
Gianluca Poldi
I am a freelance Conservation scientist, based in Milan (Italy), and I actually teach at the University of Udine (Italy).
After a degree in Physics at the University of Milan, I obtained a PhD in Conservation Science at the University of Florence, and one in Humanities in Bergamo.
I have developed integrated non-invasive analysis methods using highly portable instrumentation on polychrome artworks, especially paintings.
Working on paintings belonging to private and public museums in Italy and abroad (including Uffizi, Pinacoteca di Brera, Accademia Carrara in Bergamo, Gallerie dell’Accademia di Venezia, Galleria Borghese in Rome, Poldi Pezzoli, Gemäldegalerie Berlin, KHM Vienna, Louvre, Albers Foundation Connecticut...), churches and private collections, I examined some thousands of works on diverse supports and of various ages, from archaeological to contemporary ones, collaborating to many research projects.
I published more than 200 works, including books, peer-reviewed papers and essays, ranging from the application and implementation of scientific analysis methods, to conservation problems, to knowledge of materials and artistic techniques, to the history of art.
I believe in the importance of specialization but I also believe in dialogue between different disciplines, and in the need to intelligently cross over from one subject to another, for a non-sectarian but comprehensive vision.
After a degree in Physics at the University of Milan, I obtained a PhD in Conservation Science at the University of Florence, and one in Humanities in Bergamo.
I have developed integrated non-invasive analysis methods using highly portable instrumentation on polychrome artworks, especially paintings.
Working on paintings belonging to private and public museums in Italy and abroad (including Uffizi, Pinacoteca di Brera, Accademia Carrara in Bergamo, Gallerie dell’Accademia di Venezia, Galleria Borghese in Rome, Poldi Pezzoli, Gemäldegalerie Berlin, KHM Vienna, Louvre, Albers Foundation Connecticut...), churches and private collections, I examined some thousands of works on diverse supports and of various ages, from archaeological to contemporary ones, collaborating to many research projects.
I published more than 200 works, including books, peer-reviewed papers and essays, ranging from the application and implementation of scientific analysis methods, to conservation problems, to knowledge of materials and artistic techniques, to the history of art.
I believe in the importance of specialization but I also believe in dialogue between different disciplines, and in the need to intelligently cross over from one subject to another, for a non-sectarian but comprehensive vision.
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Essays or Papers by Gianluca Poldi
di istinto e ragionamento, di classicità e modernità,
di pudore e sfrontatezza, di finito e non finito. Lo smisurato
talento del maestro italiano della Belle Époque viene
indagato in questo volume da due esperti tra i maggiori
dediti allo studio dei materiali e delle tecniche pittoriche,
aprendo una prospettiva inedita grazie allo studio sistematico
di decine di opere di diverse collezioni e vari periodi.
Tra metodologie scientifiche di analisi, storia dell’arte
e tecniche artistiche si arriva a cogliere come guardava e
come componeva Boldini.
Ne emerge il ritratto di un artista assai libero nel
trattare la materia pittorica fin dall’approccio al disegno
preliminare, con una abilità unica nel costruire le figure direttamente
col colore, come quando decide di stravolgere
l’impianto grafico che aveva predisposto – talora straordinariamente
confuso ai nostri occhi ma a lui intelligibile, sovrapponendo
più momenti della realtà che scorreva sotto i
suoi occhi quasi in un gioco di specchi e inquadrature mobili.
Un pittore che sapeva rispettare i tempi di asciugatura del
colore alla bisogna, ma che a volte optava per lasciar colare
la pittura come se l’immagine si sciogliesse, dedito alla ricerca
dell’immediatezza pur dopo attento studio a matita e a
pennello dei suoi soggetti, che fossero donne – non sempre
le aristocratiche e borghesi di cui qui si disaminano alcuni
ritratti iconici – o uomini, vedute di Venezia, dettagli di architetture
o scorci di città e campagne.
Di Boldini la celebre ballerina Cléo de Mérode scrisse
«Ho posato per molti pittori ma non avevo mai visto
nessuno lavorare come Boldini. Mi guardava un attimo, poi,
volgendosi verso la tela, vi apponeva un tocco di colore: ogni
sguardo corrispondeva a un colpo di pennello. Senza smettere
di parlare, l’artista dipingeva, dipingeva in continuazione,
con una vivacità e una precisione incredibile, e la tela si
copriva velocemente di colore. Mai una correzione, mai un
ripensamento!». Indecisioni e ripensamenti invece non di
rado esistono, come si dimostra, funzionali alla ricerca della
forma ritenuta più efficace, dinamica ed elegante insieme,
viva, ma certo la de Mérode centra il punto: «Il ritratto era
vivo, la figura sembrava accennata più che definita».
Alla logica del suggerire più che dettagliare risponde
anche il non finito boldiniano, spesso basato sul riutilizzo
di precedenti versioni sottostanti mantenendo a vista
alcune linee delle precedenti stesure e integrandole in un
modus operandi unico nella sua epoca, con una sensibilità
prossima ad alcuni grandi artisti a noi contemporanei, tra
sfocature e messe a fuoco.
Costruito intorno a due saggi portanti che estrapolano
dalla ampia banca dati raccolta opportuni percorsi di
lettura, il libro articola nella seconda parte un focus dedicato
ad alcune opere chiave tra quelle esaminate, approfondendone
tecnica e conservazione grazie al puntuale
commento che accompagna una selezione di immagini
diagnostiche significative, che avvicina l’arte alla scienza.
Completa il volume un saggio sul restauro di alcuni dipinti
boldiniani a cura di Francesca Lo Russo e Arianna Splendore,
mentre la presentazione è a cura di Francesca Dini,
tra le massime specialiste del pittore e co-autrice del Catalogo
Ragionato.
(Black and white version, but originally published in colour)
... Da qui la scelta di proseguire, per questa mostra, nel solco della tradizione diagnostica che accompagna il pittore almeno dal (presunto) cinquecentenario della nascita, rivedendo documentazioni tecniche edite e inedite, esaminando altre opere o riesaminando con più moderne tecnologie opere già in parte analizzate. Nell'occasione di questo saggio concentrandosi sul nucleo di dipinti che la critica indica in genere come giovanili e della prima maturità, ca-ratterizzati dalla presenza di figure in un paesaggio, collocabili tra la fine del XV secolo e il 1505 circa, e privilegiando un percorso che si snoda tra le opere esposte in mostra.
Gianluca Poldi
di istinto e ragionamento, di classicità e modernità,
di pudore e sfrontatezza, di finito e non finito. Lo smisurato
talento del maestro italiano della Belle Époque viene
indagato in questo volume da due esperti tra i maggiori
dediti allo studio dei materiali e delle tecniche pittoriche,
aprendo una prospettiva inedita grazie allo studio sistematico
di decine di opere di diverse collezioni e vari periodi.
Tra metodologie scientifiche di analisi, storia dell’arte
e tecniche artistiche si arriva a cogliere come guardava e
come componeva Boldini.
Ne emerge il ritratto di un artista assai libero nel
trattare la materia pittorica fin dall’approccio al disegno
preliminare, con una abilità unica nel costruire le figure direttamente
col colore, come quando decide di stravolgere
l’impianto grafico che aveva predisposto – talora straordinariamente
confuso ai nostri occhi ma a lui intelligibile, sovrapponendo
più momenti della realtà che scorreva sotto i
suoi occhi quasi in un gioco di specchi e inquadrature mobili.
Un pittore che sapeva rispettare i tempi di asciugatura del
colore alla bisogna, ma che a volte optava per lasciar colare
la pittura come se l’immagine si sciogliesse, dedito alla ricerca
dell’immediatezza pur dopo attento studio a matita e a
pennello dei suoi soggetti, che fossero donne – non sempre
le aristocratiche e borghesi di cui qui si disaminano alcuni
ritratti iconici – o uomini, vedute di Venezia, dettagli di architetture
o scorci di città e campagne.
Di Boldini la celebre ballerina Cléo de Mérode scrisse
«Ho posato per molti pittori ma non avevo mai visto
nessuno lavorare come Boldini. Mi guardava un attimo, poi,
volgendosi verso la tela, vi apponeva un tocco di colore: ogni
sguardo corrispondeva a un colpo di pennello. Senza smettere
di parlare, l’artista dipingeva, dipingeva in continuazione,
con una vivacità e una precisione incredibile, e la tela si
copriva velocemente di colore. Mai una correzione, mai un
ripensamento!». Indecisioni e ripensamenti invece non di
rado esistono, come si dimostra, funzionali alla ricerca della
forma ritenuta più efficace, dinamica ed elegante insieme,
viva, ma certo la de Mérode centra il punto: «Il ritratto era
vivo, la figura sembrava accennata più che definita».
Alla logica del suggerire più che dettagliare risponde
anche il non finito boldiniano, spesso basato sul riutilizzo
di precedenti versioni sottostanti mantenendo a vista
alcune linee delle precedenti stesure e integrandole in un
modus operandi unico nella sua epoca, con una sensibilità
prossima ad alcuni grandi artisti a noi contemporanei, tra
sfocature e messe a fuoco.
Costruito intorno a due saggi portanti che estrapolano
dalla ampia banca dati raccolta opportuni percorsi di
lettura, il libro articola nella seconda parte un focus dedicato
ad alcune opere chiave tra quelle esaminate, approfondendone
tecnica e conservazione grazie al puntuale
commento che accompagna una selezione di immagini
diagnostiche significative, che avvicina l’arte alla scienza.
Completa il volume un saggio sul restauro di alcuni dipinti
boldiniani a cura di Francesca Lo Russo e Arianna Splendore,
mentre la presentazione è a cura di Francesca Dini,
tra le massime specialiste del pittore e co-autrice del Catalogo
Ragionato.
(Black and white version, but originally published in colour)
... Da qui la scelta di proseguire, per questa mostra, nel solco della tradizione diagnostica che accompagna il pittore almeno dal (presunto) cinquecentenario della nascita, rivedendo documentazioni tecniche edite e inedite, esaminando altre opere o riesaminando con più moderne tecnologie opere già in parte analizzate. Nell'occasione di questo saggio concentrandosi sul nucleo di dipinti che la critica indica in genere come giovanili e della prima maturità, ca-ratterizzati dalla presenza di figure in un paesaggio, collocabili tra la fine del XV secolo e il 1505 circa, e privilegiando un percorso che si snoda tra le opere esposte in mostra.
Gianluca Poldi
Te prosegue un progetto editoriale iniziato con Indagando Mantegna del
2007, e che, come aveva a suo tempo chiaramente indicato il presidente
Enrico Voceri, “si inserisce pienamente negli obiettivi culturali che da anni
il Centro di Palazzo Te è impegnato a perseguire”. Al pari di allora, il volume
nasce, per così dire, “all’ombra” di una grande esposizione: all’epoca fu
Mantegna a Mantova, nel 2006, oggi è Giovanni Bellini, da poco conclusa
alle Scuderie del Quirinale a Roma. Se ho scelto di virgolettare il termine
“all’ombra”, è perché non vorrei in alcun modo ingenerare equivoci; mostre
e volumi sono stati e sono del tutto indipendenti, ognuno col proprio sapore
particolare, così come un bel fungo nei pressi di un albero; ma, come
è l’albero ad offrire al fungo l’habitat ideale, così le mostre, e la raccolta di
opere in esse contenute, hanno offerto l’occasione di un numero rilevante
di esami scientifici sui dipinti, subito raccolti dal Centro di Palazzo Te.
Come il libro precedente, anche questo porta nel titolo il verbo al gerundio,
Indagando; si vuol trasmettere in tal modo il messaggio di un sapere
che non è scritto una volta per sempre come le tavole della legge, non è
ingabbiato e cristallizzato in sistemi divenuti più rigidi di un cilicio ideologico,
ma “si fa” davanti ai nostri occhi, tentando percorsi nuovi della
ricerca; e può, anzi deve, offrire gli spunti per essere quanto prima superato.
A chi non è addentro ai riti della storia dell’arte, il fatto che siano
possibili, su un unico oggetto, opinioni critiche del tutto diverse e contrastanti
può sembrare frutto o di scarsa professionalità, sempre possibile,
o di qualcosa che somiglia alla magia divinatoria, alla rabdomanzia; ed
è per questo che, in special modo negli ultimi trenta o quarant’anni, si è
fatta sempre più pressante l’esigenza di trovare terreni di discussione che
consentano, se non proprio la replicabilità del dato tipica delle scienze
esatte, almeno una forbice minore di alternative, così che lo statuto della
storia dell’arte divenga più conforme a quello di tali scienze.
(dall'introduzione di Mauro Lucco)