Books by Giuseppe Previtali

McGraw-Hill, Milano, 2021
I nativi digitali, e ancor più l’ultima generazione di bambini e ragazzi per cui l’etichetta è gi... more I nativi digitali, e ancor più l’ultima generazione di bambini e ragazzi per cui l’etichetta è già vecchia, sanno trattare le immagini ad ogni livello: produrle, modificarle, utilizzarle e condividerle; ma sono davvero consapevoli del senso del loro operare? In che modo selezionano i materiali visuali che agiscono o subiscono? Quali fattori provocano la loro adesione emotiva? Che cosa cercano nella massa di frammenti visuali che li circondano? E soprattutto: sanno esercitare senso critico? In forza del proprio ruolo educativo e culturale, la scuola deve riuscire a intervenire in questo processo inarrestabile, ma non necessariamente negativo. Non ha più senso limitare lo studio dell’immagine entro i confini anacronistici della disciplina Arte e immagine, dove si parla prevalentemente di pittura, arrivando a spingersi al massimo verso la fotografia. Da tempo il Ministero ha introdotto specifici obiettivi di apprendimento legati alla conoscenza più ampia dei linguaggi visivi nel loro complesso, non escluso il mondo del digitale, ma la capacità di tradurre in pratica questo mandato è ancora troppo spesso affidata alla buona volontà dei docenti. Questo volume intende proporre e discutere alcune metodologie didattiche di educazione all’immagine e al linguaggio della visualità contemporanea, dalla fotografia al digitale, passando attraverso cinema e televisione. Il testo colma un vuoto importante nel mercato italiano, dove le pubblicazioni in materia risultano datate, troppo prescrittive e scarsamente ricettive rispetto alla complessità mediale contemporanea. Tra le novità troviamo un approccio globale al fenomeno visivo, un campionario di esempi aggiornati di prassi sperimentate nelle scuole e l’intervento su forme spesso dismesse ma in realtà parte integrante della vita del bambino. Il testo si rivolge sia a chi già lavora nell’ambito educativo, in particolare agli insegnanti della scuola di primo e secondo grado, sia a chi ha necessità di costruirsi competenze in materia, come nel caso degli studenti di Scienze della Formazione Primaria.
Meltemi, Milano 2020
Estetiche e culture visuali / n.32
Almeno in parte inesprimibili per la loro potenza traumatica, questi eventi hanno continuato a in... more Almeno in parte inesprimibili per la loro potenza traumatica, questi eventi hanno continuato a infestare la memoria collettiva del popolo giapponese, radicandosi in maniera diffusa all’interno della sua cultura visuale. “Pika–don” si propone, a partire da un’analisi delle testimonianze dei sopravvissuti, di seguire le tracce di alcune immagini del trauma all’interno della visualità nipponica contemporanea. Particolare rilievo è dato alle ombre “fotografate” sui muri dal lampo atomico, messe in relazione con la produzione horror dei primi anni Duemila.
Edited Books and Journal Issues by Giuseppe Previtali
Meltemi, Milano, 2022
Lo spettro del terrorismo jihadista è stato una delle grandi costanti del XXI secolo, sin dall’at... more Lo spettro del terrorismo jihadista è stato una delle grandi costanti del XXI secolo, sin dall’attacco alle Torri Gemelle, vero e proprio ground zero della visualità contemporanea. Gli spettatori occidentali hanno seguito “a distanza” gli eventi che hanno segnato tale intricata vicenda, dalla dichiarazione della War on Terror di George W. Bush sino alla morte di Osama bin Laden e alla nascita del Califfato dichiarata da Abu Bakr al-Baghdadi, leader dello Stato Islamico.
Papers by Giuseppe Previtali
Elephant&Castle, 2020
In Elephant & Castle n. 23 (30 anni di Twin Peaks) a cura di Jacopo Bulgarini d’Elci e Jacques Dü... more In Elephant & Castle n. 23 (30 anni di Twin Peaks) a cura di Jacopo Bulgarini d’Elci e Jacques Dürrenmatt, settembre 2020, pp. 4-26

Cinergie, 2020
Contemporary warfare, especially from a Western point of view, is more and more an issue of dista... more Contemporary warfare, especially from a Western point of view, is more and more an issue of distance, surgical strikes, machine vision and collateral damages. This image of a technical and "clean" war has been largely criticized from a theoretical point of view by the forensic approach promoted by Weizman. In his inspections in war zones, he stresses the importance of a new sensibility towards the indexical nature of photography, promoting the necessity of a counter-narrative towards the Western ideology of war. After addressing these theoretical issues in the context of the contemporary debate in image theory, the essay will focus on how contemporary jihadism ends up adopting the same approach towards images, in order to produce a personal and specific counter-narrative of warfare. The re-appropriation of Western war images and the production of specific visual outputs by groups such as the so-called Islamic State, has a strong political value. This will be demonstrated analyzing images and videos produced by the Islamic State that are largely unknown to the Western public. Here IS' shows a different face of contemporary warfare, constructing a complex and multi-layered counter-narrative that focuses on concepts such as victimhood and brutality.
Elephant&Castle, 2020
Elephant&Castle n. 22, giugno 2020
"Trasparenze", a cura di Silvia Casini, Francesca di Blasio, G... more Elephant&Castle n. 22, giugno 2020
"Trasparenze", a cura di Silvia Casini, Francesca di Blasio, Greta Perletti
Fata Morgana, 2020
In un noto testo del 1984, vero e proprio manifesto dell'antropologia filosofica di stampo analit... more In un noto testo del 1984, vero e proprio manifesto dell'antropologia filosofica di stampo analitico, Derek Parfit dedica un'ampia sezione alla discussione di uno dei temi più controversi fra quelli di suo interesse, l'identità personale 1 . Attraverso una serie intricata di esperimenti mentali, l'autore esplora i confini della definizione di umano, con una particolare attenzione alla conservazione della propria identità in condizioni estreme. Il punto nodale della questione, in breve, può essere così riassunto: esiste un criterio filosofico efficace per determinare ciò che le persone effettivamente sono, anche quando il loro corpo o la loro mente sono soggette a modificazioni radicali? Oppure, ponendo la domanda diversamente: esiste un criterio ontologico in base al quale un soggetto può affermare di essere ancora se stesso in ogni momento della propria vita?
Lexia. Rivista di semiotica, 2019
Fata morgana n. 34 - "Paura", 2018

The migratory crisis that Italy and Europe are facing today is globally well-know. The continuou... more The migratory crisis that Italy and Europe are facing today is globally well-know. The continuous arrivals of migrants from the southern part of the Mediterranean has stressed the deficiencies of international migratory policies and, from a political point of view, is contributing to reinforce a xenophobic attitude in the population. This essay starts with the concept that images play a fundamental role in the visual economy of this mass migration. I intend to analyse the ways in which spaces of migrations are represented, and at the same time, shaped by contemporary Italian cinema. Analysing these images also offers an interrogation of the mechanisms of power that produce a certain narrative of these events. This essay proposes to do that by analysing three texts produced in different circumstances and by different powers: La scelta di Catia (a web series produced and sponsored by the Italian navy in order to promote a certain image of the operation Mare Nostrum); Fuocoammare (documentary by Gianfranco Rosi that received the Golden Bear); Io sto con la sposa (International production in which the directors and members of the cast are personally and directly involved with the migrant crisis). Each of these films shapes migratory space in a different way and helps to define the image of the migrant and the spectator.

Elephant&Castle
Nel sistema dei generi cinematografici, il documentario occupa da sempre una posizione problemati... more Nel sistema dei generi cinematografici, il documentario occupa da sempre una posizione problematica, soprattutto per quanto concerne il rapporto realtà/immagine. Partendo da questo presupposto, il contributo intende concentrarsi su uno specifico sotto-genere (il mondo movie) che, proprio in forza della sua pionieristica visionarietà, appare un laboratorio d’indagine ideale per riflettere sul “valore di verità” delle immagini contemporanee. Questi (pseudo-)documentari, prodotti in serie in Italia per almeno tre decenni a partire dagli anni Sessanta e a lungo ignorati dalla critica, evidenziano oggi un grandissimo interesse analitico, soprattutto per aver anticipato interrogativi teorici di stringente attualità. Attraverso un’analisi che coinvolgerà aspetti testuali e paratestuali, si cercherà quindi di mostrare come questi film siano riusciti a “fabbricare il falso”, mettendo profondamente in discussione la centralità che viene tradizionalmente attribuita al carattere indexicale dell’immagine e aprendo per certi versi la strada all’attuale “età postdocumentaria”.

Il fenomeno della “New wave” dell’horror giapponese, che ha portato ad un rapido rinnovamento del... more Il fenomeno della “New wave” dell’horror giapponese, che ha portato ad un rapido rinnovamento del genere sia in ambito nipponico che statunitense grazie a numerosi remake, è stato al centro di un vivo interesse critico soprattutto in relazione alla novità delle tematiche e delle scelte stilistiche perseguite. Sono passati quasi vent’anni dall’uscita di Ringu (Nakata Hideo) e Cure (Kurosawa Kiyoshi), che hanno fondato il filone e forse ancora troppo poco è stato detto sulle ragioni profonde che hanno portato a questo epocale cambiamento nelle strategie di figurazione dell’orrore. In particolare sembra che in questi lungometraggi (ed in altri coevi, come Kairo, Ju-On etc.) sia possibile ravvisare un peculiare interesse per le tematiche dell’impronta, cosa che permetterebbe di parlare di un’autentica estetica del fotografico. A partire da questo presupposto, il saggio si propone di ricollegare la rappresentazione del trapasso ad una delle grandi immagini rimosse dell’immaginario giapponese: le “ombre” rimaste sui muri e sulle strade di Hiroshima e Nagasaki all’indomani dell’attacco atomico nucleare del 1945. Assumendo queste fotografie come strumenti di indagine privilegiata, si mostrerà come questi film si presentino come un ripensamento di alcuni temi ed elementi iconografici che nella memoria nipponica sono indissolubilmente legati alla catastrofe nucleare (l’ansia escatologica, l’introiezione del senso di colpa, il tema del contagio pandemico etc.).
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Books by Giuseppe Previtali
Edited Books and Journal Issues by Giuseppe Previtali
Papers by Giuseppe Previtali
"Trasparenze", a cura di Silvia Casini, Francesca di Blasio, Greta Perletti
"Trasparenze", a cura di Silvia Casini, Francesca di Blasio, Greta Perletti
Sheffield Hallam University, giugno 2019
Gorizia, March 23rd – 26th
Section: Porn Studies
Gorizia, March 21st – 23rd
Lots of interesting contributions have been written on found-footage horror movies and on the ways in which technology and its narrative presence can become a vehicle for the representation and diffusion of fear. Assuming a Foucauldian perspective, the most intriguing element in movies such as The Blair Witch Project, Paranormal Activity etc. is the fact that the grammar of fear is constructed using the same apparata that constitute our contemporary mediasphere. In this sense, this kind of horror offer a peculiar point of view on the politic of the gaze that is inscribed within the technology that we use every day.
Given that nowadays we are living in an historical moment where technology changes rapidly, we can expect to identify new trends in horror or specific films that deal with the innovations that concern the ways in which we see, produce and work with images. This is the case of screencasting horror, a new and yet unexplored subgenre that the paper will address to underline the new ways in which (new) technologies are used to create fear. Screencasting horror appears to be the natural prosecution of the aesthetic that was typical of found footage horror, and yet the proper visual problem connected with it appears to be different: in this specific case we share the point of view of a machine (as in Unfriended), that is both a visual and killing apparatus. In this sense this kind of movies seem to resonate with some intriguing theoretical positions on the semantic consistency of the expression “to shoot” and on the role of operational images in contemporary visual culture (see Theweleit or Farocki). Therefore, the paper will address the aesthetical problems connected with the genre and will offer a first attempt to theoretically analyze a subgenre that has yet to receive this kind of attention.
Proprio a partire da una panoramica di questi particolari (pseudo?)-documentari prodotti in Italia fra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta, l’intervento intende concentrarsi sullo spinoso tema della fabbricazione del falso (di un’enunciazione quindi orientata alla menzogna) all’interno del cinema documentario. In questo senso si confronteranno – nel modo più produttivo possibile – due posizioni teoriche: quella dei sostenitori della necessità di un’aderenza forte al dato reale (soprattutto nel caso di documentari con l’ambizione di veicolare una narrazione legata alle minoranze o a questioni di rilevanza sociale) e quella di chi legge il documentario come una costruzione linguistica che – a partire dal reale – si pone il principale obiettivo di disporre un certo indirizzo di lettura nello spettatore. Infine, attraverso alcuni esempi ritenuti particolarmente significativi, si cercherà di illustrare come – in singoli casi – queste due istanze vengono negoziate nel contesto del documentario contemporaneo.
Department of Foreign Languages, Literatures and Cultures
University of Bergamo (A.Y. 2018/2019)
Università degli Studi di Bergamo (Dipartimento di Lettere, Filosofia e Comunicazione).