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BAUMAN

La società liquida
Zygmunt Bauman, con il concetto di società liquida, ci invita a riflettere su un
cambiamento epocale: siamo passati da una società “solida”, in cui norme, ruoli e
relazioni erano stabili e definiti, a una realtà liquida, in cui tutto appare provvisorio,
fluido, instabile. Questa liquidità riguarda ogni aspetto della nostra vita: le relazioni
affettive sono più fragili, il lavoro è precario, l’identità personale è sempre in
costruzione.
In questo contesto, l’educazione assume un ruolo cruciale: non può più limitarsi alla
trasmissione di saperi tecnici, ma deve formare individui capaci di orientarsi nel
cambiamento, sviluppare spirito critico, assumersi responsabilità. Bauman parla di una
educazione per l’incertezza, che non offre certezze assolute, ma strumenti per vivere
in un mondo complesso.

🔷 2. Globalizzazione e solitudine
Interessante è la sua critica alla falsa libertà promossa dalla globalizzazione. La
globalizzazione ha portato ad una crescita degli scambi commerciali e dei movimenti
di capitali, dalla circolazione delle persone e delle idee, dalla diffusione
dell'informazione.
Apparentemente siamo più liberi – possiamo viaggiare, connetterci, scegliere – ma in
realtà questa libertà coincide con una solitudine crescente, con un senso di
smarrimento, perché vengono meno le reti sociali e comunitarie che un tempo
garantivano senso e appartenenza.
Bauman collega due fenomeni solo apparentemente opposti: la globalizzazione e la
solitudine. La globalizzazione, infatti, non ha solo un impatto economico: essa
distrugge progressivamente i legami comunitari, omologa le culture e rende l'individuo
sempre più solo.
L’illusione della libertà individuale, che è una delle promesse della modernità, viene
smascherata da Bauman: siamo spinti a credere che possiamo autodeterminarci, ma
in realtà seguiamo modelli imposti dal mercato e dai media. Non si tratta di vera
autonomia, ma di conformismo mascherato da libertà.
n questo quadro, la solitudine non è una libera scelta, ma una condizione
strutturale della contemporaneità. È un effetto collaterale inevitabile del
progressivo venir meno delle forme collettive di vita (Si riducono i luoghi e le
occasioni di socializzazione spontanea, Diminuisce il senso di appartenenza a una
comunità, diminuisce la solidarietà e aiuto tra le persone.) Si tratta di una libertà
"senza legami" che, anziché portare all'emancipazione, genera profonda angoscia.

Alla ricerca di uno spazio pubblico: paura, politica


Nel primo capitolo, Bauman riflette sul bisogno umano di appartenere a una comunità,
anche se questa si fonda su emozioni negative come la paura. Bauman spiega che la
manifestazione contro la scarcerazione di Sydney Cook non riguarda davvero la
causa in sé, ma il bisogno delle persone di sentirsi unite. I manifestanti non conoscono
Sydney né sanno se è colpevole, ma partecipano perché vogliono condividere la stessa
paura e il desiderio di giustizia. La causa diventa un modo per uscire dalla solitudine e
sentirsi parte di un gruppo.
Tuttavia, Bauman dice che questa comunità è fragile, perché si unisce solo per una
paura condivisa, come quella che un pedofilo possa fare del male ai bambini. Questa
paura fa sentire le persone unite, ma è solo un legame temporaneo. Quando il
caso finisce, ognuno torna alla sua vita e la comunità si dissolve. Senza uno spazio
pubblico sano dove le persone possano unirsi per valori positivi, le comunità
rimangono deboli e si formano solo grazie alla paura e all'odio, senza risolvere
problemi reali. È quella che Bauman chiama una “comunità effimera”, nata da un
sentimento comune, ma destinata a dissolversi.
Bauman parla di come i politici usino la paura per ottenere consenso
Ad esempio, Michael Dukakis, un candidato alla presidenza, era contro la pena di
morte e voleva che le prigioni aiutassero i criminali a riabilitarsi. Credeva che il
sistema penale dovesse ridare umanità ai detenuti. Dukakis è stato politicamente
infangato nella campagna presidenziale dal suo avversario George H. W. Bush.
L’obiettivo: dipingere Dukakis come “morbido” sui criminali, colpendo la paura del
voto medio americano. Il messaggio funzionò: Dukakis perse elezioni.
La pubblicità negativa più famosa fu uno spot, usando solo l’immagine di un
detenuto afroamericano che, approfittando di un programma di permessi premio
commise una serie di crimini violenti: Lo spot non menzionava mai Horton per
nome, ma mostrava la sua immagine, sfruttando la paura razziale e la preoccupazione
per la criminalità.
Bauman evidenzierebbe qui come la politica liquida, senza costruzione di
senso o visione, si basi sulla manipolazione della paura collettiva.
Quattro anni dopo, Bush perse e Bill Clinton vinse le elezioni
Quattro anni prima, nel 1988, Bush aveva sconfitto Michael Dukakis sfruttando proprio
il tema della sicurezza e della punizione, presentandosi come il difensore
dell’ordine contro un avversario “troppo buono” con i criminali. Il Partito Democratico
veniva infatti percepito come troppo garantista, più orientato alla riabilitazione che
alla punizione.
Clinton capì che, per vincere, doveva rovesciare completamente questa
immagine del suo partito.
Così, pur essendo Democratico, si schierò apertamente a favore della pena di
morte e adottò una linea dura contro il crimine – il cosiddetto approccio tough on
crime. L’episodio più noto è quando interruppe la sua campagna elettorale per
supervisionare personalmente l’esecuzione di un condannato a morte, un
uomo con gravi disabilità mentali. Un gesto simbolico fortissimo, pensato per mostrare
all’elettorato che non era "morbido", ma deciso e inflessibile.
Ora, la vera differenza tra Clinton e Bush non sta tanto nelle idee – perché
entrambi erano favorevoli alla pena di morte – ma nella strategia e nel
posizionamento politico. Bush, da repubblicano conservatore, manteneva la linea del
suo partito. Clinton, invece, modificò radicalmente il profilo del Partito Democratico,
adattandolo alle nuove paure dell’elettorato.
la decisione di Clinton di abbracciare posizioni più punitive, inclusa la pena di morte, fu
una strategia calcolata per allinearsi al sentire popolare dell'epoca e per
dimostrare di essere un leader forte e capace di affrontare il problema della
criminalità, guadagnando così un vantaggio competitivo
Per Bauman, tutto questo è estremamente significativo. Clinton rappresenta un
esempio di come la politica, nella modernità liquida, perda profondità e
coerenza. una politica che si svuota di visione, per vivere solo nel breve
termine, cercando approvazione e voti, non soluzioni strutturali.
Jack Straw, politico britannico, e René Girard, teorico della violenza Entrambi
vengono utilizzati per riflettere su come, nella società liquida, le emozioni collettive –
in particolare la paura e il desiderio di punizione – siano diventate strumenti
centrali della comunicazione politica.
Partiamo da Jack Straw, Ministro degli Interni britannico alla fine degli anni '90. Straw
cercò di proporre un modello di giustizia penale più umano, più razionale, orientato
alla prevenzione e alla riabilitazione. Il suo obiettivo era ristabilire la fiducia dei
cittadini nello Stato, mostrando che le istituzioni pubbliche potevano garantire
sicurezza senza ricorrere alla violenza o alla repressione cieca.
Tuttavia, la sua proposta fu rifiutata dall’opinione pubblica, che preferiva misure
più severe, più visibili, come pene dure e carcerazione. Secondo Bauman, questo
rifiuto dimostra quanto la società tenda a rispondere alla paura non con riflessioni
razionali, ma con reazioni emotive immediate. In un mondo dove le persone si sentono
abbandonate e vulnerabili, il bisogno di punizione diventa più rassicurante della
giustizia vera.
Ed è qui che entra in gioco René Girard. Secondo il suo pensiero, quando una
comunità non riesce a identificare le vere cause delle sue paure o frustrazioni, cerca
un capro espiatorio, un nemico simbolico su cui proiettare tutta la rabbia e il disagio
accumulati. Questo meccanismo crea una illusione di unità e coesione, ma è
temporaneo e profondamente ingiusto.
Bauman si serve di Girard per spiegare come, nella società liquida, le comunità si
fondano spesso sulla paura e sull’odio, piuttosto che su valori comuni. I legami
sociali diventano fragili e provvisori, uniti solo dall’emozione negativa.
Inoltre, chi rifiuta di partecipare a questa caccia al colpevole, chi si prende il tempo
di riflettere, viene visto con sospetto, come se fosse "dalla parte del nemico".

Il concetto di insicurezza secondo Freud e Bauman


Un passaggio centrale nella riflessione di Bauman è l'approfondimento del concetto di
insicurezza, che egli rielabora a partire da Freud. In tedesco, il termine “Sicherheit”
(sicurezza) ha un significato ampio e complesso, che in inglese richiede tre termini
distinti: security (la sicurezza esistenziale), certainty (la certezza razionale) e safety
(la sicurezza fisica e psicologica).
Sicurezza esistenziale: è il senso di stabilità dell’identità e della vita. Ci dà la
sensazione che ciò che abbiamo conquistato nella vita rimarrà con noi, che gli obiettivi
raggiunti ci daranno sempre orgoglio e rispetto. Oggi questa sicurezza è minacciata
perché la nostra identità è instabile, continuamente messa in discussione. Viviamo in
una società che cambia troppo in fretta perché qualcosa possa dirsi “conquistato” per
sempre.
Certezza: è la capacità di distinguere tra ciò che è ragionevole e ciò che non lo è, tra
ciò che è utile e ciò che è dannoso. Ci aiuta a fare scelte più informate e a sperare di
essere nel giusto, grazie agli indizi che ci permettono di prevedere cosa potrebbe
succedere. Anche la certezza razionale vacilla: in un mondo che cambia di continuo, è
difficile distinguere il giusto dall’ingiusto, il vero dal falso.
Sicurezza personale: riguarda la protezione fisica e psicologica, e ci permette di
vivere senza paura, sentendo che il nostro corpo e le nostre cose sono al sicuro se ci
comportiamo correttamente. Anche questa è minacciata: si diffonde la percezione che
non basti comportarsi bene per essere al sicuro.
Bauman ci dice che questa crisi della sicurezza non è solo soggettiva: è il prodotto di
un ordine sociale che prospera sull’incertezza, che la utilizza per disciplinare,
disorientare, rendere docili. Quando l’identità è fragile, le persone si rifugiano in
semplificazioni: slogan, nemici comuni, ideologie rigide. Per questo, secondo Bauman,
l’insicurezza è oggi lo strumento politico più potente.
Lavoro e globalizzazione
Bauman spiega che la globalizzazione ha cambiato il mondo del lavoro, da strumento
di emancipazione a fonte di precarietà. In passato, il lavoro garantiva dignità,
riconoscimento sociale, sicurezza. Oggi, invece, è flessibile, intermittente, incerto.
Questo non è solo un problema economico, ma esistenziale: senza un lavoro stabile,
anche la nostra identità ne risente.
Bauman cita Manuel Castells, che nel suo libro "La società dell'informazione" dice
che un grande problema dell'economia globalizzata è che, mentre il denaro e le risorse
possono muoversi liberamente, la politica è rimasta locale. il potere politico non ha più
il controllo sull'economia globale, e noi cittadino non abbiamo la possibilità di
cambiare le cose.
Ne risulta una democrazia svuotata, dove la domanda non è più “cosa possiamo
fare?”, ma “chi può fare qualcosa?”. La risposta è spesso nessuno.
Siamo travolti da forze che ci riguardano, ma che nessuno sembra governare. Questo
ci rende impotenti. Bauman si ispira al pensiero di Jean-Paul Sartre per dire che un
tempo la vita era vista come un processo in cui sceglievamo chi volevamo essere e
cosa volevamo fare. Oggi, però, non possiamo più pianificare il nostro futuro con
certezza.

Paradosso della nostra società


l paradosso si basa su due elementi contrastanti:
1. La promessa di libertà totale: La nostra società ha scelto di liberarsi da regole
rigide, tradizioni e strutture sociali "solide" che un tempo definivano chi
eravamo e cosa dovevamo fare. Questa "libertà totale" ci dà l'illusione di poter
costruire la nostra vita e la nostra identità senza vincoli.
2. La realtà dell'insicurezza: Bauman sostiene che questa stessa libertà, invece di
renderci più sicuri e realizzati, ci getta in uno stato di profonda "insicurezza".
Senza punti di riferimento esterni e con una responsabilità schiacciante sulle
nostre spalle, ci sentiamo smarriti e confusi.
questa libertà ci rende così insicuri e disorientati che abbiamo bisogno di sempre più
"guide" professionali per trovare un orientamento, per capire se stessi e per gestire
l'ansia e la confusione che derivano da questa mancanza di punti fermi.

Oggi siamo sempre più preoccupati per la nostra identità, cercando di capire
chi siamo in un mondo che non ci dà risposte chiare. Questo porta a
concentrarsi troppo sull'immagine esterna

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