Books by Antonietta Buonauro

Geografia e cultura visuale
Il volume indaga l'emergere di nuove forme di centralità, fisiche e virtuali, nel mondo contempor... more Il volume indaga l'emergere di nuove forme di centralità, fisiche e virtuali, nel mondo contemporaneo in seguito alla crisi pandemica del 2020. A partire da una disamina delle accelerazioni impresse dai lockdown nazionali ai processi economici e politici promossi dal Green New Deal, gli autori analizzano i mutamenti avvenuti a livello globale e locale nei luoghi e nei "non-luoghi" più rappresentativi della cultura contemporanea. Centri storici e aree metropolitane, centralità del consumo e città del divertimento, conurbazioni e aree extraurbane, che già tentavano di adattarsi ai cambiamenti dettati dall'economia digitale e dal paradigma dello smart living, con l'incedere della pandemia si sono dovuti confrontare con i mutamenti che essa ha introdotto negli stili di vita, di produzione e di consumo tipici del mondo globalizzato. La cultura della circolazione delle persone e delle merci, che aveva connotato la postmodernità soprattutto negli anni Duemila favorendo il fiorire di economie del turismo ed esperienze di consumo che attingevano dall'universo audiovisivo contemporaneo e dalle sue narrazioni, con lo shock pandemico sembra aver rovesciato la prospettiva, ibridandosi con le molteplici forme di interazione virtuale e conferendo inediti significati a quei sistemi complessi di relazioni che sono i centri e i territori.

Riscontri, 2020
La crisi sanitaria legata alla pandemia del virus “Covid-19” è la prima, per impatto sociale, eco... more La crisi sanitaria legata alla pandemia del virus “Covid-19” è la prima, per impatto sociale, economico e politico a livello globale, ad avvenire ai tempi dei media digitali partecipativi. Ciò fa sì che il fenomeno non sia solo seguito dai classici mezzi di informazione, ma si riverberi anche attraverso i social media e nella sfera pubblica digitale suscitando reazioni, dibattiti, interpretazioni. Questo aspetto suggerisce alcune riflessioni sul modo in cui i media partecipativi stanno operando la mediazione di un fenomeno di tale portata, sia attraverso la costruzione di immaginari, sia modulando l’intensità con cui l’evento viene percepito. Trattandosi di un evento inatteso e traumatico, il suo impatto a livello mediatico è stato molto forte, al pari delle attività di ricerca di informazioni. Non è un caso che sia stato recuperato il termine “infodemia”, che fa riferimento alla circolazione di una quantità eccessiva di informazioni e dati che rendono arduo informarsi, facendo leva sull’emotività dei destinatari. L’infodemia sta mostrando l’importanza di un’alfabetizzazione digitale di massa su scala globale, mentre la crescente intolleranza nell’opinione pubblica verso le fake news sta mettendo in crisi il discorso politico di stampo populista apparso dominante nel mondo occidentale nell’ultimo decennio.
Di fronte alla crisi che gli Stati si sono trovati a fronteggiare, anche le aziende hanno dovuto rivedere le proprie strategie comunicative, ponendosi nell’ottica di una collaborazione in partnership con i governi e al servizio della comunità globale. La virata in questo senso è stata evidente e quelle aziende che si sono mostrate ancorate alle logiche di profitto e ai modelli culturali precedenti l’emergenza ne hanno pagato le conseguenze in termini di vendite. Ne sono derivate innovazioni che molto probabilmente lasceranno il segno anche nel mondo post emergenziale: dalla conversione repentina di tutti i settori lavorativi allo smart working, alla crescita del mondo del delivery e dell’e-commerce, dai meeting professionali in videoconferenza alla didattica a distanza per tutti i livelli della formazione, ai concerti campioni di incassi sulle piattaforme virtuali. L’accelerazione verso pratiche di sharing economy e di economia digitale consente di compiere riflessioni significative sulle prospettive future del mondo contemporaneo che il realizzarsi del cosiddetto smart living consentirà una volta usciti dalla cornice emergenziale.
Nel panorama cinematografico contemporaneo Jane Campion si è distinta innanzitutto per l'original... more Nel panorama cinematografico contemporaneo Jane Campion si è distinta innanzitutto per l'originalità dei temi trattati nei suoi film e per l'approccio anticonvenzionale con cui ha saputo raccontare, attraverso modi di produzione e generi diversi, la dicotomia maschile-femminile. Questo volume indaga, con un'analisi diacronica che va dai primi cortometraggi fino ai lavori più recenti per il cinema e la televisione, il modo in cui la regista neozelandese costruisce e mette in scena le dinamiche del desiderio femminile all'interno di contesti sociali patriarcali, invitando lo spettatore a uno sguardo inedito e critico rispetto all'immaginario culturale e visuale dominante.

Il volume offre una ricognizione storico-teorica sul concetto di trauma, da meccanismo psichico p... more Il volume offre una ricognizione storico-teorica sul concetto di trauma, da meccanismo psichico patologico (individuato sul finire dell’Ottocento in ambito clinico) a dinamica caratterizzante della storia contemporanea, della produzione culturale inscritta in quest’ultima e della formazione dei soggetti, ripercorrendo così anche l’evoluzione accademica dei cosiddetti Trauma Studies, nati in seno agli studi culturali statunitensi. Senza tralasciare le principali teorie novecentesche sul rapporto tra visione e metropoli, che videro nello shock percettivo il concetto principe dell’esperienza del vivere moderno, il volume si spinge fino all’analisi di alcune tra le tendenze dominanti dell’estetica mediatica e cinematografica contemporanea. Dai mind game film (in particolare alcune pellicole di Christopher Nolan) ai disaster movies, dal fotogiornalismo post 11 settembre agli user generated contents e ai focus delle rassegne internazionali fotografiche e cinematografiche sugli tsunami di Thailandia e Giappone, questo lavoro evidenzia come l’attrazione per le immagini recrudescenti e l’assottigliamento del confine tra norma e abiezione abbiano prodotto, a cavallo degli anni Duemila, una vera e propria sfera pubblica “patologica”, frutto di una cultura visuale dominata dalla spettacolarizzazione del trauma.
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Papers by Antonietta Buonauro

2.5 Il trauma come "memoria debilitante" e l'intreccio con la fantasia. 2.6 Il problema della sog... more 2.5 Il trauma come "memoria debilitante" e l'intreccio con la fantasia. 2.6 Il problema della soggettività. 2.7 Storia, memoria e testimonianza. Un modello peculiare di soggettività. Capitolo 3. Trauma e visione. Modernità, shock, cinema. 3.1 Cinema, shock, metropoli. Le modificazioni appercettive della modernità. 3.2 Trauma e modernità, un'origine comune. 3.3 Dai Lumi al flaneur e oltre. Metropoli ed esperienza visiva nel XIX secolo. 3.4 Assalto al corpo: la riflessione sulla soggettività, lo shock e l'influenza della psicoanalisi. 3.5 Esperienza e aura. Benjamin, la modernità e la riproducibilità tecnica. 3.6 Il cinema attrazionale. Capitolo 4. Mind game films e puzzle films. La struttura dissociativa nel cinema hollywoodiano. 4.1 Puzzle film: strutture narrative e identità traumatiche. 4.2 Prospettive anti-narratologiche. Dai forcing-path films ai mind-game films. 4.3 Mind-game films e patologie produttive. 4.4 Memento. Amnesie post-traumatiche e narrazioni rovesciate. 4.5 Il puzzle di Leonard e la teoria del trauma. Inception. Sogno, realtà e scenari fantasmatici. Capitolo 5. Estetica apocalittica e lettura traumatica. Immaginari mediatici del nuovo millennio. 5.1 Trauma vicario e esperienza spettatoriale. 5.2 Trauma vicario, rappresentazione e 11 settembre. 5.3 Agency e vulnerabilità. Il trauma vicario della visione di soggetti morenti. 5.4 Vulnerabilità e piacere visivo. 5.5 La rappresentazione della caduta nel vuoto prima dell'11 settembre. 5.6 L'arte dell'11 settembre: indeterminatezza e animazione sospesa. 5.7 Un film sull'11 settembre. Lo shock percettivo e il trauma virtuale.
The article reflects on the central role of digital media and the need for a Digital and Media Li... more The article reflects on the central role of digital media and the need for a Digital and Media Literacy for students, in order to build a conscious and active citizenship. Studying the potential of the Internet as an instrument of knowledge is an important tool to make students digital literate, and it's also a resource for local communities, combining digital skills and innovation with traditional skills. Starting from the 2015 National Plan for a Digital School, this study also paints the portrait about the progress made in Italy in digital literacy, as well as its critical issues.
Il cinema di Jane Campion è emerso e si è distinto da subito per la sua originalità e per l’incre... more Il cinema di Jane Campion è emerso e si è distinto da subito per la sua originalità e per l’incredibile forza delle sue immagini. Quello di Jane Campion è un cinema anticonformista e mainstream nello stesso tempo, declinato soprattutto al femminile, vicino alle tematiche della teoria femminista. Un cinema originale e irriverente che ha esplorato i diversi modi in cui il sessismo e il colonialismo si sono insinuati all’interno delle categorie di casa, di famiglia, di genere, messe in questione proprio nel loro apparente significato univoco e universale.
The Square è il titolo di un’installazione di arte contemporanea che delimita il perimetro di un ... more The Square è il titolo di un’installazione di arte contemporanea che delimita il perimetro di un quadrato luminoso di alcuni metri all’interno del quale ognuno, indistintamente dalla propria religione, cultura, credo politico, genere o classe sociale, ha idealmente uguali diritti e doveri ed è responsabile del prossimo. Questo spazio artistico e immaginario dedicato ai valori della tolleranza, del rispetto e dell’altruismo è il punto di partenza e il filo rosso del discusso e controverso film diretto da Ruben Östlund, regista svedese vincitore della Palma D’Oro al festival di Cannes del 2017.

Journal of Educational, Cultural and Psychological Studies, Dec 1, 2015
Cultural and Gender Studies represent by now a fundamental instrument in the analysis of audiovis... more Cultural and Gender Studies represent by now a fundamental instrument in the analysis of audiovisual language, both for the cinematographic and the television one, as shown by the growing academic attention for serial productions. This article intends to carry out a theoretical survey on Gender Studies underlying their use in the audiovisual language. The specific subject of our survey is the TV series «Top of the Lake» (2013) signed, among others, by the New Zealand director Jane Campion. The series has turned out to be particularly interesting in terms of modification of the cultural and gender imaginary related to the woman and to the binomial male/female. The «Top of the Lake» TV series creates and offers the audience a sophisticated critique of the traditional visual codes normally associated to the gender, in order to hinder all passive identification processes to the characters represented on the screen. This case of study proves to be not only an interesting mix between authorship and mainstream language, but it's also particularly appropriate for a gender analysis, as it shows the ability of audiovisual language to convey a problematic rep-* Nell'ambito di una pianificazione condivisa del saggio, a Valentina Domenici si deve la stesura del par. 3 e ad Antonietta Buonauro si devono i parr. 1, 2 e 4.

Università degli studi Roma Tre, Apr 24, 2012
2.5 Il trauma come "memoria debilitante" e l'intreccio con la fantasia. 2.6 Il problema della sog... more 2.5 Il trauma come "memoria debilitante" e l'intreccio con la fantasia. 2.6 Il problema della soggettività. 2.7 Storia, memoria e testimonianza. Un modello peculiare di soggettività. Capitolo 3. Trauma e visione. Modernità, shock, cinema. 3.1 Cinema, shock, metropoli. Le modificazioni appercettive della modernità. 3.2 Trauma e modernità, un'origine comune. 3.3 Dai Lumi al flaneur e oltre. Metropoli ed esperienza visiva nel XIX secolo. 3.4 Assalto al corpo: la riflessione sulla soggettività, lo shock e l'influenza della psicoanalisi. 3.5 Esperienza e aura. Benjamin, la modernità e la riproducibilità tecnica. 3.6 Il cinema attrazionale. Capitolo 4. Mind game films e puzzle films. La struttura dissociativa nel cinema hollywoodiano. 4.1 Puzzle film: strutture narrative e identità traumatiche. 4.2 Prospettive anti-narratologiche. Dai forcing-path films ai mind-game films. 4.3 Mind-game films e patologie produttive. 4.4 Memento. Amnesie post-traumatiche e narrazioni rovesciate. 4.5 Il puzzle di Leonard e la teoria del trauma. Inception. Sogno, realtà e scenari fantasmatici. Capitolo 5. Estetica apocalittica e lettura traumatica. Immaginari mediatici del nuovo millennio. 5.1 Trauma vicario e esperienza spettatoriale. 5.2 Trauma vicario, rappresentazione e 11 settembre. 5.3 Agency e vulnerabilità. Il trauma vicario della visione di soggetti morenti. 5.4 Vulnerabilità e piacere visivo. 5.5 La rappresentazione della caduta nel vuoto prima dell'11 settembre. 5.6 L'arte dell'11 settembre: indeterminatezza e animazione sospesa. 5.7 Un film sull'11 settembre. Lo shock percettivo e il trauma virtuale.
Roma Tre Press, 2018
The Square è il titolo di un’installazione di arte contemporanea che delimita il perimetro di un ... more The Square è il titolo di un’installazione di arte contemporanea che delimita il perimetro di un quadrato luminoso di alcuni metri all’interno del quale ognuno, indistintamente dalla propria religione, cultura, credo politico, genere o classe sociale, ha idealmente uguali diritti e doveri ed è responsabile del prossimo. Questo spazio artistico e immaginario dedicato ai valori della tolleranza, del rispetto e dell’altruismo è il punto di partenza e il filo rosso del discusso e controverso film diretto da Ruben Östlund, regista svedese vincitore della Palma D’Oro al festival di Cannes del 2017.

A partire dal triplice intreccio con cui lega insieme filosofia hegeliana, psicoanalisi lacaniana... more A partire dal triplice intreccio con cui lega insieme filosofia hegeliana, psicoanalisi lacaniana e cultura di massa, Slavoj Žižek si propone sin dai suoi primi lavori di indagare i fenomeni sociali, allo scopo di disvelare le dinamiche che intervengono nel processo di costruzione della soggettività e con esse il significato politico delle fantasie ideologiche, fantasie di controllo, di completezza ed esclusione, che determinano il funzionamento della società in cui tale soggetto si colloca. Pensatore più che filosofo, per dirlo in termini deleuziani, ovvero figura nomadica che muove concetti continuamente riarticolandoli, con i suoi scritti Žižek offre alla teoria psicoanalitica dell’ideologia un contributo capace di dare un’interpretazione persuasiva di molte formazioni culturali contemporanee, prima tra tutte il cinema, che egli erige a privilegiato oggetto di riflessione e terreno di verifica del proprio paradigma teorico. “Arte perversa per eccellenza”, il cinema più che proporre al soggetto la gratificazione del suo desiderio, punta invece ad indicargli “come desiderare” , in virtù della sua peculiare capacità di metterci direttamente a confronto con le pulsioni più nascoste, rimosse e negate dall’individuo e dalla società, consentendo così di passare al setaccio le relazioni tra sguardo e desiderio, fantasia e realtà (entrambe in senso lacaniano), ovvero di indagare il declinarsi della dialettica da cui deriva il soggetto stesso, quella tra i tre assi del simbolico, dell’immaginario e del reale. È infatti dall’avvicendarsi di queste tre dimensioni, o meglio dall’intrecciarsi infinito di simbolico e immaginario (dimensione del linguaggio e della cultura, e dimensione costitutiva dell’io nella relazione con l’altro) intorno alla dimensione traumatica del reale (dimensione pre-simbolica della jouissance) 2, che si evidenzia con chiarezza il continuo scambio in atto tra dinamiche individuali e formazioni socio-simboliche, tra soggettività e Grande Altro, quali istanze inscindibilmente legate tra loro da una comune “struttura ontologica”, che Žižek, come Lacan, individua nella dinamica psichica del fantasma (fantasia). Da “idiosincrasia soggettiva”3 quindi, com’era in Freud (ossia una formazione ausiliaria derivante dal trauma dell’impossibilità di realizzazione dei propri desideri), il fantasma diviene qui “struttura ontologica”, la quale in definitiva, costituisce il soggetto, ma lo costituisce in senso negativo, ovvero come “frustrazione nella sua essenza”

The purpose of this pilot study was to investigate the effectiveness of an educational interventi... more The purpose of this pilot study was to investigate the effectiveness of an educational intervention to improve nursing students' basic knowledge of Muscle Dysmorphia. Muscle Dysmorphia (MD) is a disorder found largely in the male population and is characterized by the obsession to gain large amounts of muscle mass while still perceiving oneself as too small. An interventional study was conducted through an electronically disseminated survey to a selected population of baccalaureate nursing students. The 88 participants were surveyed before and after an educational intervention to assess improved awareness of MD as a disorder. Investigators found that students had improved awareness of MD after educational intervention, but did not demonstrate improvement in identification of clinical symptoms. This topic serves as an important area of research as it links education for nursing students and clinicians with awareness and identification of this emerging disorder.

En The article reflects on the central role of digital media and the need for a Digital and Media... more En The article reflects on the central role of digital media and the need for a Digital and Media Literacy for students, in order to build a conscious and active citizenship. Studying the potential of the Internet as an instrument of knowledge is an important tool to make students digital literate, and it's also a resource for local communities, combining digital skills and innovation with traditional skills. Starting from the 2015 National Plan for a Digital School, this study also paints the portrait about the progress made in Italy in digital literacy, as well as its critical issues. It L'articolo propone una riflessione sul ruolo centrale occupato oggi dai media digitali e sulla necessita di una Digital e Media Literacy per la costruzione e l'esercizio di una cittadinanza attiva e consapevole. Approfondire le potenzialita della rete come strumento di conoscenza, infatti, costituisce, da un lato, uno dei modi piu efficaci per alfabetizzare digitalmente gli studenti e ...
Il cinema di Jane Campion è emerso e si è distinto da subito per la sua originalità e per l’incre... more Il cinema di Jane Campion è emerso e si è distinto da subito per la sua originalità e per l’incredibile forza delle sue immagini. Quello di Jane Campion è un cinema anticonformista e mainstream nello stesso tempo, declinato soprattutto al femminile, vicino alle tematiche della teoria femminista. Un cinema originale e irriverente che ha esplorato i diversi modi in cui il sessismo e il colonialismo si sono insinuati all’interno delle categorie di casa, di famiglia, di genere, messe in questione proprio nel loro apparente significato univoco e universale.
ECPS - Educational, Cultural and Psychological Studies, 2015
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Books by Antonietta Buonauro
Di fronte alla crisi che gli Stati si sono trovati a fronteggiare, anche le aziende hanno dovuto rivedere le proprie strategie comunicative, ponendosi nell’ottica di una collaborazione in partnership con i governi e al servizio della comunità globale. La virata in questo senso è stata evidente e quelle aziende che si sono mostrate ancorate alle logiche di profitto e ai modelli culturali precedenti l’emergenza ne hanno pagato le conseguenze in termini di vendite. Ne sono derivate innovazioni che molto probabilmente lasceranno il segno anche nel mondo post emergenziale: dalla conversione repentina di tutti i settori lavorativi allo smart working, alla crescita del mondo del delivery e dell’e-commerce, dai meeting professionali in videoconferenza alla didattica a distanza per tutti i livelli della formazione, ai concerti campioni di incassi sulle piattaforme virtuali. L’accelerazione verso pratiche di sharing economy e di economia digitale consente di compiere riflessioni significative sulle prospettive future del mondo contemporaneo che il realizzarsi del cosiddetto smart living consentirà una volta usciti dalla cornice emergenziale.
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Papers by Antonietta Buonauro
Di fronte alla crisi che gli Stati si sono trovati a fronteggiare, anche le aziende hanno dovuto rivedere le proprie strategie comunicative, ponendosi nell’ottica di una collaborazione in partnership con i governi e al servizio della comunità globale. La virata in questo senso è stata evidente e quelle aziende che si sono mostrate ancorate alle logiche di profitto e ai modelli culturali precedenti l’emergenza ne hanno pagato le conseguenze in termini di vendite. Ne sono derivate innovazioni che molto probabilmente lasceranno il segno anche nel mondo post emergenziale: dalla conversione repentina di tutti i settori lavorativi allo smart working, alla crescita del mondo del delivery e dell’e-commerce, dai meeting professionali in videoconferenza alla didattica a distanza per tutti i livelli della formazione, ai concerti campioni di incassi sulle piattaforme virtuali. L’accelerazione verso pratiche di sharing economy e di economia digitale consente di compiere riflessioni significative sulle prospettive future del mondo contemporaneo che il realizzarsi del cosiddetto smart living consentirà una volta usciti dalla cornice emergenziale.
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Incentrate sulla passione intesa come moto irrinunciabile della soggettività, le vicende delle personagge che abitano questi film raccontano una sfida alle norme patriarcali, attraverso un punto di vista femminile che incide sulle convenzioni narrative dei rispettivi generi cinematografici, modificandole sensibilmente, come vedremo nei due esempi di cui ci occuperemo nei prossimi paragrafi. Nel primo caso, analizzaremo infatti alcuni aspetti di In the Cut, thriller in cui i topoi narrativi e stilistici di riferimento vengono volutamente traditi per dare spazio ad una riflessione sulla costruzione sociale dei ruoli di genere e sui falsi miti legati al concetto di amore romantico. Nel secondo caso, invece, ci occuperemo di The Piano, melodramma ispirato alla letteratura gotica ottocentesca, dalla quale Campion riprende non solo le principali tematiche del racconto, ma anche l’adozione di un punto di vista femminile nelle dinamiche della messa in scena, costruite per uno sguardo spettatoriale, ovvero per un piacere visivo, di segno opposto rispetto al cinema narrativo classico.
Questo fenomeno, verificatosi per la prima volta in relazione agli attacchi alle Torri Gemelle del 2001 – che segnano di fatto l’inizio di una nuova tendenza mediatica globale – trova il proprio seguito nella documentazione di disastri ambientali di proporzioni eclatanti avvenuti negli anni successivi, ovvero nella ripresa di catastrofi capaci di stravolgere interi paesaggi modificandoli permanentemente e violentemente.
Dopo l’Undici settembre, infatti, sono gli scenari prodotti dai cataclismi ad attrarre allo stesso modo del 2001 l’attenzione degli utenti mediatici, che si prestano alla realizzazione di sensazionalistici video amatoriali girati mentre il dramma è in corso. In questa prospettiva diviene significativo indagare il fenomeno costituito dalla diffusione dei video che hanno ripreso la devastazione provocata dai due grandi tsunami avvenuti negli anni Duemila, i quali hanno registrato un’enorme interessamento internazionale, corredato di un’altrettanto ampia quantità di immagini e di racconti cinematografici e televisivi ad essi dedicati.
delimita il perimetro di un quadrato luminoso di alcuni metri all’interno
del quale ognuno, indistintamente dalla propria religione, cultura,
credo politico, genere o classe sociale, ha idealmente uguali diritti e
doveri ed è responsabile del prossimo. Questo spazio artistico e immaginario
dedicato ai valori della tolleranza, del rispetto e dell’altruismo
è il punto di partenza e il filo rosso del discusso e controverso film
diretto da Ruben Östlund, regista svedese vincitore della Palma D’Oro
al festival di Cannes del 2017.
Il trattamento mediatico, fotografico e cinematografico dei disastri naturali del 2004 in Thailandia e del 2011 in Giappone, tra orientalismo e crisi delle global cities (Saskia Sassen).
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“Hamlet è un test, una prova chimica, il nucleo di una nebulosa, una specie di cartina di tornasole […] una specie di ‘supermercato’, da cui si può prendere quello che si vuole”, il “testo aperto, che sconfigge la lettura unica e ovvia”, legato all’insorgere della metafisica del dubbio e della melanconia, al passaggio tra estetica rinascimentale e barocca in cui si afferma una “concezione dell’uomo che non è più centro dell’universo”. Dramma “polidiscorsivo, polifonico, plurilinguistico” (Curti 1994, pp.9-10), esso si presta alla più ampia molteplicità delle interpretazioni, consentendo di volta in volta riletture che non temono il passaggio attraverso epoche e generi; qui –nell’orizzonte del noir che intendiamo esplorare- se ne porranno a confronto due trasposizioni filmiche, ovvero l’Amleto (Hamlet, 1948) di Laurence Olivier, e l’assai meno noto rifacimento realizzato da Edgar G. Ulmer , Sangue nel sogno (Strange Illusion, 1947).
“Collocato in una lunga galleria di grandi personaggi mitici, da Edipo a Ulisse, da Faust a Don Chisciotte e Don Giovanni”, Amleto è il “principe dei romantici o lo psicotico depressivo del primo Novecento, adolescente impigliato nell’erotismo represso della fase edipica o essere tutto mente e niente corpo”, è “il giovane ribelle della metà del Novecento”, è l’eroe del noir: scisso, dibattuto senza prospettive di risoluzione, intrappolato e attanagliato nella melanconia del suo desiderio (ivi, p.11). Amleto è il personaggio che “sta sempre sulla soglia” (ibidem), soglia dalla quale ci mostra il lato controverso del desiderio e le ambiguità della melanconia quale suo “umore onnipresente, dolce nella gioia [e] angoscioso nel dolore” (ivi, p. 15). Perso nell’incapacità di agire, “nella paralisi e nella contemplazione della morte” (ivi, p.14), egli è il soggetto “che ha perduto la via del desiderio” -come lo aveva definito Lacan- e che rispecchia gli influssi contraddittori di un momento storico di transizione, in cui si compiva il passaggio ad un’estetica in cui “l’uomo non [era] più [il] centro dell’universo” (ivi, p.10). Con la sua vicenda allora, questo personaggio incarna innanzitutto la decadenza di un uomo che, a differenza di Edipo, “sa fin dall’inizio di essere caduto”. (Lacan, 1956, p.136).
Come sostenne Freud, Amleto rappresenta la messa in scena di quei desideri inconsci e incestuosi che da sempre riguardano l’essere umano, e che per questa ragione hanno attirato ed attirano l’interesse di artisti e poeti. L’indecisione del giovane principe nella vendetta contro lo zio nasce infatti dal senso di colpa per l’empatia nel desiderio verso Gertrude, moglie del re e madre di Amleto. Il nuovo re Claudio, nel prendere il posto di suo fratello uccidendolo e sposandone la moglie, ha in realtà materializzato i desideri –inconsci e incestuosi- di Amleto, desideri che invece avrebbero dovuto rimanere nascosti.
Scrive Freud in Totem e tabù:
“Questo orrore [dell’incesto] è un tratto squisitamente infantile, e dà luogo a una vistosa concordanza con la vita psichica del nevrotico. La psicoanalisi ci ha insegnato che la prima scelta dell’oggetto sessuale da parte del bambino è incestuosa e si indirizza su oggetti proibiti, la madre e la sorella; la stessa psicoanalisi ci ha consentito di individuare altresì per quali strade il ragazzo che si fa adulto si libera dell’attrazione dell’incesto. Il nevrotico invece rivela invariabilmente il suo tratto di infantilismo psichico: o non è stato in grado di liberarsi delle situazioni psicosessuali infantili oppure è ritornato ad esse (inibizione nello sviluppo nel primo caso, e regressione nel secondo). Nella sua vita psichica inconscia le fissazioni incestuose della libido continuano perciò ad avere –o tornano ad avere- un ruolo determinante. Siamo giunti a ritenere che il rapporto con i genitori, caratterizzato fondamentalmente da pretese incestuose, costituisca il complesso nucleare della nevrosi. La scoperta di questo significato dell’incesto per la nevrosi urta naturalmente contro la generale incredulità degli individui adulti e normali. Lo stesso rifiuto viene opposto, per esempio, anche ai lavori di Otto Rank, che provano, in misura sempre più imponente, con quanta frequenza il tema dell’incesto stia al centro del’interesse dei poeti, e come attraverso mutevoli variazioni e deformazioni esso fornisca il materiale alla poesia. Per parte nostra, siamo indotti a credere che tale rifiuto è soprattutto un prodotto della profonda ripugnanza che l’uomo prova verso i propri desideri incestuosi di un tempo, sprofondati nel frattempo nella rimozione. (Freud 1912-13, p. 25-26).
A partire da queste fondamentali premesse riguardanti le principali dinamiche psicoanalitiche messe in gioco nell’ambito della rappresentazione artistica, possiamo ora approfondire l’indagine sui nostri due testi filmici di riferimento, in un confronto che tenta di individuare cosa rimane, nel passaggio ardito da un genere cinematografico all’altro, della sostanza del dramma originale.
La riflessione sul fenomeno dell’affermazione del trauma come oggetto privilegiato non solo del dibattito teorico ma anche della stessa cultura visuale americana degli anni Novanta (dalle fiction televisive, al cinema mainstream, alle immagini fotogiornalistiche, alla retorica politica), che aveva indotto alla definizione di “sfera pubblica patologica” in riferimento alla crescente attrazione della spettatorialità per immagini recrudescenti e soggetti morenti, si colloca anche alla base degli studi di Claire Sisco King, che in Washed in Blood ha approfondito -ancora una volta da una prospettiva di gender- le implicazioni tra la trauma culture e la retorica della crisi nella rappresentazione della mascolinità tipica dell’ultimo decennio del Novecento.
A partire dalle teorie dello storico dell’arte Aloïs Riegl, che ravvisò nel periodo intercorso tra l’arte egizia e quella tardoantica il compiersi di un processo di modificazione della raffigurazione, caratterizzato dal progressivo abbandono di uno stile aptico (tattile) della rappresentazione a vantaggio di uno ottico (più astratto), Laura Marks ripercorre le tappe dell’avvicendamento di questi due regimi della visione nella cultura occidentale, per poi giungere al cinema (non narrativo) e (soprattutto) alla videoarte, quali luoghi di stimolazione di un’esperienza spettatoriale multisensoriale, corporea, esperienza che tenta poi di riproporre anche attraverso la scrittura critica ad essi dedicata.
Connotata dalla resistenza di molti artisti rispetto all’eccesso di narratività e di interpretazione imposti dalla televisione, la videoarte, scrive Marks, ha infatti perseguito il desiderio di rendere le immagini capaci di fare appello esplicitamente al corpo dello spettatore, mediante un recupero del senso del tatto nel medium visivo. Una finalità che si configura anche come il sintomo di una più antica insoddisfazione dell’arte figurativa (in toto) rispetto ai limiti della visione antropocentrica cartesiana, la quale, avendo attribuito al soggetto guardante una posizione di assoluta centralità, e controllo, si era lasciata alle spalle un’idea dello sguardo come forma di contatto, corporizzata, per sostituirla con un’altra ben più astratta e ideale, ottica, in cui la distanza frapposta tra soggetto e oggetto costituiva la condizione per un piacere visivo connesso con una conoscenza razionale e con la rappresentazione illusionistica di oggetti isolati in uno spazio figurativo.
Il numero qui recensito di Comunicazioni Sociali, rivista sociologica da sempre attenta ai temi nodali, ai linguaggi e alle mutazioni dei media e delle arti dello spettacolo, si propone di compiere una ricostruzione di respiro internazionale relativa allo scenario degli studi femministi sul cinema. In un panorama privo di punti di riferimento stabili propone quindi ad autrici e autori di apportare il proprio contributo “a partire da sé”, ovvero a partire dai propri ambiti di studio “interrogandosi sulle posizioni, sui ruoli delle figure femminili e sulle icone ricorrenti o contraddittorie” (155) emerse nel corso dei loro studi. Ne deriva un lavoro in cui approcci differenti al cinema e alla teoria (si giunge fino alle più recenti metodologie di stampo storico e culturologico) entrano in proficuo dialogo tra loro, per consentire poi un approfondimento tutto dedicato alla vicenda italiana della riflessione femminista sul cinema. Così, a partire dal contesto anglo-americano, certamente il più avanzato nello scandaglio delle dinamiche della relazione tra donne e cinema, metodologie e questioni si avvicendano permettendoci di inquadrare meglio il percorso italiano, fatto di contributi importanti, oltre che di un immaginario peculiare, eppure caratterizzato da una storia discontinua che lo ha reso disorganico.
Le nuove potenzialità dei singoli media e la commistione dei linguaggi e delle pratiche di fruizione comportano infatti la necessità di una lettura critica delle esperienze mediatiche consentite ai soggetti, esperienze nuove da un lato per la loro connotazione somatico-sensoriale di estrema presenza fisica, e dall’altro per la semplicità con cui permettono la manipolazione e la frammentazione dei testi, nonché la diffusione attraverso il web.
Emerge quindi la necessità di comprendere, anche in riferimento alla specificità sessuale, in che modo sia regolato l’accesso a queste pratiche, e al tempo stesso, in un contesto nel quale l’esperienza mediale è sinonimo di relazioni che incrociano globale e locale, emerge l’esigenza di un metodo capace di integrare più di un approccio metodologico, secondo una prospettiva culturalista, che sappia incrociare gli studi di genere e quelli semiotico-psicoanalitici con studi etnico-razziali e post-coloniali, per tener conto dell’alterità anche culturale tra i soggetti, definiti “dal conflitto tra le differenze, ovvero tra le dinamiche del potere” .
È in questo panorama allora che il cinema si configura come una pratica condivisa che al contempo riflette e veicola immaginari, ossia stili di vita e desideri sociali, laddove “nel buio della sala spettatrici e spettatori vivono più intensamente modelli esistenziali e possibili percorsi della propria identità”