
Stefano Grasso
Stefano Grasso is a drummer and contemporary percussionist based in Milan.
As both drummer and percussionist, he has had the luck of meeting many musicians he admires a lot, taking part to many different and challenging projects in various musical genres (classical and contemporary music, jazz, punk-rock, songwriting, improvised music and what's between all of this; among them: Alberto N. A. Turra, Francesco Zago, Francesco Chiapperini, Raffaele Kohler, Mario Forte, Federico Calcagno, Centolanza, Alex Levine, Yuval Avital, Bill Whitley, Pulsar Ensemble, Deaf Kaky Chumpy, Goodbye Kings, and others). With some of this bands he has performed in clubs and festival around Italy and Europe (Czech Republic, France, Spain, Austria, Switzerland, Danmark). He features more than 30 albums as sideman, released from italian labels (ABeat, Emme Record, JazzIt, Felmay, Setola di Maiale, Squilibri Editore, La Stanza Nascosta) and foreign labels (Chant Records, Ravello Records, AUT Records), plus a self-released album as bandleader (2018).
Aside his activity of performer, he works as class musician for dancers and as composer for theater (Una Vita a Matita, Un po' di più, Prometeo?).
Bachelor in Foreign Languages and Literatures (2016) at Università Statale di Milano and Bachelor in Timpani and Percussion at Civica Scuola Claudio Abbado (2019). Master Program in mallet keyboard percussions, focused on contemporary and improvised music, with Maestro Andrea Dulbecco in Conservatorio Giuseppe Verdi, in Milan (2022; highest notes, cum laude and honorable mention).
Aside his academic studies, he has studied drums and world percussions with musicians he deeply estimates, as Jim Black, Tiziano Tononi, Gilson SIlveira, Alberto Pederneschi, Giorgio Di Tullio.
Strongly believing into the idea of music as a language, he's curently pursuing his personal approach to music/drums/percussion, studying on his own and contaminating and cultivating his thoughts through the ideas and approaches of the many musicians he is very happy to work with.
As both drummer and percussionist, he has had the luck of meeting many musicians he admires a lot, taking part to many different and challenging projects in various musical genres (classical and contemporary music, jazz, punk-rock, songwriting, improvised music and what's between all of this; among them: Alberto N. A. Turra, Francesco Zago, Francesco Chiapperini, Raffaele Kohler, Mario Forte, Federico Calcagno, Centolanza, Alex Levine, Yuval Avital, Bill Whitley, Pulsar Ensemble, Deaf Kaky Chumpy, Goodbye Kings, and others). With some of this bands he has performed in clubs and festival around Italy and Europe (Czech Republic, France, Spain, Austria, Switzerland, Danmark). He features more than 30 albums as sideman, released from italian labels (ABeat, Emme Record, JazzIt, Felmay, Setola di Maiale, Squilibri Editore, La Stanza Nascosta) and foreign labels (Chant Records, Ravello Records, AUT Records), plus a self-released album as bandleader (2018).
Aside his activity of performer, he works as class musician for dancers and as composer for theater (Una Vita a Matita, Un po' di più, Prometeo?).
Bachelor in Foreign Languages and Literatures (2016) at Università Statale di Milano and Bachelor in Timpani and Percussion at Civica Scuola Claudio Abbado (2019). Master Program in mallet keyboard percussions, focused on contemporary and improvised music, with Maestro Andrea Dulbecco in Conservatorio Giuseppe Verdi, in Milan (2022; highest notes, cum laude and honorable mention).
Aside his academic studies, he has studied drums and world percussions with musicians he deeply estimates, as Jim Black, Tiziano Tononi, Gilson SIlveira, Alberto Pederneschi, Giorgio Di Tullio.
Strongly believing into the idea of music as a language, he's curently pursuing his personal approach to music/drums/percussion, studying on his own and contaminating and cultivating his thoughts through the ideas and approaches of the many musicians he is very happy to work with.
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Thesis Chapters by Stefano Grasso
It is a quite simple but accurate analysis of some musical, structural and poetical aspects of the piece Loops II for solo vibraphone, composed by Philip Hurel.
Aside an overall view of the piece, there's a more detailed description of some excerpts of its different sections.
Di qui ho iniziato documentarmi su quel che stavo facendo, venendo a conoscenza della scuola francese della musica concreta di Pierre Schaeffer e Pierre Henry e dei primi esperimenti di musica elettronica. Mi sono accorto negli anni che la scoperta di nuove possibilità timbriche date dall'elaborazione elettronica dei suoni acustici ha influenzato molto il mio modo di pensare i timbri e i gesti strumentali. Da musicista, ho sempre avuto la sfida di ricreare nella performance i processi sonori che erano facilmente innescabili con l'utilizzo di software e programmi, come lavorare sulla relazione tra velocità e altezza, cercare di imitare l'effetto del reverse, e in generale trattare il suono con più consapevolezza.
Quando qualche anno fa ho sentito per la prima volta su internet la suite Long Distance di Steven Snowden, si è accesa un'ulteriore possibilità nella ricerca sulla musica elettronica: quella dei brani per nastro, più correttamente chiamati ai giorni nostri brani per digital playback. Quel che trovo enormemente affascinante nei brani di questo tipo è la molteplicità di strati che assume il suono, contrapponendo una parte sempre uguale a sé -quella di playback- ad una parte che varia -nei termini in cui per quanto possa essere il più possibile simile a sé, ogni performance estemporanea varia- e ha il compito di cercare di entrare in dialogo con la prima. Compito del performer è quindi di scegliere accuratamente i modi e le intenzioni corrette per corrispondere il più possibile all'unificazione tra i propri gesti e quelli elettronici. Chiaramente, il discorso della ricerca del suono e dell'amalgamarsi di suoni differenti è un discorso applicabile pressoché a ogni tipo di musica, e la musica orchestrale è forse il massimo apice di ciò. Tuttavia quel che mi affascina di questa stessa ricerca nella musica elettronica è il passaggio di traduzione ulteriore che è richiesto nel momento in cui si tratta di portare un suono prodotto dal vivo a dialogare con un suono elettronico che ha, potenzialmente, infinite possibilità di variazione timbrica in più rispetto a quanto è possibile fare con gli strumenti acustici, dunque spingendo il suono acustico a superare i propri limiti.
Papers by Stefano Grasso
It is a quite simple but accurate analysis of some musical, structural and poetical aspects of the piece Loops II for solo vibraphone, composed by Philip Hurel.
Aside an overall view of the piece, there's a more detailed description of some excerpts of its different sections.
Di qui ho iniziato documentarmi su quel che stavo facendo, venendo a conoscenza della scuola francese della musica concreta di Pierre Schaeffer e Pierre Henry e dei primi esperimenti di musica elettronica. Mi sono accorto negli anni che la scoperta di nuove possibilità timbriche date dall'elaborazione elettronica dei suoni acustici ha influenzato molto il mio modo di pensare i timbri e i gesti strumentali. Da musicista, ho sempre avuto la sfida di ricreare nella performance i processi sonori che erano facilmente innescabili con l'utilizzo di software e programmi, come lavorare sulla relazione tra velocità e altezza, cercare di imitare l'effetto del reverse, e in generale trattare il suono con più consapevolezza.
Quando qualche anno fa ho sentito per la prima volta su internet la suite Long Distance di Steven Snowden, si è accesa un'ulteriore possibilità nella ricerca sulla musica elettronica: quella dei brani per nastro, più correttamente chiamati ai giorni nostri brani per digital playback. Quel che trovo enormemente affascinante nei brani di questo tipo è la molteplicità di strati che assume il suono, contrapponendo una parte sempre uguale a sé -quella di playback- ad una parte che varia -nei termini in cui per quanto possa essere il più possibile simile a sé, ogni performance estemporanea varia- e ha il compito di cercare di entrare in dialogo con la prima. Compito del performer è quindi di scegliere accuratamente i modi e le intenzioni corrette per corrispondere il più possibile all'unificazione tra i propri gesti e quelli elettronici. Chiaramente, il discorso della ricerca del suono e dell'amalgamarsi di suoni differenti è un discorso applicabile pressoché a ogni tipo di musica, e la musica orchestrale è forse il massimo apice di ciò. Tuttavia quel che mi affascina di questa stessa ricerca nella musica elettronica è il passaggio di traduzione ulteriore che è richiesto nel momento in cui si tratta di portare un suono prodotto dal vivo a dialogare con un suono elettronico che ha, potenzialmente, infinite possibilità di variazione timbrica in più rispetto a quanto è possibile fare con gli strumenti acustici, dunque spingendo il suono acustico a superare i propri limiti.