Al volante di un trattorino spalaneve. Con un vassoio di bicchieri in mano. A colazione con i nipoti. Quando entri all’Hotel Bella Vista, albergo della famiglia Thöni, le occasioni d’incontrare la leggenda dello sci italiano e protagonista degli anni d’oro della Valanga Azzurra sono tante. E tutte molto famigliari.
A casa del campione, ripercorrendo le sue orme: incontro con Gustav Thöni
Viaggio a Trafoi, nella natura fiabesca del Parco nazionale dello Stelvio, dove si trova l’hotel di famiglia e dove batte il cuore della leggenda dello sci, tra ricordi della Valanga azzurra e aneddoti privati

Piccoli sciatori sulla pista di Trafoi, di fronte all'hotel di famiglia, dove il campione ha iniziato (Foto servizio di A. Sessa).
Del resto, il campione degli anni Settanta e allenatore di Alberto Tomba dal 1989 al 1996 è una persona dalla grande umiltà che traspare dagli occhi gentili e dai modi calmi. Siamo venuti a incontrarlo a Trafoi, un idilliaco paesino sudtirolese ai piedi dell’Ortles e nella natura da fiaba del Parco nazionale dello Stelvio.
Trafoi, la casa di famiglia della leggenda
“Un uomo di poche parole e tutte giuste” lo definì Tomba e noi possiamo confermarlo dopo averlo incontrato ai tavolini del suo albergo. È qui che il campione ha iniziato a sciare, proprio sul retro del Bella Vista, ai piedi della chiesa dove oggi decine di bambini affrontano le prime discese. Siamo in una casa aperta agli ospiti nel 1875, ben 150 anni fa, che da cinque generazioni accoglie i visitatori in un angolo della Val Venosta, a 1570 metri di altitudine. Un family hotel con accesso diretto al campo scuola sci e a pochi passi dagli impianti di risalita, dove trovare ottima cucina e una Spa immersa nell’abbondante neve. Oltre che un luogo ricco di energia naturale data dal torrente che vi scorre subito sotto, scavando un canyon incantevole. Del resto, il nome Trafoi deriva proprio da Tre fontane, una sorgente tripla che sgorga dalle pareti di roccia in fondo alla valle: luogo di apparizioni e misticismo, come ricorda il piccolo santuario dedicato.

L'ingresso dello storico Hotel Bella Vista.
È qui che Gustav è cresciuto ed è qui che dopo ogni impegno in giro per il mondo è voluto sempre ritornare. E quando vi si arriva se ne capisce il motivo. Oltre alla bellezza della natura, ad attenderlo ci sono tre figli, 12 nipoti e la moglie Ingrid, con la quale c’è ancora la stessa complicità di 50 anni fa, quando si sposarono nella chiesa del paese.
La Valanga azzurra
Un evento che seguiva di pochi mesi quell’impresa rimasta unica nella storia dello sci italiano: cinque azzurri nei primi cinque posti. Piero Gros, Gustav Thöeni, Erwin Stricker, Helmuth Schmalzl e Tino Pietrogiovanna vengono ribattezzati dalle pagine del Corriere della Sera e poi della Gazzetta dello Sport la Valanga Azzurra. E proprio alla squadra allenata da Mario Cotelli e Oreste Peccedi è stato dedicato un docufilm di Giovanni Veronesi. Oltre che un piccolo museo allestito all’interno del Bella Vista, dove si possono vedere i primi sci di legno di Gustav, medaglie, articoli di giornale e tantissime coppe, come i 4 Globi di cristallo della Coppa del mondo.
Come racconterebbe la Valanga azzurra a un ragazzo di oggi?
Eravamo un gruppo di sciatori appassionati di sci che provenivamo da un angolo all’altro dell’arco alpino e ci siamo trovati. Eravamo amici e avversari. Trascorrevamo tutto l’anno insieme e si andava fino in Cile e Argentina per gli allenamenti estivi. Se dopo 50 anni se ne parla ancora, vuol dire che era una buona cosa. Alle proiezioni del documentario dedicato alla Valanga azzurra c’era tantissima e fra questi anche dei giovani. Cosa mi manca di quegli anni? La gioventù! - ride - ma a quello non si rimedia!

Gustav Thöni nel piccolo museo allestito all'interno dell'hotel di famiglia.
Com’è stato il rapporto con Alberto Tomba?
Ci siamo trovati molto bene insieme. Qualche volta non eravamo della stessa opinione, ma ancora oggi ci sentiamo e siamo in ottimi rapporti.
I ricordi da bambino
Quando ha iniziato a sciare?
Avevo la passione già da piccolo. Praticamente appena ho iniziato a camminare, subito dopo ho messo anche gli sci, a 3 o 4 anni. Per avere la pista dovevamo batterla prima a scaletta, proprio qui davanti dove c’è la chiesa. Ma mi mettevo anche in casa a scivolare. Gli sci erano delle tavole di legno verniciate con una lacca speciale che doveva asciugare almeno due notti. Ricordo che era sempre una sofferenza aspettare, e quindi andavo continuamente a toccare se era asciutto. E gli scarponi da sci non esistevano ancora.
Oggi va ancora a sciare?
Oggi vado un paio di volte a settimana, qui o a Solda. Di solito con i nipoti, ma anche con i clienti quando facciamo la "settimana col campione". Mentre in estate vado a fare le camminate, anche insieme ai clienti.
Ci potrebbe consigliare qualche passeggiata?
Ci sono tanti bei sentieri qui attorno. Ma per il panorama unico forse direi il Forcola, dove c'è la seggiovia. Poi c’è il sentiero che parte dallo Stelvio e percorre il crinale fino al rifugio. Senza dimenticare il fondovalle, molto bello. (Anche la moglie Ingrid, che nel frattempo si aggiunge, consiglia il suo luogo speciale). Le Tre fontane è un posto magico e c’è una forza che io non riesco a spiegare, ma mi hanno detto che addirittura riescono a misurarla. Tu arrivi lì e ti senti più leggero, riesci a rilassarti. Tra i nostri ospiti si capisce che in tanti hanno bisogno di staccare e qui si riesce.
C’è un posto che le permette di ricarica le pile?
Quando ritornavo dalle gare avevo bisogno di tornare a casa. Dopo lunghe trasferte, la forma calava, ma mi bastavano tre o quattro giorni qui per riprendere forza.

Il santuario delle Tre fontane a Trafoi.
Gustav Thöni visto dalla moglie Ingrid
Com’è Gustav?
È una persona normalissima, ed è un complimento. Ho avuto fortuna.
Come vi siete conosciuti?
I nostri parenti erano amici. Un giorno mia zia mi disse di andare a Trafoi con lei. Quando arrivai Gustav era sul tetto della chiesa che dava una mano al parroco a mettere le scandole di legno e, mentre salivo per quelle scale strette per avvicinarmi, le campane iniziarono a suonare. Un rumore impressionante da dentro la torre, quindi mi sono ritirata. E poi, dopo, ci siamo reincontrati qui. Ci siamo conosciuti molto presto e sono cresciuta un po’ anche dentro la sua carriera, ma ho cercato di stare sempre dietro alle quinte. Sapevo che con i suoi impegni lui sarebbe stato abbastanza assente, e adesso gli tocca fare il nonno a tempo pieno.
Del resto, una storia popolare dice che quando ci s’innamora si sentano suonare le campane. Quelle della chiesa di Trafoi hanno scandito la vita di un campione e lo fanno ancora oggi con tutti quelli che vogliono ripercorrere le sue orme.



