Papers by Vito De Giorgio

La crisi dei gruppi bancari statunitensi, propagatasi in Europa a partire dal 2008, ha aperto il ... more La crisi dei gruppi bancari statunitensi, propagatasi in Europa a partire dal 2008, ha aperto il dibattito in merito all’opportunità di operare una rivoluzione “darwiniana” nell’ambito dei sistemi normativi sulla crisi d’impresa nel segno dell’abbandono della cultura dell’emergenza per far posto alla logica della programmazione e della prevenzione della situazione di distress.
La scintilla innescatasi con riguardo ai gruppi bancari e ai conglomerati finanziari, caratterizzati per natura dalla forte pregnanza degli interessi pubblicistici legati alla stabilità finanziaria e alla tutela del credito, ha infatti accelerato il processo di armonizzazione della disciplina europea, sempre più incentrata sull’adozione di misure di preparazione e gestione della crisi allo scopo di evitare crisi sistemiche, potenzialmente a diffusione transnazionale. Il tema della prevenzione della crisi poi, stante la rilevanza del gruppo societario quale forma privilegiata della “grande impresa” e il rischio contagio che fisiologicamente discende dalla sua conformazione strutturale, ha superato i confini della disciplina speciale bancaria ponendo una serie di problemi di carattere generale. Il diritto della crisi d’impresa, da ultimo con il recente Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, influenzato dalle ultime elaborazioni di stampo economico-aziendalistico e della soft law intente a valorizzare la conservazione del going concern sposando una concezione oggettiva del paradigma della continuità aziendale, negli ultimi anni ha progressivamente arretrato il proprio baricentro fino ad assumere i caratteri di un sistema «pre-concorsuale», fondato non soltanto su strumenti negoziali di soluzione della crisi, ma altresì (e ancor prima) sull’imposizione di modelli organizzativi e gestionali volti funzionalmente alla sua prevenzione. . Il fenomeno è stato di recente oggetto di un mutamento di approccio che, valorizzando l’organizzazione di gruppo in senso economico, ha condotto ad una trasformazione qualitativa dell’attività di direzione e coordinamento: da fatto produttivo di effetti giuridici pregiudizievoli per il soggetto che la esercita diviene esercizio di un’attività d’impresa unitaria a livello consolidato, assumendo di fatto la valenza di strumento di pianificazione e gestione della crisi, ormai da intendersi quale fase possibile (e/o probabile) della vita dell’impresa. Ciò evidentemente comporta una peculiare declinazione dei doveri e dei poteri degli amministratori della holding nell’ottica della previsione e prevenzione della crisi, quale attività di concretizzazione della clausola generale dei “principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale” che rappresenta la bussola dell’attività del management del gruppo societario. Sulla base delle considerazioni svolte si ritiene di dover attribuire un ruolo centrale all’attività di direzione e coordinamento e agli organi che la esercitano rispetto all’insorgere di una situazione di crisi che può interessare uno o più componenti del gruppo e propagarsi alle altre entità con un effetto deflagrante sulle sinergie infragruppo e sul compendio aziendale complessivamente inteso. La direzione unitaria determina infatti un collegamento tra le società coinvolte funzionale a perseguire l’unitarietà di azione e di interesse economico che caratterizza il gruppo societario. Sono stati individuati, pertanto, precisi doveri di governance funzionali alla prevenzione della crisi e alla sua gestione efficiente, da implementare attraverso modelli comportamentali e organizzativi pattuiti e/o programmati ex ante.
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La scintilla innescatasi con riguardo ai gruppi bancari e ai conglomerati finanziari, caratterizzati per natura dalla forte pregnanza degli interessi pubblicistici legati alla stabilità finanziaria e alla tutela del credito, ha infatti accelerato il processo di armonizzazione della disciplina europea, sempre più incentrata sull’adozione di misure di preparazione e gestione della crisi allo scopo di evitare crisi sistemiche, potenzialmente a diffusione transnazionale. Il tema della prevenzione della crisi poi, stante la rilevanza del gruppo societario quale forma privilegiata della “grande impresa” e il rischio contagio che fisiologicamente discende dalla sua conformazione strutturale, ha superato i confini della disciplina speciale bancaria ponendo una serie di problemi di carattere generale. Il diritto della crisi d’impresa, da ultimo con il recente Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, influenzato dalle ultime elaborazioni di stampo economico-aziendalistico e della soft law intente a valorizzare la conservazione del going concern sposando una concezione oggettiva del paradigma della continuità aziendale, negli ultimi anni ha progressivamente arretrato il proprio baricentro fino ad assumere i caratteri di un sistema «pre-concorsuale», fondato non soltanto su strumenti negoziali di soluzione della crisi, ma altresì (e ancor prima) sull’imposizione di modelli organizzativi e gestionali volti funzionalmente alla sua prevenzione. . Il fenomeno è stato di recente oggetto di un mutamento di approccio che, valorizzando l’organizzazione di gruppo in senso economico, ha condotto ad una trasformazione qualitativa dell’attività di direzione e coordinamento: da fatto produttivo di effetti giuridici pregiudizievoli per il soggetto che la esercita diviene esercizio di un’attività d’impresa unitaria a livello consolidato, assumendo di fatto la valenza di strumento di pianificazione e gestione della crisi, ormai da intendersi quale fase possibile (e/o probabile) della vita dell’impresa. Ciò evidentemente comporta una peculiare declinazione dei doveri e dei poteri degli amministratori della holding nell’ottica della previsione e prevenzione della crisi, quale attività di concretizzazione della clausola generale dei “principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale” che rappresenta la bussola dell’attività del management del gruppo societario. Sulla base delle considerazioni svolte si ritiene di dover attribuire un ruolo centrale all’attività di direzione e coordinamento e agli organi che la esercitano rispetto all’insorgere di una situazione di crisi che può interessare uno o più componenti del gruppo e propagarsi alle altre entità con un effetto deflagrante sulle sinergie infragruppo e sul compendio aziendale complessivamente inteso. La direzione unitaria determina infatti un collegamento tra le società coinvolte funzionale a perseguire l’unitarietà di azione e di interesse economico che caratterizza il gruppo societario. Sono stati individuati, pertanto, precisi doveri di governance funzionali alla prevenzione della crisi e alla sua gestione efficiente, da implementare attraverso modelli comportamentali e organizzativi pattuiti e/o programmati ex ante.
La scintilla innescatasi con riguardo ai gruppi bancari e ai conglomerati finanziari, caratterizzati per natura dalla forte pregnanza degli interessi pubblicistici legati alla stabilità finanziaria e alla tutela del credito, ha infatti accelerato il processo di armonizzazione della disciplina europea, sempre più incentrata sull’adozione di misure di preparazione e gestione della crisi allo scopo di evitare crisi sistemiche, potenzialmente a diffusione transnazionale. Il tema della prevenzione della crisi poi, stante la rilevanza del gruppo societario quale forma privilegiata della “grande impresa” e il rischio contagio che fisiologicamente discende dalla sua conformazione strutturale, ha superato i confini della disciplina speciale bancaria ponendo una serie di problemi di carattere generale. Il diritto della crisi d’impresa, da ultimo con il recente Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, influenzato dalle ultime elaborazioni di stampo economico-aziendalistico e della soft law intente a valorizzare la conservazione del going concern sposando una concezione oggettiva del paradigma della continuità aziendale, negli ultimi anni ha progressivamente arretrato il proprio baricentro fino ad assumere i caratteri di un sistema «pre-concorsuale», fondato non soltanto su strumenti negoziali di soluzione della crisi, ma altresì (e ancor prima) sull’imposizione di modelli organizzativi e gestionali volti funzionalmente alla sua prevenzione. . Il fenomeno è stato di recente oggetto di un mutamento di approccio che, valorizzando l’organizzazione di gruppo in senso economico, ha condotto ad una trasformazione qualitativa dell’attività di direzione e coordinamento: da fatto produttivo di effetti giuridici pregiudizievoli per il soggetto che la esercita diviene esercizio di un’attività d’impresa unitaria a livello consolidato, assumendo di fatto la valenza di strumento di pianificazione e gestione della crisi, ormai da intendersi quale fase possibile (e/o probabile) della vita dell’impresa. Ciò evidentemente comporta una peculiare declinazione dei doveri e dei poteri degli amministratori della holding nell’ottica della previsione e prevenzione della crisi, quale attività di concretizzazione della clausola generale dei “principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale” che rappresenta la bussola dell’attività del management del gruppo societario. Sulla base delle considerazioni svolte si ritiene di dover attribuire un ruolo centrale all’attività di direzione e coordinamento e agli organi che la esercitano rispetto all’insorgere di una situazione di crisi che può interessare uno o più componenti del gruppo e propagarsi alle altre entità con un effetto deflagrante sulle sinergie infragruppo e sul compendio aziendale complessivamente inteso. La direzione unitaria determina infatti un collegamento tra le società coinvolte funzionale a perseguire l’unitarietà di azione e di interesse economico che caratterizza il gruppo societario. Sono stati individuati, pertanto, precisi doveri di governance funzionali alla prevenzione della crisi e alla sua gestione efficiente, da implementare attraverso modelli comportamentali e organizzativi pattuiti e/o programmati ex ante.