’uso più intenso di termini specifici del suo lessico critico, quali «capriccio» e «capriccioso», adoperati in sfumature semantiche diverse. Sempre attraverso il confronto del lessico delle due edizioni delle «Vite», si può osservare che l’esperienza di Vasari architetto incide notevolmente sulla sua scrittura, e nella Giuntina diventano più particolareggiate le descrizioni sia dei monumenti architettonici sia dei modi di lavorare degli architetti.
This paper is meant to appraise design literature from a historical perspective, through the linguistic analysis of texts by its most important exponents (Ponti to Rosselli, to Sottsass jr. and Mendini). The goal is to discern the main linguistic features of one of the most representative productive fields in twentieth-century Italian civil life.
The expected goal is twofold: to begin, as is the case with other disciplines, a study of the linguistic and expressive forms that arose from theoretical changes in the field of design, and to gather into a Glossary the terms that become typical of the design language.
Thanks to the description of the distinctive features of linguistic expression in writings on and about design, we wish to contribute to the definition of the individuality of the design discipline, which reflects the syncretism of the specific activities involved in it: from the different phases of industrial production, to design theory, which has always relied on artistic and aesthetic approaches of its time.
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Esiste una lingua del design? Il rapido affermarsi della disciplina del design in Italia fin dai primi decenni del secolo scorso vede emergere in contemporanea una lingua speciale, che si manifesta negli scritti degli artefici del disegno industriale (artisti e artigiani), così come nella scrittura dei suoi teorici (progettisti e ideologi della disciplina) e dei suoi critici.
Il contributo si pone come obiettivo la valutazione della letteratura del design nella sua prospettiva storica attraverso l’analisi linguistica dei testi di alcuni dei suoi massimi rappresentanti (da Gio Ponti a Alberto Rosselli a Alessandro Mendini), per cogliere gli aspetti salienti di uno dei settori produttivi di grande rilievo nella vita civile italiana del Novecento.
Il risultato ricercato è duplice: iniziare, come già avviene in altre discipline, uno studio delle forme linguistico-espressive frutto dei cambiamenti teorici nell’ambito del design e la raccolta in un Glossario dei termini che diventano tipici della lingua del design.
Grazie alla descrizione dei tratti salienti dell’espressività linguistica di chi scrive del e sul design si intende dare un contributo alla definizione dell’individualità della disciplina, che riflette il sincretismo delle attività settoriali che la compongono (dalla produzione industriale in tutte le sua fasi alla teorizzazione, che da sempre si avvale delle teorie artistiche ed estetiche coeve) .
In questo intervento mi propongo di illustrare alcune delle questioni scaturite dalle ricerche dedicate alla nuova prosa e alla formazione del lessico sia scientifico (in particolare, della logica) sia tecnico (musicale, drammaturgico), così come al ruolo della cultura accademica nel volgarizzamento del sapere nel Cinquecento.
Rivolta agli studenti delle ultime classi della scuola superiore e agli iscritti al nostro Corso di Studio, la giornata sarà incentrata sugli interventi di giovani studiosi – storici, storici dell’arte, archeologi ed epigrafisti – che illustreranno i metodi d’indagine scientifica propri delle loro discipline. Queste ultime, a cominciare dalla storia – senza la quale ogni ricerca nell’ambito delle scienze umanistiche perde di senso e fondamento – sono indispensabili nel percorso formativo delle figure professionali che operano nei settori dei beni culturali. All’incontro sono stati invitati i responsabili del'Ufficio Scolastico Regionale e delle istituzioni culturali della Regione, quali parti d’interesse del Corso di Studio, coinvolte nella valutazione dell’offerta formativa del Corso stesso.
La giornata si configura come presentazione e promozione di uno dei curricula del nostro Corso di Studio e rappresenta l’occasione per attivare un confronto fra gli studenti che hanno intrapreso o intendono intraprendere tale percorso di studi, i ricercatori delle materie storico-artistiche e le istituzioni che sono il punto di riferimento per i laureati in Lettere e Beni culturali.
Questa recensione mi era stata proposta dal comitato scientifico della rivista "Albertiana". Mentre stavo per consegnare il lavoro alla redazione, sono stata invitata a prepararne una versione ridotta per la sezione della rassegna bibliografica "Quattrocento" della "Rassegna della letteratura italiana", 2013. Infatti, la breve versione è apparsa in stampa, suscitando la mia sorpresa per le modifiche da me non introdotte né approvate (vi si legge la menzione di un testo fatto ad opera di Ciccuto e Furlan, che non avevo neppure visto, ma anche altro che non avevo mai scritto). Per evitare di vedere pubblicata a mio nome un'altra recensione modificata a piacimento dell'editore, ho chiesto di ritirare dall'"Albertiana" il mio testo, che rendo qui disponibile. Ho visto che qualche recensione dell'opera in questione, ma diversa da questa, è stata comunque pubblicata nel numero XVII (2014) della rivista, a firma di un nome che sembra coniato per l'occasione con una resa grafica fantasiosa (e chi ha famigliarità con le lingue slave può intuirne la volgarità).
Il contributo si pone come obiettivo la valutazione della letteratura del design nella sua prospettiva storica attraverso l’analisi linguistica dei testi di alcuni dei suoi massimi rappresentanti (da Gio Ponti a Alberto Rosselli a Alessandro Mendini), per cogliere gli aspetti salienti di uno dei settori produttivi di grande rilievo nella vita civile italiana del Novecento.
Il risultato ricercato è duplice: iniziare, come già avviene in altre discipline, uno studio delle forme linguistico-espressive frutto dei cambiamenti teorici nell’ambito del design e la raccolta in un Glossario dei termini che diventano tipici della lingua del design.
Grazie alla descrizione dei tratti salienti dell’espressività linguistica di chi scrive del e sul design si intende dare un contributo alla definizione dell’individualità della disciplina, che riflette il sincretismo delle attività settoriali che la compongono (dalla produzione industriale in tutte le sua fasi alla teorizzazione, che da sempre si avvale delle teorie artistiche ed estetiche coeve) e mantenendo presente il principio che una lingua utilizzata per spiegare e raccontare una pratica in continua trasformazione è anch’essa “materia viva”
Esperti internazionalmente riconosciuti di Dante si alterneranno ai docenti e ai laureati e alle laureate dei corsi di laurea di Lettere e Beni culturali e di Letteratura e Storia dell'arte del Dipartimento SUSeF in una sequenza di sessioni che culminerà con lo spettacolo della compagnia teatrale Pontos-Teatro, A riveder... le stelle!