Drafts by Agnese Balducci
Student: Agnese Balducci Professor: Reggina Zervou, 2019
Personally I think that Carnival of Ivrea is one of the most exemplary celebrations talking about... more Personally I think that Carnival of Ivrea is one of the most exemplary celebrations talking about that “reversed universe” typical of the Carnival sense. I also believe that it is very important to keep this kind of celebrations to better understand the origins of a place and its community and, at the same time, to reinforce an identity that risks losing itself over time.

Student: Agnese Balducci, Professor: Dora Monioudi-Gavala, 2019
With this essay I am going to develop the theme of the birth of the city of Athens as a Modern ci... more With this essay I am going to develop the theme of the birth of the city of Athens as a Modern city, analyzing all the plans that have occurred over time, referring to similar situations related to other Greek cities too.
The study concerns state interventions to reform cities in the XIX century, from Otto’s reign (1833) to 1890, with a particular focus on the Kleanthis-Schaubert and Klenze plans.
It is interesting to see how these urban reforms have changed the social status in a Country, Greece, characterized by a strong identity and an important history behind it. In the first part of the essay I am going to analyze the actions that the new state took to organize its settlements (plans and the legislation); in the second part what happened in the urban planning of Athens, in particular the Kleanthis-Schaubert and Klenze plans.

Tesi Corso di Laurea Magistrale in ARTI VISIVE, RELATORE PROF.SSA SILVIA GRANDI-CORRELATORE PROF. GIUSEPPE VIRELLI, 2019
L’oggetto della ricerca svolta nasce dalla curiosità di scoprire le relazioni che intercorrono tr... more L’oggetto della ricerca svolta nasce dalla curiosità di scoprire le relazioni che intercorrono tra il concetto di icona contemporanea, pensiamo all’esempio emblematico della Marilyn Monroe di Warhol, e l’originale icona bizantina, andando ad approfondire i diversi linguaggi e chiavi di lettura che essa può assumere in contesti differenti.
Lo studio, in particolare, si propone di indagare la persistenza del modello culturale dell’icona nella storia artistica e sociale della Russia del XX secolo. Nel primo capitolo ho analizzato l’icona tradizionale come oggetto di interesse estetico e, allo stesso tempo, portatore di un significato strettamente connesso con la tradizione filosofica e teologica e, nel caso della Russia, profondamente legato anche alla tradizione popolare.
La sua riscoperta in Russia agli inizi del Novecento, con il restauro significativo della Trinità di Rublev, ha inevitabilmente condizionato le scelte artistiche e culturali dell’epoca, confermando l’importanza della tradizione iconografica, profondamente radicata in quel contesto. Una dimostrazione è riscontrabile nelle opere dei pittori avanguardisti che si riappropriano dei canoni compositivi della pittura d’icona. Ed è proprio verso una delle correnti artistiche di avanguardia che si sposta il focus: la Sots Art, alter-ego sovietico dell’americana Pop Art, sviluppatasi nella seconda metà del XX secolo in Russia grazie alla coppia fondatrice composta da Vitaly Komar e Alexander Melamid.
Gli artisti Sots sentivano l’esigenza di sperimentare una nuova arte, un nuovo modo di esprimere le sensazioni scaturite da quel rapporto profondo, a volte conflittuale, con il Regime Sovietico e la sua arte ufficiale: il Realismo Socialista, che combinava la rappresentazione di una verità oggettiva con l’ideologia del socialismo. Le scelte formali e stilistiche degli artisti Sots si rivelarono profondamente inadeguate in quanto dialogavano con l’arte totalitaria in maniera giocosa e scherzosa, assumendo spesso forme di parodia, e per questo motivo molti di loro furono costretti prima a nascondersi e poi ad esiliare. Rappresentativa di questo “rifiuto” è proprio la prima mostra organizzata a Mosca da Komar e Melamid nel 1974, che vide la partecipazione di numerosi artisti dell’avanguardia russa e dell’arte così definita underground e che passò alla storia con il nome di Bulldozer Exhibition, in quanto, su ordine degli ufficiali sovietici, la polizia demolì con ruspe (bulldozers) e cannoni ad acqua l’allestimento e le opere.
La meta dell’esilio di questi artisti emarginati fu l’America e non tardarono ad arrivare le influenze Pop: artisti sovietici e americani ormai dialogavano in una cornice in cui entrambi si riconoscevano, pur provenendo da realtà molto diverse tra loro. Questo rapporto con l’Occidente è presentato nel terzo capitolo, con un riferimento particolare a due gruppi di artisti russi che misero in scena numerose performances: il Kazimir Group, nome che omaggia evidentemente il grande artista russo Kazimir Malevich, e il Nest Group, quest’ultimo formato dagli allievi vicini ai maggiori esponenti della Sots Art. La ricerca si è svolta principalmente consultando testi e fonti in lingua inglese, in maggior misura per quanto riguarda il secondo ed il terzo capitolo, in quanto in Italia gli studi relativi all’arte russa del secondo dopoguerra sono ancora molto carenti. L’icona, in definitiva, si presenta come un soggetto in transizione che assume più significati, variando sulla base del susseguirsi di diverse fasi storico-politiche; si fa inoltre portatrice e generatrice di nuovi significati e si adatta ai mutamenti del contesto culturale in trasformazione. In Russia l’icona ha acquisito nel tempo una forza incredibile, che le ha permesso di sopravvivere nella tradizione artistica e culturale nonostante la sua esclusione sociale avvenuta dopo la Rivoluzione del 1917. Coloro che bandirono l’icona in quanto portatrice di valori religiosi ostili alla nuova politica furono i primi ad attuare quel processo di riappropriazione di valori tipici iconografici: basti pensare alla molteplicità di slogan e manifesti che ritraevano il volto in primo piano del leader in carica negli anni del socialismo sovietico. Questo è il tipico esempio di come una delle caratteristiche dell’icona sia stata portata in un nuovo contesto, con un nuovo significato e sicuramente un diverso obiettivo.
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Drafts by Agnese Balducci
The study concerns state interventions to reform cities in the XIX century, from Otto’s reign (1833) to 1890, with a particular focus on the Kleanthis-Schaubert and Klenze plans.
It is interesting to see how these urban reforms have changed the social status in a Country, Greece, characterized by a strong identity and an important history behind it. In the first part of the essay I am going to analyze the actions that the new state took to organize its settlements (plans and the legislation); in the second part what happened in the urban planning of Athens, in particular the Kleanthis-Schaubert and Klenze plans.
Lo studio, in particolare, si propone di indagare la persistenza del modello culturale dell’icona nella storia artistica e sociale della Russia del XX secolo. Nel primo capitolo ho analizzato l’icona tradizionale come oggetto di interesse estetico e, allo stesso tempo, portatore di un significato strettamente connesso con la tradizione filosofica e teologica e, nel caso della Russia, profondamente legato anche alla tradizione popolare.
La sua riscoperta in Russia agli inizi del Novecento, con il restauro significativo della Trinità di Rublev, ha inevitabilmente condizionato le scelte artistiche e culturali dell’epoca, confermando l’importanza della tradizione iconografica, profondamente radicata in quel contesto. Una dimostrazione è riscontrabile nelle opere dei pittori avanguardisti che si riappropriano dei canoni compositivi della pittura d’icona. Ed è proprio verso una delle correnti artistiche di avanguardia che si sposta il focus: la Sots Art, alter-ego sovietico dell’americana Pop Art, sviluppatasi nella seconda metà del XX secolo in Russia grazie alla coppia fondatrice composta da Vitaly Komar e Alexander Melamid.
Gli artisti Sots sentivano l’esigenza di sperimentare una nuova arte, un nuovo modo di esprimere le sensazioni scaturite da quel rapporto profondo, a volte conflittuale, con il Regime Sovietico e la sua arte ufficiale: il Realismo Socialista, che combinava la rappresentazione di una verità oggettiva con l’ideologia del socialismo. Le scelte formali e stilistiche degli artisti Sots si rivelarono profondamente inadeguate in quanto dialogavano con l’arte totalitaria in maniera giocosa e scherzosa, assumendo spesso forme di parodia, e per questo motivo molti di loro furono costretti prima a nascondersi e poi ad esiliare. Rappresentativa di questo “rifiuto” è proprio la prima mostra organizzata a Mosca da Komar e Melamid nel 1974, che vide la partecipazione di numerosi artisti dell’avanguardia russa e dell’arte così definita underground e che passò alla storia con il nome di Bulldozer Exhibition, in quanto, su ordine degli ufficiali sovietici, la polizia demolì con ruspe (bulldozers) e cannoni ad acqua l’allestimento e le opere.
La meta dell’esilio di questi artisti emarginati fu l’America e non tardarono ad arrivare le influenze Pop: artisti sovietici e americani ormai dialogavano in una cornice in cui entrambi si riconoscevano, pur provenendo da realtà molto diverse tra loro. Questo rapporto con l’Occidente è presentato nel terzo capitolo, con un riferimento particolare a due gruppi di artisti russi che misero in scena numerose performances: il Kazimir Group, nome che omaggia evidentemente il grande artista russo Kazimir Malevich, e il Nest Group, quest’ultimo formato dagli allievi vicini ai maggiori esponenti della Sots Art. La ricerca si è svolta principalmente consultando testi e fonti in lingua inglese, in maggior misura per quanto riguarda il secondo ed il terzo capitolo, in quanto in Italia gli studi relativi all’arte russa del secondo dopoguerra sono ancora molto carenti. L’icona, in definitiva, si presenta come un soggetto in transizione che assume più significati, variando sulla base del susseguirsi di diverse fasi storico-politiche; si fa inoltre portatrice e generatrice di nuovi significati e si adatta ai mutamenti del contesto culturale in trasformazione. In Russia l’icona ha acquisito nel tempo una forza incredibile, che le ha permesso di sopravvivere nella tradizione artistica e culturale nonostante la sua esclusione sociale avvenuta dopo la Rivoluzione del 1917. Coloro che bandirono l’icona in quanto portatrice di valori religiosi ostili alla nuova politica furono i primi ad attuare quel processo di riappropriazione di valori tipici iconografici: basti pensare alla molteplicità di slogan e manifesti che ritraevano il volto in primo piano del leader in carica negli anni del socialismo sovietico. Questo è il tipico esempio di come una delle caratteristiche dell’icona sia stata portata in un nuovo contesto, con un nuovo significato e sicuramente un diverso obiettivo.
The study concerns state interventions to reform cities in the XIX century, from Otto’s reign (1833) to 1890, with a particular focus on the Kleanthis-Schaubert and Klenze plans.
It is interesting to see how these urban reforms have changed the social status in a Country, Greece, characterized by a strong identity and an important history behind it. In the first part of the essay I am going to analyze the actions that the new state took to organize its settlements (plans and the legislation); in the second part what happened in the urban planning of Athens, in particular the Kleanthis-Schaubert and Klenze plans.
Lo studio, in particolare, si propone di indagare la persistenza del modello culturale dell’icona nella storia artistica e sociale della Russia del XX secolo. Nel primo capitolo ho analizzato l’icona tradizionale come oggetto di interesse estetico e, allo stesso tempo, portatore di un significato strettamente connesso con la tradizione filosofica e teologica e, nel caso della Russia, profondamente legato anche alla tradizione popolare.
La sua riscoperta in Russia agli inizi del Novecento, con il restauro significativo della Trinità di Rublev, ha inevitabilmente condizionato le scelte artistiche e culturali dell’epoca, confermando l’importanza della tradizione iconografica, profondamente radicata in quel contesto. Una dimostrazione è riscontrabile nelle opere dei pittori avanguardisti che si riappropriano dei canoni compositivi della pittura d’icona. Ed è proprio verso una delle correnti artistiche di avanguardia che si sposta il focus: la Sots Art, alter-ego sovietico dell’americana Pop Art, sviluppatasi nella seconda metà del XX secolo in Russia grazie alla coppia fondatrice composta da Vitaly Komar e Alexander Melamid.
Gli artisti Sots sentivano l’esigenza di sperimentare una nuova arte, un nuovo modo di esprimere le sensazioni scaturite da quel rapporto profondo, a volte conflittuale, con il Regime Sovietico e la sua arte ufficiale: il Realismo Socialista, che combinava la rappresentazione di una verità oggettiva con l’ideologia del socialismo. Le scelte formali e stilistiche degli artisti Sots si rivelarono profondamente inadeguate in quanto dialogavano con l’arte totalitaria in maniera giocosa e scherzosa, assumendo spesso forme di parodia, e per questo motivo molti di loro furono costretti prima a nascondersi e poi ad esiliare. Rappresentativa di questo “rifiuto” è proprio la prima mostra organizzata a Mosca da Komar e Melamid nel 1974, che vide la partecipazione di numerosi artisti dell’avanguardia russa e dell’arte così definita underground e che passò alla storia con il nome di Bulldozer Exhibition, in quanto, su ordine degli ufficiali sovietici, la polizia demolì con ruspe (bulldozers) e cannoni ad acqua l’allestimento e le opere.
La meta dell’esilio di questi artisti emarginati fu l’America e non tardarono ad arrivare le influenze Pop: artisti sovietici e americani ormai dialogavano in una cornice in cui entrambi si riconoscevano, pur provenendo da realtà molto diverse tra loro. Questo rapporto con l’Occidente è presentato nel terzo capitolo, con un riferimento particolare a due gruppi di artisti russi che misero in scena numerose performances: il Kazimir Group, nome che omaggia evidentemente il grande artista russo Kazimir Malevich, e il Nest Group, quest’ultimo formato dagli allievi vicini ai maggiori esponenti della Sots Art. La ricerca si è svolta principalmente consultando testi e fonti in lingua inglese, in maggior misura per quanto riguarda il secondo ed il terzo capitolo, in quanto in Italia gli studi relativi all’arte russa del secondo dopoguerra sono ancora molto carenti. L’icona, in definitiva, si presenta come un soggetto in transizione che assume più significati, variando sulla base del susseguirsi di diverse fasi storico-politiche; si fa inoltre portatrice e generatrice di nuovi significati e si adatta ai mutamenti del contesto culturale in trasformazione. In Russia l’icona ha acquisito nel tempo una forza incredibile, che le ha permesso di sopravvivere nella tradizione artistica e culturale nonostante la sua esclusione sociale avvenuta dopo la Rivoluzione del 1917. Coloro che bandirono l’icona in quanto portatrice di valori religiosi ostili alla nuova politica furono i primi ad attuare quel processo di riappropriazione di valori tipici iconografici: basti pensare alla molteplicità di slogan e manifesti che ritraevano il volto in primo piano del leader in carica negli anni del socialismo sovietico. Questo è il tipico esempio di come una delle caratteristiche dell’icona sia stata portata in un nuovo contesto, con un nuovo significato e sicuramente un diverso obiettivo.