Book Reviews by Silvia Baglini

Chi cercasse in questo nuovo lavoro di Melinda Cooper e Catherine Waldby una riflessione sul ruol... more Chi cercasse in questo nuovo lavoro di Melinda Cooper e Catherine Waldby una riflessione sul ruolo dei corpi nel sistema globale di divisione del lavoro che chiami in causa le implicazioni etiche delle bioscienze e delle biotecnologie più moderne, resterà probabilmente spiazzato dalla costruzione e dai temi del presente volume. Le autrici si tengono consapevolmente distanti dalle argomentazioni di stampo bioetico, per seguire invece una linea tutta interna alla tradizione del pensiero politico-economico moderno, richiamando -come sottolinea nella prefazione Angela Balzano, che dell'edizione italiana è traduttrice e curatrice -la nozione foucaultiana di "biopolitica" nonché, in misura anche maggiore, la filosofia di Marx e gli sviluppi recenti del marxismo (in particolare, ma non solo, nell'ambito della teoria femminista). Quella di "biopotere" è una nozione entrata a pieno titolo nella storia del pensiero occidentale a partire dai lavori di Michel Foucault e della quale lo stesso filosofo francese ha indicato il significato non univoco: biopotere è sia quello che esercita la sua azione disciplinante sui corpi, sia il potenziale dei corpi stessi in quanto fonti di valore e di valorizzazione, in un'epoca che vede il progressivo smantellamento delle strutture fordiste del lavoro, della produzione e della società (Prefazione, p. 6). Se per ovvi motivi biografici l'analisi foucaultiana si è dovuta arrestare alle soglie epocali del post-fordismo, Cooper e Waldby ci dicono oggi che i tempi sono maturi per una ricerca che sviluppi il secondo lato del significato di biopotere e che si presenti come una critica dell'economia politica nel nuovo Millennio.

Il lavoro del lutto non può che richiamare il sottotitolo del più famoso Spettri di Marx di Jacqu... more Il lavoro del lutto non può che richiamare il sottotitolo del più famoso Spettri di Marx di Jacques Derrida, pubblicato ormai quasi venti anni fa. Che quest'espressione sia scelta ad intitolare un libro dedicato a Walter Benjamin potrà indicare allora al lettore anche solo mediamente attento una traccia di lettura, del resto ribadita nei tre termini che fanno da corollario fin dalla copertina del volume: materialismo, politica, rivoluzione. Ma sarebbe limitante pensare a questo come a un testo dedicato alla del resto spinosa questione del "marxismo" benjaminiano, perché non è su questo punto che il suo autore, Bruno Moroncini, principalmente si concentra: non si tratta di collocare Benjamin all'interno di una più o meno definita scuola di pensiero, né disolamente e soprattutto -indagare quanto questi abbia appreso, "ripreso" o tradito della lezione di Marx. Piuttosto, se lo spettro di Marx aleggia e continua a far capolino (non per caso, in punti decisivi del primo e dell'ultimo capitolo), è la sua stessa figura ad esser fatta oggetto dell'elaborazione luttuosa, tanto più per questo feconda e anche -sembra a tratti suggerirci l'autore -capace di dare al pensiero rivoluzionario di stampo marxista una nuova linfa all'alba di un millennio che ha «raggelato» l'ipotesi di salvezza di fatto escludendola dal campo della discussione e della progettualità politica. L'itinerario che Moroncini segue non è allora quello di un'indagine filologica delle fonti o della trasmissione di alcuni concetti, ma un percorso che, rispettando in linea generale la scansione cronologica delle opere e delle riflessioni di Benjamin, senza però la pretesa dell'esaustività, attraverso il continuo confronto del filosofo con altri autori, dai romantici tedeschi a Carl Schmitt a Marcel Proust, rintraccia i fili di volta in volta evidenti o sommersi, ma non interrotti, di una vicenda biografica e intellettuale straordinariamente coerente e in tutto e per tutto "politica". Si tratta di un'opzione interpretativa chiaramente molto forte, che asserisce una sostanziale continuità del percorso intellettuale di Benjamin -sfidando così non solo la discussione sulla presunta "svolta comunista", ma soprattutto la pretesa di poter separare riflessione estetica, storiografica e politica in ambiti di pertinenza di diverse branche disciplinari -, e che innesta il pensiero nel cammino umano e non solo ideale dell'autore. Lontana dal mero biografismo
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Tratto distintivo della Winter School è l’apertura data alla filosofia come discorso capace di en... more Tratto distintivo della Winter School è l’apertura data alla filosofia come discorso capace di entrare in relazione con gli altri campi del sapere, secondo angolature di volta in volta conflittuali, sintoniche, dialogiche ecc. Perciò ogni seminario che compone il quadro dell’offerta della Summer School ha come aspetto più rilevante l’approccio interdisciplinare secondo un’idea di enciclopedia filosofica aperta.
La Winter School di Filosofia è realizzata con il patrocinio del Dipartimento di
Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Trieste, e con il patrocinio del Dipartimento di Studi Umanistici e del Patrimonio Culturale e del Dipartimento di Lingue e Letterature, Comunicazione, Formazione e Società dell’Università degli Studi di Udine.
La Winter School è parte integrante del maxiprogetto di didattica della Filosofia realizzato dalla Società Filosofica Italiana, sezione del Friuli-Venezia Giulia, con il sostegno della Fondazione Friuli.
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