di Paolo Baldini ed Enrico Caiano
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  • Tag "denis villeneuve"

    Cinquant’anni e non sentirli. A spegnere le candeline il 12 ottobre è stato Hugh Jackman, l’attore che tutti abbiamo apprezzato in Wolverine e al quale ha dato l’addio per “lanciarsi in nuove sfide”, come lui stesso ha dichiarato. Quando si parla di lui, non ci si può limitare all’eroe della Marvel. L’attore australiano, infatti, deve il successo iniziale al teatro e al musical, passione che non ha mai abbandonato con il passare degli anni.

    IMG_5799Dopo aver conquistato l’Australia prima nei panni di Gaston nella versione locale de La bella e la bestia e poi con Sunset Boulevard, è diventato un nome conosciuto in tutto il mondo (anche grazie alla nomina a uomo più sexy del Pianeta). Una curiosità? Jackman è stato (ed è) un grande amante del palcoscenico, tanto da essersi esibito alla Carnegie Hall e a Broadway, arrivando anche alla presentazione dei Tony Awards e della notte degli Oscar, nel 2009. Nel 1998, ormai ben noto in Australia ma ancora pressoché sconosciuto all’estero, ha anche debuttato nel Teatro del West end londinese interpretando il ruolo di Curly in Oklahoma! (personaggio che riprende l’anno successivo nella versione cinematografica diretta nel 1999 da Trevor Nunn).

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    Blade Runner 2049 di Denis Villeneuve con Harrison Ford, Ryan Gosling, Jared Leto, Ana de Armas, Robin Wright, Mackenzie Davis, Dave Bautista, Barkhad Abdi

    Diciamolo subito: Blade Runner 2049 funziona e, soprattutto, regge il confronto con l’indimenticabile film di Ridley Scott del 1982 che ha segnato almeno due generazioni di visual artist. Regge perché è un’altra cosa, diversa, lontana da tutto, dai testi di Philip K. Dick all’origine della saga, dalle piogge acide sui balconi di LA e dalle musiche di Vangelis. Più avanti, più crudele. Pessimista, stordente, meravigliosamente imperfetto. Regge perché parte come un sequel, trent’anni dopo, ha uno sviluppo da noir millenarista e finisce come una parabola moraleggiante. Un elogio della memoria che rende umani, e fa impazzire, e fa piangere. (altro…)

    Amy Adams e Jeremy Renner in Arrival (2016) di Denis Villeneuve

    Prendersi il rischio di parlare con qualcuno così diverso da noi da risultare terrorizzante. E provare a capire la sua impossibile lingua. Forse, alla fine, la fantascienza è solo un pretesto per la storia di Arrival, il film del canadese Denis Villeneuve tratto dal racconto Storie della tua Vita dello scrittore americano Ted Chiang. Il risultato è un lavoro originale, molto coinvolgente. La storia e la sceneggiatura portano nel cuore del caso, piuttosto complesso, alla giusta velocità. Un risultato non scontato per un film sofisticato, che prova a descrivere anche il  tempo con  dimensioni inconsuete per la maggior parte delle persone. Non a caso Chiang è, prima che uno scrittore, uno scienziato informatico e un matematico. (altro…)

    Ficarra e Picone in "L'ora legale", pamphlet sul'illegalità diffusa

    L’ora legale è il secondo tempo disperato di Quo vado?. Ci si potrebbe fermare qui, ma da palermitano, come i miei adorati Ficarra e Picone, ho bisogno di dire qualcosa in più sulla percezione che abbiamo della nostra terra. La storia dell’Ora legale è semplice, quasi bidimensionale: un paese guidato da un sindaco corrotto sceglie il cambiamento ed elegge un sindaco onesto, che – facendo cose oneste – si renderà presto odiato, un odio che lo spingerà ad arrendersi. Morale: siamo senza speranza, oppure – detto in modo più raffinato, abusando delle parole del maestro Leonardo Sciascia – siamo “irredimibili”. (altro…)

    Amy Adams è Louise Banks in "Arrival" di Denis Villeneuve

    Arrival di Denis Villeneuve, con Amy Adams, Jeremy Renner, Forest Whitaker, Michael Stuhlbarg, Tzi Ma, Mark O’Brien, Nathaly Thibault, Joe Cobden

    Dieci e lode al fascino ascensionale di Arrival, brividino fantasy accodato alle teorie filosofiche di Interstellar (Christopher Nolan, 2014) e più ancora a Incontri ravvicinati del Terzo Tipo (Steven Spielberg, 1977). Fascino ascensionale perché racconta una storia verticale, orientata verso stelle e galassie, con il punto di vista di un telescopio. Fascino ascensionale perché sorvola sui particolari, omette le spiegazioni sulle svolte scientifiche della fiaba e non dimostra ciò che enuncia. Incontrare gli alieni, stabilire un contatto con civiltà che sono avanti, oltre, distanti: una luce sull’orizzonte, un rebus da sciogliere, un’intelligenza opaca da inseguire. Dunque, fuor di metafora, capire il diverso. (altro…)

    Jake Gyllenhaal e Hugh Jackman in Prisoners (2013) di Denis Villeneuve

    Prigionieri di un dolore, attuale o passato ma non rimosso. Prigionieri di una visione del mondo angusta (“Prega per il meglio, preparati per il peggio”) che è ormai tardi per mettere in discussione. Prigionieri del proprio nevrotico perfezionismo. Prisoners (2013), il primo film ad alto budget e con attori di grande richiamo del canadese francofono Denis Villeneuve (46 anni), ci mostra una comunità umana nel nord degli Stati Uniti improvvisamente precipitata nel dramma crudele del rapimento di due bambine nel giorno di festa dedicato al Ringraziamento, per dirci che prigionieri siamo tutti. Ciascuno a suo modo. Come si dice: la vittima e il carnefice.

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