Papers by Biagio Sarnataro
Simmel studies, 2020
Ce document est protégé par la loi sur le droit d'auteur. L'utilisation des services d'Érudit (y ... more Ce document est protégé par la loi sur le droit d'auteur. L'utilisation des services d'Érudit (y compris la reproduction) est assujettie à sa politique d'utilisation que vous pouvez consulter en ligne.

In definitiva: la fine degli ideali collettivi di emancipazione ha spianato la strada al realismo... more In definitiva: la fine degli ideali collettivi di emancipazione ha spianato la strada al realismo capitalista. Il progetto illuministico di uscita degli esseri umani dalla minorità è di molto arretrato. Dall’altro lato però l’illuminismo come fenomeno politico si basa su un equilibrio fra istanze contraddittorie: non c’è rischiaramento senza corpi intermedi, e, inversamente, i corpi intermedi portano con sé un intrinseco elemento paternalistico, autoritario. Una società governata da soli corpi intermedi è un elitismo illuminato, non una società illuminata. Al massimo e nel migliore dei casi.
Che fare? Lo scenario migliore che possiamo immaginare sembra quello di un ritorno alla socialdemocrazia, a una rinnovata intraprendenza dello Stato. Ogni piano di trascendenza rispetto a questo piano di realtà, ogni utopia, sembra essere velleitaria.
Rispetto a questo si può dire: non ci resta che piangere, oppure, data l’eccedenza dei problemi e l’irrigidimento delle soluzioni in quest’anno di pandemia, che abbandonare i piani di realtà prima che questi ci abbandonino definitivamente. Abbandonare un piano di realtà per approdare a piani di immanenza.
Persino la realtà al confronto con l’immanenza sembra così trascendente. Ma che cos’è l’immanenza? Una vita: realismo ecologico contro realismo capitalista. È nel realismo ecologico che dobbiamo abolire la frattura metabolica, il conflitto delle facoltà. E come? Dialetticamente, cioè a partire dalle contraddizioni, dai sintomi dissidenti. Per un Aufhebung desiderante. Coscienti, però, che siamo ancora ben al di qua dal dimostrare l’inconciliabilità di questo movimento istituente con il piano del molteplice neoliberale.
Intervista al giornale EdizioneCaserta. Aldo Giorgio Gargani, Chiara Valerio e i problemi dischiu... more Intervista al giornale EdizioneCaserta. Aldo Giorgio Gargani, Chiara Valerio e i problemi dischiusi dal concetto di inafferenza, per un materialismo aperto.
NUMERO 4 / 2020 Archimede LXXII | ottobre-dicembre 2020, 2021
"Una riflessione sulla filosofia della matematica, fatta a partire dalla rilettura di Gabriele Lo... more "Una riflessione sulla filosofia della matematica, fatta a partire dalla rilettura di Gabriele Lolli delle Lezioni americane di Calvino, in un percorso che incontra la grande letteratura e le idee di Barrow e Gowers"
"Thomas Project. A border juoirnal for utopian thought", n. 3, 1/2020, pp. 170-189, 2020
Nelle pagine che seguono si tratta di svolgere più distesamente alcune delle considerazioni che p... more Nelle pagine che seguono si tratta di svolgere più distesamente alcune delle considerazioni che propongo in una recensione a Marx revival. Concetti essenziali e nuove letture, uscito per la Donzelli Editore nel novembre del 2019. Unita alla considerazione degli sviluppi che si sono dati in ambito marxiano, soprattutto in relazione all’ecologia e ai femminismi, la lettura di Marx revival ci aiuta a capire come un mutamento nel modo di concepire Marx possa rendere questo lavoro di riconsiderazione un momento di consapevole partecipazione e contributo al generale processo di mutamento dell’egemonia culturale neoliberale ed eteropatriarcale.

Nella poesia Biglietto lasciato prima di non andare via Giorgio Caproni scrive: Se non dovessi to... more Nella poesia Biglietto lasciato prima di non andare via Giorgio Caproni scrive: Se non dovessi tornare,/ sappiate che non sono mai/ partito. Il mio viaggiare/ è stato tutto un restare/qua, dove non fui mai. Notevole per ben altri versi, per farla lunga dirò che ricorda il nessundove senza negazioni delle Elegie duinesi, è la perfetta missiva hauntologica di Marx ai sui interpreti "futuropassati". Marx ci insegna subito due cose: la prima è che il pluslavoro è appropriazione della possibilità reale del di più di valore che deriva dalla capacità lavorativa, più specificamente, dalla forza-lavoro del lavoratore. Questa appropriazione è strutturale, sta alla base della riproduzione del capitale come cosa e come rapporto., come fondo iniziale ma aumentato e come titolarità sulla prestazione della forza-lavoro. La seconda è che questo rapporto tra capitalista e lavoratore è di natura storica, quindi essenzialmente politica e viceversa. Di come venga attribuita la porzione tra lavoro retribuito e lavoro non pagato, lo decidono i rapporti di forza tra le classi. Non il mercato. O anche, ma, di certo, non razionalmente, né - che della razionalità è un attributo - in autonomia.

In Una lunga conversazione. Ricordo di Lorenzo Calabi, a cura di Elisa Bertò, ETS, Pisa, 2019
Nella Prolusione accademica che Schiller tiene nel maggio del 1789 a Jena, con cui dà inizio al s... more Nella Prolusione accademica che Schiller tiene nel maggio del 1789 a Jena, con cui dà inizio al suo corso sul significato e il fine della storia universale, non si tratta più di concepire un’adeguata destinazione dell’uomo, posto l'inizio congetturale della storia del genere in quanto genere umano riunito in società sulla Terra, come lo è stato per Kant, o almeno non soltanto e non esclusivamente, ma di comprendere il presente come processo della sua propria formazione, di concepire il presente come storia. Ma l'idea di storia universale in Schiller è decisiva anche per intendere i termini di quella che si potrebbe definire come la querelle tra moderni e moderni, dalla quale, evidentemente, non siamo ancora usciti: tra Kant e Schiller è possibile vedere la contrapposizione tra due modelli di cittadinanza del mondo, di cosmopolitismo, tra due criteri diversi di legittimazione del fluire e dello stanziare di persone e di merci. Un cosmopolitismo che definirei propriamente politico, del diritto e dei diritti – e, dunque, del diritto di avere diritti – che implica e presuppone doveri e sovranità, e un cosmopolitismo impolitico delle facoltà, spinoziano se si vuole, perché implica e presuppone la possibilità di persistere nel proprio essere, qualcosa che, per fare un salto considerevole, è ben espresso in un testo firmato dalla Libreria delle donne di Milano, uscito per la prima volta nel 1977, sotto l’importante spinta teorica e pratica di Luisa Muraro, che ha per titolo Non credere di avere dei diritti, ovvero: posto il concetto, la questione dei diritti non esaurisce l’eccedenza che esibisce la questione di una politica di liberazione rispetto a una politica di rivendicazioni.
Drafts by Biagio Sarnataro

«C'è nella natura dell'uomo una certa doppiezza, che, in definitiva, come tutto ciò che deriva da... more «C'è nella natura dell'uomo una certa doppiezza, che, in definitiva, come tutto ciò che deriva dalla natura, deve racchiudere un'inclinazione a scopi buoni; cioè la propensione a tenere nascosti i propri veri sentimenti, simulandone altri, che godono fama di bontà e rispettabilità. È innegabile che in virtù di questa propensione così a nascondersi come ad assumere un aspetto favorevole, gli uomini non soltanto si sono inciviliti, ma anche gradualmente moralizzati, almeno in certi limiti. [...] È per me increscioso dover riscontrare questa doppiezza, questa dissimulazione e falsità anche nelle manifestazioni dell'attività speculativa [...]» . Pare, infatti, dalle tre critiche, che ciascuna indagine riguardante le facoltà della ragion pura conduca alla determinazione di un piano disciplinante: una volta percorso l’intero ciclo della conoscenza e, in forza di questo, innalzato l’edificio completo della ragion pura, l’opera non può dirsi compiuta davvero se la si lascia sussistere accanto all’innegabile tendenza dell’uomo ad allontanarsi dalla propria natura...

Il problema di Habermas sembrerebbe consistere in ciò: poiché l’identità dell’individuo, ovvero i... more Il problema di Habermas sembrerebbe consistere in ciò: poiché l’identità dell’individuo, ovvero il raggio di azione che veridicamente – secondo un’adesione intima – il soggetto riesce a mettere in scena, attraverso la costituzione del suo “Io pratico”, viene a dipendere dalla comunità della comunicazione, dalle relazioni simboliche di attori individualmente interagenti, sussiste allora la necessità di garantire, sul piano comportamentale, l’integrità e il rispetto reciproco, poiché lo sviluppo della coscienza morale è legato alla profonda vulnerabilità dell’Io. L’io, inteso in questa luce, non può fare a meno di appoggiarsi a una regolazione etica delle pratiche discorsive, affinché si formi, in generale, e perché si formi liberamente. Tuttavia neanche il ricorso alla pragmatica formale riduce l’ambiguità di quale sia l’elemento eticamente rilevante in ogni formazione spirituale, ovvero se dipenda dalla strutturazione simbolica, dal potere normativo che ne rappresenta il nucleo, o dalla rilevanza cognitiva che esibisce un ideale morale, in quanto – e questo è l’altro aspetto davvero notevole – si fonda sul concetto di una validità discorsiva trascendentale. Ma è proprio una difficoltà così connotata ad aprire o riaprire la strada per riproporre il confronto tra Habermas e Lhumann. Se si resta in un ambito di ricerca normale – legate a un primo grado di osservazione – la critica di Habermas conserva la sua forza, poiché si mostra come quella critica che valuta le condizioni di possibilità di ogni categoria, nel senso di unità di riferimento più o meno adeguato alla fenomenicità da indagare. La teoria dei sistemi sociali nasce, invece, proprio dall’esigenza di sostituire i riferimenti ultimi con riferimenti sistemici, dall’esigenza di reimpostare la teoria al di là della concettualità legata alle categorie di “soggetto” e “oggetto”. E Luhmann può farlo poiché pone al centro di questo programma teorico il metodo delle equivalenze funzionali, deducibile su un piano di osservazione di second’ordine

Riflessività vuol dire fare la stessa cosa ma in modo diverso, ovvero non a partire dalla cosa st... more Riflessività vuol dire fare la stessa cosa ma in modo diverso, ovvero non a partire dalla cosa stessa ma dal modo del riferirsi alla cosa, o come si legge in Luhmann: «non un riferirsi all’oggetto stesso del riferimento, ma un riferirsi a un’unità diversa ma uguale» . Riferirsi alla normazione della normazione, ad esempio, significa riferirsi per una via più lunga all’effetto sistemico provocato dalla definizione di una struttura che assorbe la richiesta di prestazioni di ordine ‘normativo’ e ‘legislativo’, a una normazione della normazione uguale alle norme che produce perché non conosce altra forma di riduzione di complessità che svolge quel tipo di ruolo, ma diversa da queste in quanto normatività della norma e non norma specifica. «Nel requisito di una tale eguaglianza è contenuta una sorta di astinenza provvisoria, un differimento del riferimento all’oggetto, grazie al quale avviene il rafforzamento dell’effetto, il potenziamento tramite un processo più lungo» .
È in questo carattere di differimento, di sostituzione, di rimando funzionale all’apprendimento di una specifica prestazione per il tramite della sua astinenza provvisoria, che inserisco un confronto fra la teoria dei sistemi chiusi di Luhmann e la teoria dei mondi intermedi, studiata da Alfonso M. Iacono e Aldo G. Gargani

Nessun teorema incluso nel sistema formale potrà dar conto dei suoi fondamenti assoluti. Se i sin... more Nessun teorema incluso nel sistema formale potrà dar conto dei suoi fondamenti assoluti. Se i singoli dispositivi risultano efficaci per la conoscenza specifica di certi fenomeni, dobbiamo concludere che in linea generale la Natura è un fatto matematico indecidibile.
I limiti del nostro linguaggio sono i limiti del nostro mondo, mentre il mondo reale eccede. Esiste un limite reale al potere della matematica se la intendiamo solo come disciplina del calcolo. La mathesis del reale, invece, è proprio nel campo dell’eccedenza che trae forza e si struttura. La ricerca dell’indeterminato che diventa osservazione del molteplice all’interno di una totalità non assiomaticamente schematizzata, ma plurale, congetturale, potenziale: questa è la nuova prospettiva. In questo continuo operare collettivo, come sforzo di adeguarsi a una totalità in espansione, valga per la modellizzazione quello che P. Valery diceva della poesia: non è mai finita, è solo abbandonata.

Lo scetticismo aperto di Weischedel non resta fermo nella costatazione della problematicità di og... more Lo scetticismo aperto di Weischedel non resta fermo nella costatazione della problematicità di ogni agire. Anzi costituisce la possibilità concreta dell’ esistenza di un agire responsabile e aperto all’ altro: cioè di un agire etico. L’ Io, che si riconosce come promotore dell’interrogare radicale, dà libera adesione al potere etico proprio dello scetticismo aperto. Allora possiamo dire che etica scettica e problematicità radicale non soltanto non si escludono a vicenda, ma che un’etica scettica risponde alle precise esigenze provenienti dalla problematicità radicale.
Ed è proprio nell’ atteggiamento dell’ apertura che il forte potere etico dello scetticismo aperto si estrinseca in tutta la sua tensione. Suo compimento è proprio un’ etica della libera scelta e della responsabilità: l’ etica teorizzata dal Weischedel. Lo scetticismo aperto coinvolge così profondamente l’ esistenza dello scettico che lo dispone come essere-in-relazione. Allora, il tentativo di Weischedel di far coesistere etica e scetticismo si è spinto sino al punto in cui si possa parlare non solo di un’ etica scettica ma di uno scetticismo etico, di senso opposto a quello inteso dal Müller-Lauter.
Infine possiamo affermare che un’etica scettica è possibile solo se lo scetticismo accetta la sua portata etica di fondo. Solo, cioè, se si riconosce come il segno del Mistero. Forza teorica e forza etica del dubbio autentico hanno lo stesso dominio. Meglio: uno scetticismo aperto si compie solo se è assunto come criterio di vita, ossia solo se diventa scetticismo etico.
Book Reviews by Biagio Sarnataro

Iride. Filosofia e discussione pubblica, Numero 1, 2022, gennaio-aprile ISBN: 978-88-15-38059-3 | Annata: XXXV , 2022
Ciò che si trova nell’elaborazione finale di Simmel è una sociologia radicale della vita. E radic... more Ciò che si trova nell’elaborazione finale di Simmel è una sociologia radicale della vita. E radicale in un duplice senso: perché pone l’intuizione della vita alla radice dell’esperienza dell’individuo moderno; perché pone al ricercatore la domanda sulla mancata conciliazione di individuo e società nella modernità. Simmel, ciò detto, anche nella sua produzione finale, si muove all’interno dei problemi dischiusi dalla dialettica trascendentale di Kant, ma non può porsi il problema della dialettica trascendentale.
Una incapacità che è subentrata nella storia del pensiero filosofico, e nella cultura continentale, per eccesso e non per difetto: a causa dell’emergere del problema della complessità. Il problema della complessità deriva dal fatto che esistono più possibilità di quante possano essere prese in considerazione, o, viceversa, che la sovrabbondanza dei rimandi costituisce un problema di designazione e indicazione di un riferimento
sistemico per ogni sorta di selezione. E, quindi, intanto dobbiamo rinunciare al così detto uso pubblico della ragione sic et simpliciter; poi bisogna smettere di cercare un’architettonica della Ragion Pura e restare aperti a ciò che indica, di volta in volta, la differenza ecologica di sistema/ambiente.
(forthcoming at Simmel Studies): Published in 2019 at the Palgrave publishing house, the text by ... more (forthcoming at Simmel Studies): Published in 2019 at the Palgrave publishing house, the text by David Beer, sociologist of the University of York (UK), focuses on the last two publications of Georg Simmel: Rembrandt: An essay in the philosophy of art (1916) and The View of Life: Four Metaphysical Essays with Journal Aphorisms (1918) [henceforth referred to as Rembrandt and The View of Life respectively]. As a privileged observer of the contradictions of his time, Simmel reveals to us how the most authentic experience of modernity is an aesthetic experience, and how this type of experience poses sociological problems to the modern intellectual
Uploads
Papers by Biagio Sarnataro
Che fare? Lo scenario migliore che possiamo immaginare sembra quello di un ritorno alla socialdemocrazia, a una rinnovata intraprendenza dello Stato. Ogni piano di trascendenza rispetto a questo piano di realtà, ogni utopia, sembra essere velleitaria.
Rispetto a questo si può dire: non ci resta che piangere, oppure, data l’eccedenza dei problemi e l’irrigidimento delle soluzioni in quest’anno di pandemia, che abbandonare i piani di realtà prima che questi ci abbandonino definitivamente. Abbandonare un piano di realtà per approdare a piani di immanenza.
Persino la realtà al confronto con l’immanenza sembra così trascendente. Ma che cos’è l’immanenza? Una vita: realismo ecologico contro realismo capitalista. È nel realismo ecologico che dobbiamo abolire la frattura metabolica, il conflitto delle facoltà. E come? Dialetticamente, cioè a partire dalle contraddizioni, dai sintomi dissidenti. Per un Aufhebung desiderante. Coscienti, però, che siamo ancora ben al di qua dal dimostrare l’inconciliabilità di questo movimento istituente con il piano del molteplice neoliberale.
Drafts by Biagio Sarnataro
È in questo carattere di differimento, di sostituzione, di rimando funzionale all’apprendimento di una specifica prestazione per il tramite della sua astinenza provvisoria, che inserisco un confronto fra la teoria dei sistemi chiusi di Luhmann e la teoria dei mondi intermedi, studiata da Alfonso M. Iacono e Aldo G. Gargani
I limiti del nostro linguaggio sono i limiti del nostro mondo, mentre il mondo reale eccede. Esiste un limite reale al potere della matematica se la intendiamo solo come disciplina del calcolo. La mathesis del reale, invece, è proprio nel campo dell’eccedenza che trae forza e si struttura. La ricerca dell’indeterminato che diventa osservazione del molteplice all’interno di una totalità non assiomaticamente schematizzata, ma plurale, congetturale, potenziale: questa è la nuova prospettiva. In questo continuo operare collettivo, come sforzo di adeguarsi a una totalità in espansione, valga per la modellizzazione quello che P. Valery diceva della poesia: non è mai finita, è solo abbandonata.
Ed è proprio nell’ atteggiamento dell’ apertura che il forte potere etico dello scetticismo aperto si estrinseca in tutta la sua tensione. Suo compimento è proprio un’ etica della libera scelta e della responsabilità: l’ etica teorizzata dal Weischedel. Lo scetticismo aperto coinvolge così profondamente l’ esistenza dello scettico che lo dispone come essere-in-relazione. Allora, il tentativo di Weischedel di far coesistere etica e scetticismo si è spinto sino al punto in cui si possa parlare non solo di un’ etica scettica ma di uno scetticismo etico, di senso opposto a quello inteso dal Müller-Lauter.
Infine possiamo affermare che un’etica scettica è possibile solo se lo scetticismo accetta la sua portata etica di fondo. Solo, cioè, se si riconosce come il segno del Mistero. Forza teorica e forza etica del dubbio autentico hanno lo stesso dominio. Meglio: uno scetticismo aperto si compie solo se è assunto come criterio di vita, ossia solo se diventa scetticismo etico.
Book Reviews by Biagio Sarnataro
Una incapacità che è subentrata nella storia del pensiero filosofico, e nella cultura continentale, per eccesso e non per difetto: a causa dell’emergere del problema della complessità. Il problema della complessità deriva dal fatto che esistono più possibilità di quante possano essere prese in considerazione, o, viceversa, che la sovrabbondanza dei rimandi costituisce un problema di designazione e indicazione di un riferimento
sistemico per ogni sorta di selezione. E, quindi, intanto dobbiamo rinunciare al così detto uso pubblico della ragione sic et simpliciter; poi bisogna smettere di cercare un’architettonica della Ragion Pura e restare aperti a ciò che indica, di volta in volta, la differenza ecologica di sistema/ambiente.
Che fare? Lo scenario migliore che possiamo immaginare sembra quello di un ritorno alla socialdemocrazia, a una rinnovata intraprendenza dello Stato. Ogni piano di trascendenza rispetto a questo piano di realtà, ogni utopia, sembra essere velleitaria.
Rispetto a questo si può dire: non ci resta che piangere, oppure, data l’eccedenza dei problemi e l’irrigidimento delle soluzioni in quest’anno di pandemia, che abbandonare i piani di realtà prima che questi ci abbandonino definitivamente. Abbandonare un piano di realtà per approdare a piani di immanenza.
Persino la realtà al confronto con l’immanenza sembra così trascendente. Ma che cos’è l’immanenza? Una vita: realismo ecologico contro realismo capitalista. È nel realismo ecologico che dobbiamo abolire la frattura metabolica, il conflitto delle facoltà. E come? Dialetticamente, cioè a partire dalle contraddizioni, dai sintomi dissidenti. Per un Aufhebung desiderante. Coscienti, però, che siamo ancora ben al di qua dal dimostrare l’inconciliabilità di questo movimento istituente con il piano del molteplice neoliberale.
È in questo carattere di differimento, di sostituzione, di rimando funzionale all’apprendimento di una specifica prestazione per il tramite della sua astinenza provvisoria, che inserisco un confronto fra la teoria dei sistemi chiusi di Luhmann e la teoria dei mondi intermedi, studiata da Alfonso M. Iacono e Aldo G. Gargani
I limiti del nostro linguaggio sono i limiti del nostro mondo, mentre il mondo reale eccede. Esiste un limite reale al potere della matematica se la intendiamo solo come disciplina del calcolo. La mathesis del reale, invece, è proprio nel campo dell’eccedenza che trae forza e si struttura. La ricerca dell’indeterminato che diventa osservazione del molteplice all’interno di una totalità non assiomaticamente schematizzata, ma plurale, congetturale, potenziale: questa è la nuova prospettiva. In questo continuo operare collettivo, come sforzo di adeguarsi a una totalità in espansione, valga per la modellizzazione quello che P. Valery diceva della poesia: non è mai finita, è solo abbandonata.
Ed è proprio nell’ atteggiamento dell’ apertura che il forte potere etico dello scetticismo aperto si estrinseca in tutta la sua tensione. Suo compimento è proprio un’ etica della libera scelta e della responsabilità: l’ etica teorizzata dal Weischedel. Lo scetticismo aperto coinvolge così profondamente l’ esistenza dello scettico che lo dispone come essere-in-relazione. Allora, il tentativo di Weischedel di far coesistere etica e scetticismo si è spinto sino al punto in cui si possa parlare non solo di un’ etica scettica ma di uno scetticismo etico, di senso opposto a quello inteso dal Müller-Lauter.
Infine possiamo affermare che un’etica scettica è possibile solo se lo scetticismo accetta la sua portata etica di fondo. Solo, cioè, se si riconosce come il segno del Mistero. Forza teorica e forza etica del dubbio autentico hanno lo stesso dominio. Meglio: uno scetticismo aperto si compie solo se è assunto come criterio di vita, ossia solo se diventa scetticismo etico.
Una incapacità che è subentrata nella storia del pensiero filosofico, e nella cultura continentale, per eccesso e non per difetto: a causa dell’emergere del problema della complessità. Il problema della complessità deriva dal fatto che esistono più possibilità di quante possano essere prese in considerazione, o, viceversa, che la sovrabbondanza dei rimandi costituisce un problema di designazione e indicazione di un riferimento
sistemico per ogni sorta di selezione. E, quindi, intanto dobbiamo rinunciare al così detto uso pubblico della ragione sic et simpliciter; poi bisogna smettere di cercare un’architettonica della Ragion Pura e restare aperti a ciò che indica, di volta in volta, la differenza ecologica di sistema/ambiente.