Books by Sergio Scialanca
Ierogrammi da meditazione in forma di stringhe
Saggio breve , 2020
Breve studio su l'Essere Umano Unico.

Olografie dell'Unificato, 2024
L'A. è mosso dall'intento non di scrivere, ma di de-scrivere.
Non pretende di manifestare il pro... more L'A. è mosso dall'intento non di scrivere, ma di de-scrivere.
Non pretende di manifestare il proprio “pensiero” - che ritiene insignificante -, ma condivide semplicemente e sinceramente le proprie visioni, nell'intento di renderle disponibili come strumento di conoscenza delle cose della Via.
Lo stato ordinario di coscienza organica consente lucido pensiero razionale; è però opaco alla visione, che richiede uno stato di sovra-coscienza, che si accende secondo una volontà che appare trascendente ed è di fatto una teofania. Chi si trovi in questo stato è - rispetto allo stato ordinario - simile a un catatonico che a tratti si accenda, faccia intensi racconti in una lingua esotica che nessuno sapeva che conoscesse e che pochi comprendono, per poi ripiombare nella sua catatonia, immemore di tutto quanto ha detto.
I paesaggi hanno una oggettività irrefutabile; ma possono essere abitati da chiunque, e hanno valori comunicazionali del tutto soggettivi. Questi racconti sono de-scrizioni che non contengono nulla tranne i significati che vorrà, potrà o saprà attribuire loro chi ne parteciperà, in base agli strumenti che la sua condizione gli avrà concesso.
In questo senso essi potranno avere quel valore di insegnamento diretto e concreto che consiste nella pura condivisione degli stati spirituali; oppure nessuno, risultando oscuri e passibili piuttosto di interpretazione errata, o peggio di sterile contraddittorio.

Per questo chi riflette sulle cose dello Spirito finisce per tacere, facendosi una ragione di que... more Per questo chi riflette sulle cose dello Spirito finisce per tacere, facendosi una ragione di questa frustrazione comunicativa… ed allora, come fece Shirazi per altre ragioni, si apparterà "in quei ritiri nascosti che solo i saggi conoscono". 4. Visionari depressi Chi utilizza professionalmente il senso della "visione" (visionari e profeti) è un soggetto ansioso: cogliere l'immagine e trattenerla nella memoria quel tanto che serve a fissarla come reale, e creando così una realtà visionaria, induce infatti intanto ad una attenzione spasmodica ad ogni imago significativa, e poi a ridurre al minimo il tempo di realizzazione (reificazione) di essa. Poiché infatti l'immagine è immediata epperò complessa, la verifica (il rendersi vero) di ogni particolare che contiene potrebbe richiedere tempo. Un tempo che nella visione non esiste: ogni visione è istantanea ed immediata, ma totale e omnicomprensiva di dettagli. Dunque il visionario è sempre in ansia, prima per non perdere la visione che gli viene inviata, poi per non dimenticarla prima che sia realizzata. Ma siccome ansia e depressione sono le due facce della stessa medaglia, se non ci sono visioni, il visionario è depresso. 5. Soglie È singolare come, ad una osservazione competente, la paura di morire e quella di vivere risultino identiche, sia nelle manifestazioni che nelle conseguenze. Poiché la prima è paura di uscire dal mondo, quanto la seconda è paura di venire al mondo, e avendo assunto l'identità di esse, si può parlare di una sola paura: quella di oltrepassare la soglia. E per soglia si intende l'ipotetica linea che separa i due mondi disegnati dalle coscienze. Metafisicamente però, quella del venire al mondo è la paura dell'essere che si accinge all'incarnazione, mentre l'altra è la paura dell'individuo organico che vede finirne il tempo. Ora, se questo individuo fosse animato dall'essere, quest'ultimo prevarrebbe nella sua gioia del ritorno; altrimenti la paura diverrebbe panico… insensato nella misura in cui, in questo caso, non ci sarebbe niente da perdere, perché non si è mai avuto. Se ne deduce che morire potrebbe essere la più pura tra le gioie del vivere e che se non lo è, ciò denuncia l'ignoranza spirituale.

Ai gli dell'Uomo Se vi chiedete cosa distingue l'uomo dagli altri viventi, tutti saranno d'accord... more Ai gli dell'Uomo Se vi chiedete cosa distingue l'uomo dagli altri viventi, tutti saranno d'accordo nel dire che è la mente. La mente funziona processando un gran numero di informazioni per determinare poi quale azione compiere, in piena autonomia e libertà: questo rende umano l'uomo. Ora, uno che si alza al mattino, potrebbe chiedersi semplicemente se uscire o rimanere in casa. La mente processerà tutte le informazioni disponibili (che tempo fa, che cosa si ha da fare, quanto tempo si ha a disposizione etc.) e deciderà per una delle due opzioni. Ebbene, è libero quel tale di non eseguire l'azione che la mente gli impone? Può evitare di scegliere? No! Perché se non sceglie, non esce di casa (visto che in quel momento si trova in casa), e dunque sceglie di non uscire. Ecco perché l'essere uomo è una trappola. 6. Un sogno Ho sognato di essere aggrappato a una parete di roccia scura, di basalto, liscia, verticale e a picco su un mare in burrasca che si infrangeva violento su rocce appuntite. Gli appigli erano scarsi, quasi inesistenti; e la roccia umida degli spruzzi. Non so come fossi finito là, a metà di quella salita improbabile. Ai figli dell'Uomo 4 5 Permanenze-Considerazioni sull'essere umani 12. La saggezza di Teilhard La nota affermazione di Teilhard de Chardin: "Noi non siamo esseri umani che fanno un'esperienza spirituale, siamo esseri spirituali che fanno un'esperienza umana", ha oggi bisogno di una articolazione più dettagliata, anche se ne soffrirà la sua eleganza: "Per ogni essere spirituale che fa un'esperienza umana, vi sono dieci esseri umani che la fanno spirituale con lui, e un milione di esseri umani che fanno un'esperienza animale." 13. L'assenza degli amici "Voglio degli amici, non voglio dei discepoli", disse un certo maestro. I discepoli si portano fino al diploma e poi si allontanano; gli amici restano per tutta la vita. Ma un amico è uno su cui si può contare, uno che non manca mai a un appuntamento con l'Amico. Un discepolo invece è uno che fa assenze giustificate. Ai figli dell'Uomo 8 9 Permanenze-Considerazioni sull'essere umani 11 Permanenze-Considerazioni sull'essere umani La vita non è maestra, non può la vita sostituire il Maestro. Ma il Maestro può essere la Vita in sé nel Cuore dell'Amico. La vita può essere l'aula in cui il maestro insegna, ma un'aula senza maestro c'è solo nell'ora di ricreazione, in cui si gioca e si fanno marachelle, ma certo non si impara. Non si impara dai compagnetti della propria età, si impara da chi conosce di più il mondo fuori dell'aula. Ma dove sta il possibile inganno? nel fatto che, nelle cose dello Spirito, non esiste un maestro esteriore; e dunque il maestro intellettualmente onesto, dichiara di non esserlo, e che ognuno è maestro a sé stesso. Ciò però non significa che nei percorsi spirituali si possa fare a meno del maestro (come molti affermano), ma che il Maestro va ricercato in luoghi (fisici e metafisici, reali e virtuali) nei quali non ci aspetterebbe mai di trovarlo, e nei quali-di conseguenza-nessuno mai lo cerca (ed in cui Egli si nasconde, in Segreto). Il Maestro non è un uomo, e dunque Egli è il solo che possa condurre l'uomo oltre l'uomo, che è il fine di ogni vero percorso spirituale. Ma senza il Maestro, l'uomo non può andare oltre sé stesso perché possiede solo mezzi umani, e nessuno può fare di un martello un ferro da cavallo usando lo stesso martello. Quelli che ce la facessero, dovrebbero ammettere che, pur non avendo potuto trovare il Maestro (ché non Lo hanno potuto o saputo cercare), Egli ha trovato loro. Ai figli dell'Uomo 12 13 Permanenze-Considerazioni sull'essere umani 20. Posizioni Esiste una modalità "spirituale" di guardare all'umanità; ed una modalità "umana" di guardare alla spiritualità. Sono posizioni diametralmente opposte, e la seconda garantisce che non si attingerà mai a una dimensione spirituale della vita. 21. Orgoglio È bello, in quelli che ce l'hanno, l'orgoglio di essere uomini; meno quello dell'ignoranza che ciò comporta. 22. Volo di storni Se avete osservato, incantati, il volo di uno stormo di storni che si radunano prima di affrontare una migrazione altrove, vi sarete certo chiesti-come fa anche la scienza-perché lo fanno. Chi scrive invece-disinteressandosi ai perché-vi ha visto una buona rappresentazione di ciò che accade a un gruppo, a un'intera specie o razza, quando i singoli che lo compongono non hanno tutti lo stesso obiettivo, da perseguire con precisa volontà individuale. Sembra che gli storni, come anche gli umani, per orientarsi non identificano un punto lontano, magari sull'orizzonte, come potrebbe essere che so il Nord, ma un punto il più vicino possibile come può essere solo lo storno (o l'umano) che gli è fisicamente più vicino. Così che l'obiettivo non è più andare insieme da qualche parte, ma restare insieme, in stormo... alla fine, dato che ci si muove (anche senza scopo), da qualche parte ci si finirà per fermare. La meravigliosa danza cui si assiste è dunque frutto di questo tipo di orientamento: vado dove va il mio prossimo, che non sa dove vada, se non dove va il prossimo suo. Permanenze-Considerazioni sull'essere umani 19 Permanenze-Considerazioni sull'essere umani 157 Permanenze-Considerazioni sull'essere umani
La pazienza non è l'arte di aspettare... È l'arte di non aspettarsi niente.
Abbiamo detto altrove: Nella Scienza dello Spirito, la Coscienza è il Tutto, ed essa quindi osser... more Abbiamo detto altrove: Nella Scienza dello Spirito, la Coscienza è il Tutto, ed essa quindi osserva sempre se stessa: non essendoci-a quel livello-un osservatore esterno, la profondità della conoscenza è relativa alla forza di penetrazione del desiderio appassionato (Amore) di rendersi totalmente conosciuta (posseduta) e disponibile a se stessa(1). Questo è-a ben guardare-quanto di fatto racconta il mito di Narciso. L'atto dell'osservare è un atto volontario ed ha per obiettivo focale un elemento esterno; l'atto del vedere non è volontario, è il frutto di un immediato disvelamento, oppure dell'epifania di qualcosa che si mostra o si rende visibile
Orgonomia - Scuola Reichiana 3, 2008
"Somatopsicoenergetico" è l'approccio scientifico che intende l'Uomo come una unità inscindibile,... more "Somatopsicoenergetico" è l'approccio scientifico che intende l'Uomo come una unità inscindibile, costruitasi attorno a un "nucleo energetico" detto "En" (F. Navarro); sviluppatasi secondo le leggi biofisiche morfogenetiche (Shaeldrake)indotte in un campo biofotonico coerente (Bischof) e manifestantesi nella dualità dinamica di soma e psiche (W. Reich), intesi come polarità complementari di un continuum bioenergetico, che va dal più denso (soma) al meno denso (psiche).
Raccolta di aforismi relativi ai percorsi spirituali e ai suoi conflitti
Pholeterion, 2018
Raccolta di riflessioni sulla Via e sulla relazione discepolo/maestro
Papers by Sergio Scialanca
Riflessioni sulla struttura della Manifestazione alla luce di studi di un secolo fa e delle conos... more Riflessioni sulla struttura della Manifestazione alla luce di studi di un secolo fa e delle conoscenze successive
Ci si domanda se si mantenga la coscienza oltre l'estinzione dell'Io e, nel caso, di quale coscie... more Ci si domanda se si mantenga la coscienza oltre l'estinzione dell'Io e, nel caso, di quale coscienza si tratti
Ciò che è in potenza, non esiste ancora. E ancora significa che il concetto di tempo è implicito ... more Ciò che è in potenza, non esiste ancora. E ancora significa che il concetto di tempo è implicito nell'esistenza, nasce con essa. Nella pre-esistenza non vi è tempo, né spazio dal momento che la prerogativa dell'esistente è che ne occupi una porzione. Dunque quanto è in potenza, e nella pre-esistenza, è aspaziale e atemporale. Ovvero è immateriale e pre-eterno: ove non c'è il tempo, non può esserci eternità, che è a rigore "durata senza inizio né fine". L'Essere non esiste; è Potenza, non ha consistenza né durata. È di conseguenza inconcepibile da mente umana, e tuttavia "presente", (latino prae ens, un ente che sta prima/davanti a ciò che appare come esistente).
Qual è la lingua con la quale Dio parla agli uomini? Il parsi? Il sanscrito? Il magico egizio dei... more Qual è la lingua con la quale Dio parla agli uomini? Il parsi? Il sanscrito? Il magico egizio dei geroglifici? L'ebraico? L'aramaico? Il greco o il latino? L'arabo? E poi: Dio parla (quando lo fa) al proprio popolo o a tutta l'umanità? Perché se parla a tutti scegliendo una lingua che non tutti parlano, bisogna che qualcuno Lo traduca. E ogni traduzione finisce per essere un'interpretazione...
Isais la Nera Una riflessione sulla luminosità dell'oscuro
Gustav Meyrink descrive, con il path... more Isais la Nera Una riflessione sulla luminosità dell'oscuro
Gustav Meyrink descrive, con il pathos ardente e insieme distaccato dell'iniziato, la figura archetipale di Isais la Nera, ovvero della forma "oscura" della Grande Madre, l'Iside (Isis) egizia; figura oscura che prende, in Egitto, l'aspetto della terribile dea leonessa Sekhmet, scolpita nella pietra nera, ebbra di sangue umano. Leonessa o pantera, ma certo non gatta come Bastet, forma domestica, falsamente rassicurante, di quella animalità selvaggia.

Vuoto divino, 2023
In fisica, il Vuoto non è il Nulla. La scienza sa ormai e ci insegna che un vuoto fisico (che per... more In fisica, il Vuoto non è il Nulla. La scienza sa ormai e ci insegna che un vuoto fisico (che peraltro è puramente concettuale) sarebbe pur sempre riempito da una infinita potenza (che si chiama fluttuazione quantistica) capace di dar luogo a quella che si riteneva essere una "singolarità", l'esplosione della quale costituì il Big Bang da cui ha avuto origine il cosmo e tutta la massa/energia che, con lo spazio/tempo lo costituisce al nostro sguardo. In realtà il cosmo non è che un mutamento formale, una metamorfosi del vuoto, e la materia non è che una "magnifica illusione" 1. Sebbene ciò equivalga a dire che il Tutto emerge spontaneamente dal Vuoto, senza bisogno di atti creativi, il Vuoto è la più vicina concezione o immagine di Dio che la mente umana possa concepire: Dio è il Vuoto colmo di infinita potenza, che spontaneamente e quasi per Necessità intrinseca, si manifesta a Sé stesso. Dunque Nulla è al di fuori di Lui: la materia è questa Sua manifestazione reificata, fatta tuttavia della stessa "sostanza": il Vuoto. Concetto questo espresso con pregnante chiarezza già da Ibn ʿArabī (1165-1240), per il quale, in accordo con i concetti della filosofia antica, il Vuoto è mancanza di "cose": esso è tale perché è pieno di Nulla. Vuoto e Nulla costituiscono quindi un'unità concettuale, pregna di infinite potenzialità. Al-Giurgiani definisce qadar l'atto divino creatore e predestinatore delle realtà
Pholeterion, 2020
Una interpretazione dell’Apocalisse contemporanea
alla Luce di una metabiofisica realistica e vi... more Una interpretazione dell’Apocalisse contemporanea
alla Luce di una metabiofisica realistica e visionaria
Abbiamo detto altrove: Nella Scienza dello Spirito, la Coscienza è il Tutto, ed essa quindi osser... more Abbiamo detto altrove: Nella Scienza dello Spirito, la Coscienza è il Tutto, ed essa quindi osserva sempre se stessa: non essendoci – a quel livello – un osservatore esterno, la profondità della conoscenza è relativa alla forza di penetrazione del desiderio appassionato (Amore) di rendersi totalmente conosciuta (posseduta) e disponibile a se stessa.
Questo è – a ben guardare – quanto di fatto racconta il mito di Narciso.
Pholeterion.it, 2021
... è evidente la qualità molto personale della Verità acquisita, perché questa si rivela in cias... more ... è evidente la qualità molto personale della Verità acquisita, perché questa si rivela in ciascun individuo particolare in cui voglia farlo, e questi è portato a conservarne il carattere di intimità e a descriverla solo parzialmente e ove convenga. Descriverla è necessario solo se ci si rivolge al mondo fisico dove si sa che non potrà essere considerata vera ed accolta, e quindi non vale farlo; nell’ambito metafisico, Essa è condivisa da tutti quelli cui si è rivelata, senza bisogno di descrizioni reciproche: un accenno e un cenno di comprensione bastano a stabilire un riconoscimento tra costoro. Quindi, se la descrizione viene fatta verso il mondo fisico, chi la fa non si aspetta di essere “creduto”, ma sta facendo un “accenno” onde, se tra gli abitanti di quel mondo vi fosse un suo simile, questi possa farsi riconoscere con un “cenno di comprensione...
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Books by Sergio Scialanca
Non pretende di manifestare il proprio “pensiero” - che ritiene insignificante -, ma condivide semplicemente e sinceramente le proprie visioni, nell'intento di renderle disponibili come strumento di conoscenza delle cose della Via.
Lo stato ordinario di coscienza organica consente lucido pensiero razionale; è però opaco alla visione, che richiede uno stato di sovra-coscienza, che si accende secondo una volontà che appare trascendente ed è di fatto una teofania. Chi si trovi in questo stato è - rispetto allo stato ordinario - simile a un catatonico che a tratti si accenda, faccia intensi racconti in una lingua esotica che nessuno sapeva che conoscesse e che pochi comprendono, per poi ripiombare nella sua catatonia, immemore di tutto quanto ha detto.
I paesaggi hanno una oggettività irrefutabile; ma possono essere abitati da chiunque, e hanno valori comunicazionali del tutto soggettivi. Questi racconti sono de-scrizioni che non contengono nulla tranne i significati che vorrà, potrà o saprà attribuire loro chi ne parteciperà, in base agli strumenti che la sua condizione gli avrà concesso.
In questo senso essi potranno avere quel valore di insegnamento diretto e concreto che consiste nella pura condivisione degli stati spirituali; oppure nessuno, risultando oscuri e passibili piuttosto di interpretazione errata, o peggio di sterile contraddittorio.
Papers by Sergio Scialanca
Gustav Meyrink descrive, con il pathos ardente e insieme distaccato dell'iniziato, la figura archetipale di Isais la Nera, ovvero della forma "oscura" della Grande Madre, l'Iside (Isis) egizia; figura oscura che prende, in Egitto, l'aspetto della terribile dea leonessa Sekhmet, scolpita nella pietra nera, ebbra di sangue umano. Leonessa o pantera, ma certo non gatta come Bastet, forma domestica, falsamente rassicurante, di quella animalità selvaggia.
alla Luce di una metabiofisica realistica e visionaria
Questo è – a ben guardare – quanto di fatto racconta il mito di Narciso.
Non pretende di manifestare il proprio “pensiero” - che ritiene insignificante -, ma condivide semplicemente e sinceramente le proprie visioni, nell'intento di renderle disponibili come strumento di conoscenza delle cose della Via.
Lo stato ordinario di coscienza organica consente lucido pensiero razionale; è però opaco alla visione, che richiede uno stato di sovra-coscienza, che si accende secondo una volontà che appare trascendente ed è di fatto una teofania. Chi si trovi in questo stato è - rispetto allo stato ordinario - simile a un catatonico che a tratti si accenda, faccia intensi racconti in una lingua esotica che nessuno sapeva che conoscesse e che pochi comprendono, per poi ripiombare nella sua catatonia, immemore di tutto quanto ha detto.
I paesaggi hanno una oggettività irrefutabile; ma possono essere abitati da chiunque, e hanno valori comunicazionali del tutto soggettivi. Questi racconti sono de-scrizioni che non contengono nulla tranne i significati che vorrà, potrà o saprà attribuire loro chi ne parteciperà, in base agli strumenti che la sua condizione gli avrà concesso.
In questo senso essi potranno avere quel valore di insegnamento diretto e concreto che consiste nella pura condivisione degli stati spirituali; oppure nessuno, risultando oscuri e passibili piuttosto di interpretazione errata, o peggio di sterile contraddittorio.
Gustav Meyrink descrive, con il pathos ardente e insieme distaccato dell'iniziato, la figura archetipale di Isais la Nera, ovvero della forma "oscura" della Grande Madre, l'Iside (Isis) egizia; figura oscura che prende, in Egitto, l'aspetto della terribile dea leonessa Sekhmet, scolpita nella pietra nera, ebbra di sangue umano. Leonessa o pantera, ma certo non gatta come Bastet, forma domestica, falsamente rassicurante, di quella animalità selvaggia.
alla Luce di una metabiofisica realistica e visionaria
Questo è – a ben guardare – quanto di fatto racconta il mito di Narciso.
Questo errore è concettuale, frutto dell'intelligenza che con la sua tagliente acutezza a volte lacera e varca il proprio limite: patriarcato e matriarcato hanno senso all'interno del Creato, laddove vige la dualizzazione prodotta dalla necessità del manifestato di ri-produrre se stesso in autonomia; nella visione unitaria dell'Essere essa è di assai secondaria importanza; e la paternità come l'abbiamo descritta non ha necessità di passare attraverso la dualizzazione, la genitalizzazione e la sessuazione...