Papers by Maria Scerrato

Scorrendo l' imponente mole dell' opera di D. H. Lawrence è evidente la passione dello scrittore ... more Scorrendo l' imponente mole dell' opera di D. H. Lawrence è evidente la passione dello scrittore per la botanica. In saggi come Flowery Tuscany, poesie come Bavarian Gentians ma soprattutto nei suoi romanzi, abbondano le descrizioni delle specie vegetali ( ben 145 solo in Figli e Amanti ). In effetti il suo fu un interesse molto forte e precoce. Fin dall'infanzia egli si incuriosì per la vita dei fiori e degli alberi e dal padre apprese a riconoscere le piante usate tradizionalmente in cucina o a scopi medicamentosi. A scuola la botanica fu una delle poche materie per le quali si distinse, guadagnandosi una lode ed ad essa rimase affezionato tutta la vita: un piccolo tesoro da contemplare nei giorni più tristi. Più tardi al Notthingham University College Lawrence seguì un corso accademico che raffinò le sue conoscenze ma che ancor di più lo convinse che l'espressione più autentica della pienezza della vita era da trovare in un fiore, in un organismo vivente che riflette la parabola della vita umana, dal bocciolo che possiede in sé tutte le qualità, al suo fiorire in un individuo.
Nel corso del primo millennio a.C., nel Lazio Meridionale, venne gradualmente costruito un sistem... more Nel corso del primo millennio a.C., nel Lazio Meridionale, venne gradualmente costruito un sistema difensivo delle città, basato su imponenti mura di protezione, formate da enormi massi di calcare, che venivano squadrati e incastrati in modo mirabile senza l'ausilio di malta.
La storia antica del territorio extra-urbano di Alatri è avvolta in un profondo mistero. I manosc... more La storia antica del territorio extra-urbano di Alatri è avvolta in un profondo mistero. I manoscritti e le pergamene non fanno che fugaci accenni all'area al di fuori delle mura cittadine e la possibilità di ricostruire la storia passata dalle evidenze sul territorio è fortemente compromessa dall'antropizzazione selvaggia degli ultimi decenni. Un importante indizio per ricostruire un profilo storico viene invece dalla toponomastica, rimasta alterata per più di un millennio e solo recentemente stravolta da nomi di fantasia.

Sebbene agnostico e per questo tendenzialmente anticlericale, Pascoli nutriva uno speciale affett... more Sebbene agnostico e per questo tendenzialmente anticlericale, Pascoli nutriva uno speciale affetto per i preti del Calasanzio, presso cui aveva trascorso gli anni spensierati dell'infanzia nel Collegio ad Urbino, prima che la tragedia sconvolgesse l'armonia familiare: figure rassicuranti e ferme che furono un surrogato del padre, mancato troppo presto. I suoi amici preti (e ne aveva parecchi) erano intellettuali colti, in grado di interloquire su questioni letterarie che gli stavano a cuore ed al contempo vicini alla sua sensibilità, sempre pieni di lodi e di affetto per il grande poeta. Pascoli si riteneva davvero un loro fratello. Li accomunava un eguale destino che Elio Gianola suggerisce essere di "rinuncia". Egli si rispecchiava nel loro sacerdozio, avendo seguito la loro stessa strada di "mortificazione e seppellimento totali" col sacrificio senza compensi (se non poetici) della vita e dell'amore. Con alcuni di loro il rapporto fu più intimo, sorretto da un continuo scambio epistolare come con padre Ermenegildo Pistelli ed ovviamente padre Luigi Pietrobono.
La parabola umana di Padre Luigi Pietrobono rivela un uomo che fu sacerdote ed educatore, che nut... more La parabola umana di Padre Luigi Pietrobono rivela un uomo che fu sacerdote ed educatore, che nutrì una profonda passione per la poesia, in veste di valente critico e godette inoltre di una profonda e disinteressata amicizia con Giovanni Pascoli.
Recentemente qualche clamore è stato sollevato dal rinnovato interesse per due gioielli antichi, ... more Recentemente qualche clamore è stato sollevato dal rinnovato interesse per due gioielli antichi, due collane in oro rinvenute ad Alatri nello scorso secolo ed attualmente conservate nel Museo Etrusco di Villa Giulia a Roma. Secondo gli appassionati le due collane potrebbero gettare luce sulla storia antica della città, tuttora avvolta in un fitto buio. Ed in effetti è possibile rilevare qualche elemento, utile tassello nella ricomposizione di un quadro complesso.
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In uno dei più travagliati periodi della storia d'Italia, ovvero nel decennio post-unitario (1860... more In uno dei più travagliati periodi della storia d'Italia, ovvero nel decennio post-unitario (1860-1870), le brigantesse si proposero come un esempio di protagonismo femminile. Esse infatti parteciparono, alla pari degli uomini, alla lotta armata di resistenza legittimista di fronte all'invasore piemontese. Secondo un recente censimento dello storico Valentino Romano, le donne in armi di cui si ha testimonianza accertata, nei verbali delle forze di polizia o nelle sentenze di condanna, furono qualche centinaio, mentre più di mille furono le " manutengole " , ovvero le fiancheggiatrici, che svolgevano un ruolo di spia, di controllo del territorio, di collegamento tra la banda ed il villaggio e di rifornimento di viveri. Le combattenti erano esclusivamente le donne dei capi o dei briganti più importanti, scelte per questo ruolo non solo per la bellezza ma per infinite altre doti. Dovevano infatti essere eccezionali quanto a coraggio, temperamento ribelle, intelligenza e resistenza fisica e psicologica perché la vita alla latitanza era durissima. All'interno della banda erano tenute in grande considerazione e rispettate. Erano armate esattamente come gli uomini e vestivano sempre in abiti maschili. Partecipavano ai combattimenti e alle operazioni di guerriglia, svolgendo funzioni di luogotenenza e, in condizioni particolari, perfino di comando totale. La quota di bottino che ricevevano era identica a quella dei maschi di pari grado. La loro specializzazione era la sorveglianza dei rapiti e le lunghe trattative con le famiglie per ottenere i riscatti. Spesso furono le strateghe più astute, come Michelina Di Cesare e le custodi dei segreti dei loro uomini e perfino della cassa comune della banda, come Rosa, la moglie del brigante Cedrone, aiutante di Chiavone. Sicuramente dovevano avere una forza e delle risorse interiori maggiori dei loro amanti, in quanto nei momenti più bui, essi si rivolgevano a loro per trovare conforto e sostegno psicologico. Il mutato ruolo femminile corrispose anche ad una diversa iconografia della brigantessa. Nelle stampe di Bartolomeo Pinelli o nei dipinti di Louis Leopold Robert, le donne del brigantaggio antinapoleonico, di inizio Ottocento, erano rappresentate secondo canoni tradizionali romantici. Vestivano l'abito contadino femminile, con i capelli coperti dal copricapo ed il grembiule ricamato. Erano modeste e decorose nell'aspetto e non portavano armi. Non avevano seguito i mariti in montagna, nella vita " alla macchia " ma risiedevano nel villaggio, dove custodivano i figli. Spesso venivano rappresentate come madri con bambini al collo, oppure pie consorti che pregavano per la salvezza del marito davanti ad immagini sacre, oppure mentre offrivano conforto, magari portando del cibo al proprio uomo. Erano in linea con lo stereotipo tradizionale della donna che svolge una funzione " ancillare " nei confronti del maschio e con la sua presenza mitiga la rudezza dei comportamenti e perfino la ferocia degli uomini. Queste stampe e questi dipinti celebravano l' idealizzazione del brigante, come eroe popolare e della brigantessa, quale icona etnica della ciociara, per il volto dall'ovale perfetto, l'incarnato eburneo, gli occhi profondi dalle lunghe ciglia e una gran massa di capelli neri che sfuggiva dal copricapo. Il fisico era tornito, con il busto strizzato in vita, sul quale fioriva il seno e gli stupendi ornamenti primitivi, quali fili di corallo, gioielli in filigrana e grandi orecchini pendenti ai lobi, la rendevano simile ad una divinità rustica. Anche l'ambiente circostante rifletteva la loro natura selvaggia, con una predilezione per le grotte, le rocce a strapiombo, gli anfratti, la vegetazione selvatica. In realtà gli artisti riproducevano gli stilemi della pittura di genere brigantesco, che aveva un fiorente mercato, soprattutto tra i viaggiatori stranieri del Grand Tour, che acquistavano queste realizzazioni per esibire un pittoresco souvenir del loro soggiorno romano.
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