Papers by Andrea Miccichè
F. Amatori, G. Melis, Luglio 1960. Le tensioni del cambiamento, 2023
Le manifestazioni contro il governo Tambroni del luglio 1960, duramente represse dalla polizia, c... more Le manifestazioni contro il governo Tambroni del luglio 1960, duramente represse dalla polizia, causarono vittime anche in Sicilia (4 a Palermo, 1 a Licata e 1 a Catania). Ma qui, la battaglia antifascista contro un governo appoggiato dal Movimento Sociale Italiano si intrecciò con una serie di questioni economico-sindacali riconducibili ai processi di trasformazione che stavano investendo l’isola e con le vicende politiche regionali, condizionate dalla breve ma significativa stagione del milazzismo. Istanze, contesti e soggetti coinvolti che resero le vicende siciliane solo in parte assimilabili a quelle nazionali e che in queste pagine verranno ricostruite e analizzate

Nazioni e Regioni. Studi e ricerche sulla comunità immaginata, 2021
Starting in 1943, when the island was liberated by the Allies, a separatist movement emerged ... more Starting in 1943, when the island was liberated by the Allies, a separatist movement emerged in Sicily that represented one of the first challenges for state institutions and for political parties that were in the process of being reorganised. Autonomy emerged precisely as a political response to separatist demands and as an instrument that was finally able to bridge the historical gap with the rest of the country in economic, social and infrastructural terms. The autonomism of the major national parties – in particular the Communists and Christian Democrats – became, therefore, an identifying factor and an engine of political action on the island, a point where different and opposing political forces met and clashed, in the name of a central-periphery conflict focused on the demand for public resources and investments.
S. Adorno, M, Angelini, L. Ambrosi, Pensare storicamente. Didattica, laboratori, manuali, Franco Angeli, Milano, 2020, 2020
Una ricognizione sull'insegnamento della storia nella scuola primaria a partire da uno strumento ... more Una ricognizione sull'insegnamento della storia nella scuola primaria a partire da uno strumento essenziale: il sussidiario
Grand Place. Pensamiento y cultura, n. 13, 2020

Novecento.org, n. 12, agosto 2019
La nascita di un polo petrolchimico dell'ENI (Ente Nazionale Idrocarburi) alle porte di Gela, nel... more La nascita di un polo petrolchimico dell'ENI (Ente Nazionale Idrocarburi) alle porte di Gela, nella costa meridionale della Sicilia, insieme alla scoperta del petrolio destarono nella società locale enormi speranze e un consenso generalizzato sulle potenzialità di un modello di sviluppo che avrebbe dovuto fungere da volano per la nascita e il consolidamento dell'imprenditoria siciliana. Nel corso dei decenni molte di queste aspettative sono rimaste lettera morta, lasciando però gradualmente sul tappeto sempre più interrogativi sui danni all'ambiente e sulla stessa sostenibilità economica di quelle produzioni, fino alla situazione attuale, con uno stabilimento chiuso (in attesa di riconversione) e numerosi procedimenti in corso per danni ambientali e malattie sul luogo di lavoro. Il percorso proposto permette di ricostruire fasi e contesti in cui si è svolta questa vicenda decennale, con lo scopo, anche, di favorire una riflessione sulla storia dell'ambiente come filone storiografico utile a una didattica innovativa in grado anche di mettere in relazione storie, territori e i grandi problemi del presente. Tempo di svolgimento: 6 ore
Baris, C. Verri (a cura di) I Siciliani nella Resistenza, Sellerio, Palermo, 2019 , 2019
Con il contributo di:ere autorizzato la pubblicazione del volume. I siciliani nella Resistenza / ... more Con il contributo di:ere autorizzato la pubblicazione del volume. I siciliani nella Resistenza / a cura di Tommaso Baris e Carlo Verri ; premessa di Salvatore Nicosia. -Palermo : Sellerio, 2019. (La diagonale; 140) EAN 978-88-389-3928-0 1. Partigiani siciliani. I. Baris, Tommaso. II. Verri, Carlo. 940.534580922 CDD-23 SBN Pal0312071 CIP -Biblioteca centrale della Regione siciliana «Alberto Bombace» Questo volume è stato stampato su carta Grifo vergata prodotta dalle Cartiere di Fabriano con materie prime provenienti da gestione forestale sostenibile.
‘Los salatoris’ di Biscaglia.

La Sicilia degli anni Cinquanta raccontata da personaggi come
Danilo Dolci, Carlo Levi, Leonardo ... more La Sicilia degli anni Cinquanta raccontata da personaggi come
Danilo Dolci, Carlo Levi, Leonardo Sciascia, o dai tanti reportage di
quotidiani come «L’Ora», appariva come l’emblema dell’arretratezza e
dell’abbandono del Meridione. Ma in quegli stessi anni altre cronache
giornalistiche, documentari e cinegiornali, descrivevano le trasformazioni urbanistiche nell’isola, le opere pubbliche, le speranze di un futuro petrolifero e industriale, facendone quasi un simbolo della ricostruzione e del benessere che cominciava a far capolino in Italia. Erano narrazioni diverse di una Regione protagonista di un contraddittorio processo di cambiamento, in cui progresso e povertà si
mischiavano continuamente. D’altronde l’autonomia siciliana, in vigore
dal 1946, aveva trovato fondamento e legittimità, non su preesistenti
identità etnoculturali, ma nel suo essere strumento politico
necessario allo sviluppo dell’isola e al superamento del divario economico rispetto al resto del Paese. Se da una parte vi era l’autonomismo di chi governava e metteva in mostra le proprie realizzazioni materiali, dall’altro vi erano le sinistre che in nome dell’autonomia tradita, difendevano gli interessi di una Sicilia sempre sfruttata e rivendicativa. Ma in ogni caso l’autonomia e i suoi obiettivi erano il motore della politica regionale. Il volume ricostruisce questa stagione della storia siciliana, cercando di raccontare le trasformazioni dell’isola e le rappresentazioni di queste in funzione delle differenti sensibilità autonomistiche e dei loro obiettivi. La Sicilia che si racconta non è quindi solo quella “patologica” della mafia e dei fallimenti della politica. È anche quella delle realizzazioni, delle speranze, dell’enfasi autonomistica di una classe dirigente con tanti chiaroscuri, ma consapevole che la propria legittimazione derivava dai propri risultati e dalla soluzione della “questione siciliana”.

officina della storia, 2017
La Sicilia del dopoguerra era protagonista di un processo di trasformazione sociale ed economica ... more La Sicilia del dopoguerra era protagonista di un processo di trasformazione sociale ed economica in grado di attribuire significato e legittimità all’Autonomia e alla classe politica regionale, ma anche ricco di contraddizioni. D’altra parte arretratezza e sviluppo continuavano a coesistere, spesso senza soluzione di continuità, alimentando narrazioni diverse della Sicilia. Da una parte il racconto di chi stava al governo della Regione, che celebrava i successi dell’Autonomia, le sue realizzazioni materiali e i miglioramenti delle condizioni di vita di una parte della popolazione. Dall’altra vi era la narrazione delle miserie e dell’arretratezza, che per le opposizioni comunista e socialista erano testimonianza del tradimento dell’Autonomia. Queste diverse rappresentazioni della Sicilia trovavano spazio nella letteratura, nel giornalismo e anche in una produzione documentarista che sin dal dopoguerra accendeva i riflettori sulla questione meridionale e sulla questione siciliana in particolare. A dire il vero fino all’inizio degli anni cinquanta prevaleva il racconto di una Sicilia immobile, folkloristica, ancorata a tradizioni e ad attività economiche antichissime. L’isola diveniva quasi una metafora dell’arretratezza del Paese. Ma dal 1953 in poi, con la scoperta del petrolio, con i flussi di denaro provenienti dalla Cassa del Mezzogiorno e dalla Regione si imponeva una nuova narrazione della Sicilia. Soprattutto nei cinegiornali e nei documentari Incom scorrevano le immagini delle dighe, delle nuove strade, delle fabbriche, delle raffinerie, dei quartieri in costruzione, dei nuovi consumi. Raccontavano una storia di successo che faceva dell’isola quasi il simbolo del nuovo corso democratico, l’emblema dei successi di una classe politica al governo nel Paese e alla Regione, la legittimazione dell’autonomia e delle sue realizzazioni. Un racconto celebrativo e ottimistico che nulla aveva a che vedere con la scrittura di Sciascia, coi reportage di Carlo Levi, con le denunce di Danilo Dolci, con le stesse immagini che alla fine del decennio, e poi negli anni successivi, alcuni documentaristi come Vittorio de Seta o Giuseppe Ferrara avrebbero offerto. Era quest’ultima la rappresentazione che finiva col prevalere, ma era la prima a raccontare meglio una stagione breve e irripetibile in cui il racconto dell’autonomia siciliana sembrava coincidere con le speranze, le aspettative, l’immaginario di una società in rapida e contraddittoria trasformazione
In the past year, studies on the Basque socialism have underlined the role of its leadership in t... more In the past year, studies on the Basque socialism have underlined the role of its leadership in the political events that have characterized the Transition to democracy in Spain and in Euskadi. The new socialist leadership had to affirm a radical and pseudo-nationalist identity to innovate the image of a Spanish party. The renewal of the Socialist Party in the Basque Country corresponded to a local translation of the general innovation of the Spanish socialism, in a social and cultural context in which nationalisms got always great consent.
The renewal of Spanish socialism at the end of the dictature, and in the years of the Transition ... more The renewal of Spanish socialism at the end of the dictature, and in the years of the Transition to the democracy, had different characteristics in the regions where nationalisms were more radicated. In Euskadi, the reorganization of Basque socialism coincided with the establishment of a new generation of dirigeants who imposed a new Basque identity to an historical party, expression of the working class and local immigrants. As a result, socialism strengthened its political proposal against other left parties, and it also accelerated the process of nationalization of Basque Countries
Siamo disponibili a riconoscere ai legittimi detentori il copyright delle foto delle quali non è ... more Siamo disponibili a riconoscere ai legittimi detentori il copyright delle foto delle quali non è stato possibile reperire gli aventi diritto.

Andrea Miccichè è nato a Catania nel 1977 ed è assegnista di ricerca presso la Facoltà di Scienze... more Andrea Miccichè è nato a Catania nel 1977 ed è assegnista di ricerca presso la Facoltà di Scienze politiche della sua città dove ha conseguito il titolo di Dottore di ricerca in Storia contemporanea con una tesi su «I socialisti baschi e la transizione alla democrazia nei Paesi baschi (1977)(1978)(1979)(1980)». Ha svolto un lungo periodo di ricerca in Spagna specializzandosi in storia della Spagna contemporanea e dedicando particolare attenzione allo studio della transizione alla democrazia, del nazionalismo e del socialismo basco. Nel 2009 ha pubblicato per la Editorial Pablo Iglesias la monografia: Euskadi Socialista. El PSE-PSOE y la Transición en el País Vasco. 1976-1980. La versione italiana è edita nel 2010 da Rubbettino col titolo Euskadi socialista. Il PSOE e la Transizione alla democrazia nei Paesi baschi (1976-1980). Attualmente si occupa di storia della Sicilia negli anni della prima repubblica. Collabora con la rivista «Spagna Contemporanea». È membro dell'Istituto siciliano per la Storia dell'Italia contemporanea «Carmelo Salanitro». Presentazione di Angelo Villari 7 Prefazione di Rosario Mangiameli 11 Introduzione 19 Capitolo primo La crisi del centrismo, Tambroni, il luglio '60 25 Capitolo secondo Il luglio '60 a Catania 43 Capitolo terzo Il dibattito in Assemblea regionale siciliana 75 Capitolo quarto Il fragile piedistallo 83 Capitolo quinto Il processo 93 Capitolo sesto Su luglio '60 e antifascismo 109 Bibliografia 113 Indice dei nomi 115

Sono innumerevoli le proposte interpretative che hanno animato l'articolato dibattito sulla nasci... more Sono innumerevoli le proposte interpretative che hanno animato l'articolato dibattito sulla nascita dei nazionalismi 1 , mentre minore attenzione è stata dedicata all'evoluzione di questi, su come mutino nel tempo, attirando contenuti e sensibilità nuove dal mondo politico circostante. La persistenza di obiettivi di lungo periodo -indipendenza, sovranità, autonomia quanto più estesa -in molti casi è stata compatibile con costruzioni ideologiche soggette a usura e per questo permeabili a nuovi e più efficaci contenuti. Ciò è avvenuto perché la costruzione delle comunità nazionaliste si è realizzata utilizzando materiali "identitari" -miti, simboli, memorie, rivendicazioni -adeguati ai tempi della storia e della politica, materiali che in alcuni casi sono divenuti inutilizzabili o semplicemente anacronistici. Il nazionalismo basco è un ottimo esempio di movimento identitario evolutosi nel corso di un secolo, mutando molti dei suoi tratti genetici. Un nazionalismo comunque di "successo" perché capace non solo di strutturare una comunità e di legittimarla, ma anche di definire una dinamica centro-periferia che è divenuta elemento peculiare del sistema politico locale e statale, come dimostra l'organizzazione pseudofederale della Spagna attuale.

Auge e fine del milazzismo. Le elezioni regionali del 1959 rappresentarono proprio questo: un suc... more Auge e fine del milazzismo. Le elezioni regionali del 1959 rappresentarono proprio questo: un successo per un partito, l'Unione Siciliana Cristiana Sociale, che nasceva come scissione della Democrazia Cristiana, ma anche l'inizio di un inarrestabile declino nella parabola di Silvio Milazzo e del suo tentativo di dar vita ad un governo eterogeneo tenuto insieme dalla parola d'ordine della difesa dell'autonomismo. Milazzo, infatti, era stato eletto Presidente della Regione il 23 ottobre 1958 contro il candidato designato dal suo partito, il democristiano Barbaro Lo Giudice con voti provenienti dalla destra e dalla sinistra, oltre che da settori interni alla stessa DC. La censura alla sua elezione da parte della segretaria nazionale democristiana era stata respinta da Milazzo in nome di una difesa del Parlamento siciliano e delle sue prerogative minacciate dall'invasività della corrente fanfaniana egemone nella DC. Milazzo venne espulso, ma reagì alle direttive romane formando un «governo di unità siciliana» con un appoggio trasversale che andava dal Movimento Sociale Italiano al Partito Comunista Italiano ed in cui erano presenti 3 democristiani, 1 socialista, 1 indipendente di sinistra ed altri 6 parlamentari missini e monarchici. L'eccezionalità della vicenda non era rappresentata solo dall'emarginazione della DC, divenuta opposizione in una regione importante come la Sicilia, e dall'inclusione delle destre in una simile operazione, ma anche dal venir meno della discriminante anti comunista negli anni più cupi della guerra fredda.
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Papers by Andrea Miccichè
Danilo Dolci, Carlo Levi, Leonardo Sciascia, o dai tanti reportage di
quotidiani come «L’Ora», appariva come l’emblema dell’arretratezza e
dell’abbandono del Meridione. Ma in quegli stessi anni altre cronache
giornalistiche, documentari e cinegiornali, descrivevano le trasformazioni urbanistiche nell’isola, le opere pubbliche, le speranze di un futuro petrolifero e industriale, facendone quasi un simbolo della ricostruzione e del benessere che cominciava a far capolino in Italia. Erano narrazioni diverse di una Regione protagonista di un contraddittorio processo di cambiamento, in cui progresso e povertà si
mischiavano continuamente. D’altronde l’autonomia siciliana, in vigore
dal 1946, aveva trovato fondamento e legittimità, non su preesistenti
identità etnoculturali, ma nel suo essere strumento politico
necessario allo sviluppo dell’isola e al superamento del divario economico rispetto al resto del Paese. Se da una parte vi era l’autonomismo di chi governava e metteva in mostra le proprie realizzazioni materiali, dall’altro vi erano le sinistre che in nome dell’autonomia tradita, difendevano gli interessi di una Sicilia sempre sfruttata e rivendicativa. Ma in ogni caso l’autonomia e i suoi obiettivi erano il motore della politica regionale. Il volume ricostruisce questa stagione della storia siciliana, cercando di raccontare le trasformazioni dell’isola e le rappresentazioni di queste in funzione delle differenti sensibilità autonomistiche e dei loro obiettivi. La Sicilia che si racconta non è quindi solo quella “patologica” della mafia e dei fallimenti della politica. È anche quella delle realizzazioni, delle speranze, dell’enfasi autonomistica di una classe dirigente con tanti chiaroscuri, ma consapevole che la propria legittimazione derivava dai propri risultati e dalla soluzione della “questione siciliana”.
Danilo Dolci, Carlo Levi, Leonardo Sciascia, o dai tanti reportage di
quotidiani come «L’Ora», appariva come l’emblema dell’arretratezza e
dell’abbandono del Meridione. Ma in quegli stessi anni altre cronache
giornalistiche, documentari e cinegiornali, descrivevano le trasformazioni urbanistiche nell’isola, le opere pubbliche, le speranze di un futuro petrolifero e industriale, facendone quasi un simbolo della ricostruzione e del benessere che cominciava a far capolino in Italia. Erano narrazioni diverse di una Regione protagonista di un contraddittorio processo di cambiamento, in cui progresso e povertà si
mischiavano continuamente. D’altronde l’autonomia siciliana, in vigore
dal 1946, aveva trovato fondamento e legittimità, non su preesistenti
identità etnoculturali, ma nel suo essere strumento politico
necessario allo sviluppo dell’isola e al superamento del divario economico rispetto al resto del Paese. Se da una parte vi era l’autonomismo di chi governava e metteva in mostra le proprie realizzazioni materiali, dall’altro vi erano le sinistre che in nome dell’autonomia tradita, difendevano gli interessi di una Sicilia sempre sfruttata e rivendicativa. Ma in ogni caso l’autonomia e i suoi obiettivi erano il motore della politica regionale. Il volume ricostruisce questa stagione della storia siciliana, cercando di raccontare le trasformazioni dell’isola e le rappresentazioni di queste in funzione delle differenti sensibilità autonomistiche e dei loro obiettivi. La Sicilia che si racconta non è quindi solo quella “patologica” della mafia e dei fallimenti della politica. È anche quella delle realizzazioni, delle speranze, dell’enfasi autonomistica di una classe dirigente con tanti chiaroscuri, ma consapevole che la propria legittimazione derivava dai propri risultati e dalla soluzione della “questione siciliana”.