Thesis Chapters by Ludovica Iorio

Ecclesiaste, V. 2 4 all'inautenticità del vivere-: noi «buoni borghesi, funzionari efficienti, st... more Ecclesiaste, V. 2 4 all'inautenticità del vivere-: noi «buoni borghesi, funzionari efficienti, studiosi infaticabili, colti dilettanti, amanti fedeli, fakiri e libertini» 3 Lo stesso silenzio che conduce il Nostro alla ricerca di una lingua universale che possa risolvere la frammentarietà caratteristica del linguaggio, il quale priva una parte dall'ente assoluto per esplicarla attraverso la dialettica. Un'arte del discorso, come abbiamo visto, fine a se stessa. È però presente una contraddizione, o varco, che sembra risolvere lo scacco del linguaggio, e risiede nella necessità di Carlo di cercare un modo di esprimersi che oltrepassi la soglia della retorica. Da una veloce lettura della Persuasione appare subito evidente, ancor prima del resto, l'uso prolisso di grecismi e annessi riferimenti al pensiero greco. Come osserva Graziella Spampinato, «La lingua universale è la lingua che, unica, può accogliere questa forza profetica; è la lingua che precede e esclude la storia» . Indizio, questo, di fondamentale 4 importanza, essendo la scrittura un modo di manifestare l'incosciente e, se pensiamo alla spasmodica ossessione di Carlo della ricerca di un ente perfettamente consistente, unitario, al di fuori del tempo, comprendiamo immediatamente come l'uso attento della parola sia coincidente con quella autenticità dell'essere che desiderava trovare. La lingua greca per Carlo Michelstaedter è il mezzo attraverso il quale esprimere quell'esattezza di pensiero o automaton, cioè quanto di più bramato -e al tempo stesso maledetto -dal Nostro goriziano. M. Cerrutti -M. Fortunato -A. Gallarotti -C. La Rocca -E. S. Storace -R. Visone, Carlo 3 Michelstaedter: l'essere come azione, a cura di E.S. Storace con uno scritto di R. De Monticelli, Edizioni Albo Versorio, Milano, 2007, p. 120. Sergio Sorrentino -Angela Michelis, E sotto cielo avverso ciel più chiara (Carlo 4 Michelstaedter tra nichilismo, Ebraismo e Cristianesimo), Troina (En), Città Aperta Edizioni, 2009, p. 247. 5 Mi domando allora, lecitamente, se sia necessario abbandonare i vestiti attraverso i quali, illusi di essere e possedere, definiamo noi e il mondo che ci circonda, in una vera e propria conversione dello spirito nel momento in cui varchiamo il pensiero di Michelstaedter. Abbiamo un dovere da adempiere addentrandoci nel suo essere -o non essere?-: mettere da parte noi stessi aprendo il varco delle infinite impossibilità al di fuori dei confini della non-contraddizione. Abbracciamo l'ipocrisia piuttosto, le contraddizioni anche, gli interrogativi, e penetriamo nella solitudine che porta con sé il limbo della non-definizione. Non scappiamo dal dolore e piuttosto distruggiamoci, ma non costruiamoci aprioriticamente. Non nasce come una strada per la sapienza, questo tentativo di ricerca, poiché non vi sono valori presupposti a cui fare affidamento. Il valore attribuito alle cose distanzia l'uomo irrimediabilmente dall'assoluto: l'uomo è così bloccato all' ''io so'' e non sa vedere oltre la conoscenza. Dando un nome alle cose, egli le allontana a una distanza esponenzialmente infinita. È solo colui il quale vive l'eterna attualità dell'attimo che fa vicine le cose lontane.
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