Papers by Alessandro Madau

Alessandro Madau
nome. Per poi arrivare alla famosa (e tanto dibattuta) Stele di Nora. Questo documento epigrafico... more nome. Per poi arrivare alla famosa (e tanto dibattuta) Stele di Nora. Questo documento epigrafico è stato oggetto di numerosi studi; riporta un'iscrizione in alfabeto fenicio sulla cui traduzione ci sono ancora differenti opinioni 8. Il manufatto viene datato in un periodo che oscilla tra il IX e l'VIII secolo a.C., e sembra che facesse parte di una serie di più pietre tutte recanti iscrizioni, collegate tra loro, perciò l'iscrizione in origine sembra dovesse essere molto più lunga. Nel testo epigrafico della Stele di Nora, nella terza riga, compare la parola, in caratteri fenici, ŠRDNŠ, preceduta da una "b" indicante il complemento di luogo. La parola è stata tradotta come una trascrizione del nome "Sardegna", e se così fosse sarebbe la più antica attestazione del nome dell'isola, infatti non c'è nessun documento che attesti questo nome prima del rinvenimento della Stele di Nora. I primi accenni storiografici relativi alla Sardegna vengono fatti risalire al mondo foceo, o più generalmente microasiatico. Questo si può ormai affermare grazie alle fonti classiche, tra tutte gli scritti di Erodoto, il quale ci informa 9 che i Focei stabilirono delle rotte commerciali con la città di Tartesso 10 , e intorno al 600 a.C. fondarono la colonia di Massalìa 11 , presso la foce del Rodano 12. La fondazione di 8 Lo studioso W. H. Shea, nel suo scritto The Dedication on the Nora Stone, in Vetus Testamentum 41, fascicolo 2, del 1991, sostiene che l'epigrafe racconti le attività militari di "Milkaton", che appunto le svolge in Sardegna e a "Tarshish" come riporta la stele. E, secondo lui, la stele avrebbe narrato di una fallita spedizione in Spagna, e quindi il successivo ritorno alla base occidentale, la Sardegna appunto. Aggiunge poi che la "Tarshish" nominata possa essere identificata con la Tartesso iberica, anche se molti studiosi non sono concordi, infatti F. M. Cross sostiene che la città non sia Tartesso in Spagna ma Tarsis in Sardegna. Un'altra teoria riguardante la traduzione è che si tratti di una dedica divina, in questo caso al dio Pummay da parte di un ufficiale fenicio (teoria avanzata da E. Lipinski in Itineraria Phoenicia, 2004, pag. 236). Oppure la studiosa M. E. Aubet (nel suo The Phoenicians and the West, 2001, pag. 206) ritiene che si tratti di un'iscrizione commemorativa riguardante la costruzione di un tempio dedicato al dio PMY, come indicato nel testo. Recentemente si sono un po' unite queste teorie, si è arrivati a tradurla come un voto rivolto al dio Pumay, dedicato da un alto ufficiale, o funzionario, fenicio, indicato nel testo con il nome di Milkaton, dopo essere scampato ad una grande tempesta durante il viaggio verso Tarshish, che rimane ancora la parte più discussa riguardo la sua collocazione geografica. 9 Erodoto I, 163, 1-4: "La prima città della Ionia di cui si impadronì fu Focea. Questi Focei furono i primi Greci a compiere lunghe navigazioni: furono loro a scoprire l'Adriatico, la Tirrenia, l'Iberia e la regione di Tartesso: non navigavano con grandi navi da carico ma con delle penteconteri." 10 Tale città ancora oggi è al centro di numerosi dibattiti, soprattutto riguardo la sua collocazione geografica. Alcuni studiosi affermano che è nominata nell'Antico Testamento con il nome di Tarsis (MAZZARINO 1947, pp.116), ma anche in un libro del profeta Ezechiele: "Tarsis commerciava con te [sicuramente la città di Tiro] per le tue ricchezze di ogni specie, scambiando le tue mercanzie con argento, ferro, stagno e piombo..." (Ezechiele 27, 12). Strabone invece, nella sua opera la Geografia, ci informa che: "I Turdetani [probabilmente i Tartessiani] sono i più civilizzati tra gli iberici: conoscono la scrittura e possiedono libri antichi, ed anche poemi e leggi in versi che essi consideravano antichi di settemila anni..." (Geografia III, 2-8). Tali genti nominati da Strabone vengono ormai, da molti studiosi, considerati come i successori del popolo Tartessiano, abitanti la stessa zona, ovvero l'Iberia meridionale, probabilmente in Andalusia, presso la foce del fiume Guadalquivir. 11 Riguardo la fondazione di tale colonia sono sorti dei dubbi, specialmente riguardo la sua cronologia. La data che rimane più fondata è quella del 600 a.C. tramandata da Pompeo Trogo, rielaborato successivamente da Giustino (II-III secolo d.C.). Mentre alcuni storici moderni hanno posto la fondazione intorno al 545 a.C. anno della fuga focea dalla Ionia a seguito dell'assedio di Arpago. Questa ipotesi tuttavia viene ormai scartata. I Greci si integrarono rapidamente con le popolazioni locali come lascia supporre la leggenda di Protis tramandata da Giustino (Historiarum Philippicarum T.

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punto di vista sui Fenici 7. Narra che quando era piccolo non era un umile porcaro, ma addirittur... more punto di vista sui Fenici 7. Narra che quando era piccolo non era un umile porcaro, ma addirittura un principe, e suo padre regnava sull'isola di Sirìa. Un giorno approdarono sull'isola dei mercanti Fenici, che convinsero la governante di Eumeo, anch'essa di origini fenicie 8 , a rapire il bambino per poi chiedere un riscatto. Non appena si trovarono in alto mare, gettarono l'ingenua governante in mare, e vendettero il bambino come schiavo ad Itaca; qui venne posto a fare il guardiano dei maiali di Laerte, il padre di Odisseo e re di Itaca. Anche Erodoto però non descrive solo i lati positivi dei Fenici (vedi note 4 e 5). Infatti l'erudito greco, se nell'altro passo visto in precedenza incolpava i Fenici dello scoppio della guerra di Troia, ora, nell'introduzione alla narrazione delle guerre tra Greci e Persiani, narra una sorta di antefatto del conflitto, una commistione tra mito e storia. I Fenici rapirono Io, la figlia del re di Argo, e quindi i Greci per vendicarsi sbarcarono a Tiro e rapirono, a loro volta, Europa, la figlia di Agenore re di Tiro. Ma il rapimento non rimase impunito, così Paride, troiano e orientale come i Fenici, rapì a sua volta Elena, la moglie di Menelao, re di Sparta, dando inizio così al famoso conflitto di Troia, e Erodoto si riallaccia al passo precedente. Perciò, secondo lo scrittore greco, i Persiani fanno risalire la loro rivalità con i Greci a questi eventi pregressi, dando così la colpa ai Fenici. I Romani, invece, come abbiamo detto in precedenza, rispolverarono queste accuse e le rivolsero contro Cartagine. Uno dei più feroci accusatori fu Cicerone, che descrisse i Fenici come moralmente corrotti e poco inclini a mantenere la parola data. Suo è il famoso ritratto fatto per il celebre condottiero cartaginese Annibale, prima ricco di elogi per poi arrivare ad esprimere tutto l'astio e il disprezzo verso la sua persona e i Fenici. Non mancano anche le citazioni della Bibbia, come si è già visto; ad esempio nell'Antico Testamento i Fenici sono descritti come la brutta copia degli Ebrei, essi sono descritti come: politeisti, adorano divinità mostruose e crudeli alle quali sacrificano anche i bambini, sono infidi, e, riprendendo le critiche di Cicerone, sono mancatori di parola. I Fenici sono poi menzionati in alcune tavolette micenee rinvenute a Creta (a Cnosso e alcune anche a Pilo, in Messenia 9), databili al II millennio a.C.. Infatti, secondo alcuni studiosi, il termine "fenici" deriva proprio dall'ambiente miceneo. La parola viene tradotta con il significato di "popolo dalla pelle rossa", secondo l'assonanza di una parola micenea, po-ni-ki-jo, ovvero rosso 10. I Greci chiamavano 7 "Un giorno Fenici vennero, navigatori famosi, furfanti, cianfrusaglie infinite sulla nave nera portando. E c'era nel palazzo del padre una donna fenicia Grande e bella, esperta d'opere splendide. Gli astuti Fenici sedussero questa;…" "Io restai solo e angosciato nel cuore. A Itaca spinsero quelli vento e acqua, portandoli, e qui Laerte mi comperò coi suoi beni; così questa terra ho visto con gli occhi". Dal Libro XV, vv. 415 e seguenti. 8 Questo per rendere ancora più in cattiva luce i Fenici, in questo caso per dare l'idea di essere avidi e facilmente malleabili. 9 Queste facevano riferimento al frutto della palma, e non connotano necessariamente una precisa realtà etnica o geografica.

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Prima di procedere con l'argomento principale di tale scritto, è necessario inquadrare, seppur in... more Prima di procedere con l'argomento principale di tale scritto, è necessario inquadrare, seppur in maniera breve, storicamente e cronologicamente il territorio sul quale verterà il lavoro, ovvero: la Fenicia e la città di Sidone. La Fenicia è una lunga striscia di terra che si trova stretta tra le montagne e il mare. In alcuni punti si aprono delle piane costiere, in altri punti le montagne giungono direttamente a ridosso del mare, in altri ancora degradano in colline. La varietà territoriale della Fenicia, durante l'età del Bronzo, era notevole, seppur le dimensioni del territorio fossero alquanto ristrette. Le montagne erano prevalentemente ricoperte di boschi (soprattutto nei territori dell'attuale Libano, con il pregiato legno di cedro), le pianure e le colline costiere venivano invece intensamente coltivate. Da alcuni studiosi la storia dei Fenici e la loro individualità etnico-culturale vengono fatte risalire al 1200 a.C. circa, ma questo non significa che essi siano giunti, e si siano stanziati, solo in quel periodo nella regione (come sostengono alcune fonti classiche 1); ma nemmeno che essi si siano organizzati in nuove forme socio-politiche (GRAS et alii 2000; BERNARDINI 2010). In realtà i Fenici dell'età del Ferro sono i diretti discendenti di coloro che abitavano quella stessa zona nell'età del Bronzo; ciò si evince soprattutto sul piano culturale, nel quale la continuità è evidente (LIVERANI 2011; BONDÌ 1988a; BONDÌ 1988b). Le notizie archeologiche e quelle documentarie riguardanti questo periodo sono piuttosto scarse. Grazie ad un'iscrizione geroglifica 2 , rinvenuta in un cilindro di fattura locale a Biblo, si può risalire al III millennio a.C.; innanzitutto questo ritrovamento è un caso eccezionale perché è l'unico caso, sinora accertato, dell'uso della scrittura geroglifica in questa regione. Sicuramente la città di Biblo è la prima città, tra i futuri centri fenici, ad emergere nell'età del Bronzo, ovvero verso il 3300 a.C. circa. In questo periodo sono frequenti le campagne egizie nella regione e verso la città di Biblo a scopo prettamente commerciale, data la ricchezza dei territori di questa città, soprattutto riguardante le miniere e le foreste di cedro del Libano (legno pregiatissimo e richiestissimo in antichità). In questo periodo, ovvero il III millennio a.C., la regione della Siria-Palestina è caratterizzata dalla nascita e, soprattutto, dallo sviluppo di grandi città quali Biblo, come si è visto, Tiro e Megiddo; questi centri raggiungono una floridezza tale grazie ad intensi rapporti commerciali

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avrebbe superato i dieci secoli; Servio 5 ancora ricorda che, secondo Augusto, gli aruspici riten... more avrebbe superato i dieci secoli; Servio 5 ancora ricorda che, secondo Augusto, gli aruspici ritenevano che nel periodo del suo impero sarebbe iniziato il X secolo a.C., quello della fine del popolo etrusco. Si pensi, inoltre, che il sottosuolo delle maggiori città etrusche (Veio, Cerveteri, Tarquinia, Vulci, Volsinii, Vetulonia, Chiusi, Volterra etc.) ha mostrato che il momento più antico dell'insediamento risale per lo più all'inizio dell'Età del Ferro, anche se non mancano tracce di presenze anteriori riferibili alla fine dell'Età del Bronzo 6. 1.1 Dal protovillanoviano al villanoviano Con il termine protovillanoviano, introdotto dall'archeologo Giovanni Patroni nel 1937, ci si riferisce a quegli aspetti culturali che si diffondono in Italia tra il 1175 e il 960 a.C. circa, inquadrati nella fine dell'Età del Bronzo. Patroni coniò tale termine per indicare quelle affinità esistenti tra le culture italiche contemporanee (con esclusione di alcune aree alpine e di limitati ambiti siciliani) comprese nel periodo sopracitato. Alcuni studiosi vedono nella nascita di questa facies culturale una commistione di alcune caratteristiche proprie della cultura appenninica 7 dell'Età del Bronzo Medio e Recente, e di influenze provenienti dal settore nord-orientale delle Alpi (specialmente dalla zona delle Pianure danubiane) 8. Altri invece considerano il formarsi del protovillanoviano frutto delle influenze delle Terramare della pianura padana,
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Le lettere di El Amarna (talvolta chiamate anche "la corrispondenza di Amarna" o "le tavolette di... more Le lettere di El Amarna (talvolta chiamate anche "la corrispondenza di Amarna" o "le tavolette di Amarna") sono un archivio, redatto su tavolette di argilla, composto prevalentemente dalla corrispondenza diplomatica tra l'amministrazione egizia ed i suoi rappresentanti nella terra di Canaan e nel regno di Amurru durante il Nuovo Regno. Le lettere furono rinvenute nell'Alto Egitto a Tell El-Amarna, appunto, nome moderno dell'antica capitale egiziana di Akhetaten (El-Amarna), fondata dal faraone Akhenaton (1350-1330 a.C.) durante la XVIII dinastia dell'Egitto.
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