
Annalisa Pellino
In 2022, I obtained a PhD in Visual and Media Studies at IULM University in Milan, where I currently collaborate as assistant professor and research fellow at the Department of Communication, Arts and Media. My research interests lie in the field of audiovisual culture and media studies, film sound and voice, media archeology, contemporary art, videographic criticism, film circulation and exhibition.
I am author of "The Voice in Transition. Cinema, Contemporary Art and Audiovisual Culture" (Mimesis 2023), and my essays/articles have appeared in peer-reviewed academic journals and volumes, such as in a number of online cultural magazines: Il Tascabile (the online Journal of Treccani - Italian Encyclopedia of Science, Letters, and Arts), Doppiozero and FlashArt, among others.
In 2020, I was visiting research scholar at University of California – Irvine, and from 2019 to 2021, I collaborated with the organisational board of the Cinema&Contemporary Art section of the International Film&Media Studies Spring School, University of Udine-Gorizia.
I am a member of the editorial staff of “Cinéma&Cie” and co-founder of AWI - Art Workers Italia.
I am author of "The Voice in Transition. Cinema, Contemporary Art and Audiovisual Culture" (Mimesis 2023), and my essays/articles have appeared in peer-reviewed academic journals and volumes, such as in a number of online cultural magazines: Il Tascabile (the online Journal of Treccani - Italian Encyclopedia of Science, Letters, and Arts), Doppiozero and FlashArt, among others.
In 2020, I was visiting research scholar at University of California – Irvine, and from 2019 to 2021, I collaborated with the organisational board of the Cinema&Contemporary Art section of the International Film&Media Studies Spring School, University of Udine-Gorizia.
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Papers by Annalisa Pellino
the 2019 Venice Art Biennale, is an African-American artist and filmmaker, who has contributed to the global affirmation of a black audiovisual
aesthetic based on the body and its sonic extensions. In particular, the artist
identifies the specificity of black culture in what he defines as Black Visual
Intonation, by constructing the audiovisual phrasing on the temporality
of Afro-American music, which configures new possibilities for a black
aesthetics based on the sounding body. Starting from these premises, the
essay analyzes Love is the Message, the Message is Death (2016), which
intersects the modes of the essay film with those of music video, where the
black visual intonation works as a kinesthetic principle of emotional revival
that supports the audio-tactile continuity (Iannotta, 2017) between the film
and the spectator’s body.
di Chantal Akerman, dove la voce è al centro di un ripensamento radicale
del rapporto tra visivo e sonoro, o del cosiddetto «contratto audiovisivo» (Chion 1992) e ne dichiara i processi di costruzione. La cineasta sperimenta con le possibilità formali, concettuali e performative dello spazio espositivo, e usa la voce per fare i conti con la questione dei limiti dello sguardo, che connota tutta la sua produzione. Attraverso un’oscillazione costante tra figurazione e astrazione, che mette in tensione il senso per rivoltare ogni cosa nel suo rovescio – una strategia già presente nei suoi film sotto forma di istanza antinarrativa (Bruno 2019) – Akerman valorizza la materialità della voce e sfuma il confine tra il semantico e il vocalico, immagine e phoné.
Muovendo da un approccio che pensa il cinema come un “performance-oriented medium” (Altman 1992) all’interno di uno scenario
post-cinematico (De Rosa, Hediger 2016; Chateau, Moure 2020) e l’evento filmico come una mise-en-scène di corpi, l’analisi si concentra sulla voce mediatizzata (Lombardi Vallauri, Rizzuti 2019), che si colloca in un terzo spazio tra performativo e narrativo, embodiment e disembodiment.
Conference Presentations by Annalisa Pellino
Tuttavia, a partire dagli anni Ottanta, la FFT si apre a prospettive più ampie che spostano l’attenzione sulla voce e sulla costruzione del regime sonoro, oltre i confini di Hollywood. Queste tengono conto non solo della capacità dei soggetti di mobilitare il proprio punto di vista, attivando dei meccanismi di identificazione imprevisti e in grado di sovvertire il paradigma oculocentrico basato sulla centralità del male gaze, ma anche di attingere ad altre sfere sensoriali, parimenti responsabili della produzione della soggettività e della rappresentazione normativa del corpo. Beyond the Gaze per citare il titolo di un numero speciale della rivista “Signs” uscito nel 2004 a cura di Kathleen McHugh e Vivian Sobchack, sintomatico del nuovo indirizzo della FFT.
Date queste premesse, l’intervento si concentra sullo spostamento di interesse dallo sguardo all’ascolto, offrendo una panoramica delle principali teorie sul rapporto tra voce e genere: la proposta topologica di Mary Ann Doane; l’approccio psicoanalitico di Kaja Silverman; l’idea di vortice narrativo di Britta Sjogren; la figura delle mismatched women di Jennifer Fleeger; l’ideologia che presiede alle tecniche di registrazione e riproduzione della voce messa in luce da Amy Lawrence nei film degli anni Quaranta; i concetti di phonogénie e vocal personas.
In Kasiterit, Rizaldi explores the socio-political landscape of Indonesia, where the mining of tin – fundamental for digital and AI-based technologies – is a material and symbolic driver of exploitation and environmental crisis. As a way to avoid censorship and reflect on the broader implications of resource extraction in postcolonial contexts, the artist uses an essayistic form, blending documentary mode and speculative fiction, and drawing on Indonesian mythology and animist culture that consider tin as a deity.
Similarly, Tellurian Drama presents a poignant exploration of identity and belonging amidst the backdrop of environmental crises, by appealing to the invisible power of indigenous ancestral knowledge. Focusing on the history and actuality of Radio Malabar – a former radio station opened in 1923 by the Dutch East Indies, and now a tourist attraction – Rizaldi reflects on the vital role of the mountain as a colonial ruin and an apparatus for geoengineering technology. The narrative is based on a text written by Dr. Munarwan, a pseudo-anthropologist, amateur historian and science fiction writer, who in his “Reconfiguring the Earth: Radio Malabar as a Geo-engineering Imagination” (1986), imagined that radio waves can be used to intensify the growth of flora.
In light of this, the presentation analyses the aesthetic and narrative strategies used by Rizaldi to explore hypothetical scenarios and alternative realities while maintaining a connection to real-world issues or events, which serve as a tool for articulating conflicts and amplifying marginalised perspectives.
In maniera analoga, si potrebbe affermare che per una studiosa del cinema, dell’immagine-in-movimento o, più in generale, dell’audiovisivo, oggi è impossibile non occuparsi della sua dimensione aurale. Eppure, se da una parte la "fallacia ontologica” (Altman 1992) che ha portato a considerare il cinema soprattutto come un medium visuale sembra aver perso terreno, dall’altra, l’analisi sull’audiovisivo continua a concentrarsi nella maggior parte dei casi sugli aspetti visivi. Del resto, mentre per l’immagine è possibile attingere a un articolato apparato di concetti, lemmi ed espressioni utili a descrivere la complessità dell’esperienza visiva, per il suono la terminologia si fa più astratta e tende ad attingere alla sfera, anche semantica, dell’ineffabile, piuttosto che a quella della realtà fisica e contingente. Nondimeno, le rappresentazioni sonore sono situate tanto quanto quelle visive, dicono dei corpi e della loro agency, delle relazioni, dei rapporti di potere e dell’interazione complessa tra apparato, media e dispositivi.
Date queste premesse, e muovendo da una critica all’impasse oculocentrica dell’episteme occidentale, l’intervento individua nel regime dell’udibile un campo speciale di articolazione e le condizioni di possibilità per le culture e le voci delle soggettività subalterne, che risuonano dai margini e/o nelle pieghe delle narrazioni dominanti. In particolare, l’intervento propone di includere la dimensione aurale nella riflessione teorica sugli oggetti, i metodi e i problemi degli studi culturali e della cultura visuale, considerando il suono, la voce e l’ascolto come oggetti e pratiche tecno-culturali, e suggerendo l’uso dell'espressione fono-visuale in luogo di visuale.
A wide range of vocal strategies – namely acousmatic voices or sonic close-ups, shouting and singing voices, vocal mimicries and non-semantic phonation, and all sorts of inarticulate sounds (breath, hums, whispers…) – are symptoms of an emotional “impairment” and of different “degrees of muteness” (Sterne 2021), an uncertain limbo between childhood and adulthood, sometimes marked by gender-bender strategies.
In particular, the video-essay explores the somatic occurrences of the voice, outlining a radical phenomenology where humanity and animality converge in the same expression, opening a space of visibility – or in this case we should say audibility – for those subjectivities that Deleuze and Guattari (1975, 1980) consider as “minor subjectivities”. According to the philosophers they manifest themselves as "pure sound material" and "pure intensity" of animality, able to disarticulate language and social stereotypes.
the 2019 Venice Art Biennale, is an African-American artist and filmmaker, who has contributed to the global affirmation of a black audiovisual
aesthetic based on the body and its sonic extensions. In particular, the artist
identifies the specificity of black culture in what he defines as Black Visual
Intonation, by constructing the audiovisual phrasing on the temporality
of Afro-American music, which configures new possibilities for a black
aesthetics based on the sounding body. Starting from these premises, the
essay analyzes Love is the Message, the Message is Death (2016), which
intersects the modes of the essay film with those of music video, where the
black visual intonation works as a kinesthetic principle of emotional revival
that supports the audio-tactile continuity (Iannotta, 2017) between the film
and the spectator’s body.
di Chantal Akerman, dove la voce è al centro di un ripensamento radicale
del rapporto tra visivo e sonoro, o del cosiddetto «contratto audiovisivo» (Chion 1992) e ne dichiara i processi di costruzione. La cineasta sperimenta con le possibilità formali, concettuali e performative dello spazio espositivo, e usa la voce per fare i conti con la questione dei limiti dello sguardo, che connota tutta la sua produzione. Attraverso un’oscillazione costante tra figurazione e astrazione, che mette in tensione il senso per rivoltare ogni cosa nel suo rovescio – una strategia già presente nei suoi film sotto forma di istanza antinarrativa (Bruno 2019) – Akerman valorizza la materialità della voce e sfuma il confine tra il semantico e il vocalico, immagine e phoné.
Muovendo da un approccio che pensa il cinema come un “performance-oriented medium” (Altman 1992) all’interno di uno scenario
post-cinematico (De Rosa, Hediger 2016; Chateau, Moure 2020) e l’evento filmico come una mise-en-scène di corpi, l’analisi si concentra sulla voce mediatizzata (Lombardi Vallauri, Rizzuti 2019), che si colloca in un terzo spazio tra performativo e narrativo, embodiment e disembodiment.
Tuttavia, a partire dagli anni Ottanta, la FFT si apre a prospettive più ampie che spostano l’attenzione sulla voce e sulla costruzione del regime sonoro, oltre i confini di Hollywood. Queste tengono conto non solo della capacità dei soggetti di mobilitare il proprio punto di vista, attivando dei meccanismi di identificazione imprevisti e in grado di sovvertire il paradigma oculocentrico basato sulla centralità del male gaze, ma anche di attingere ad altre sfere sensoriali, parimenti responsabili della produzione della soggettività e della rappresentazione normativa del corpo. Beyond the Gaze per citare il titolo di un numero speciale della rivista “Signs” uscito nel 2004 a cura di Kathleen McHugh e Vivian Sobchack, sintomatico del nuovo indirizzo della FFT.
Date queste premesse, l’intervento si concentra sullo spostamento di interesse dallo sguardo all’ascolto, offrendo una panoramica delle principali teorie sul rapporto tra voce e genere: la proposta topologica di Mary Ann Doane; l’approccio psicoanalitico di Kaja Silverman; l’idea di vortice narrativo di Britta Sjogren; la figura delle mismatched women di Jennifer Fleeger; l’ideologia che presiede alle tecniche di registrazione e riproduzione della voce messa in luce da Amy Lawrence nei film degli anni Quaranta; i concetti di phonogénie e vocal personas.
In Kasiterit, Rizaldi explores the socio-political landscape of Indonesia, where the mining of tin – fundamental for digital and AI-based technologies – is a material and symbolic driver of exploitation and environmental crisis. As a way to avoid censorship and reflect on the broader implications of resource extraction in postcolonial contexts, the artist uses an essayistic form, blending documentary mode and speculative fiction, and drawing on Indonesian mythology and animist culture that consider tin as a deity.
Similarly, Tellurian Drama presents a poignant exploration of identity and belonging amidst the backdrop of environmental crises, by appealing to the invisible power of indigenous ancestral knowledge. Focusing on the history and actuality of Radio Malabar – a former radio station opened in 1923 by the Dutch East Indies, and now a tourist attraction – Rizaldi reflects on the vital role of the mountain as a colonial ruin and an apparatus for geoengineering technology. The narrative is based on a text written by Dr. Munarwan, a pseudo-anthropologist, amateur historian and science fiction writer, who in his “Reconfiguring the Earth: Radio Malabar as a Geo-engineering Imagination” (1986), imagined that radio waves can be used to intensify the growth of flora.
In light of this, the presentation analyses the aesthetic and narrative strategies used by Rizaldi to explore hypothetical scenarios and alternative realities while maintaining a connection to real-world issues or events, which serve as a tool for articulating conflicts and amplifying marginalised perspectives.
In maniera analoga, si potrebbe affermare che per una studiosa del cinema, dell’immagine-in-movimento o, più in generale, dell’audiovisivo, oggi è impossibile non occuparsi della sua dimensione aurale. Eppure, se da una parte la "fallacia ontologica” (Altman 1992) che ha portato a considerare il cinema soprattutto come un medium visuale sembra aver perso terreno, dall’altra, l’analisi sull’audiovisivo continua a concentrarsi nella maggior parte dei casi sugli aspetti visivi. Del resto, mentre per l’immagine è possibile attingere a un articolato apparato di concetti, lemmi ed espressioni utili a descrivere la complessità dell’esperienza visiva, per il suono la terminologia si fa più astratta e tende ad attingere alla sfera, anche semantica, dell’ineffabile, piuttosto che a quella della realtà fisica e contingente. Nondimeno, le rappresentazioni sonore sono situate tanto quanto quelle visive, dicono dei corpi e della loro agency, delle relazioni, dei rapporti di potere e dell’interazione complessa tra apparato, media e dispositivi.
Date queste premesse, e muovendo da una critica all’impasse oculocentrica dell’episteme occidentale, l’intervento individua nel regime dell’udibile un campo speciale di articolazione e le condizioni di possibilità per le culture e le voci delle soggettività subalterne, che risuonano dai margini e/o nelle pieghe delle narrazioni dominanti. In particolare, l’intervento propone di includere la dimensione aurale nella riflessione teorica sugli oggetti, i metodi e i problemi degli studi culturali e della cultura visuale, considerando il suono, la voce e l’ascolto come oggetti e pratiche tecno-culturali, e suggerendo l’uso dell'espressione fono-visuale in luogo di visuale.
A wide range of vocal strategies – namely acousmatic voices or sonic close-ups, shouting and singing voices, vocal mimicries and non-semantic phonation, and all sorts of inarticulate sounds (breath, hums, whispers…) – are symptoms of an emotional “impairment” and of different “degrees of muteness” (Sterne 2021), an uncertain limbo between childhood and adulthood, sometimes marked by gender-bender strategies.
In particular, the video-essay explores the somatic occurrences of the voice, outlining a radical phenomenology where humanity and animality converge in the same expression, opening a space of visibility – or in this case we should say audibility – for those subjectivities that Deleuze and Guattari (1975, 1980) consider as “minor subjectivities”. According to the philosophers they manifest themselves as "pure sound material" and "pure intensity" of animality, able to disarticulate language and social stereotypes.
Conflicts and Margins: Imagining Otherness, Ecocatastrophes, Perpetual War, Technological Imbalance, and Systemic Injustice Through Speculative Fiction
Una ricerca sulla cultura dei media, sulle temporalità degli oggetti mediali e sull'obsolescenza programmata in piena crisi ecologica e all'interno di una società che produce una gran quantità di rifiuti elettronici. Gli autori affrontano l’argomento collocandolo sotto il cappello dell’archeologia dei media, e ambiscono a fare di questo ramo della teoria dei media di orientamento storiografico una metodologia utile per la pratica artistica contemporanea. Così, l’archeologia dei media diventa non solo un metodo di scavo di discorsi mediali rimossi o dimenticati, ma si prolunga in un metodo artistico prossimo a quello della cultura Do-It-Yourself (DIY), del circuit bending, dell’hardware hacking, e di altre pratiche hacktiviste strettamente correlate all’economia politica della tecnologia dell’informazione. I dead media, infine, vengono qui interpretati come "zombie media" – ovvero media morti rivitalizzati e riportati all’uso dopo essere stati modificati.
Artists: S()fia Braga, Anouk Chambaz, Teresa Cos, IOCOSE, Rebecca Moccia, Jacopo Rinaldi.
Lecturers: Marco Alessi, Andrea Bellini, Claudia D’Alonzo, Vincenzo Estremo, Laura Lamonea, Daniela Persico, Annalisa Pellino, Hito Steyerl.