Facoltà Teologica di Sicilia (Studio Teologico San Paolo di Catania)
Teologia Spirituale
Mario Torcivia 1.2.4. Esperienza spirituale ed esperienza liturgica: verso una necessaria osmosi Sull'esperienza, abbiamo trovato contributi sia di teologi spiri tuali che di liturgisti. Colui che, in modo approfondito-e purtroppo... more
Mario Torcivia 1.2.4. Esperienza spirituale ed esperienza liturgica: verso una necessaria osmosi Sull'esperienza, abbiamo trovato contributi sia di teologi spiri tuali che di liturgisti. Colui che, in modo approfondito-e purtroppo "interrotto" a cau sa della prematura morte (1983)-ha parlato per primo del rappor to tra esperienza spirituale ed esperienza liturgica è stato Moioli. In un contributo del 19821, il teologo spirituale, dopo aver identificato esperienza cristiana di Dio con «"spiritualità" cristiana: "spiritualità" infatti indica primariamente l'esperienza di colui che vive "secondo lo Spirito" , e così diventa uomo di fede, speranza, carità»2, presenta due tipi di considerazioni sull'«esperienza cristiana di Dio come esperien za della comprcnsività e nella comprcnsività dell'agape [.,.]» 3. Vedia mo la prima. Per il teologo milanese: «L'esperienza "agapica" di Dio è, nel cristianesimo, indissociabile dal momento celebrativo»4, e questo per la storicità del'agape che culmina in Gesù Cristo, di cui facciamo "memoria". Ne consegue che l'esperienza cristiana di Dio coglie la celebrazione «com e momento fondativo, luogo genetico di esisten za-esperienza secondo l'agape, e perciò anche luogo assolutamente privilegiato di percezione "simbolica" della comprcnsività dell'agape stessa»5. La seconda si presenta strettamente legata alla prima, e chia ma in causa il rapporto "spiritualità" e "liturgia" : 42 M. A uge, Spiritualità liturgica, p. 74. 43 M. A uge, Spiritualità liturgica, p. 74-75. 44 M. A ugé, Spiritualità liturgica, p. 80. 45 M. A ugé, Spiritualità liturgica, p. 80-81. 46 Cf. G. Moiou, «Liturgia e vita spirituale», p. 325-336. 47 Cf. S. M arsili, «La liturgia primaria esperienza», p. 276.
Questo lavoro nasce dal ritrovamento presso l’Archivio Storico Nazionale di Toledo (Spagna) di un antico manoscritto redatto nel 1608 dall’Arciprete di Taormina Melchiorre Coniglio, riguardante gli eventi miracolosi che si stavano... more
Questo lavoro nasce dal ritrovamento presso l’Archivio Storico Nazionale di Toledo (Spagna) di un antico manoscritto redatto nel 1608 dall’Arciprete di Taormina Melchiorre Coniglio, riguardante gli eventi miracolosi che si stavano verificando presso l’antica chiesetta di S. Venera, situata nell’omonima contrada della suddetta città. Il documento, composto da dieci fogli recto e verso, è la relazione minuziosa delle guarigioni inspiegabili operate da una fonte d’acqua prodigiosa che scaturiva nelle vicinanze della chiesa, del successivo rinvenimento attorno ad essa di numerosi reperti umani di soggetti che verosimilmente avevano subito il martirio e di come la città di Taormina, le diverse contrade e terre della Sicilia reagirono alla dilagante notizia dei miracoli che ivi accadevano.
Tale resoconto costituisce l’atto iniziale di una meticolosa istruttoria canonica avviata dall’Arcivescovo di Messina, monsignor Bonaventura Secusio, che si concluse alla fine del XVII secolo con l’emanazione di un breve apostolico che decretò solennemente la venerabilità e la santità di quelle reliquie, autenticate e denominate come Tauromenitanorum Sanctorum Reliquiae; alla fine del XVII sec. queste vennero identificate come quelle dei santi Corneliano, Sepero e i loro 60 – per altri 70 – compagni, martiri taorminesi del II secolo. Alla luce di quanto è contenuto nel documento, tale valutazione, operata secondo criteri oltremodo semplicistici, appare oggi poco probabile poiché nella narrazione delle varie inventio vengono descritti pure gli oggetti che costituivano il funebre corredo di quei corpi straziati, i quali non potevano essere certamente coevi al periodo in questione. Tra questi figurano dei paternoster, croci e corregge in uso negli ambienti monastici in epoca medievale. Tali elementi probanti sconfessano apertamente le congetture teorizzate alla fine del XVII secolo e allo stesso tempo spalancano scenari nuovi di ricerca, soprattutto per quanto concerne il periodo a cavallo tra la dominazione bizantina e la conquista degli arabi, il più probabile ove collocare cronologicamente gli eventi narrati. Le reliquie in seguito furono racchiuse in tre casse le quali sono ancora oggi custodite nel retro dell’altare maggiore del duomo di Taormina.
Tale resoconto costituisce l’atto iniziale di una meticolosa istruttoria canonica avviata dall’Arcivescovo di Messina, monsignor Bonaventura Secusio, che si concluse alla fine del XVII secolo con l’emanazione di un breve apostolico che decretò solennemente la venerabilità e la santità di quelle reliquie, autenticate e denominate come Tauromenitanorum Sanctorum Reliquiae; alla fine del XVII sec. queste vennero identificate come quelle dei santi Corneliano, Sepero e i loro 60 – per altri 70 – compagni, martiri taorminesi del II secolo. Alla luce di quanto è contenuto nel documento, tale valutazione, operata secondo criteri oltremodo semplicistici, appare oggi poco probabile poiché nella narrazione delle varie inventio vengono descritti pure gli oggetti che costituivano il funebre corredo di quei corpi straziati, i quali non potevano essere certamente coevi al periodo in questione. Tra questi figurano dei paternoster, croci e corregge in uso negli ambienti monastici in epoca medievale. Tali elementi probanti sconfessano apertamente le congetture teorizzate alla fine del XVII secolo e allo stesso tempo spalancano scenari nuovi di ricerca, soprattutto per quanto concerne il periodo a cavallo tra la dominazione bizantina e la conquista degli arabi, il più probabile ove collocare cronologicamente gli eventi narrati. Le reliquie in seguito furono racchiuse in tre casse le quali sono ancora oggi custodite nel retro dell’altare maggiore del duomo di Taormina.
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